mercoledì 11 maggio 2016

Brasile L'invenzione del "golpe" e l'ascesa delle lotte

Fabiana Stefanoni
 
Manifestazione del Primo Maggio a San Paolo promossa da Conlutas e Pstu







Sono finiti i tempi in cui il Brasile veniva definito la "locomotiva dell'economia mondiale".
La fragilità della crescita economica del Paese, fondata essenzialmente sulle esportazioni (verso Cina e Usa in primis), è emersa con chiarezza all'indomani dell'esplosione della crisi economica mondiale (2007). La favola dei Brics, cioè quella della crescita straordinaria delle economie capitalistiche di Paesi dipendenti o semidipendenti, non ha retto alla prova dei fatti. Questo ha significato, per il Brasile, l'inizio di una fase di recessione e, al contempo, l'apertura di una stagione di lotte. Negli ultimi anni sono scesi in sciopero e in piazza decine di migliaia di operai, precari, insegnanti, studenti, donne, braccianti, disoccupati.
La crisi istituzionale di cui parlano la stampa e i telegiornali italiani, con gli scandali di corruzione che hanno coinvolto il governo di Dilma Rousseff, è solo una delle espressioni - la più superficiale - del profondo sconvolgimento che sta attraversando il Brasile.
Solo un'analisi attenta della situazione economica e sociale del Brasile, così come delle politiche attuate in questi anni dai governi di Lula e Dilma, ci può permettere di capire cosa sta succedendo. E fare piazza pulita delle ricostruzioni strumentali di Dilma e Lula che oggi, con la scusa del "golpe", fanno appello a rinunciare alla lotta per prendere le difese del governo e delle sue politiche di austerity.
 
13 anni di politiche neoliberiste
Il PT (Partito dei lavoratori) è nato agli inizi degli anni Ottanta come un partito operaio. Il suo principale rappresentante, Inácio Lula da Silva, era egli stesso un metalmeccanico; Dilma Roussef in gioventù ha partecipato alla lotta armata contro la dittatura. Ma le nobili origini, come sappiamo bene anche in Italia, non hanno spesso nulla a che vedere con gli sviluppi successivi.
Nella fattispecie, da quando Lula è stato eletto presidente la prima volta nel 2002, il PT ha attuato, prima con lo stesso Lula e poi con Dilma, politiche di privatizzazione e di sostegno alle multinazionali, senza nemmeno realizzare la tanto promessa riforma agraria. Politiche che sono state attuate, tra l'altro, in alleanza di governo con partiti liberali di carattere reazionario (come il Pmdb di Edoardo Cunha).
E' utile citare le parole di Jim O'Neil, l'economista di Goldman Sachs, per definire il carattere di classe dei governi del PT. Lamentando la fine del secondo governo Lula e dell'impossibilità di un terzo mandato, O'Neil dichiarò: "Il presidente Luiz Inácio Lula, che in mia opinione è stato probabilmente, il principale leader politico del G20 nello scorso decennio, sta per lasciare il governo. E sostituirlo non sarà una cosa semplice. Venire dopo di lui è un compito tanto difficile quanto venire dopo Alex Ferguson come allenatore del Manchester United". (1)
Basterebbe questo per comprendere come non abbiano alcun reale fondamento le teorie del "golpe" che tanta diffusione stanno avendo nel panorama della sinistra internazionale (e anche italiana): i grandi gruppi capitalistici brasiliani e internazionali non hanno nessun interesse ad organizzare un golpe contro un governo che, come pochi altri, ha offerto loro un'occasione di  profitti miliardari. Come ha dichiarato più volte lo stesso Lula: "Mai nella storia di questo Paese gli imprenditori hanno guadagnato tanto denaro".
Ma vogliamo citare qualche dato in più. I governi di Lula e Dilma, anche grazie anche alla collaborazione della burocrazia della Cut (la confederazione sindacale legata al Pt), hanno favorito la penetrazione nel Paese di centinaia di multinazionali nordamericane, europee e giapponesi. Sono stati siglati in molte fabbriche accordi sindacali al ribasso, funzionali a mantenere bassi i salari in cambio di investimenti. General Motors, Volkswagen, Mercedes Benz, Fiat, Hyundai (solo per fare qualche esempio) hanno beneficiato di un sistema di sgravi e incentivi fiscali che ha avuto non a caso gli elogi di Marchionne (2). Analoghi apprezzamenti sono arrivati da Tronchetti Provera, che nel maggio 2014 ci ha tenuto a partecipare a una colazione di lavoro tra Lula e il premier Renzi (3): anche la Pirelli, infatti, ha fatto affari d'oro in Brasile grazie agli incentivi dei governi.
Ma i governi di Lula e Dilma non si sono limitati a elargire regali ai capitalisti di altri Paesi: hanno sostenuto anche la grande borghesia brasiliana, promuovendo un piano di liberalizzazioni che ha favorito un grande accumulo di ricchezze nelle mani di pochi ricchi capitalisti e dei loro manager. Tra le multinazionali brasiliane più ricche ricordiamo la Embraer (settore aeronautico) e, soprattutto, il colosso petrolifero Petrobras, una delle più grandi società al mondo del settore. Il governo Dilma ha accelerato il piano di privatizzazioni della Petrobras, cosa che ha provocato da subito grandi scioperi operai (4).
 
