sabato 21 novembre 2015

Sanità di Frosinone. Il servzioTAO (Terapia Anticoagulante Orale) è in crisi

Francesco Notarcola


Il servizio TAO (Terapia Anticoagulante Orale), una terapia salvavita, è stato efficiente e di qualità fino a quando era responsabile il dott. Raffaele Reggio, primario del Centro trasfusionale.
Ai primi di novembre Egli è andato in meritata pensione e il Centro TAO è andato in crisi. Questo rischio era stato ampiamente e ripetutamente fatto presente, nell’estate scorsa, al direttore generale ed a quello sanitario della ASL,  durante le riunioni  del gruppo di lavoro,  costituito da medici e da rappresentanti dell’Associazione degli anticoagulati (AIPA), che ha elaborato un progetto per la realizzazione, nel prossimo anno,  di Centri antitrombotici eccellenti su  tutto il territorio della provincia. Il progetto prevede un protocollo clinico unico, un  organico del personale medico ed infermieristico, gli arredamenti e la  disponibilità di locali e di parcheggio.
Nel momento in cui questo progetto dovrebbe muovere i primi passi verso la realizzazione di quanto in esso previsto, concordato e deliberato dalla ASL, si crea il caos e lo smarrimento.
Infatti il Centro TAO di  Frosinone non ha più un responsabile. Viene gestito in collaborazione tra Centro trasfusionale e UOC di ematologia. La presenza di medici ed infermieri viene decisa all’ultimo momento. E’ accaduto ed accade che invece di due infermieri ce ne sia solo uno. Per inviare, tramite fax, 10-15 fogli con le terapie ad altrettanti  pazienti si impiegano circa due ore perchè la macchina non funziona come prescritto e come dovrebbe. Le copie che si inviano escono nere dalla stampante perché, si dice, è stato acquistato il toner di bassa qualità. Tutte queste piccole cose che dovrebbero essere risolte in un baleno da dirigenti avveduti e capaci si protraggono inspiegabilmente nel tempo creando disagi e difficoltà al personale ed ai pazienti. Ma quali sono le ragioni che impediscono l’affidamento  della direzione di questo servizio alla UOC di ematologia, come  proposto dall’aipa in tutte le sedi competenti?
Abbiamo chiesto  da mesi  la riunione del “Gruppo di lavoro” coordinato dal dott. Bruno Macciocco, a voce e per iscritto,mentre  si continua a fare orecchie da mercante e ad assumere decisioni senza informare i pazienti. Eppure gli accordi deliberati dicono il contrario. E’ stata finanche prevista una cabina di regia, mai convocata, per dare avvio alla realizzazione del progetto e per evitare  rischi di crisi e di peggioramento del servizio. Quali sono i motivi che impediscono una discussione seria e proficua?

Il Commissario, nuovo arrivato è molto impegnato a colloquiare con i primari per conoscere tutte le problematiche della nostra sanità. Se vuole noi siamo a sua disposizione.  Ma una persona come il Commissario Macchitella, impegnato da lustri come dirigente della sanità regionale, non dovrebbe conoscere a menadito pregi e difetti della sanità laziale e  quindi, anche della nostra?

Non è il Corano a colpire l’occidente

Michele Prospero

Anche chi di mestiere fa lo storico tende ad interpretare i fatti di Parigi come episodi di una guerra di religione. Con queste categorie non si capisce però ciò che sta accadendo. Se si vuole comprendere la minaccia che incombe, è meglio non assecondare certe semplificazioni storiografiche. Sarebbe un’impresa vana accostarsi a un fenomeno armato, che minaccia di incendiare l’occidente, pretendendo di rintracciare la sua genesi ispiratrice nel Corano.

Come non si spiega la politica estera di Putin leggendo i testi ortodossi, così non si può cogliere il senso delle stragi ispirate al fanatismo religioso consultando il Corano. Non tiene, a un minimo vaglio critico, il diffuso pregiudizio per cui in occidente si fa politica con la logica della potenza e in medio oriente o altrove invece si fa terrore con la logica della fede.


I classici del pensiero politico lo avevano segnalato già alcuni secoli fa. Locke suggeriva di vedere nell’invocazione del sacro, usata dalle fazioni avverse che si affrontavano nelle guerre di religioni, solo una maschera che nasconde effettivi obiettivi di potenza. E sul finire del 1500 Alberico Gentili, il fondatore del moderno diritto internazionale, esortava ad eliminare la cortina teologica nella descrizione della condotta degli Stati, che segue altre suggestioni rispetto a quelle contenute nei sacri testi.


Molti oggi sono disposti a compiere il tragitto inverso rispetto a quello che ha percorso il grande pensiero politico, con il suo trasparente invito rivolto alla teologia a mettersi da parte, per scrutare il fenomeno politico nella sua diramazione di potenza. Con il ritorno alla teologia politica, e quindi alla metafisica dello scontro di cultura o di civiltà, si getta solo una coltre di fumo che devia nell’interpretazione di una grande emergenza che viene così sottratta ai moduli di gestione della politica.

Quando le mistiche anime della potenza imperiale pregavano nella sala ovale prima di sganciare le bombe, hanno determinato la catastrofe attuale. Il volto profetico del presidente che ripescava la dottrina medievale del tirannicidio per sbarazzarsi di despoti sgraditi, e mettere le mani sulle loro gradite risorse, ha creato il deserto disordinato che oggi viene riempito dalle velleità di occupare terra per inseguire il mito del Califfato.

L’occidente ha confidato troppo in questi anni nelle virtù delle sue bombe intelligenti perché da decenni latita una sua politica intelligente. Con la metafisica della guerra globale al terrore, Bush o Sarkozy hanno ordinato politiche folli e inefficaci, con il pretesto del sacro dovere di combattere per i diritti umani, soprattutto nelle aree dove la puzza dell’oro nero era più nitida. Con i loro disastrosi calcoli di potenza hanno destrutturato alla radice quel minimo di ordine feroce che le dittature assicuravano dall’Iraq alla Libia, alla Siria. Hanno lasciato sul campo élite deboli e denazionalizzate, che non hanno forza, organizzazione per trattenere masse mobilitate.

Il riciclaggio tardivo dello scontro di cultura non solo ignora i disastri che ha provocato la ri-teologizzazione della politica internazionale ma non fa che fornire un insperato fondamento politico agli strateghi del terrore che sperano nella spoliticizzazione dell’evento bellico, nell’accantonamento cioè del suo profilo pubblico-statuale. L’ancoraggio alla teoria di Alberico Gentili sulla pubblicizzazione-statalizzazione del conflitto impone invece di escludere il movente della fede come motivo di un’iniziativa bellica.

Il moderno, con Locke raggiunge la pacificazione-neutralizzazione della sua vita interna solo con la privatizzazione della fede, e con il De jure belli di Gentili acquisisce la pubblicizzazione della guerra solo con la negazione del “nemico di fede” esterno. Deviare da questo processo comporta solo sciagure politiche: disordine, terrore, caos. La pubblicizzazione del conflitto sconsiglia di intraprendere guerre asimmetriche contro non-Stati, ed implica comunque il dovere prioritario di vedere la geopolitica dove la propaganda mette la fede. Di esaminare il calcolo dove si esibisce il Corano. Di scorgere il territorio dove si invoca Dio.

