sabato 19 marzo 2016

Riforme e diritti, l’inevitabile unione

Massimo Villone

Si è tenuta a Roma un’assemblea, affollata e partecipata, dei comitati referendari, per il lancio della campagna per la raccolta delle firme. Un passaggio importante, soprattutto per aver visto insieme i promotori dei referendum istituzionali e di quelli sociali. Perché un forte iniziativa referendaria? Rodotà ha scritto (su Repubblica) di come le nostre istituzioni siano diventate indisponibili all’ascolto, traendo anche da questo la spiegazione del drammatico calo di fiducia degli italiani. Ha ragione. Perché e come fidarsi di istituzioni indifferenti?
Il sostanziale dissolversi dei partiti, e l’emarginazione dei sindacati da parte del governo, unitamente alla caduta di rappresentatività delle assemblee elettive, hanno azzerato i sensori che rendevano le istituzioni aperte e percettive rispetto agli orientamenti del paese. Ed ecco l’indifferenza verso manifestazioni, scioperi, petizioni, leggi di iniziativa popolare, per quanto fortemente sostenute. Ecco l’illusione che l’arte del governare sia decisione e comando piuttosto che confronto e sintesi. Ecco la caricatura di una democrazia in cui i cittadini siano usi a obbedir tacendo. E dunque il referendum rimane l’unico strumento attraverso il quale il popolo sovrano possa riguadagnare il ruolo garantito dalla Costituzione.
Proprio per questo il governo teme i referendum. Ha lasciato in piedi solo uno dei referendum No-Triv delle regioni. Per questo ha scelto la data del 17 aprile, nella speranza di farlo fallire per mancato raggiungimento del quorum. Lo stato maggiore del Pd attacca con il trito argomento del costo, dimenticando che proprio il governo ha rifiutato l’accorpamento con le amministrative che avrebbe evitato la spesa. E altresì argomentando che con il Sì il popolo sovrano reca danno al paese. Ma come può dirlo chi va ad approvare una nuova Costituzione insieme al condannato Verdini, tassista di una nuova maggioranza?
Perché referendum istituzionali e sociali insieme? Non è una bulimia referendaria, né una sommatoria per fare numero. È invece importante far convergere nella battaglia referendaria mondi diversi, per dare il segnale che una parte importante del paese chiede con forza un cambio di rotta.

Per questo una stagione referendaria ad ampio spettro, che partirà con il voto del 17 aprile e la raccolta delle firme, passerà per il cruciale No alla riforma costituzionale in ottobre, e si concluderà nel giorno in cui la metà più uno degli aventi diritto – questo è l’auspicio – andrà a votare si ai referendum abrogativi delle leggi renziane.
D’altronde la connessione tra referendum istituzionali e sociali è nelle cose. L’attuale degrado politico-istituzionale avviene con la Costituzione vigente, prima della riforma. Questo dimostra che un No alla riforma può certo evitare maggiori guai, ma non basta a tirarci fuori dalla palude in cui siamo caduti.
Non si può non guardare anche alla legge elettorale. Se dovesse rimanere in piedi il modello Italicum, ne verrebbe un parlamento non migliore – anzi peggiore – di quello del Porcellum. Quanto resisterebbero i risultati conseguiti dai referendum sociali in un tale parlamento?
L’esperienza dell’acqua pubblica insegna che il referendum può abbattere una legge, ma non cancella l’indirizzo politico che la esprime, e che può ripristinarla tradendo la volontà popolare. Cosi domani un referendum vittorioso sulla cattiva scuola potrebbe essere azzerato da una scuola peggiore. Solo i referendum istituzionali possono creare condizioni in cui i risultati dei referendum sociali non siano fatalmente effimeri.
Dobbiamo anche considerare che se vincesse sulla riforma della Costituzione, Renzi vorrebbe probabilmente sfruttare il successo con uno scioglimento anticipato e nuove elezioni, che gli consegnerebbero istituzioni riformate e un parlamento addomesticato. Un potere consolidato per la legislatura.
Se ciò accadesse, i referendum abrogativi slitterebbero al 2018. E di per sé il passare del tempo non favorisce certo una battaglia referendaria.
Per questo bisogna impegnarsi, da subito. Per la raccolta delle firme sui quesiti referendari, e il voto del 17 aprile. Un voto che anche il governo ritiene importante. Non chiede agli italiani di andare al mare solo perché l’acqua è ancora troppo fredda.