I recenti scandali per corruzione
E' proprio all'ombra dei profitti miliardari della Petrobras, con cui si sono riempiti le tasche capitalisti, amministratori delegati e manager miliardari, che ha preso forma lo scandalo delle tangenti in cui sono coinvolti sia Dilma che Lula: la magistratura brasiliana indaga su un complesso sistema di corruzione che vede coinvolti, oltre ai manager della Petrobras, anche numerosi impresari edili. Lula, insieme a diversi dirigenti del PT, è indagato dalla magistratura con l'accusa di aver ricevuto tangenti (versate sul conto della sua fondazione) da imprese costruttrici coinvolte nello scandalo della Petrobras. Anche un'impresa di proprietà di Lula sarebbe coinvolta nel giro di bustarelle. La magistratura indaga anche su una lussuosa villa su una spiaggia, di cui Lula avrebbe pagato solo una quota iniziale per essere poi completata "gratuitamente" da una delle ditte implicate nello scandalo. Lula e Dilma sono anche accusati di aver tentato di ostacolare le indagini sulla Petrobras. Sono fenomeni di corruzione del ceto politico a cui in Italia siamo purtroppo abituati (e infatti, non a caso, l'inchiesta brasiliana è stata nominata "Lava jato", con un richiamo all'italiana "Mani pulite").
Si parla molto, inoltre, della procedura di impeachment a cui Dilma Rousseff rischia di essere sottoposta. Dilma viene accusata da esponenti di partiti di destra e da suoi ex alleati di aver truccato i bilanci dello Stato al fine di occultare il deficit e non mettere a rischio la propria rielezione alla presidenza. Il Senato dovrà pronunciarsi l'11 maggio: nel caso in cui l'impeachment venga approvato, Dilma sarà sospesa per 180 giorni.
Il governo ha gridato al "golpe istituzionale" (riprendendo involontariamente argomentazioni già usate qui da noi da Berlusconi, che si riteneva vittima di un "golpe" orchestrato dalla magistratura). In tanti, vedremo, ci sono cascati, sia in Brasile che in altri Paesi.
C'è in realtà un fatto che dimostra, inequivocabilmente, quanto sia pretestuoso lo spauracchio del "golpe": il Pt ha annunciato la disponibilità ad allearsi, alle prossime elezioni amministrative, con partiti che sono contemporaneamente accusati di aver orchestrato il golpe (come il partito di centro Pmdb, che ora è uscito dal governo nazionale e ha votato l'impeachment). (5)
L'America Latina, è vero, è terra di golpe. Ma in questo caso né la borghesia né l'imperialismo ha motivi di allarme tali da voler rovesciare con un colpo di mano un 
governo che fino ad ora ha regalato profitti miliardari alle multinazionali, garantendo tra l'altro un clima di relativa pace sociale. Per ricordare le parole di Jim O'Neil (Goldman Sachs), sostituire Lula e Dilma è piuttosto un grosso rischio per gli investitori e le banche. E' probabile piuttosto che molti imprenditori siano preoccupati delle sorti dei loro affari in Brasile - che, come vedremo, è una vera e propria polveriera pronta ad esplodere da un momento all'altro - dopo la tranquilla stagione dei governi di fronte popolare.
La verità è ben diversa dalla storiella del golpe. Il Brasile in recessione ha visto, in questi ultimi anni, una continua crescita del malcontento operaio e popolare: questo ha privato il governo Dilma della sua tradizionale base di appoggio. La classe operaia, così come larghi settori sociali e popolari, sono inviperiti contro il governo e le sue politiche antioperaie. "Fora Dilma" è il sentimento più diffuso nelle fabbriche, nei comitati di lotta, tra le giovani generazioni. I partiti di destra (e un settore della borghesia brasiliana) utilizzano l'impeachment e promuovono manifestazioni contro Dilma ai fini di un'alternanza di governo, tentando di cavalcare un malcontento reale che esiste tra le masse popolari e operaie.
Quello che i giornalisti italiani dimenticano di raccontare è proprio ciò che serve per comprendere quello che sta realmente succedendo: in Brasile si è aperta un situazione prerivoluzionaria, con un intensificarsi della crisi sociale e politica e, di conseguenza, con un aumento vertiginoso delle lotte.
 