Contro un nemico che sfila con auto e armi occidentali nei territori dell’autoproclamato Stato islamico, non si può rispondere con i simboli delle armi convenzionali della guerra via terra che assume l’altro come “nemico etico”. Prima bisogna spiegare gli effetti perversi delle nuove guerre in distese spaziali che l’occidente ha destrutturato nei vertici politico-militari. E poi occorre riflettere sulle implicazioni di una organizzazione del terrore capace di portare la morte entro le metropoli dell’occidente.

Con un quasi Stato, oltre che con la minaccia delle armi si parla con la diplomazia, con l’arte del compromesso, con l’offerta di un ragionamento plurale sulla nuova ripartizione dei territori in un’area ormai implosa. Solo con i conflitti non mediabili, quando cioè le altre alternative sono sfumate, si procede manu militari. Ma, anche in questi casi, l’efficacia delle armi è stata sinora devastante, e le guerre del petrolio hanno creato solo disordine mondiale. Non si può trascendere il nucleo forte degli interessi di potenza che la Russia tradizionalmente coltiva in Siria. E non è possibile escludere la tattica del negoziato con la semplice definizione del nemico come agente del terrore.

Il fatto è che la gola tagliata dall’Isis allarma molto di più della testa legalmente sgozzata in Arabia, con le cui classi dirigenti le cancellerie europee sottoscrivono contratti d’oro. Con ciò che si definisce Stato islamico è prova di forza, non di disperata debolezza parlare con il linguaggio degli interessi, dello spazio, delle risorse. Dopo tutto, anche i capi dell’esercito del Califfato maneggiano più i barili di greggio che gli scaffali zeppi di Corano. Si tratta di élite del terrore che rivendicano potere e quindi sanno effettuare il calcolo dei costi e dei benefici dinanzi a offerte e a minacce.

Confidano i signori del Califfato in un indubbio punto di forza, e cioè il prevedibile contagio della maschera fondamentalista nelle rabbie delle periferie della vecchia Europa. La sola forza del Califfato è nel consenso che può nascere tra fasce di cittadini esclusi delle periferie, colpiti non tanto nella carenza di risorse economiche ma nella dignità. Privare ancor più di dignità i migranti in nome della sicurezza e negare negoziati con le élite del terrore in nome dei diritti umani non disponibili, questa sì che è l’avventura folle, che conduce l’occidente al suicidio.

fonte: il manifesto del 21.11.2015

venerdì 20 novembre 2015

Disoccupato n.439562B5-6C8E-4390-BFBA-FEC45F2E68B7 faccia un passo avanti.

Luciano Granieri 




Il 18 novembre scorso  la Regione Lazio ha selezionato i 2000 disoccupati di lunga durata risultati idonei al programma finalizzato alla ricollocazione presso aziende che necessitano di mano d’opera,  o all’accesso a corsi di formazione e orientamento retribuiti .  Il tutto finanziato dalla Regione attraverso i fondi europei per un importo totale di 4milioni e 700mila euro. Ci occupammo di questo BANDO quando la Regione lo rese disponibile sul proprio sito, predisposto a   raccogliere le domande dei disoccupati di lunga durata che nel nostro territorio ammontano a circa 125mila. Come l’evidenza dei numeri mostra, i 2000 aventi diritto in confronto all’enormità dei 125mila disoccupati non sono  che una goccia nel mare. Così come le stanziamento di 4milioni e 700mila euro finalizzato a contrastare un fenomeno devastante come la disoccupazione nel nostro territorio è poco più che elemosina. Se si considera  che i fondi non saranno erogati direttamente ai  lavoratori, ma ai centri per l’impiego privati è ipotizzabile,  per il contrasto alla disoccupazione, un flop simile  a quello avvenuto del programma “Garanzia Giovani” finalizzato all’incremento dell’occupazione giovanile.  

La  pubblicazione del bando non è stata molto pubblicizzata, come se la selezione cominciasse a scartare i molti che non ne sono venuti a conoscenza. Comunque dopo l’analisi delle  domande prevenute fra il 30 settembre e il 9 ottobre, termini stabiliti dalla Regione per la presentazione delle richieste, la graduatoria dei 2000 fortunati è stata stilata.  Per consultarla cliccati QUI.



Come si può constatare del  candidato vincitore si conosce vita,  miracoli e morte....forse. Dalla lista si rileva il genere (maschio o femmina), la data e il luogo di nascita,  la data dichiarata di inizio disoccupazione e quella di iscrizione al centro per l’impiego, oltre che il Comune di residenza del centro per l’impiego che lo gestirà . Si sa tutto insomma, tranne il nome e il cognome del fortunato. Questo irrilevante dato è sostituito da un numero. Il codice univoco  che la Regione ha assegnato alla domanda inviata  del lavoratore. Dunque chi  è disoccupato, e per questo ha deciso di aderire al programma di ricollocazione, è talmente sfigato da   non meritare  nemmeno di essere citato per nome? Risponde solo  ad una serie di numeri e lettere.  Non è un tantino umiliante?  E’ come se diventasse  membro della disneyana banda bassotti,  senza nome ma con il codice del carcere stampigliato sul maglioncino.  Si dirà che è un provvedimento atto a tutelare la privacy.  E’ un  problema sapere che è Luciano Granieri ad aver avuto accesso al programma e non il codice univoco  439562B5-6C8E-4390-BFBA-FEC45F2E68B7?  O forse meno si sa di certe graduatorie e meglio è?    Evviva la trasparenza. 

COMUNE DI FROSINONE: CASA DI VETRO

Comitato di Lotta per il lavoro


Il 23 il Comune di Frosinone organizza alla Villa Comunale un incontro “Amministrazione Trasparente ed Anticorruzione: l’esperienza del Riuso”.
Ci si soffermerà sui temi dell’”Amministrazione trasparente” e sui temi dell’”anticorruzione”. Un terreno irto e oscuro nel quale un “coraggioso” ente, bisogna proprio riconoscerlo, vuole intraprendere un confronto con la popolazione nonostante le gravi defaillance e la poco attenzione alle indicazioni del piano anticorruzione, adottato con Regolamento Comunale Anticorruzione 2015/2017, con Delibera di Giunta Comunale n. 29/2015, anche in riferimento, ad esempio degli appalti della già Frosinone Multiservizi che hanno raggiunto ormai i sei milioni di euro.

