martedì 14 giugno 2016

Resoconto incontro rappresentanti Ministero Pubblica Amministrazione su decreti Madia

Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua


Care/i,
come accennato, a seguito dell'azione effettuata ieri mattina presso il Ministero della Pubblica Amministrazione  , nel pomeriggio si è svolto l'incontro con il Capo Segreteria Tecnica e Organizzativa del Ministro Madia, Patrizio Caligiuri, e con il Capo di Gabinetto del Ministero, Bernardo Polverari.
In premessa ci è stato assicurato che a brevissimo il Ministro ci comunicherà la data in cui svolgere l'incontro direttamente con lei. In effetti, ciò sembra essere confermato anche dall'agenzia ANSA diffusa su sollecitazione del Ministero a conclusione dell'incontro (riportata di seguito). Per cui tra oggi e domani dovremo ricevere tale comunicazione.

Da parte nostra abbiamo illustrato la posizione fortemente critica e di denuncia rispetto ai contenuti del decreto sui servizi pubblici locali anche nel combinato disposto con quello sulle società partecipate, in quanto si viola esplicitamente l'esito referendario e la legge delega.

In particolare abbiamo segnalato i punti inseriti nella memoria (di seguito pubblicata ) che abbiamo consegnato sul testo unico sui servizi pubblici locali:
- il divieto di gestione tramite azienda speciale e in economia dei servizi a rete (lettera d), comma 1, art. 7);
- i vincoli imposti agli Enti Locali che effettuano la scelta di gestione tramite S.p.A. a totale capitale pubblico, ossia il dover produrre un provvedimento motivato che giustifichi il mancato ricorso al mercato (comma 3, art. 7);
- la possibilità di realizzare direttamente e senza gara tutti i lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti solo nel caso in cui l’affidamento della gestione sia stato effettuato tramite gara (comma 2, art. 10);
- il fatto che i finanziamenti statali saranno “prioritariamente assegnati ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica (..) ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria” (comma 2, art. 33);
- reinserimento nel calcolo della tariffa del criterio relativo all' “adeguatezza della remunerazione del capitale investito” (lettera d), comma 1, art. 25).

Inoltre, abbiamo evidenziato il fatto che anche la possibilità di cedere la proprietà delle reti e degli impianti (comma 3, art. 9) contraddice l'esito referendario.

Tutto ciò risulta palesemente in contrasto con quanto sancito dalla la sentenza della Corte costituzionale di ammissibilità del 1° quesito "l’obiettiva ratio del quesito n. 1 va ravvisata, come sopra rilevato, nell’intento di escludere l’applicazione delle norme, contenute nell’art. 23-bis, che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)”.
Infatti, nei punti suddetti si ravvisa un’ingiustificata disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista.

In ultimo abbiamo sottolineato come l'impianto generale del provvedimento è "ben" sintetizzato nell'Analisi d'Impatto quando si sostiene che fra gli obiettivi a breve termine c'è “la riduzione della gestione pubblica ai soli casi di stretta necessità”, mentre sono obiettivi di lungo periodo “garantire la razionalizzazione delle modalità di gestione dei servizi pubblici locali, in un’ottica di rafforzamento del ruolo dei soggetti privati e “attuare i principi di economicità ed efficienza nella gestione dei servizi pubblici locali, anche al fine di valorizzare il principio della concorrenza.

E' emersa una grande difficoltà a giustificare tale lettura del decreto da parte dei rappresentanti del Ministero. Più volte hanno provato a sostenere che la nostra interpretazione era falsata e che l'intento del Ministro è assolutamente quello di rispettare l'esito del referendum.
Dopo oltre un'ora e mezza di discussione, messi alle strette e incalzati da parte nostra, hanno preso atto della necessità di svolgere alcuni approfondimenti su gran parte dei punti indicati, i quali saranno, quindi, argomento del confronto con il Ministro stesso.

In conclusione è apparsa evidente la loro difficoltà a difendere il decreto rispetto al referendum.
Laddove si dovesse confermare l'incontro con il Ministro dovremo essere bravi a gestire soprattutto la comunicazione, per cui chiediamo il contributo di tutt* anche sui social network, visto che l'impressione è che la Madia possa provare a utilizzare il confronto con noi per "sbandierare" le rassicurazioni sul rispetto del referendum e della volontà popolare, soprattutto in prossimità dei ballottaggi.

Non appena avremo conferme sarà nostra cura inoltrarle in lista.

Un saluto.
Paolo
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Madia incontrera' movimento Forum per l'acqua 

  - ROMA, 13 GIU - Il Forum dei movimenti per l'acqua verra' convocato a stretto giro dalla ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia. Sul tavolo le novita' introdotte dal decreto sui servizi pubblici locali, da poco arrivato alle camere per i pareri parlamentari. La ministra ha piu' volte sottolineato la volonta' di rispettare e anche condividere gli esiti del referendum sull'acqua. Inoltre il ministero ha sempre sostenuto che il decreto non si occupa di tariffe e in generale delle regole del settore idrico. (ANSA).  


