Mentre il mondo non si è ancora ripreso dall’impatto del terremoto economico-finanziario scatenatosi nel 2007 negli USA, nelle viscere del sistema imperialista-capitalista si sono sviluppati gli elementi di una nuova devastante crisi.
Dal giugno scorso è iniziato il crollo del mercato azionario in Cina. Il governo revisionista cinese ha cercato di arginarlo con misure di salvataggio straordinarie. Ma Pechino, che ha liberalizzato gran parte dell’economia e della finanza (esiste un vasto sistema bancario parallelo), non può controllare tutti i fattori di anarchia nel mercato capitalistico e dunque non può evitare il tonfo, che avrà effetti profondi nel sistema creditizio e nel processo produttivo a livello mondiale.
Nelle precedenti crisi cicliche post-belliche, il capitalismo ha dimostrato di riprendersi con le proprie forze nel giro di qualche anno. Dopo la grande crisi del 2007 vi è stata una certa ripresa, non ottenuta grazie alle forze interne del capitalismo, ma con la droga degli aiuti statali.
Nei principali paesi imperialisti l'apparato produttivo ha superato nel 2009 il punto più basso del ciclo, ma il parziale e diseguale miglioramento della situazione economica – ottenuto a spese degli operai e dei popoli oppressi - non si è trasformato in una fase di prosperità, che invece tende a sparire per il fatto che l’espansione della produzione capitalistica si trova ben presto a scontrarsi con i limiti del mercato.
La debolezza della ripresa, che si è trascinata a lungo, il rallentamento economico registrato negli ultimi mesi, la disoccupazione di massa, mostrano un cronico problema di sovrapproduzione. Le barriere della produzione sono continuamente infrante dalla speculazione finanziaria per valorizzare i capitali, ma ciò sfocia inevitabilmente in nuove violente crisi.
La frenata dei “paesi emergenti”, che sono stati gli ammortizzatori della crisi negli anni scorsi, comporta gravi implicazioni per l’intera economia capitalistica: non potranno giocare lo stesso ruolo.
In particolare, proprio la Cina, la “fabbrica mondiale” che negli anni passati è stata un fattore chiave per evitare la recessione globale, si sta trasformando nel suo contrario, divenendo il fattore di una nuova crisi che coinvolgerà anche il nostro paese.
La realtà odierna dimostra che il capitalismo ha parzialmente superato la crisi precedente preparando le condizioni di una nuova e più distruttiva tappa, caratterizzata anchedall'aggravamento dei rapporti fra le potenze imperialiste e dall’acuirsi degli scontri armati in varie aree del mondo.
Siamo alla vigilia di grandi eventi, in cui la lotta di classe sisvilupperà con nuove ondate rivoluzionarie. Per larottura dei rapporti di produzione capitalistici - unica soluzione possibile, necessaria e urgente dei problemi dell'umanità – questelotte rivoluzionarie richiedono la guida consapevole, teorica e politica, dei partiti comunisti.
Di qui la necessità, anche in Italia, della formazione del Partito comunista, composto dai migliori elementi del proletariato, strettamente collegato col movimento operaio e popolare e guidato da una coerente teoria rivoluzionaria.
Basta indugi e illusioni. Uniamoci, organizziamoci, lottiamo per il nuovo mondo socialista!
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