Forse daranno spiegazione, alla luce del nuovo Regolamento sulle reiterate proroghe di affidamento diretto che possono essere indice “di un malfunzionamento dell’Amministrazione, nel senso di una devianza dai canoni della legalità, del buon andamento e dell’imparzialità dell’azione amministrativa”;
Forse daranno spiegazione sulle note della Presidenza del Consiglio dei Ministri che avvertono della “possibile elusione delle regole di affidamento degli appalti, mediante l’improprio utilizzo del modello procedurale dell’affidamento delle concessioni”,

Forse daranno spiegazione dell’altissima valutazione del “livello di rischio” per l’utilizzo dell’affidamento diretto, anche in riferimento al valore economico e alla frazionabilità (Regolamento Comunale Anticorruzione);
Forse daranno spiegazione della irrintracciabilità nell’Albo pretorio on line di atti riguardanti proroghe degli affidamenti in atto alle cooperative sociali di tipo B;

Forse daranno spiegazione della non congrua pubblicazione dal punto di vista temporale di alcuni atti sull’Albo pretorio inerenti sempre proroghe di affidamento;

 Forse daranno spiegazione della assenza di allegati come ad esempio le convenzioni che regolamentano l’appalto dei servizi affidati alle cooperative sociali di tipo B.

Forse daranno spiegazione del perché non si rispettano le motivazioni pur scritte nelle determine con le quali si giustificano continui e diretti affidamenti;

Forse daranno spiegazione in applicazione del Regolamento Comunale Anticorruzione 2015/2017 dei mancati monitoraggi rispetto ai reiterati affidamenti diretti di appalti di servizi a cooperative sociali di tipo B visto l’elevato il rischio di corruzione e considerando che le misure di contrasto al rischio possono anche essere ulteriormente individuate oltre a quelle “comuni e obbligatorie” oppure “Emerge la concreta difficoltà delle amministrazioni di individuare correttamente i rischi di corruzione, di collegarli ai processi organizzativi e di utilizzare un’adeguata metodologia di valutazione e ponderazione dei rischi” (Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione);

Forse daranno spiegazione perché società coinvolte nelle indagini di Mafia-Capitale continuano a gestire servizi nella nostra città e in altri territori, anche in proroga con affidamento diretto, senza che alcuno ne chieda conto e ne valuti l’opportunità. Nella vicenda dei vestiti usati prelevati dai cassonetti gialli la società Ama di Roma ha interrotto il servizio di raccolta differenziata di indumenti e accessori di abbigliamento usati sul territorio comunale, revocando l'affidamento ai consorzi aggiudicatari: "Il provvedimento, che si inserisce nel percorso di trasparenza e legalità intrapreso dal nuovo management di Ama”.

Per tutto questo daranno spiegazione o forse no?

In altre parole, è risultata inadeguata la capacità delle amministrazioni di leggere ed interpretare le dinamiche socio-territoriali e di tenerne conto nella redazione del PTPC” (Aggiornamento 2015 al Piano Nazionale Anticorruzione).
 A Frosinone ce ne preoccupiamo o no?

giovedì 19 novembre 2015

Noi non abbiamo paura della bomba

Luciano Granieri


Non abbiate paura! Il Giubileo si  terrà  nonostante gli attentati di Parigi.  L’intera popolazione deve continuare  a frequentare i  cinema, i concerti,  bar,  ristoranti,  e lo  stadio. Smettere di  vivere la propria condizione  sociale negandosi un divertimento, un’occasione di condividere passioni , significherebbe darla vinta ai terroristi”.  Questo è il mantra che giornali, TV e web continuano a ripetere come un disco rotto .  

Sono pienamente d’accordo ma non vedo il problema.  Posto che a mio giudizio il Giubileo non andrebbe celebrato a prescindere - personalmente sono ateo e non mi garba affatto   di essere fiscalmente derubato dei denari necessari ad assicurare il tranquillo soggiorno dei Pellegrini - se avessi le possibilità economiche  per andare più spesso  allo stadio,   a teatro,   al cinema, lo farei  tranquillamente.  

Siamo sicuri che la limitazione alla libertà di aggregazione  derivi dai rodimenti di culo del Daesh,  o non sia interesse di certo potere che basa sull’isolamento, sull’individualizzazione spinta dei cittadini la forza della propria tirannia?  La partita  di calcio Germania-Olanda è stata annullata perché fonti  reputate attendibili dal governo e, presumo, dai servizi segreti, hanno reputato veritiera la notizia, rivelatasi poi falsa,  che un’ambulanza imbottita di tritolo fosse  pronta ad esplodere. Quali  e di che tipo fossero queste fonti non è dato sapere, bisognava fidarsi.  La  gente è rimasta pure contenta di aver perso la serata dietro ad un evento che non si è tenuto convinta  com’era che gli organi preposti avessero  bene  agito per la loro salvaguardia. 

Resta il fatto che la comunicazione dei media è in preda di un’isteria sospetta.  Da un lato si esorta a vivere le proprie passioni e i propri divertimenti per  non darla vinta ai terroristi , dall’altro si profonde paura a piene mani. Si moltiplicano allarmi diramati dall’FBI, da servizi segreti, da fonti d'intelligence  autorevoli, per cui, Roma, Milano  sono a  rischio attentati, così come  Londra, la stessa Parigi e altre città di mezzo mondo. 

La realtà è che impedire l’incontro  fra cittadini, il libero confronto  che può scaturire in tutti i luoghi di aggregazione è una necessità, prima che dei terroristi dell’Isis,  del potere economico e finanziario.  Esso  individua nella libertà di condivisione, insita in qualsiasi elemento della vita sociale,  un pericoloso innesco di ribellione al sistema che rende i ricchi sempre più rari,  e sempre più ricchi, e i poveri  sempre più poveri   e numerosi.  

Se ancora non fosse chiaro, gli attentati di Parigi sono una manna per questi burocrati del regime  finanziario.  E’ dietrologia ? Può darsi   ma  risulta incomprensibile  come dopo le esplosioni e i raid  che hanno devastato Parigi, le immagini dei terroristi (filmati, foto) abbiano cominciato ad invadere l’etere neanche fossero attori di Hollywood. In questi pochi  giorni, da venerdì  scorso, ha avuto più passaggi in TV  Abdelhamid Abaaoud che Antonella Clerici e Carlo Conti messi insieme. Se Abaaoud non fosse stato ucciso ieri  dalla polizia, nella banlieu di San  Denis, mentre stava progettando (vedi il caso) nuovi attentati,  ce lo saremmo ritrovato nel salotto di Vespa.   La vita  di questi signori era così  ben conosciuta?  Perché non è stato impedito loro di compiere le stragi? 

Si  continua a martellare con la diffusione di allarmi continui sui rischi di attentato,   si moltiplicano i possibili obbiettivi sensibili,  anche quelli così  detti “deboli” bar, ristoranti, luoghi di ritrovo. Poi s va  in giro a chiedere alla gente se ha paura?  Ebbene confesso.   Io  ho paura. Non dei kamikaze  ma di altro. Ad esempio stamattina ho temuto che mio figlio arrivasse in ritardo all’università, dopo il solito viaggio nel carro bestiame che conduce i pendolari da Roma a Frosinone, per l’ennesimo allarme bomba  farlocco che ha bloccato la linea A della metropolitana. 

