Il sindaco di Roma Ignazio Marino si è dimesso, per ora.
Il prossimo sindaco di Roma |
Non
ci stracciamo le vesti più di tanto. Come tanti altri sindaci, era un
amministratore schierato contro gli
interessi dei lavoratori. Vedi la criminalizzazione dei dipendenti Ama e Atac ,
necessaria a scaricare sui lavoratori stessi le colpe delle crisi aziendali, risultato di decenni di management
clientelare . Criminalizzazione utile soprattutto
a giustificare il salvifico intervento
dei privati nella gestione delle municipalizzate romane. Per non tacere del duro proclama del Primo Cittadino, ormai ex, contro i
dipendenti del Mibact che avevano osato ritardare l’apertura del Colosseo di
due ore per tenere un’assemblea sindacale, necessaria a rivendicare il pagamento degli straordinari
non riscossi da mesi . Già perché potrà sembrare strano, ma la gente per
lavorare vuole essere pagata. Tutto perfettamente in linea con la strategia di
compressione dei diritti dei lavoratori, pianificata direttamente dal regime renziano.
Eppure a dimettere
il chirurgo genovese è stato proprio Renzi.
Come mai? Non certo per la faccenda
degli scontrini. Andare a cena pagando con soldi non propri, ma della
collettività è colpa grave ma non decisiva .
E’ molto più grave, in verità, governare con voti non propri, così come sta
facendo colui il quale ha reclamato la
testa di Marino e sta distruggendo la
democrazia nel Paese, ma questa è un’altra storia.
Le motivazioni vere della cacciata risiedono nel fatto che il dottore naif, ha pestato un bel po’ di
calli a membri eccellenti di quella casta che si serve di Renzi per
salvaguardare i propri interessi. Il buon Ignazio ha messo fine alla cuccagna
trentennale della famiglia Cerroni chiudendo Malagrotta, bancomat da cui i
signori della monnezza hanno tratto le loro sconfinate ricchezze ai danni dei
contribuenti. E non mi si venga a dire che Roma è più sporca dopo la chiusura
del velenificio a cielo aperto dei Cerroni , perché è da tempo immemore che la
Capitale trasuda rifiuti da ogni angolo.
Non contento, Marino è andato a
rompere i coglioni nel consiglio di amministrazione di Acea, rivendicando il
diritto, come azionista di maggioranza (il comune di Roma detiene il 51% delle
azioni), di condizionare la strategia della
multiutilityu dell’acqua e dell’energia. Che impudenza! Come si permette quest’uomo
di interferire nei lauti affari che gli altri azionisti, i Caltagirone e la
multinazionale Suez, concludono usando
Acea per turlupinare i cittadini?
Perfino alla famiglia Tredicine, i monopolisti dei camion bar, Marino è andato
a rompere le scatole, impedendo ai loro furgoncini, dispensatori di panini e bibite a
prezzi da ristorante di lusso di parcheggiare davanti ai monumenti e nella piazze deturpando le
bellezze della Città Eterna. Poi tutte quelle coppie gay in fila per essere
uniti in matrimonio davanti al Campidoglio hanno fatto incazzare non poco il potere temporale oltretevere guidato dal Papa star Francesco. Un potere
secolare procacciatore di voti e consensi che nessun sindaco di Roma ha osato
oltraggiare così palesemente.
Obbiettivamente le grida e gli alti lai di certi
potentati hanno fatto tremare Renzi che già da tempo aveva preparato il foglio
di via al sindaco chirurgo. Senonchè quell’impudente di Pignatone, procuratore
di ferro, non va a scoperchiare il melmoso pentolone di mafia capitale. In quella
pignatta, immerso nella melma maleodorante c’è tutto l’establishment
capitolino, in costante combutta con il malaffare fin dai tempi d’oro
della Banda della Magliana. Anche il Pd romano affoga nella melma, compreso
alcuni esponenti in squadra con il sindaco, almeno lui rimasto immacolato.
Marino quindi torna in auge,
almeno come foglia di fico messa a coprire le pubenda dei democrat romani devastate dal malaffare. Gli
affiancano la badante supeprefetto
Gabrielli per gestire i soldi dell’Anno Santo. Lo
marcano stretto due mastini governativi, sgherri di Renzi, il vicesindaco Causi e l’assessore ai
trasporti, lo juventino picchiatore di romanisti e si Tav , Stefano Esposito. Controllori necessari a pilotare il piano di svendita ai privati, così
impunemente offesi da Marino, di Atac e Ama.
La foglia di fico è comunque mal
tollerata dai signori che da sempre comandano su Roma e che magari gradirebbero
tornare a fare qualche affaruccio in occasione del Giubileo. Così tanto per
rinverdire i vecchi tempi e in ricordo dei vecchi amici Buzzi e Carminati.
Parte quindi il secondo e decisivo assalto al sindaco naif, il quale offre
la propria testa su un piatto d’argento impelagandosi nella storia degli
scontrini.
Renzi tuona ad Orfini, il servizievole Presidente Pd e partywasher delle zozzure democratiche riformiste romane: “O tu o lui”. Lui sta per Marino. La risposta
è nota. Marino a casa. Arriverà un commissario, imposto dal dominus del
consiglio, gradito ai poteri forti, Vaticano compreso, e tutto riprenderà
meglio di prima dell'increscioso incidente Marino.
Questo fino all’aprile del 2016, quando in
base al Testo Unico per gli enti locali si dovrebbero tenersi le elezioni. Ma dopo
tutto sto’ casino non c’è il rischio di perdere Roma? Potrebbe
vincere Il M5S o i fascisti dei vari millenni .
E chi l’ha detto che si voterà
in primavera? Stanno stracciando la
Costituzione colpi di minoranza,
figuriamoci se non riescono a modificare
il TUEL, magari inserendo qualche articolo ad hoc sui poteri del presidente del Consiglio legittimato a nominare il
sindaco direttamente, qualora eventi particolari lo richiedessero? I manipoli già bivaccano in Parlamento, che
problema ci sarebbe ad introdurre i
Podestà di diretta nomina governativa nelle città?
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