Un Paese in fibrillazione per le lotte
Cerchiamo qui di ricordare alcune delle principali lotte che hanno attraversato il Brasile negli ultimi anni. Si è parlato molto delle giornate del giugno 2013, durante le quali sono scesi nelle strade di tutto il Brasile decine di migliaia di giovani (studenti, precari, disoccupati) contro l'aumento del prezzo dei biglietti e contro le spese faraoniche per i mondiali (in un Paese dove buona parte della popolazione muore di fame). Le proteste sono continuate anche nel 2014, anno dei Mondiali, con manifestazioni di massa in tutte le capitali del Brasile. Soprattutto, nel 2014, è scesa in campo massiccia anche la classe lavoratrice per protestare contro le misure di austerity del governo nazionale e dei governi federali. 
Proprio nei giorni in cui si stava preparando l'inaugurazione dei mondiali, il sindacato dei metroviarios (lavoratori della metropolitana) di San Paolo, affiliato alla Csp Conlutas e con alla testa un dirigente del Pstu, ha promosso uno sciopero di cinque giorni, con picchetti davanti ai cancelli della metro, che ha bloccato il traffico determinando quello che il Corriere della Sera ha definito "il più grande ingorgo della storia". Tra le loro rivendicazioni quella del "tornello libero", cioè dell'entrata libera in metropolitana (i prezzi del trasporto urbano in Brasile sono altissimi in relazione ai salari medi).
Contemporaneamente, hanno cominciato ad aumentare gli scioperi di altri settori lavorativi in diverse zone del Paese: dagli insegnanti (che hanno promosso scioperi prolungati di vari mesi) agli operai edili, dai professori universitari ai lavoratori del trasporto pubblico locale. Gli scioperi si sono intensificati nel 2015, arrivando alle più alte percentuali degli ultimi decenni.
E' in questo quadro di proteste operaie, giovanili e di massa che sta intervenendo, con un ruolo di direzione, il Pstu (la sezione brasiliana della Lit-Quarta Internazionale) e la Csp-Conlutas.
La Csp-Conlutas è una "centrale sindacale e popolare" che organizza non solo operai e lavoratori salariati, ma anche movimenti di lotta per la casa, organizzazioni studentesche (Anel), donne che lottano contro il maschilismo (Mulheres em luta), neri che si battono contro il razzismo (Quilombo Raça e Classe), movimenti lgbt.
Il Pstu e la Csp-Conlutas, promuovendo un fronte di lotta e di classe alternativo sia al governo sia alle destre, hanno organizzato il 16 settembre 2015 a San Paolo una grande manifestazione (decine di migliaia le persone in piazza) per un'alternativa classista e anticapitalista alle politiche di austerity del governo. Analoghe grandi manifestazioni, con migliaia e migliaia di partecipanti, si sono svolte il 1° aprile e il 1° maggio con la parola d'ordine "Fora todos", cioè "Se ne vadano tutti".
Alle  manovre di impeachment del centrodestra, viene contrapposta la rivendicazione immediata di elezioni generali, e  la costruzione di un percorso di lotte che, passando per lo sciopero generale, porti alla cacciata di tutti i governi borghesi e alla instaurazione di un governo dei lavoratori e delle lavoratrici basato sui consigli popolari.
Sono parole d'ordine e rivendicazioni che stanno trovando appoggio reale nella classe lavoratrice. A São José dos Campos (Stato di San Paolo) gli operai della General Motors hanno realizzato scioperi e grandi manifestazioni al grido di "Fora todos, eleições Gerais". Nella stessa regione, gli operai della Mape di Campinas hanno occupato la fabbrica. Gli operai edili dei grandi cantieri che attraversano le città del Brasile (dove la speculazione edilizia è ai massimi livelli) votano in assemblee di massa il sostegno al "Fora todos".
Ma non è solo la classe operaia che sta scendendo in campo: anche gli studenti, gli insegnanti e gli educatori stanno organizzando dure proteste. Mentre scriviamo, sono più di 75 le scuole occupate dagli studenti nello Stato di Rio de Janeiro (con occupazioni anche degli uffici scolastici): lo slogan è "ocupa tudo!". Contemporaneamente, i lavoratori del settore educativo sono in sciopero prolungato dal 6 aprile: di fatto la maggioranza delle scuole dello stato sono in questo momento totalmente autogestite. La protesta studentesca si sta estendendo ora anche allo Stato di San Paolo, dove deve affrontare il duro intervento dei corpi speciali della polizia militare che entrano nelle scuole in assetto antisommossa per sgomberare gli occupanti.
 