 Il  terrore che impedisce  il normale svolgersi delle relazioni sociali, non è generato da particolari paure per ulteriori attentati, ma dai continui allarmismi che arrivano dagli organi di controllo a cui i media offrono una eccellente e squillante cassa di risonanza.  Penso che la misura sia colma.  Arrivano le bombe dell’Isisi ? Noi ci scansiamo.

mercoledì 18 novembre 2015

Reinventarsi la politica

Associazione Oltre l'Occidente

Nell’esigenza di dover decifrare gli eventi che accadono nel nostro territorio per ridefinirli all’interno di un possibile quadro politico e culturale; nel tentativo di riconnettere le iniziative e le lotte all’universo provinciale e oltre, allargando con maggior impegno e competenza le azioni per arginare il tracollo sociale e economico, si propone per sabato 21 novembre alle ore 17.30, presso i locali di l.go Paleario 7 a Frosinone, un incontro dove un movimento dal basso si reinventi un modo di fare politica insieme, a cominciare da un’altra informazione.

“Ma le vittorie eventuali rimarranno senza futuro, e l’indignazione continuerà a essere impotente, senza una riforma radicale del sistema dell’informazione. […] I problemi del giornalismo tradizionale si porranno presto anche al giornalismo digitale – anzi, è già così. Immaginare che le promesse della Rete daranno vita a un altro tipo di informazione di massa, svincolato dalle logiche dominanti che operano ovunque, è una scommessa persa in partenza. L’esistenza di un sito marginale che ci piace e che anche i nostri amici apprezzano non gli conferisce alcun potere particolare, alcun impatto supplementare dal momento che a consultarlo, a utilizzarlo siamo in pochi. Verosimilmente gli stessi di prima, ma dietro una tastiera. E allora, dobbiamo continuare a indignarci e invadere tutti i nostri contatti di tweet pieni di rabbia? Alla lunga, dar la caccia in Rete a realtà inaccettabili delle quali indignarsi insieme agli amici diventa un esercizio spossante e inutile”.

 [Serge Halimi direttore di Le Monde Diplomatique, numero di ottobre 2015]

TAVOLA ROTONDA SULLA SALUTE MENTALE

L' ASSOCIAZIONE VER.BENE

Gli appartenenti dell' Associazione di volontariato “Ver.Bene”  sono familiari ed utenti della salute mentale affiancati da volontari interessati allo stesso ambito di azione.  L’Associazione ha per scopo la difesa della dignità e dei diritti delle persone con sofferenza mentale e dei loro familiari, la garanzia  della tutela della salute mentale e del benessere della società tutta. Essa  intende perseguire l’interesse generale della comunità diffondendo una cultura collettiva che rispetti e valorizzi le differenze tra le persone e che miri alla promozione umana ed all’integrazione sociale civile e culturale. In tal senso potranno riconoscersi in essa anche cittadini con disagi diversi da quello mentale, al fine di condividere problemi e scambiare esperienze, idee e  strategie, diffondendo la pratica dell’auto-mutuo-aiuto e del “fare assieme”, la lotta allo “stigma” ed iniziative che sensibilizzino l’opinione pubblica attraverso la  conoscenza  del contesto della salute mentale anche attraverso attività di informazione e  formazione di familiari, utenti, volontari ed operatori;


Appello antiliberista e anticapitalista


Pubblichiamo qui di seguito il testo di un appello “antiliberista e anticapitalista” che propone la formazione di una rete tra tutte/i quelle/quei compagne/i e tra tutti quei soggetti organizzati che non si rassegnano a sacrificare tutto il patrimonio di lotte e di elaborazione politica degli ultimi decenni. Si tratta di un’iniziativa positiva che Sinistra Anticapitalista sostiene pienamente e attivamente.
Per aderire, scrivere un’e-mail a: antiliberista.anticapitalista@gmail.com, indicando nome,cognomeprovenienza

