venerdì 18 marzo 2016

No more wars

Per la Rete Nowar Frosinone 

Paolo Iafrate

La Guerra non ottiene qualcosa di più del caos, del fallimento e dell’umano struggimento in Libia, in Iraq, in Siria e in ogni dove. Il mondo impazzito che viviamo oggi non è lontanamente capace di raggiungere alcuna comprensibile soluzione per i problemi esistenti in favore delle popolazioni. Fare guerra significa peggiorare le situazioni e comporta il disastro in luogo dell’aiuto per risolvere. “Non più guerra”  è riconoscere che la guerra raddoppia i problemi per coloro in attesa di aiuto.
La guerra imperversa ormai dalla Somalia all’Iraq, dalla Siria al Sud Sudan, dal Califfato Islamico (ISIS) al Califfato di Boko Haram (Nigeria), dal Mali all’Afghanistan, dal Sudan (la guerra contro il popolo Nuba) alla Palestina, dal Centrafrica al Libano. La Libia sta sprofondando in una paurosa guerra civile di tutti contro tutti, come sta avvenendo nello Yemen. L’Ucraina sta precipitando in una carneficina che potrebbe portare l’Europa in guerra contro la Russia. E’ già ritornata la Guerra Fredda fra Russia e i paesi del Patto NATO che persegue una politica di espansione militare che va dall’Ucraina alla Georgia.
A livello mondiale oggi si spendono quasi cinque miliardi di dollari al giorno in armi. Solo in Italia spendiamo 70 milioni di euro al giorno in armi, senza contare i 15 miliardi di euro stanziati per gli F-35 e 5,4 miliardi per una quindicina di navi militari. Ma ancora più grave è il ritorno trionfale delle armi atomiche. Gli USA spenderanno nei prossimi anni 750 miliardi di dollari per ‘modernizzare’ il loro arsenale atomico.
La rete NO WAR provinciale, coordinamento tra organizzazioni sensibili ai temi della pace e della convivenza tra popoli e che si oppone alle guerre, richiama tutte e tutti anche ad una attenta riflessione sulla grave e apparentemente irrisolvibile situazione economica globale, accompagnata da un disordine politico e culturale, che via via sta distruggendo popoli, stati e democrazie, ripristinando guerre e inaudite violenze. Tale Rete considera imprescindibile una chiara ed invalicabile lettura ed applicazione dell'art.11 della Costituzione italiana e una strettissima osservanza della legge n.185 del 1990 (modificata), relativa al commercio, esportazione e transito delle armi.
La Rete con questa intende promuovere una campagna di sensibilizzazione con un appelloai consigli comunali, scuole, istituzioni, organizzazioni, singole persone… nel territorio della provincia e non solo, affinché si esprimano attraverso la mozione di seguito proposta contro l’intervento in Libia da parte dell’Italia e ci tutti gli altri paesi che pensano di regolare le questioni internazionali esportando missili e bombe. 

Presidenza della Repubblica
mail: segreteriacons.stampa@quirinale.it
Fax 06-46993125
Ministero degli affari esteri
mail: ministero.affariesteri@cert.esteri.it
No a un’altra guerra in Libia
Visto che l’abbattimento del regime di Gheddafi ha riportato la Libia al clima politico ed economico di due secoli fa, prima della colonizzazione italiana e ancora prima della presenza ottomana, con una accentuazione della tribalizzazione del territorio dove ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere con la scomparsa dei confini amministrativi. Non c’è alcun dubbio che Muammar Gheddafi sia stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuta intatta la nazione libica, l’ha dotata di una amministrazione al punto che il reddito procapite era il più alto dell’Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici una fierezza che non avevano mai conosciuto.
Considerato che a tre anni dal suo assassinio, la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la questione inviando truppe dall’estero per organizzarvi una seconda, micidiale e sciagurata guerra. Nella prima infausta guerra del 2011, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subito danni immensi, 25 mila morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di dollari.
Visto che le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione.
Considerato che la popolazione libica non crede e non vuole la ripropopsizione dell’intervento del 2011. Essa è in cammino alla ricerca della libertà e della democrazia, interrotta e non favorita da coloro che sarebbero intervenuti in difesa di quei valori. Anzi questi si sono rivelati schermo per una brutale aggressione che indebolendo fortemente le già fragili strutture istituzionali e amministrative hanno aperto la strada ai terrorismi e alla povertà. Per il bene della Libia, ma anche per il bene nostro e dell’Europa, ci appelliamo al Presidente della Repubblica Mattarella e al ministro degli esteri Gentiloni,
- affinché non ci si faccia catturare dal vento di guerra che soffia insistentemente soprattutto per gli interessi francesi;
- di usare il diritto internazionale nel tentare un accordo tra le parti in una azione coordinata con altri paesi europei e l’Unione Africana (Ua), animati soprattutto dal desiderio di riportare la pace in un paese la cui popolazione ha già sofferto abbastanza;
- di sospendere ogni genere di commercio di armi coi paesi in guerra o complici dei belligeranti, usando le leggi esistenti (185/90);
- Applicare le sanzioni ai governi che violano il diritto internazionale, usando un solo peso e una sola misura;
- di offrire mezzi di cooperazione economica reciprocamente remunerativi a quanti rinunciano a propositi di repressione interna e di belligeranza esterna;
- aprire le frontiere e dare ospitalità ai profughi libici e africani che scappano dal conflitto dell’area.
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FIRMATO

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