 fonte: "il manifesto" del 19/03

venerdì 18 marzo 2016

No more wars

Per la Rete Nowar Frosinone 

Paolo Iafrate

La Guerra non ottiene qualcosa di più del caos, del fallimento e dell’umano struggimento in Libia, in Iraq, in Siria e in ogni dove. Il mondo impazzito che viviamo oggi non è lontanamente capace di raggiungere alcuna comprensibile soluzione per i problemi esistenti in favore delle popolazioni. Fare guerra significa peggiorare le situazioni e comporta il disastro in luogo dell’aiuto per risolvere. “Non più guerra”  è riconoscere che la guerra raddoppia i problemi per coloro in attesa di aiuto.
La guerra imperversa ormai dalla Somalia all’Iraq, dalla Siria al Sud Sudan, dal Califfato Islamico (ISIS) al Califfato di Boko Haram (Nigeria), dal Mali all’Afghanistan, dal Sudan (la guerra contro il popolo Nuba) alla Palestina, dal Centrafrica al Libano. La Libia sta sprofondando in una paurosa guerra civile di tutti contro tutti, come sta avvenendo nello Yemen. L’Ucraina sta precipitando in una carneficina che potrebbe portare l’Europa in guerra contro la Russia. E’ già ritornata la Guerra Fredda fra Russia e i paesi del Patto NATO che persegue una politica di espansione militare che va dall’Ucraina alla Georgia.
A livello mondiale oggi si spendono quasi cinque miliardi di dollari al giorno in armi. Solo in Italia spendiamo 70 milioni di euro al giorno in armi, senza contare i 15 miliardi di euro stanziati per gli F-35 e 5,4 miliardi per una quindicina di navi militari. Ma ancora più grave è il ritorno trionfale delle armi atomiche. Gli USA spenderanno nei prossimi anni 750 miliardi di dollari per ‘modernizzare’ il loro arsenale atomico.
La rete NO WAR provinciale, coordinamento tra organizzazioni sensibili ai temi della pace e della convivenza tra popoli e che si oppone alle guerre, richiama tutte e tutti anche ad una attenta riflessione sulla grave e apparentemente irrisolvibile situazione economica globale, accompagnata da un disordine politico e culturale, che via via sta distruggendo popoli, stati e democrazie, ripristinando guerre e inaudite violenze. Tale Rete considera imprescindibile una chiara ed invalicabile lettura ed applicazione dell'art.11 della Costituzione italiana e una strettissima osservanza della legge n.185 del 1990 (modificata), relativa al commercio, esportazione e transito delle armi.
La Rete con questa intende promuovere una campagna di sensibilizzazione con un appelloai consigli comunali, scuole, istituzioni, organizzazioni, singole persone… nel territorio della provincia e non solo, affinché si esprimano attraverso la mozione di seguito proposta contro l’intervento in Libia da parte dell’Italia e ci tutti gli altri paesi che pensano di regolare le questioni internazionali esportando missili e bombe. 

