Oltre a ricordare Peppino, l’Osservatorio
ha illustrato, attraverso un video e gli interventi del Presidente Francesco
Notarcola, del Vice Presidente Mario Catania, le attività svolte sul territorio
e la volontà di proseguire nella divulgazione dei valori della legalità, e
della giustizia sociale. Al dibattito hanno partecipato il poeta e saggista
Alfonso Cardamone e il professore di storia e filosofia Mario Morsillo.
L’incontro a cui erano presenti molti
giovani, si è rivelato interessante ed inusuale, così come è stata l’attività
di Peppino Impastato. E’ inutile nascondere che la storia del ragazzo di Cinisi
è rimasta pressoché sconosciuta fino a
quando il bellissimo film di Marco Tullio Giordana “I Cento Passi” ne ha svelato la potenza rivoluzionaria.
Un potenza creativa nel suo modo di
agire la lotta che ha conquistato i giovani. Il film esce nello stesso anno, il 2000, in
cui finalmente inizierà il processo al vero mandante dell’uccisione di Peppino
il capo mafioso Tano Badalamenti.
L’improvvisa notorietà e l’inizio del
corretto percorso processuale depurato da depistaggi ed insabbaimenti, hanno
costretto la letteratura antimafia ad iscrivere fra i propri martiri anche Peppino Impastato, ma sempre come figura subalterna agli eroi
istituzionali, Falcone, Borsellino, agli altri magistrati, e ad esponenti delle forze dell’ordine caduti per
mano dei mafiosi.
Per quale motivo la vicenda di Peppino Impastato è rimasta
così a lungo nell’oblio e ancora oggi viene riportata con prudenza? Perché Peppino era un rivoluzionario, era un
attivista politico irrequieto per cui
le titubanze del Partito Comunista, la
cui corrente migliorista alla fine degli anni ’60 in Sicilia se la intendeva con la Dc di Salvo Lima, erano asfissianti . Neanche il Psiup (Partito Socialista d’Unità
Proletaria) il collettivo del Manifesto erano così radicalmente rivoluzionari, tanto che finì per confluire in Lotta Continua.
La mafia per lui non era problema di ordine
pubblico, ma di sistema. L’ipertrofia del sistema capitalistico, che trovava
nella mafia uno sbocco per certi versi obbligato, soprattutto in un certo tipo
di contesti culturali quali quello
siciliano, era il vero nemico. E ancora rivoluzionario era il modo di
contrastare le organizzazioni mafiose, non con le pistole, ma con le armi della
controinformazione e dell’ironia. La sua radio, Radio Aut, cui questo blog
indegnamente si ispira, è stata un arma
potentissima, così potente da indurre chi è stato colpito da quei proiettili
carichi di ironia e sberleffo a rispondere con l’eccidio che ha devastato il
corpo di Peppino e, fino agli inizi del nuovo millennio anche la sua memoria.
L’impegno
politico, in certe aree ideologiche pericolose per l’establishment, un’intellettualità immensa, combinata con la
capacità di coinvolgere le persone, l’ironia e la sapienza nello smontare pezzo pezzo tutta la struttura portante di un sistema egemone, come quello
mafioso, sono elementi che stonano con la figura del fedele servitore dello
Stato caduto nel assolvimento del proprio dovere. Peppino non era servitore di nessuno
nemmeno dello Stato, anzi cominciava a denunciare come alcuni pezzi di
Istituzioni, loro si, erano servitori della
mafia.
Ecco perché le commemorazioni ufficiali, che ogni anno si svolgono per ricordare Peppino, traboccano di stucchevole
retorica, e mai rendono giustizia del suo impegno. Ne trascurano, o meglio ne
nascondono, il contesto politico e sociale, sorvolano sui depistaggi, i tentativi
di insabbiamento, sul fango con cui ne è stata macchiata la memoria.
Nella
commemorazione organizzata dall’Osservatorio Peppino Impastato, lunedì scorso,
invece, è emerso l’Impastato rivoluzionario. E’ stata spiegata esaurientemente
la situazione politica in cui si è svolta la vicenda di Peppino, le implicazioni
sociali. E’ emerso il modo in cui Peppino approcciava l’azione politica e di
denuncia. Si è rivelato chiaramente l’affresco
storico e sociale in cui certe convinzioni sono maturate.
E’ stata dunque una
commemorazione in cui proprio determinate analisi e riflessioni, hanno imposto
la necessità di ripercorrere almeno nelle modalità, la stessa strada di Peppino
Impastato. Mai come nello scenario politico sociale odierno serve rimettersi a
lottare così come faceva Peppino, con l’ironia, la controinformazione, per il
perseguimento di una giustizia sociale ormai liquefatta. Bisogna essere
rivoluzionari, nel senso di imporre quantomeno il rispetto della Costituzione.
E qui chiudo con una considerazione. Oggi
i rivoluzionari, sono quelli che
chiedono il rispetto della Costituzione, mentre coloro i quali vogliono imporre
le leggi del sistema mercato, all’interno del quale le pratiche mafiose sono
tollerate se non esaltate, cercando di distruggere la Carta Costituzionale che tali leggi contrasta, sono i veri moderati . Che
rivoluzione è quella che impone il rispetto della Costituzione e ne difende i
principi?
I video dell'evento sono a cura di Ciocieconleali WEB TV
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