giovedì 12 novembre 2015

L’Impero del caos

Di Noam Chomsky e C.J. Polychroniou
 La politica estera degli Stati Uniti  nel 21° secolo ha poco da offrire tranne che una massiccia potenza militare. In effetti sono finiti i giorni in cui la potenza  militare poteva essere usata per ” ricreare il mondo a immagine dell’America.” Nell’era del dopo Guerra Fredda  gli interventi militari degli Stati Uniti hanno luogo in assenza di una visione strategica totale e con giustificazioni ideologiche che mancano di forza e di convinzione anche tra gli alleati tradizionali. C’è quindi poco da meravigliarsi, allora, che gli interventi militari, sempre illegali e ingiustificabili, finiscano con l’ottenere nulla di più che la creazione di buchi neri che a loro volta provocano nuove organizzazioni terroristiche sempre più violente determinate a diffondere la loro propria visione di ordine sociale e politico.
In questa intervista esclusiva per Truthout,  Noam Chomsky riflette sulle dinamiche della politica estera statunitense nel 21°secolo e sulle implicazioni della politica di     far piovere la distruzione sull’ordine mondiale. Chomsky valuta anche il ruolo del coinvolgimento della Russia in Siria, dell’ascesa dello Stato Islamico e dell’evidente attrazione che ha per molti giovani musulmani che arrivano dall’Europa, e offre una visione cupa del futuro della politica estera degli Stati Uniti.
CJ Polychromiou: gli interventi militari degli Stati Uniti nel 21° secolo (per esempio: Afghanistan, Iraq, Libia, Siria) si sono dimostrati totalmente disastrosi, tuttavia i termini del dibattito sull’intervento devono ancora essere     tra i guerrafondai di  Washington. Quale è la spiegazione di questo?
Noam Chomsky: In parte il vecchio luogo comune : quando tutto quello che hai è un martello, ogni cosa sembra un chiodo. Il relativo vantaggio degli Stati Uniti sta nella loro forza militare. Quando fallisce una forma di intervento, la dottrina e la pratica possono essere rivedute con nuove tecnologie, espedienti, ecc. C’è una buona revisione del processo dalla Seconda Guerra mondiale fino a oggi in un recente libro di Patrick Cockburn, Kill Chain. Ci sono alternative possibili, come appoggiare la democratizzazione (nella realtà, non con la retorica). Queste però hanno conseguenze analoghe a cui gli Stati Uniti non sarebbero favorevoli. Questo è il motivo per cui gli Stati Uniti appoggiano la “democrazia”; sono forme di democrazia “dall’alto verso il basso” in cui le élite legate agli Stati Uniti restano al potere, per citare il massimo studioso di “promozione della democrazia,” Thomas Carothers, un ex funzionario di Reagan che è un forte sostenitore di tale processo, ma che, sfortunatamente riconosce la realtà.
Alcuni hanno sostenuto che le guerre di Obama sono molto diverse per stile e sostanza da quelle del suo predecessore George W. Bush. C’è una qualche validità dietro queste affermazioni?
Bush faceva affidamento sulla violenza militare di “colpisci e terrorizza”, che si era dimostrata disastrosa per le vittime e che aveva causato serie sconfitte per gli Stati Uniti. Obama ora fa affidamento su altre tattiche, prima di tutto la campagna di assassinio globale con i droni che sta infrangendo nuovi record nel terrorismo internazionale, poi le operazioni delle Forze Speciali, oramai in gran parte del globo. Nick Turse, massimo ricercatore dell’argomento, di recente ha riferito che le forze di élite statunitensi sono state impiegate, frantumando un record,  in 147 paesi nel 2015.”
La destabilizzazione e quella che chiamo la “creazione dei buchi neri” è lo scopo principale dell’Impero del Caos in Medio Oriente e altrove, ma è anche chiaro che ora gli Stati Uniti navigano in un mare turbolento senza avere alcun senso della direzione , e di fatto senza avere un’idea sufficiente  ciò che è necessario fare una volta che il compito della distruzione sia stato completato. Quanto di questo è dovuto al declino degli Stati Uniti come nazione egemone globale?