Presidenza della Repubblica
mail: segreteriacons.stampa@quirinale.it
Fax 06-46993125
Ministero degli affari esteri
mail: ministero.affariesteri@cert.esteri.it
No a un’altra guerra in Libia
Visto che l’abbattimento del regime di Gheddafi ha riportato la Libia al clima politico ed economico di due secoli fa, prima della colonizzazione italiana e ancora prima della presenza ottomana, con una accentuazione della tribalizzazione del territorio dove ogni tribù difende le proprie frontiere e sfrutta le risorse petrolifere con la scomparsa dei confini amministrativi. Non c’è alcun dubbio che Muammar Gheddafi sia stato un crudele dittatore, ma nei suoi 42 anni di regno ha mantenuta intatta la nazione libica, l’ha dotata di una amministrazione al punto che il reddito procapite era il più alto dell’Africa e si avvicinava a quello dei paesi europei. Ma soprattutto ha dato ai libici una fierezza che non avevano mai conosciuto.
Considerato che a tre anni dal suo assassinio, la Libia è nel caos più completo e già si parla con insistenza di risolvere la questione inviando truppe dall’estero per organizzarvi una seconda, micidiale e sciagurata guerra. Nella prima infausta guerra del 2011, voluta soprattutto dalla Francia di Sarkozy, il paese ha subito danni immensi, 25 mila morti e distruzioni valutate dal Fondo Monetario Internazionale in 35 miliardi di dollari.
Visto che le voci di un intervento militare italiano si fanno più frequenti, noi chiediamo alle autorità del nostro Paese di non commettere il gravissimo errore compiuto nel 2011 quando offrimmo sette delle nostre basi aeree e più tardi una flotta di cacciabombardieri per aggredire un paese sovrano, violando, per cominciare, gli articoli 11, 52, 78 e 87 della nostra Costituzione.
Considerato che la popolazione libica non crede e non vuole la ripropopsizione dell’intervento del 2011. Essa è in cammino alla ricerca della libertà e della democrazia, interrotta e non favorita da coloro che sarebbero intervenuti in difesa di quei valori. Anzi questi si sono rivelati schermo per una brutale aggressione che indebolendo fortemente le già fragili strutture istituzionali e amministrative hanno aperto la strada ai terrorismi e alla povertà. Per il bene della Libia, ma anche per il bene nostro e dell’Europa, ci appelliamo al Presidente della Repubblica Mattarella e al ministro degli esteri Gentiloni,
- affinché non ci si faccia catturare dal vento di guerra che soffia insistentemente soprattutto per gli interessi francesi;
- di usare il diritto internazionale nel tentare un accordo tra le parti in una azione coordinata con altri paesi europei e l’Unione Africana (Ua), animati soprattutto dal desiderio di riportare la pace in un paese la cui popolazione ha già sofferto abbastanza;
- di sospendere ogni genere di commercio di armi coi paesi in guerra o complici dei belligeranti, usando le leggi esistenti (185/90);
- Applicare le sanzioni ai governi che violano il diritto internazionale, usando un solo peso e una sola misura;
- di offrire mezzi di cooperazione economica reciprocamente remunerativi a quanti rinunciano a propositi di repressione interna e di belligeranza esterna;
- aprire le frontiere e dare ospitalità ai profughi libici e africani che scappano dal conflitto dell’area.
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FIRMATO

giovedì 17 marzo 2016

Sciopero generale del 18 marzo No a guerre, razzismo e sfruttamento!

Intervista a Conny Fasciana
attivista del sindacalismo di base e dirigente del Pdac