                                                           Appello

Ci sono momenti della lotta di classe di un Paese che hanno ripercussioni politiche complessive sul terreno internazionale. La crisi greca con il terribile disastro sociale prodotto dalle politiche dell’austerità e l’accettazione del terzo memorandum da parte del governo di Syriza, costituisce uno di questi momenti fondamentali.
  1. La vicenda greca mette in luce tutte le difficoltà, ma anche la necessità della lotta contro le politiche del sistema capitalista e dei suoi governi per affermare in alternativa una reale democrazia, attraverso la costruzione di forme di contropotere e di controllo popolare delle classi lavoratrici sulla politica, l’economia, la finanza e di un fronte anti-austerità in tutta Europa di fronte all’azione convergente e univoca delle istituzioni europee e dei governi nazionali.
    L’Unione Europa non è l’Europa dei diritti, della giustizia sociale, delle differenze, del rispetto dei diversi popoli all’interno di un progetto comune e partecipato, ma è l’Europa del grande capitale, dei profitti, delle rendite finanziarie, è l’Europa fortezza contro gli immigrati e le immigrate in cerca di una vita dignitosa.
    Questa Europa con i suoi trattati, i suoi dogmi liberisti, la sua troika, si dimostra irriformabile; per sconfiggere le politiche dell’austerità, il giogo del debito, i privilegi dei potenti, occorre avere il coraggio di operare delle rotture profonde con gli assetti sociali ed economici sia su scala europea che in quella nazionale, contro le classi dominanti.
    L’entusiasmo in Italia per la seconda affermazione elettorale di Syriza è fuorviante. Non inganni il successo elettorale: con una fortissima astensione, a Tsipras è stato riconsegnato un governo che ha come funzione la gestione delle terribili politiche dell’austerità del terzo memorandum sotto il controllo diretto e quotidiano dei nuovi emissari dell’Unione Europea.
    Per questo le valutazioni su questo drammatico scontro di classe sono una cartina di tornasole anche dei reali orientamenti di fondo, politici strategici, delle diverse forze della sinistra italiana, che oggi si aggrappano alla nuova Syriza e a Tsipras per lanciare la costruzione di un soggetto unitario della sinistra, che altro non sarà se non un’unità posticcia, verticistica, politicista, rinchiusa nel perimetro del centro-sinistra.
    L’austerità non si può governare da sinistra. Bisogna superare il neoliberismo e costruire una prospettiva strategica alternativa al capitalismo.
    La battuta d’arresto subita dalle forze di sinistra in Grecia costituisce una sconfitta per tutte le classi lavoratrici in Europa e coinvolge tutte le forze anticapitaliste europee
    Nello stesso tempo si avverte ancor più la necessità e la possibilità di reagire alle molte contraddizioni che si esprimono in diversi paesi, dove si moltiplicano i tentativi di resistere delle classi popolari e cresce la ricerca di strumenti sia sociali e politici alternativi per avere più forza.
  2. Nuovi possibili uragani e grandi cambiamenti si profilano in Europa e nel quadro internazionale: la crisi economica capitalista non è certo finita e le bolle finanziarie sono nuvole nere che attraversano il cielo e che rischiano di scaricare il loro portato di crisi.
    Le migrazioni e l’esodo di massa di milioni di persone non sono un’emergenza casuale e temporanea, ma il frutto concreto della divisione internazionale del lavoro e delle guerre di depredazione e saccheggio da parte dei grandi paesi capitalistici in Africa, Asia, Medio Oriente; Questi non potranno non delineare profonde mutazioni in tutta l’Europa.
    Per questo siamo convinti che una nuova efficace azione sul piano nazionale sia possibile solo se contemporaneamente vengono attivati tutti gli strumenti che rendono concreto e reale un nuovo slancio di solidarietà e di azione internazionalista; serve un nuovo internazionalismo che si proponga di unire ciò che il capitale divide, stringendo legami di solidarietà ed amicizia fra i lavoratori e le lavoratrici dell’Europa e del Mondo.
    Questo internazionalismo si esprime avendo sempre come punto di riferimento le classi popolari i lavoratori e le lavoratrici dei diversi paesi, i precari, gli inoccupati, i disoccupati,i nuovi schiavi le loro lotte per i diritti democratici e sociali; il punto di partenza è la comprensione dei loro bisogni e il sostegno alle mobilitazioni che promuovono per difendere i loro interessi in piena autonomia e in forte contrapposizione rispetto ai governi che rappresentano le classi dominanti.
  3. Dopo la Grecia, l’Italia è il laboratorio avanzato delle politiche dei gruppi economici e politici dominanti in Europa: il governo Renzi è un esecutivo fedele mandatario delle ricette della Troika e gode dell’appoggio della Confindustria, di tutti i partiti della borghesia e dei media che a queste forze fanno riferimento. A Renzi è stato assegnato il compito di condurre fino in fondo un processo di controriforma politica e sociale, finalizzato a demolire tutte le conquiste economiche e sociali del movimento delle classi lavoratrici del Novecento e a svuotare di contenuto finanche la democrazia rappresentativa e parlamentare (anche se in ultima istanza è comunque funzionale al sistema dominante), giungendo a stravolgere la costituzione italiana nata dalla resistenza.
    Per questo pensiamo che il compito principale sia oggi quello di costruire le resistenze e le lotte contro questo governo del capitale e le sue politiche di austerità. Riteniamo necessario mobilitare la classe lavoratrice nelle sue diverse articolazioni, compresi il mondo dei precari, dei disoccupati e dei giovani, e i diversi movimenti sociali per cacciare Renzi e riconquistare dignità, diritti, futuro.
  4. Il Partito Democratico è la principale voce politica del grande capitale italiano imprenditoriale e finanziario. Renzi ha portato fino in fondo, quanto (ed era molto) hanno fatto i suoi predecessori. Più che mai è necessario, per qualsiasi schieramento sociale e politico che voglia contrastare le politiche dell’austerità, avere una totale autonomia, indipendenza, alternatività e contrapposizione al PD, sia su scala nazionale che su quella locale.
  5. I vertici dei sindacati confederali, anche quello della CGIL, sono stati il veicolo più efficace per far penetrare tra i lavoratori avanzati tutti i luoghi comuni dell’ ideologia liberista “temperata”, anziché mettere in campo forme efficaci di opposizione alle politiche liberiste dei governi passati e dell’attuale governo Renzi.
    Per questo motivo esiste un grande malessere tra le lavoratrici e i lavoratori a cui è necessario fare riferimento politico. Pensiamo che le realtà di classe interne alle confederazioni e quelle esterne, il sindacalismo di base, debbano provare a superare diffidenze e contrapposizioni reciproche e trovare la strada dell’unità d’azione nell’ottica di una pratica di attività intersindacale di classe a partire dal basso nei luoghi di lavoro e, in prospettiva, di creare le condizioni per l’autorganizzazione ed anche per costruire delle nuove forme consiliari nei luoghi di lavoro, che ripristino la democrazia e il controllo diretto dei lavoratori e lavoratrici sui processi produttivi.
  6. Di fronte alla debolezza dell’opposizione alle politiche neoliberiste l’obiettivo diventa quello di costruire un ampio fronte, una coalizione o forum delle opposizioni, sociali, politiche e dei variegati movimenti sociali, studenteschi, ecologisti, femministi: poiché ci sono comuni interessi e evidenti convergenze tra questi soggetti, non è quindi impossibile avere luoghi di confronto permanente fra tutti/e coloro che, collettivamente e individualmente, desiderano battersi contro la xenofobia, il neoliberismo ed il capitalismo.
    Ogni precarietà, ogni licenziamento, compresi quelli politici, dismissione, cassa integrazione, ogni ingiustizia o discriminazione subita e accettata mina alla base l’unità delle classi lavoratrici e dei diversi settori sociali sfruttati ed oppressi. Pertanto, riteniamo che, per opporsi al ricatto padronale, sia fondamentale la costruzione della risposta unitaria, democratica e partecipata di tutti i soggetti sociali, ma sul terreno della lotta al neoliberismo e al capitalismo.
  7. Combattiamo ogni forma di razzismo ogni manifestazione di fascismo e xenofobia. Siamo convinti che l’unico modo per rispondere al clima di paura diffuso nella popolazione sia quello di costruire la mobilitazione attiva e solidale di lavoratori italiani e stranieri per il diritto alla casa, al lavoro, al cibo, all’istruzione ed alla sanità pubblica, ad un ambiente sano,alla cittadinanza ed al diritto di voto universale; all’accoglienza e al diritto di asilo politico riconosciuto a tutti coloro che fuggono da guerre persecuzioni politiche, miseria, disastri ambientali e climatici.
  8. Assistiamo all’abbandono del percorso emancipatorio, compiuto dal movimento femminista, attraverso l’imposizione del ritorno alle mura domestiche e alla “famiglia”,dove si svolge un lavoro di riproduzione non pagato (o sottopagato se svolto dalle lavoratrici straniere), nonché un lavoro di cura che in gran parte supplisce alla crisi delle politiche del welfare.Si afferma subdolamente una sorta di “welfare materno”: a fronte di questa regressione, invece di lottare per un ordine simbolico di genere si affermano da una parte un familismo conservatore attraverso l’enfatizzazione della ‘comunità’ in cui restano invisibili i rapporti di potere tra generi e generazioni,dall’altra parte un’assunzione della “femminilità” in una visione paternalistica di cooptazione della soggettività femminile. Il principio di ‘eguaglianza’troppo spesso diventa omologazione all’ordine patriarcale, che tende a mortificare nelle donne il nesso tra conflitto di genere e conflitto di classe. Anche per le donne il nesso condizione/coscienza passa per la soggettivazione e la lotta al moderno nesso patriarcato/capitalismo invasivo delle vite in particolare delle giovani donne.
  9. E’ necessario unire le lotte in difesa dell’ambiente a quelle legate al mondo del lavoro, poiché rappresentano i due principali fronti dell’opera distruttiva e saccheggiatrice del capitalismo predone, che mette a valore tutto, dalle persone alle risorse naturali, a partire dai modi e dai luoghi di produzione e riproduzione della vita materiale delle persone. Le vere radici dei guasti che incombono sul pianeta sono ancora una volta da ricercare nel sistema economico produttivo capitalistico, col suo modello improntato a sviluppo e crescita illimitati, che si fonda sulla privatizzazione e finanziarizzazione di beni, indispensabili per la vita di tutti, e mercifica risorse per il profitto di pochi a scapito dei molti.
    L’esigenza dell’interconnessione delle lotte nasce proprio da una comune carica antisistemica, maturata nel corso delle tante forme di lotta, accomunate dalla denuncia dell’uso capitalistico del territorio, delle città, dell’ambiente, contro l’assalto del grande capitale finanziario ai beni comuni, contro i suoiINVESTIMENTI SPECULATIVI, e la complicità delle istituzioni conniventi, contro cui perseguire l’armonia tra gli umani, rispettare tutte le forme di vita ed il processo di rigenerazione del vivente, connettere la lotta contro la devastazione ed il saccheggio dell’ambiente alla lotta in difesa dei diritti umani e offrire protezione ed inclusione ai più deboli: soprattutto migranti e nuove povertà.
  10. In questo quadro di grande difficoltà e di ripiegamento politico di molti riteniamo importante e necessario che si costruisca un dialogo e un rapporto politico tra tutte/i coloro che, a partire dalla preminenza dei contenuti anti-austerità e dall’internità al conflitto sociale vogliano costruire dialogo e coordinamento. Questa ricerca unitaria non dovrà rimettere in discussione le proprie appartenenze politiche e ancor più quelle sociali o sindacali, ma anzi contribuire a costruire campagne comuni, iniziative e mobilitazioni in una prospettiva anticapitalista.
    Discutiamo e verifichiamo quali forme di Rete antiliberista e anticapitalista sia possibile oggi costruire, quali ne siano i contenuti, le espressioni territoriali e locali. Pensiamo sia un lavoro in progress per provare a contrastare almeno in parte le dispersioni e le frammentazioni, e costruire un’azione anticapitalista più efficace, che contribuisca a unificare in una prospettiva generale le numerose lotte territoriali e sui luoghi di lavoro.
  11. Per questi motivi pensiamo che l’appello debba rimanere in una forma aperta, emendabile, con la possibilità di modificare ed arricchire i contenuti con nuove proposte e analisi. Costruiremo un primo appuntamento nazionale dove discutere il testo e la proposta di avvio della costruzione di una rete.