Il caos e la destabilizzazione sono reali, ma non penso che questa sia lo scopo. E’ piuttosto una conseguenza di aver colpito fragili sistemi che non si comprendono,  scagliandosi sempre contro di loro con la forza,  lo strumento principale, come in Iraq, Libia, Afghanistan e altrove. In quanto al declino continuo del potere egemonico degli Stati Uniti (in realtà iniziato nel1945, con alcuni alti e bassi), ci sono conseguenze nell’attuale scena mondiale. Considerate, per esempio, il destino di Edward  Snowden. E’ stato riferito che quattro nazioni latino-americane gli hanno offerto asilo, non avendo più paura della frusta di Washington. Questa è una conseguenza di un declino molto significativo del potere statunitense nell’emisfero occidentale.
Dubito, tuttavia, che il caos in Medio Oriente si identifichi con questo fattore. Una conseguenza dell’invasione americana dell’Iraq è stata quella di istigare conflitti tra sette i quali stanno distruggendo l’Iraq e stanno ora facendo a pezzi la regione. Il bombardamento della Libia iniziato dall’Europa, vi ha provocato un disastro che si è diffuso ben oltre con flusso di armi e stimolando crimini jihadisti. E ci sono molti altri effetti causati dalla violenza straniera. Credo che il corrispondente dal Medio Oriente, Patrick Cockburn, faccia un’osservazione corretta quando dice che la Wahhabizzazione dell’Islam sunnita è uno degli sviluppi più pericolosi dell’era moderna. Oramai molti dei più orribili problemi sembrano praticamente insolubili, come la catastrofe siriana, dove le sole esile speranze stanno in qualche tipo di accordo negoziato verso il quale le potenze coinvolte sembrano lentamente avanzare.
Anche la Russia sta facendo piovere la distruzione in Siria. A che scopo? La Russia pone una minaccia  agli interessi degli Stati Uniti nella zona?
Evidentemente la strategia della Russia è di sostenere il regime di Assad, e in effetti sta “facendo piovere distruzione” prima di tutto attaccando le forze guidate dalla jihad e appoggiate dalla Turchia, dall’Arabia Saudita e dal Qatar e in parte dagli Stati Uniti. Un recente articolo sul Washington Post faceva pensare che le armi ad alta tecnologia fornite dalla CIA a queste forze (compresi missili TOW anticarro) avessero spostato l’equilibrio  militare a sfavore di Assad e fossero un fattore per attirare i russi. In quanto all’ “interesse statunitense” dobbiamo stare attenti. Gli interessi del potere degli Stati Uniti e quelli del popolo statunitense sono spesso molto diversi, come succede comunemente anche altrove. L’interesse ufficiale degli Stati Uniti è di eliminare Assad, e naturalmente l’appoggio russo ad Assad pone una minaccia a tale interesse. E lo scontro non è soltanto pericoloso, se non catastrofico, per la Siria, ma contiene anche una minaccia di escalation imprevista che potrebbe essere anche più catastrofica.
L’ISIS è un mostro creato dagli Stati Uniti?
Una recente intervista con l’illustre analista di Medio Oriente, Graham Fuller, è intitolata: “Ex funzionario della CIA dice che le politiche degli Stati Uniti hanno contribuito a creare l’IS.” Ciò che dice Fuller, credo correttamente, è che “Penso che gli Stati Uniti siano uno dei primi creatori fondamentali di questa organizzazione. Gli Stati Uniti non hanno pianificato la formazione dell’ISIS, ma i loro interventi distruttivi in Medio Oriente e la guerra in Iraq sono state le cause alla base della nascita dell’ISIS. Vi ricorderete che il punto di partenza di questa organizzazione è stato protestare contro l’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti, appoggiata, in quei giorni, anche da molti sunniti non-islamisti a causa della loro opposizione all’occupazione dell’Iraq. Penso che anche oggi l’ISIS [ora Stato Islamico] sia appoggiato da molti sunniti che si sentono isolati dal governo sciita a Baghdad. La creazione del dominio sciita è stata una conseguenza diretta dell’invasione statunitense dell’Iraq, una vittoria per l’Iran e un elemento della straordinaria sconfitta degli Stati Uniti in Iraq. Quindi, per rispondere alla sua domanda, l’aggressione statunitense è stata un fattore per l’ascesa dell’ISIS, ma non c’è alcun valore  nelle teorie cospirative che circolano nella regione che sostengono che gli Stati Uniti avevano pianificato la creazione di questa mostruosità incredibile.
