martedì 28 luglio 2015

L'era del "vieni avanti creativo" riemerge dal garage.

Luciano Granieri



In questa afosa estate non si può sempre star dietro alle evoluzioni antisociali del sindaco di Frosinone Nicola Ottaviani, o alle stupidaggini che un giorno si e l’altro pure, Renzi ci elargisce a piene mani. E’ vero non si finisce mai di denunciare brutture ad ogni livello.

 Ma stanotte  fa caldo e vorrei un attimo rifiatare. L’occasione per rilassarmi arriva dritto dal garage di casa.  L’altra sera  rincasando mi sono reso conto di fare fatica ad uscire dalla macchina. Lo sportello non si apriva del tutto perché andava ad incastrarsi in scatole, scatoloni, scatolette di ogni tipo. In quel momento ho realizzato che o uscivano un po’ di cianfrusaglie dalla rimessa  o avrei dovuto lasciare la macchina fuori dal garage.  

Detto fatto. Ieri mattina il furgoncino dello sgombra cantine era pronto davanti alla serranda per inghiottire, una marea di cianfrusaglie. Certo molte carabattole hanno fatto parte della mia vita, quanti ricordi i ragazzi del furgoncino stavano caricando nel cassone! Ma se ci si fa impietosire dai ricordi allora i garage non lo si sgombera mai. Così ho lasciato l’incombenza della cernita ai mie vecchi genitori e mi sono dedicato ad altre faccende fuori città. 

Al mio ritorno, il garage  si era allargato di svariati metri cubi  dopo l’impietosa raccolta dei rigattieri, non me lo ricordavo così grande. Su uno scaffale sgravato da una serie di pesanti e arrugginiti fardelli, restava una scatola con sopra una scritta a pennarello: “Foto Luciano”.  Le solite foto in bianco e nero delle mamme, nonne, zie, dei natali delle pasque e delle gite al mare. Che noia, anche se la curiosità di rivedere quegli scatti testimonianza di altre ere, un po’ mi solleticava. 

Così ho deciso di aprire la scatola e di tuffarmi in quell’atmosfera  anni ’60 in bianco e nero sbiadito. Ma da quello scatolone, con mia sorpresa, non è uscita la faccia preoccupata della nonna o la mia icona bimbesca   fotografata nelle più disparate pose. Da quella scatola sono emerse le foto che all’inizio degli anni ’80 mi divertivo a scattare  con la mia reflex in ogni dove. Era quello il periodo del “vieni avanti creativo”.  La fissa del creativo. Qualsiasi azione, anche la più banale, come lavarsi la faccia, doveva possedere un chè di creativo.  

Era il tempo in cui ci si credeva degli intellettuali, si ascoltava jazz, lo si provava a suonare.  Compatibilmente alla disponibilità finanziaria si andava ai concerti ad applaudire i nostri eroi jazzisti.  Si leggeva Kerouac , Garcia Marquez, Musica Jazz  e il Manifesto, che a dire il vero leggo ancora oggi. La pipa nell’angolo della bocca, era  una costante. Spesso si  tirava tardi, fra una boccata di fumo ed una sorsata di grappa. E ancora più spesso si restava stecchiti stesi per terra  ubriachi duri. 

Nell’era del “vieni avanti creativo” non si poteva scattare una foto normale. Che orrore inquadrare un soggetto, messo bene a fuoco, con la giusta apertura d’obbiettivo, il tempo di posa necessario e scattare. Giammai! Ci si doveva inventare artifizi, esposizioni prolungate, con il rischio di buttare il rullino, o anche creare collage di foto, combinare immagine fotografica con disegni e pitture. Così come era blasfemo mettersi ad ascoltare Baglioni, Umberto Tozzi o peggio vedere Sanremo.  Ecco da quello scatolone è saltata fuori un pezzo della mia vita. Bello brutto, non saprei definirlo, ma sicuramente fondamentale per me, per il mio modo di socializzare e vivere in mezzo agli altri. 

Stanotte ho deciso, di rendere pubblico questo mio ricordo , ovviamente in modo creativo! Per cui propongo, in una videoclip,  quelle foto, corredate da un commento musicale tipico del periodo. Eighty One di Miles Davis è il pezzo che accompagna il susseguirsi delle immagini. Il brano è tratto dall’LP, allora si chiamavano cosi, ESP,  registrato nel 1965, dove Miles suonava insieme al suo quintetto delle meraviglie, con Wayne Shorter al sax tenore, Herbie Hancock al pianoforte, Tony Williams alla batteria e Ron Carter al contrabbasso. Proprio Ron Carter ha suonato la settimana scorsa ad Atina Jazz, beato che è riuscito ad andarlo a vedere! 

Compagne, compagni, amiche, amici, volsche e volsci di Aut, chiedo scusa per questa deriva autobiografica, ma serviva a rilassarsi un po’. Da domani ricominceremo le nostre battaglie, contro Ottaviani, Renzi, le banche il capitalismo e compagnia cantando, stasera è andata così.

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