PRIMI FIRMATARI:

Checchino Antonini (Giornalista); Imma Barbarossa (Consiglio naz. Altra Europa); Sergio Bellavita (Direttivo naz. Cgil); Aldo Bronzo (già Docente Universitario);  Fabrizio Burattini (Direttivo naz. Cgil); Eliana Como (Direttivo naz. Cgil); Luigi Criscitiello (Presidente Assopace Napoli); Nicoletta Dosio (No TAV); Umberto Franchi (Prima le Persone, già segretario Fiom LU); Sauro Giovanbattista (Consiglio naz. Altra Europa); Stefano Grondona (Direzione naz. PRC); Flavio Guidi (Confederazione COBAS); Gianfranco Laccone (Agronomo); Simone Lorenzoni (Prima Le Persone); Daniele Maffione (Comitato politico naz. PRC); Laura Orsucci (Prima Le Persone); Cristina Quintavalla (Consiglio naz. Altra Europa); Marcella Raiola (Coordinamento precari Scuola); Annamaria Rivera (Docente Universitario); Nando Simeone (Sinistra Anticapitalista); Sandro Targetti (Direzione naz.PRC); Franco Turigliatto (Sinistra Anticapitalista); Arianna Ussi (Direzione naz. PRC); Pasquale Voza (Docente universitario); Antonello Zecca (Sinistra Anticapitalista); Igor Zecchini (Sinistra Anticapitalista)

FIRME FINORA PERVENUTE:

