Il calcio di oggi, quello della Champions League è roba per
ricchi capitalisti. Partecipare alla massima competizione europea per un club
significa guadagnare centinaia di milioni di euro. Il giocattolo fa gola a ricchi sceicchi, magnati russi e
scaltri finanzieri. I migliori calciatori sono merce pregiata, sono guerrieri dalla faccia pulita arruolati in invincibili armate pedatorie che imperversano
sui campi di mezzo mondo.
Atleti il cui costo raggiunge cifre iperboliche,
Messi o Neymar del Barcellona, Cristiano Ronaldo del Real Madrid, Muller del
Bayern Monaco e tanti altri celebrati campioni che militano nel Manchester
City, nel Chelseae, nel Paris Saint
Germain sono gli attori da red carpet che mandano avanti il miliardario e
sfavillante carrozzone della Champions. Un carrozzone dove i tifosi allo stadio
contano sempre meno e gli abbonamenti alle pay tv sempre di più.
Eppure il calcio
non era sport borghese. Agli inizi del ‘900 quando sono iniziati i primi
campionati in Italia, il football era figlio del popolo, perfino Gramsci lo esaltò
come sport sano e corretto. Il Corriere
dello Sport, ad esempio, nacque il 14
luglio del 1923 come periodico. Allora si chiamava
Sport e Proletariato . L’editoriale del primo numero riferiva di un incontro di calcio promosso dalla
federazione del lavoro fra una rappresentanza italiana di operai e la francese Federatione Sportive du Travail finito 7 a 2 per
gli Italiani. Le partite si svolgevano nei campi impolverati di periferia e nei
paesi. La Pro Vercelli, Il Casale, la Novese vinsero fior di scudetti.
Poi piano piano la borghesia si è impadronita del
giocattolo trasformandolo nella macchina
da soldi che è oggi. Ma fortunatamente rimanendo il calcio pur sempre un sport
e dunque dipendente dall’abilità, dalla fantasia, dalla creatività dei suoi
interpreti, spesso regala momenti di vera e propria arte. Una magia a che per avverarsi
non ha bisogno dei milioni di investimenti, della ferrea programmazione. La
magia si materializza, si genera per un’intuizione, per la straordinarietà di
un gesto. E’ la fantasia e il coraggio di Davide che spesso ha ragione di Golia.
E’ accaduto l’altro ieri sera allo Stadio Olimpico di Roma, quando un ragazzo di 24 anni con la faccia pulita di figlio del popolo s’inventa il gesto, l’intuizione che consente
alla Roma di pareggiare la partita contro il Barcellona, lo squadrone campione
d’Europa. Lo strapotere di Messi e compagni era straripante. Nessuna tattica,
nessun modulo avrebbe potuto cambiare gli equilibri, troppa la differenza fra i
calciatori blaugrana, in maglia blu
elettrico per l’occasione, e la Roma. Ma all'improvviso si avvera l’inimmaginabile , il colpo
di genio, un tiro da 55 metri che lascia di stucco il portiere dei Catalani Ter
Stegen e fa esplodere l’Olimpico incredulo di gioia.
E' proprio il giovanotto dalla faccia di figlio del popolo
a creare la magia. Un ragazzo semplice che tempo fa, dopo un gol realizzato
contro il Cagliari, corse ad abbracciare la nonna in tribuna. Bello de nonna lo
chiamarono dopo quel gesto. E l’altro ieri sera bello de nonna è entrato nella
storia del calcio e dello sport in generale, perché quel gol da 55 metri è pura
magia è l’incantesimo del ragazzo semplice ma geniale. Forse è per
gente come bello de nonna che il calcio nonostante i milioni e le tristi storie di corruzione che
colpiscono federazioni e dirigenti, rimane uno sport emozionante e
coinvolgente, sano avrebbe detto Gramsci.
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