Come spiega il fascino che un’organizzazione del tutto barbara e selvaggia come lo Stato Islamico ha per molti giovani musulmani che vivono in Europa?
Ci sono stati un bel po’ di  studi accurati del fenomeno da parte, tra gli altri, di Scott Atran. L’attrattiva sembra essere diffusa principalmente tra i giovani che vivono in condizioni di repressione e di umiliazione, con scarsa speranza e poche opportunità e che cercano un qualche obiettivo nella vita che offra loro dignità e di autorealizzazione; in questo caso, instaurare un utopistico stato islamico che sorga come opposizione a secoli di  assoggettamento e di distruzione da parte del potere imperiale occidentale. Inoltre, sembra esserci molta pressione dei loro compagni – membri della stessa società di calcio, e così via. Anche la natura intensamente settaria dei conflitti regionali senza dubbio è  un fattore – non soltanto “difendere l’Islam” ma difenderlo dagli apostati sciiti. E’ uno scenario molto brutto e molto pericoloso.
L’amministrazione Obama ha dimostrato poco interesse di rivalutare il rapporto degli Stati Uniti con i regimi autoritari e fondamentalisti in luoghi come l’Egitto e l’Arabia del Sud. La promozione della democrazia è un elemento completamente fasullo della politica estera statunitense?
Senza dubbio ci sono persone come Thomas Carothers, nominato prima, che si dedicano realmente alla “promozione della democrazia” nel Dipartimento di stato di Reagan. Le testimonianze, però, dimostrano molto chiaramente che questa è raramente un elemento nella linea politica e alquanto spesso la democrazia è considerata una minaccia – per buone ragioni, quando si considera l’opinione popolare. Per citare soltanto un esempio ovvio, i sondaggi eseguiti dalla principale agenzia di sondaggi statunitense ( la WIN Gallup), dimostrano che gli Stati Uniti sono considerati, con largo margine, la più grande minaccia per la pace del mondo. Il Pakistan è al secondo posto, a molta distanza (presumibilmente gonfiato dal risultato delle elezioni in India). I sondaggi svoltisi  in Egitto alla vigilia della Primavera Araba hanno rivelato un notevole sostegno per le armi nucleari iraniane per controbilanciare il potere di Israele e degli Stati Uniti. L’opinione pubblica è spesso a favore di riforme sociali del genere che danneggerebbe le multinazionali con base negli Stati Uniti. E molto altro. Non sono certo politiche che al governo statunitense piacerebbe venissero istituite, ma l’autentica democrazia darebbe una voce significativa all’opinione pubblica. Per analoghe ragioni, la democrazia è temuta in patria.
Prevede dei cambiamenti importanti nella politica estera degli Stati Uniti nel prossimo futuro con un’amministrazione Democratica o Repubblicana?
Non con un’amministrazione democratica, ma la situazione con un’amministrazione  Repubblicana è molto meno chiara. Il partito ha deviato molto dallo spettro della politica parlamentare. Se le dichiarazioni dell’attuale  gruppo di candidati possono essere prese sul serio, il mondo potrebbe  trovarsi davanti a seri guai. Prenda, per esempio, l’accordo con l’Iran sul nucleare. Non soltanto sono unanimemente contrari a esso, ma fanno a gara su quanto rapidamente bombardare l’Iran. E’ un momento molto strano nella storia politica americana, e in uno stato con paurosi poteri di distruzione, questo dovrebbe provocare non poca preoccupazione.
CJ Polychroniou è uno studioso di politica e di economia politica che insegnato e lavorato in università e centri di ricerca in Europa e negli Stati Uniti. I suoi principali interessi  nl campo della ricerca  sono: l’integrazione economica europea, la globalizzazione, l’economia politica degli Stati Uniti e la decostruzione del progetto politico-economico del neo-liberalismo. Collabora regolarmente con Truthout ed è anche membro del Truthout Public Intellectual Project. Ha pubblicato diversi libri e i suoi articoli sono apparsi su una serie di periodici, riviste, quotidiani e su famosi siti web di informazione.  Molte delle sue pubblicazioni sino state tradotte in molte lingue straniere tra le quali: croato, francese, greco, italiano, portoghese, spagnolo e turco.
fonte: Zetanet Italy

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