Fausto Pellegrini (Giornalista RAI); Mena Moretta (Caserta); Luigi Lavanga (Napoli); Bruna Di Dio (Napoli); Francesco Soverina (docente-ricercatore di storia contemporanea, Napoli); Chiara Carratù (Sinistra Anticapitalista); Gippò Mukendi Ngandu (Sinista Anticapitalista); Paolo Venturini (Sinistra Anticapitalista); Cerulli Fabio (Dir. Filctem Cgil Lazio); Armando Morgia (Dir. FP Cgil Lazio); Giampaolo Martinotti (Altra Europa, Castelli Romani); Renato Pomari (Dir. Fiom Lombardia); Umberto Oreste (Sinistra Anticapitalista); Gennaro Esposito(Sinistra Anticapitalista); Giovanna Russo (Sinistra Anticapitalista); Enrico Scola (Sinistra Anticapitalista); Antonello Petrella (Sinistra Anticapitalista); Maria Villa (Sinistra Anticapitalista); Marcantonio Russo (Sinistra Anticapitalista); Gianluca Cavotti (Sinistra Anticapitalista); Carmine Tomeo (Comitato politico regionale PRC Abruzzo); Sara Dawalibi (Malnate – VA); Cristina Renna (Sesto San Giovanni – MI); Pietro Custodi (medico, Domodossola – VB); Alessandro Bono (insegnante, Darfo Boartio Terme – BS); Paolo Gianardi (Piombino – LI); Corrado Filippini (Fano); Massimiliano Martelli (Prc Latina); Francesco Castagna (Prc Isola d’Ischia); Ugo Lucignano (direttivo Cgil Torino); Giuseppe Tiano (CGIL Cosenza, Coordinatore regionale Il Sindacato è un’altra cosa, Opposizione CGIL); Alessio Di Florio (militante comunista e libertario, attivista ambientalista e pacifista, Chieti); Paolo Reggianini (PRC Modena); Manuel M. Buccarella (Sinistra Anticapitalista, Lecce); Stefano Frezza (L’Aquila); Carmine Santoro (Melito Irpino – AV); Bruno Buonomo (Roma – Struttura di comparto nazionale ricerca FLC-CGIL, minoranza CGIL, Sinistra Anticapitalista); Antonio De Falchi (Roma, Sinistra Anticapitalista); Guillaume Mariel (Arezzo, ex segreteria provinciale PRC – ex Parti de Gauche); Claudio Taccioli (Brescia, “COMITATO ANTISFRATTI/DIRITTOALLACASA” di Brescia); Angelo Pozzi (Milano, circolo bancari e assicurativi PRC); Emanuele Salvati (Terni, Operaio TKAST, Circolo lavoratori PRC Terni); Danilo Lollobrigida (Pomezia – RM, RSU CGIL Area il sindacato è un’altra cosa); Luca Mascheroni Siziano (PV); Claudio Bettarello (PRC CPR Piemonte; Cub-Sallca); Vilma Gidaro (Roma, direttivo FP CGIL Roma Est Rieti, RSU-RLS Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle biblioteche italiane e per le informazioni culturali del MiBACT); Alberto Turrini (Brescia); Maruzza Battaglia (Palermo – Circolo PRC Luxemburg-Orcel – Segreteria PRC Palermo); Cosimo Antonio Gervasi (Pioltello – MI,  Possibile); Giona di Giacomi (direttivo Cgil Rimini); Chiara Marzocchi (segreteria PRC Piemonte); Claudio Buonanno (Monza, Sinistra Anticapitalista); Francesca Vita (Mendicino – CS); Roberto Barbieri (Modena); Enrico Mazzuoli (PRC Pontedera – PI); Mariangela Piccardi (Roma); Marco Beccari (direttivo PRC Tiburtino III Roma); Claudio Gagliasso (PRC Torino); Massimo Lacché (Aprilia – LT); Massimo Carlini (Roma); Achille Zasso (il Sindacato è un’altra cosa-opposizione CGIL – SPI Milano); Stefano Santarelli (Comitato Politico Nazionale del Movimento per il Risorgimento Socialista, coordinatore del Blog “Bandiera Rossa”); Carlo Scarfò (CPR PRC Liguria); Ettore Davide Coscione (PRC Soccavo Pianura- Skun-K); Gianfranco Crocco (Centro Livio Maitan Roma, pensionato); Marco Manzo (Roma); Vincenzo Camarda (Brescia); Massimiliano Gobetto (Palmariggi – LE); Alex Marsaglia (Torino); Davide Costa (Giovani Comunisti); Silvia Di Fonzo (ricercatrice); Saverio Amodeo (Bari); Renato Sala (PRC Reggio Emilia); Gianpaolo Rosato (Roma, Sinistra Anticapitalista); Adolfo Charly Bassissi (Rsu Beta Utensili-Sovico, direttivo Fiom Monza Brianza); Maurizio Melandri (segretario circolo PRC “Adele Mazzetti”, Bologna); Mario Guerrasio (S.O.U.); Marco Panaro (Milano, rsu Provincia di Monza e Brianza); Delia Fratucelli (RSU SLC/CGIL Poste Italiane); Andrea Coppi (segretario circolo PRC “Rigoberta Menchù”, Roma); Antonio Stefanini (direttivo Cgil Livorno); Guido Masotti (direttivo FLC-CGIL Toscana); Leonardo De Angelis (portavoce Sindacato è un’altra cosa in Filcams CGIL Roma e Lazio); Giusi Di Pietro (RSU Fiom, direttivo Cgil Pisa); Silvia Cortesi (direttivo Fisac Cgil Lombardia); Maurizio Attanasi (Cologno Monzese – MI, Sinistra Anticapitalista); Giovanni Urro (Sesto San Giovanni – MI, insegnante); Armando Morgia (RSU CGIL Roma Capitale); Enzo Arighi (Como); Antonella Policastrese (Crotone, giornalista pubblicista); Giuseppe Girardi (Anguillara Sabazia – RM); Angelina Merlino (Nardò); Manuela Barigazzi (Concordia – MO); Roberto Cavagnola (Sinistra Anticapitalista Brescia); Alessandra Barbanti (Sesto San Giovanni -MI, Sinistra Anticapitalista); Enrico Mainenti; Tiziano Clerici (Garbagnate Milanese – MI, Sinistra Anticapitalista); Antonios Antoniadis (avvocato, Ischia, aderente a Laiki Enotita-Unità popolare-Grecia); Ernanno Cerati (Sinistra Anticapitalista Vicenza); Mauro Tonelli (Saronno – VA); Paolo Sollier (Vercelli, Prima le Persone); Anna Maurantonio; Anna Della Ragione (direttivo nazionale FLC CGIL); Bruno Demartinis (Cobas Genova, Sinistra Anticapitalista); Monica Casaletto (Monza); Roberto Marras (Genova, insegnante); Antonio Perilli (Sinistra Anticapitalista Abruzzo); Massimo Monti (Bollate – MI); Alfredo Ciano (insegnante Napoli); Mila Milanesi (Capolona – AR, insegnante in pensione); Marco Fincardi (Bologna); Massimo Dalla Giovanna (Impiegato, delegato sindacale Ericsson, direttivo Slc-Cgil, opposizione “Il Sindacato un-altra cosa”); Francesco Locantore (direttivo Nazionale FLC – Opposizione CGIL)

martedì 17 novembre 2015

Paura e profitto

Simonetta Zandiri

 ‎Borsa‬ 

Parigi‬ chiude in netto rialzo, +2,77%
Francoforte‬ chiude in rialzo, +2,41%
‪‎Londra‬ chiude in rialzo, +1,99%
Milano‬ in netto rialzo (+2,28%) spinta da ‪ Finmeccanica‬ che chiude "con un rialzo del 5,43% in vista di ulteriori investimenti in sicurezza dopo gli attacchi terroristici di venerdi' scorso a Parigi." 

(fonte AGI).
‪ Maledetti Assassini‬ se la ridono. La nostra paura è il loro massimo profitto.


NOI MUSULMANI DELLE PERIFERIE D’EUROPA, VI SPIEGHIAMO LA NOSTRA VOGLIA DI ISIS”

CHRISTIAN ELIA



“Piove. Come sempre. Malmo è così: a volte sembra che ti piova anche dentro. Non riesco proprio ad abituarmi. Però va bene, perché non si nasce tagliati per l’esilio. Un senso di disagio permanente, in fondo, ti ricorda la tua storia”. Hafez vuole essere chiamato così. “Il mio nome non lo scrivere, la mia storia è complicata. Metti il nome del padre di Assad, una piccola provocazione. Magari a qualcuno viene voglia di capire cosa è stata capace di fare questa famiglia a un popolo intero”.
Hafez è siriano, rifugiato politico in Svezia, dopo il viaggio che milioni di siriani hanno iniziato nel 2011, verso l’Europa, quando possono permetterselo, o verso un altrove qualsiasi. Lui, però, ha una storia differente. Studente di medicina, parte volontario nel 2003 per l’Iraq. “Vuoi ancora sentire questa storia? Davvero pensi che interessi ancora a qualcuno? Per noi l’invasione dell’Iraq era quello che era: una brutale aggressione a un popolo intero. Lo stesso regime che per anni è stato un solido alleato di Europa e Stati Uniti  diventa un nemico. E’ stato indecente credere alle motivazioni umanitarie. Un massacro è un massacro e basta. Partimmo in tanti, pieni di rabbia. Ma in realtà quell’entusiasmo non durò a lungo. La realtà dell’opposizione alla coalizione emarginò molto presto chi, come me, veniva da un percorso politico laico, progressista. Tornai a Damasco, deluso e ferito, nella gabbia di tutti i giorni”.
Una gabbia che nessuno ha saputo spiegare meglio di Samir Kassir. Giornalista e scrittore libanese, ucciso da un’autobomba a Beirut nel 2005. Il suo libro L’infelicità araba, edito in Italia da Einaudi, è il manifesto di una generazione a cui manca l’aria. “Non è bello essere arabo di questi tempi. Nel mondo arabo il mal di esistere è la cosa meglio ripartita. E’ la zona del mondo dove, a eccezione dell’Africa sub-sahariana, l’uomo ha minori opportunità. A maggior ragione la donna”. scrive Kassir.  “L’infelicità araba ha questo di particolare: la provano quelli che altrove parrebbero risparmiati, e ha a che fare, più che con i dati, con le percezioni e con i sentimenti. A iniziare dalla sensazione, molto diffusa e profondamente radicata, che il futuro è una strada costruita da qualcun altro”.
ai funerali di Samir Kassir 
Un senso di claustrofobia, un’eredità storica, un’autorappresentazione che parte dall’accordo Sykes-Picot (con il quale le potenze occidentali disegnarono il futuro Medio Oriente dopo la Prima Guerra mondiale) e arriva a G.W.Bush, sempre nel ruolo della vittima. Un documentario di Michelangelo Severgnini e Alessandro Di Rienzo, del 2006, prodotto da PeaceReporter, lo spiega in modo magistrale questo sentimento. Dal titolo, Isti’mariyah, colonialismo, che racconta il sentire di una generazione. Storia di chi non riusciva più ad avere fiducia in un Occidente che troppe volte ha saputo solo mostrare il suo volto predatorio e pieno di contraddizioni, pretendendo democrazia e portando guerra. Parla di Shadi, ma potrebbe essere Hafez.


