domenica 25 dicembre 2016

Vita da "hobos" in Ciociaria

Luciano Granieri


Le polverose ferrovie e le strade che collegavano,  agli inizi del secolo scorso, gli Stati  americani del Sud , dall’Alabama al Mississipi, dalla Louisiana al Texas, fino al distretto del Kansas, costituirono una delle principali vie del blues e della musica country. 

Lungo gli sfibranti cantieri, sorti per costruire nuove strade ferrate,  i barrell-house,  i saloon ospitavano musicisti precari che, con chitarre improvvisate, o quando c’erano, pianoforti scordati, allietavano le serate degli operai sfiancati dalla lunga giornata passata sotto il sole cocente a piantare traversine. Molti manovali neri   erano loro stessi strumentisti che avevano respirato a pieni polmoni, oltre alla polvere, quelle strane costruzioni armoniche, atavico patrimonio dei padri africani. Questi usavano la loro musica per condividere con gli altri la propria condizione oppressa figlia di una vita povera e precaria. 

Su quelle  ferrovie viaggiavano treni merci  nei cui vagoni, clandestinamente, saliva un popolo di disoccupati, neri per lo più, che si spostavano da uno Stato all’altro alla ricerca disperata di un lavoro, anche infimo. Erano  chiamati  hobos. In quell’inizio ‘900  per un nero rimanere senza lavoro poteva significare, rischiare la pelle. Essere scambiato per vagabondo, trucidato da bande razziste,  impiccato agli alberi nelle campagne e nelle piantagioni. Strange Fruit, l’agghiacciante blues, reso famoso dalla straordinaria Billie Holiday, descrive fin troppo bene questo scenario. 

 Fra gli  hobos ,  i viaggiatori  clandestini  dei   vagoni merci,  c’era qualcuno che aveva con sé una chitarra, o una vecchia armonica e cantava la sua condizione precaria, magari facendo scalo e suonando in qualche bettola lungo la ferrovia. Un variegato mondo di sottoproletariato  sferzato da un’odiosa discriminazione razziale e sociale, animava  quelle strade ferrate e comunicava tutta la sua rabbia, e la voglia di rimanere attaccati alla vita, con il blues. 

Blind Lemon Jefferson, Leadbelly, Big Bill Broonzy, Chiarlie Patton,  il suonatore di armonica  Howlin’ Wolf ,accompagnatore di Sonny Boy Williamson, furono alcuni fra i tanti  musicisti che da quella ferrovia seppero trarre ispirazione per le loro straordinarie esecuzioni. Anche Woody Guthrie  frequentò  quel mondo. Il suo country, seppur molto diverso dal blues, prese a piene mani dai travellin’ man neri. 

Ci sono ancora gli hobos? Certamente. Esiste nella nostra Provincia, un affollato mondo di hobos,  esponenti di un sottoproletariato vittima di una profonda discriminazione sociale. Sono hobos molto diversi, da quelli descritti nei  blues di Big Bill Broonzy, ma ugualmente precari. Sono i traditi dalla globalizzazione.  Una macchina infernale  che ha distrutto un intero tessuto produttivo,  trasformandolo prima  da agricolo in industriale,  desertificandolo, poi, in nome di una devastante delocalizzazione.  Grandi aziende e multinazionali  si sono insediate nel territorio  grazie  a laute prebende pubbliche , poi, per accrescere i dividendi dei propri azionisti, hanno lasciato sul terreno centinaia di migliaia di hobos, preferendo trasferirsi in Paesi dove le condizioni di lavoro sono da schiavisti, o speculando in borsa. 

Anche nella  nostra Provincia una ferrovia può costituire il simbolo   di un'area  dove gli hobos ciociari hanno, per lo più,  subito il loro destino.  E’ la  tratta Cassino-Roma il cui percorso si snoda, in gran parte, lungo la Valle del Sacco. Un pezzo di Ciociaria, detto anche "la Seveso del Sud",  dove in giugno un  covone di grano può  rende gradevole l’immagine di una ciminiera che sputa in aria  fumo malsano. Percorrendo la ferrovia si srotola una pellicola  fatta di ecomostri abbandonati a se stessi orrende vestigia di uno scempio economico e sociale. 

Oltre  150mila sono gli hobos ciociari. Non so quanti di loro sappiano suonare uno strumento, e siano in grado di testimoniare con la musica il loro stato. Certo è che l’incancrenita discriminazione sociale, lascia  muti dalla vergogna.   L’umiliazione di non poter assicurare ai propri figli un reddito, una prospettiva, rende afoni. 

Ma forse una lezione si può trarre da Blind Lemon Jefferson,  Big Bill Broonzy e tutti gli altri . Loro non si vergognavano di cantare uno stato precario, anzi attraverso la loro musica arrivava tutta la rabbia e la voglia di lottare per una condizione migliore.  Bisognerebbe partire da quella rabbia per superare ogni remora ed urlare che la Costituzione italiana all’art. 4 recita quanto segue “La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettive questo diritto”.  Sarebbe necessario gridarlo in faccia a chi governa il nostro territorio,  e la Nazione intera. Sarebbe ora di urlare nelle orecchie di lor signori che la Costituzione sancisce il predominio della condizione sociale su quella economica e non viceversa. 

Cominciamo ad urlare invece di abboccare a infidi,   strumentali, quanto inutili,   tavoli di trattativa con le  varie dirigenze politiche  (nazionali regionali o provinciali). Insomma prendiamo costoro a blues in faccia anche se  non sappiamo suonare il blues. Facciamolo e  forse qualcosa inizierà a cambiare.  

La ferrovia degli hobos ciociari

Nessun commento:

Posta un commento