Oggetto: schema di decreto legislativo recante “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”

 Con la presente il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua, una rete di comitati, associazioni e organizzazioni sindacali, tra i promotori dei referendum del 12 e 13 giugno 2011, intende sottoporre alla sua attenzione le proprie valutazioni in merito allo schema di decreto legislativo di esercizio di una delle deleghe legislative di cui alla l. n. 124 del 2015 (c.d. Legge Madia) recante “Testo unico sui servizi pubblici locali di interesse economico generale”.

 In premessa, si ricorda che l’art. 19, comma 1, lettera c) della legge di delegazione stabilisce che l’individuazione della disciplina generale in materia di regolazione e organizzazione dei servizi di interesse economico generale di ambito locale deve tenere conto “dell’esito del referendum abrogativo del 12 e 13 giugno 2011”.

 A tal proposito appare opportuno richiamare quanto la Corte costituzionale ha sancito nella sentenza di ammissibilità del quesito referendario n. 149, “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica. Abrogazione” (sentenza n. 24/2011) in merito al quadro normativo risultante in caso di esito di successo del referendum: “(...) all’abrogazione dell’art. 23-bis,(...) conseguirebbe l’applicazione immediata nell’ordinamento italiano della normativa comunitaria (come si è visto, meno restrittiva rispetto a quella oggetto di referendum) ...” […] “appare evidente che l’obiettiva ratio del quesito n. 1 va ravvisata, come sopra rilevato, nell’intento di escludere l’applicazione delle norme, contenute nell’art. 23-bis, che limitano, rispetto al diritto comunitario, le ipotesi di affidamento diretto e, in particolare, quelle di gestione in house di pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica (ivi compreso il servizio idrico)”.

 Su questa base rileviamo come alcune disposizioni di suddetto decreto legislativo contraddicano l’esito referendario e, quindi, anche il principio stabilito nella legge-delega:


  •   il comma 1 dell’art. 7 definisce le opzioni tra cui l’ente competente può scegliere la modalità di gestione del servizio e, alla lettera d), prevede che la gestione in economia o mediante azienda speciale è possibile solo per i servizi non a rete. Ciò si pone in contraddizione con l’esito referendario, in quanto si limitano, rispetto a quanto dispone il diritto comunitario, le ipotesi di affidamento del servizio idrico ad un soggetto pubblico; 
  •   il comma 3, dell’art. 7 impone agli Enti Locali che scelgono l’affidamento “in house” o mediante azienda speciale di deliberare con provvedimento motivato, dando conto delle ragioni del mancato ricorso al mercato e del fatto che tale scelta non sia più svantaggiosa per i cittadini, nonché dell’impossibilità di ·         procedere mediante suddivisione in lotti del servizio per favorire la concorrenza. Ciò crea, di fatto, una disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista;

·         il comma 2 dell’art. 10 prevede, solo nei casi in cui l’affidamento della gestione sia stato effettuato tramite gara ad evidenza pubblica, la possibilità di realizzare direttamente e senza gara d’appalto tutti i lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti. Anche in questo caso si ravvisa, in violazione dell’esito referendario, un’ingiustificata disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, cui si accompagna la violazione del principio di concorrenza, trasparenza e non discriminazione nella scelta del contraente privato;
·         il comma 2 dell’art. 33 sancisce che gli eventuali finanziamenti statali saranno “prioritariamente assegnati ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica (..) ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria. Anche in questo caso si disattende l’esito referendario e, privilegiando la gestione privata, si determina un’ingiustificata disparità di trattamento tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, che colpisce, in ultima istanza, gli utenti del servizio;
·         la lettera d), comma 1 dell’art. 25 prevede, quale criterio per la determinazione delle tariffe dei servizi, “l’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”, così reintroducendo, addirittura con identica formulazione testuale, una clausola di legge che era stata abrogata con l’approvazione del quesito referendario n. 151 (“Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito. Abrogazione parziale di norma”). Anche in questo caso risulta palese la contraddizione dell’esito della consultazione popolare. La disposizione viola, infatti, il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall’art. 75 della Costituzione, secondo quanto già riconosciuto dalla giurisprudenza costituzionale (sent. n. 199 del 2012) e, di conseguenza, viola espressamente il principio e criterio direttivo fissato dall’art. 19, comma 1, lett. c), della legge di delegazione.

Appare, dunque, evidente come si definisca un impianto normativo che determina un disfavore nei confronti dell’affidamento a una società per azioni a totale capitale pubblico rispetto all’affidamento mediante gara o ad una società mista. Si detta, così, una nuova disciplina che, operando una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti, risulta contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata con il referendum del 2011, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria.
Conseguentemente, lo schema di  decreto in esame si pone in esplicita contraddizione con il principio stabilito dalla legge delega, determinando anche la violazione dell’art. 76 della Costituzione.

                                  
                                                                                 
Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua


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