mercoledì 28 dicembre 2016

Il lavoro

 Il Segretario Prc-Se Paolo Ceccano



Quella del lavoro oggi è la questione epocale di cui bisogna avere l’adeguata consapevolezza.

Per rendersene conto basta tenere presente che, come giustamente e per fortuna, l’articolo uno della nostra Costituzione recita, sul lavoro si fonda la ragion d’essere della Repubblica Italiana. Vale a dire: il lavoro costituisce il collante dell’aggregato sociale che ciascuno di noi vuole civile, equo e avanzato verso una modernità definita in maniera precisa.

Il dramma che stiamo attraversando è quello di una economia che non produce più lavoro. Si badi bene: le relazioni economiche oggi esistono in forme diverse dal passato, non esiste più il Fordismo e il taylorismo di cui i grandi aggregati manifatturieri erano l‘espressione con il lavoro umano che ne costituiva il motore. Ma queste relazioni economiche oggi producono accumulazione di ricchezza, di entità vieppiù maggiori, generando forti disparità sociali e non generano lavoro.

La nostra preoccupazione è che la disgregazione sociale diventa sempre più spinta in presenza di questa economia per pochi e quindi malata.

La forte opposizione alle politiche governative che noi esprimiamo discende proprio da questa preoccupazione. Il Jobs Act è deleterio proprio perché tende a gestire e a incentivare la marginalità del lavoro. Quindi foriero di disgregazione sociale e suggella in maniera definitiva la presa d’atto della presenza imperante dell’economia malata. Quella che crea solo profitto e nello stesso tempo disparità e disgregazione sociale.

Per noi il concetto di tutela del lavoro, non è una pretesa incompatibile con lo sviluppo dell’economia. No, ne costituisce invece la premessa allorquando noi rivendichiamo la funzione sociale dell’economia. La difesa dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, si inquadra in questa esigenza. Guai a considerarla una difesa di un privilegio. Non può essere l’economia una questione privata di chi detiene il potere finanziario, come purtroppo oggi è! A forza di considerarla una questione privata, l’Italia con la delocalizzazione delle produzioni e con l’intervento della finanza straniera ha perso grandi capacità industriali, importanti knowhow e specificità produttive. Al punto che oggi, in molte realtà importanti estere, ritroviamo queste capacità che una volta erano italiane e traferite in loco in ragione dei tristemente famosi “salvataggi stranieri”.

 Ecco che ritorna la funzione sociale dell’economia. Si deve produrre beni e servizi e quindi creare ricchezza da cui far discendere un assetto della società equa e giusta eche tuteli il lavoro per tutelare anche una idea di società che non sia avversa alle speranze di sviluppo di ogni giovane e più sicura per tutti. L’obiettivo del Jobs Act, della cancellazione dell’articolo 18, della precarietà consacrata dai voucher è l’antitesi di questo bisogno.


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