Perché un uomo come Hafez, che oggi ha 40 anni, è nato, vissuto e cresciuto con una certezza: l’assenza di alternative. “In Siria, nel 2011, ci abbiamo creduto. Non lo nego, anche se oggi mi sento un ingenuo. Ho immaginato che una grande onda si fosse sollevata, che milioni di giovani arabi avessero preso in mano il loro futuro. Lo ricordate il discorso di Obama all’università del Cairo nel 2009? In fondo era quello che ci diceva: non faremo più gli errori del passato, non useremo la forza per la nostra agenda, ma vi sosterremo se ci proverete da soli. E lo abbiamo fatto, facendoci massacrare. Le parole d’ordine sono semplici, forse troppo per voi che siete abituati alla filosofia. Per noi era solo immaginare una vita senza corruzione, dove un lavoro lo trovi se sai fare qualcosa e non se tuo padre è nelle grazie del clan al potere. Dove, in un caffé, puoi dir la tua senza sparire nella notte. Dove le risorse dei paesi arabi non siano il conto privato all’estero di famiglie di satrapi, ritenuti grandi statisti, ma vengano distribuite a tutta la popolazione. Ho fallito ancora: nessuno ha appoggiato la rivoluzione siriana dell’inizio, lasciandola sprofondare in un incubo sanguinoso. Ho deciso che non posso più buttare la mia vita, ho colto l’unica opportunità che mi restava: farmi profugo, farmi esule. Perché altre opportunità non me ne hanno date”.
Molti ex compagni di Hafez, però, non sono andati via. Tanti di loro sono entrati nelle brigate, Is compreso. “A voi manca un elemento chiave per capire la situazione: il discorso sociale. La matrice religiosa è forte, di sicuro orienta la leadership. Ma state sicuri che è la questione sociale quella che riesce, più di tutto, ad affascinare una generazione intera. Perché di redistribuir  ricchezze, nazionalizzare i proventi della vendita delle risorse, dare servizi di base alla popolazione civile parlano solo loro. I discorsi che io, da giovane di sinistra, facevo all’università sono adesso diventata un’agenda in mano ad altri, per il nostro fallimento e per la vostra incapacità di sostenere le forze progressiste, in Siria come altrove. Guardo il mio Paese morire, attraverso una finestra di Malmoe, mi piove dentro. Sento che si prepara la ‘normalizzazione’ di Assad, ponendo l’eterna trappola a quelli come me: o accetti di vivere in una dittatura o sarai in balia del caos, del fondamentalismo e della violenza. Non doveva andare così, non è possibile che sia stata questa l’unica vita possibile”.
La periferia di Malmoe e la periferia delle grandi città britanniche. Il grigio, forse, come cifra comune. Almeno questo pensava Reyaad Khan, 20 anni, di Cardiff. Morto in battaglia in Siria. “Non capirete mai quel che succede se non riuscite a immaginare, se non vi immedesimate in questaWar on terror generation. Bisogna comprendere il trauma profondo generato in chi ha vissuto la sua formazione negli ultimi tredici anni. Immaginate: un quotidiano vilipendio, una costante demonizzazione dei musulmani, che scorre su un nastro di storie che raccontano di morti, distruzioni, violenza pornografica, assenza di speranza. Immaginate che questa sia la vostra adolescenza”. Lo scriveva qualche giorno fa Alyas Karmani, impegnato da anni nel tessuto sociale lacerato delle periferie delle città britanniche, in un bell’articolo pubblicato dal The Independent.
Karmani parla di Reyaad e di tutti gli altri. Sono tanti. Sono quei ragazzi della periferia grigia dell’Europa e del mondo ricco, periferie che nessuno è mai riuscito a colorare di speranza. Perché Reyaad, prima di morire in battaglia, era stato intervistato da un programma televisivo britannico, raccontando i sogni infranti di un ragazzino. I sogni di chi è nato in Gran Bretagna, ma scopre che anche se suo padre si è spezzato la schiena per anni, dicendo sempre sì, non alzando mai la testa per protestare, non è riuscito a rendere suo figlio uguale agli altri.
Perché si cresce e si capisce che non è un documento (quando c’è, perché in Italia non c’è) che rende tutti uguali di fronte al futuro. Non sei davvero francese, inglese o americano. Sei sempre Reyyad, non potrai mai immaginare di diventare altro, di avere le stesse opportunità dei tuoi coetanei bianchi e di buona famiglia. Perché essere musulmano diventa uno stigma e allora la scelta si fa piccola, claustrofobia: rimuovere tua identità o pagarne  il prezzo, portarne il peso. Ed ecco che Reyaad, davanti al giornalista, parla dell’orrore delle guerre per la libertà, di società ingiuste, di frustrazioni. E magari la soluzione la immagini nelle colonne dei pick-up di Is. Perché ti fai convincere che non ci sarà riscatto senza violenza. Ti lasci affascinare da chi ti promette una società più giusta, laddove quella che si pensa giusta ti ha tradito a Guantanamo e ad Abu Ghraib, ti tradisce ogni giorno abbandonandoti in quelle periferie.
I Rayeed sono tanti, come racconta ancora il Guardian, in una dolorosa Spoon River della generazione perduta, di quei ragazzi che non hanno più trovato una speranza. Abdullah, Amer, Jaffar e tanti altri. Facce da bambini, a volte. Che sono nati altrove, portandosi appresso l’infelicità araba, nelle valigie di cartone dei loro genitori. Un fardello condiviso con Hafez e tutti gli altri che sono rimasti, in Siria, in Egitto o altrove. Tanti, troppi che sognano un futuro non grigio, scambiandolo per il nero di Is o di altri, credendo a chi promette giustizia sociale, lotta alla corruzione, protezione, libertà. Non è così, è ovvio, ma se non si coglie la fascinazione che questo mondo sta esercitando, se non ci sarà un orizzonte altro da offrire ai Reyaad e agli Hafez del mondo, se non si ascolta la loro domanda di giustizia, il grigio diventerà nero. In un attimo.
(Foto di Alessandro Ingaria)