L'invenzione del golpe e la confusione a sinistra
Nel quadro che è stato descritto, la domanda è: da che parte bisogna collocarsi? Il governo Dilma, per difendere sé stesso - in primo luogo dalla rabbia operaia e popolare, in seconda istanza dal rischio di un ricambio istituzionale a vantaggio delle destre - parla di "golpe istituzionale" e fa appello a manifestare in solidarietà col governo.
Ciò che è grave è che settori della sinistra e di movimento brasiliani - come il Psol (un cartello elettorale che critica il Pt da sinistra) - stanno accogliendo positivamente questo appello e partecipano alle iniziative in difesa del governo: si schierano cioè a difesa di un governo borghese che ha finanziato le multinazionali e attacato le masse operaie, guadagnandone giustamente l'odio feroce!
Ma ancora più grave è che, su scala internazionale, persino alcune organizzazioni sedicenti rivoluzionarie - come il Partito obrero e il Pts-Ft di Argentina - hanno ripreso la retorica del "golpe" e dichiarano che è necessario in questo momento schierarsi nel "campo" del governo contro la minaccia delle destre.  Il primo maggio, il gruppo brasiliano legato al Pts ha addirittura aderito alla manifestazione a difesa del governo, organizzata a San Paolo con la presenza della stessa Dilma.
Difendere l'invenzione del "golpe istituzionale" - una contraddizione in termini, dato che si può parlare di golpe solo quando una forza armata rovescia con la violenza un governo e il regime istituzionale su cui si regge - 
 significa compiere un crimine politico: significa schierarsi dalla parte di un governo borghese corrotto, contro la legittima rabbia degli operai e delle masse popolari brasiliane in lotta contro le politiche di austerity. Significa anche, indirettamente, fare il gioco dei partiti di destra: non c'è infatti modo migliore per rafforzare le destre brasiliane che lasciare alle loro strumentalizzazioni la rabbia operaia e popolare che sta esplodendo in Brasile.
Dal canto nostro, facciamo appello a tutte le organizzazioni di lotta, sindacali, di classe e di movimento, in Italia e nel mondo, a non avallare la menzogna del "golpe istituzionale", a schierarsi dalla parte di chi lotta contro il governo Dilma e contro le destre: dalla parte del terzo campo di classe, promosso dal Pstu e dalla Csp Conlutas, per un'alternativa di classe e anticapitalista. Anche qui come in Brasile: "Fora todos ellos"!
 
Note
(1) 
www.petrobras.com/es/magazine/post/entrevista-jim-o-neill.htm
(2) Questi nel 2012 gli elogi di Marchionne al governo Dilma: "Sono felice che il ministro Passera si sia reso conto dei grandi risultati della Fiat in Brasile. Certamente non gli sarà sfuggito come il Governo brasiliano sia particolarmente attento alle problematiche dell’industria automobilistica. Sono sicuro che il ministro sa che le case automobilistiche che vanno a produrre in Brasile possono accedere a finanziamenti e agevolazioni fiscali. In particolare per lo stabilimento nello stato di Pernambuco, in corso di costruzione, la Fiat riceverà finanziamenti fino all’85% su un investimento complessivo di 2,3 miliardi di euro. A questi si aggiungeranno benefici di natura fiscale, quando sarà avviata la produzione di automobili, per un periodo minimo di 5 anni”. Si veda questo articolo:www.corriere.it/economia/12_settembre_22/marchionne-risponde-a-passera-sul-brasile-incontro-con-monti_82cfa638-0473-11e2-ab71-c3ed46be5e0b.shtml
(3)www.adnkronos.com/fatti/politica/2014/05/10/governo-lula-pranzo-renzi-presente-anche-tronchetti-provera_9rC87HTeeE8dKLBPO35sEN.html
(4) Nel luglio del 2015 ho partecipato, con la locale sezione del Pstu, a iniziative di lotta e a un grande sciopero a Rio de Janeiro contro le privatizzazioni. Rimando alla lettura del mio reportage dal Brasile: 
www.alternativacomunista.it/content/view/2189/45/ .
(5) 
http://politica.estadao.com.br/blogs/coluna-do-estadao/pt-nao-vetara-aliancas-municipais-com-pmdb/
 

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