Nonostante gli attacchi del governo Renzi alla classe lavoratrice - dal Jobs Act alla "Buona Scuola" fino alle pesanti misure antisciopero e repressive - l'autunno 2015 è stato piuttosto freddo. Né le grandi confederazioni sindacali burocratiche (Cgil, Cisl e Uil) né i sindacati alternativi più conflittuali hanno proclamato azioni di sciopero generale su scala nazionale. Un fatto strano, tanto più in una fase, come quella in corso, di rinnovo dei contratti nazionali di importanti settori operai, come i metalmeccanici, i chimici o i trasporti.
Ora finalmente è in arrivo il 18 marzo uno sciopero generale proclamato dal sindacalismo di base (Cub, Si.Cobas, Usi-Ait, settori dello Slai Cobas, e altri). E' uno sciopero che ha tra le rivendicazioni principali l'opposizione alla guerra e alle missioni militari dell'imperialismo (Libia in primis). Ma sarà anche uno sciopero generale contro la guerra di classe del governo Renzi e dei padroni, contro le politiche razziste dell'Unione Europea, per rivendicare dignitose condizioni di vita e di lavoro.
Ne parliamo con Conny Fasciana, membro del Comitato Centrale del Pdac, lavoratrice del pubblico impiego e attivista del sindacalismo di base in Sicilia.
Conny, prima di tutto come spieghi la contraddizione tra un autunno così "caldo" dal punto di vista degli attacchi padronali e invece così "tiepido" sul fronte sindacale in un momento tradizionalmente combattivo come quello dei rinnovi contrattuali? 
Come lo spiego? Ai miei occhi non c'è bisogno di una spiegazione. Il mio lavoro quotidiano come dirigente del Pdac mi pone costantemente di fronte alla più macroscopica evidenza in merito. Tale evidenza è l'assoluta mancanza di interesse nei confronti della classe lavoratrice da parte dei sindacati collaborativi, ma questo è palese ormai anche ai settori meno avanzati della classe.
Le direzioni di Cgil, Cisl, Uil hanno deposto definitivamente le armi, se mai queste armi le abbiano realmente utilizzate, e sono diventati i cani da guardia dei governi in carica, accucciati nei salotti buoni della borghesia italiana. L'ultimo sciopero generale indetto dalla Cgil, ricordo, fu promosso - uso questo termine non a caso, visto che all'epoca la Camusso aveva perso migliaia di tesserati - per contrastare le modifiche all'articolo 18. Peccato che nel frattempo la stessa Cgil, insieme a Cisl e Uil, si fosse premurata di firmare l'accordo vergogna, cioè l'accordo sulla rappresentanza sindacale, contribuendo ad azzerare i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici.
E' stato tuttavia comunque un autunno di dure lotte. Pensiamo ad esempio alle lotte nel settore della logistica, a quelle degli operai e delle operaie immigrati delle cooperative e dei servizi...
Si, è vero. Il mio pensiero corre alla straordinaria forza di alcuni settori particolarmente combattivi. Non posso negare l'orgoglio che provo nel poter dire che il partito che rappresento sia schierato sempre a fianco di lavoratrici e lavoratori che hanno compreso il ruolo determinante che la lotta ha nel contrastare gli attacchi padronali, da qualsiasi parte provengano. Cito per esempio i lavoratori della Prix, che da gennaio hanno scioperato contro i licenziamenti selvaggi che le politiche del Jobs act hanno reso possibili; oppure gli scioperi continuati ed a turni messi in atto dagli operai Sevel; o la dura lotta delle operaie immigrate della Nek di Monselice. Ma il più emblematico esempio di lotta e resistenza di quest'ultimo periodo è, a mio avviso, quello messo in atto dai lavoratori della logistica della Bormioli. Questi straordinari lavoratori si sono resi protagonisti di una capacità di resistere alla controffensiva padronale veramente fuori dal comune. A partire dallo scorso mese di dicembre essi, quasi tutti immigrati, hanno dato il via a picchetti organizzati e blocchi davanti ai cancelli degli stabilimenti ed in alcuni casi anche delle strade, sfidando tutto: dalle condizioni atmosferiche alle forze dell'"ordine", che nella maggior parte dei casi non hanno esitato a caricarli per liberare i cancelli e consentire ai padroni di continuare indisturbati l'attività produttiva e i trasporti. Abbiamo assistito a episodi disgustosi di repressione poliziesca che sono scaturiti anche in un fermo di massa, circa 40 persone, portate in questura per essere identificate ed oggi indagate per il “gravissimo” reato di opposizione al licenziamento! Uno dei nostri dirigenti di partito, dal primo giorno in presidio con loro, è stato a sua volta posto sotto "fermo". Ma questo non ha fermato nessuno dei lavoratori. La repressione non fermerà la lotta.
Pensi che sia importante rafforzare il legame tra queste lotte?
Più che importante è fondamentale. Solo se ognuno dei focolai è coordinato con altri focolai, allora si potrà iniziare a parlare seriamente di lotta di classe. E' necessario comprendere chi è il vero nemico. Il mio licenziamento, la mia personale condizione di sfruttamento, la mia lotta hanno un unico artefice: il sistema capitalista e il suo assioma, cioè lo sfruttamento. Solo comprendendo che ciò che io subisco quotidianamente non mi colpisce come singolo ma come classe si potrà iniziare a costruire una vera opposizione che miri all'unico risultato davvero risolutivo: la distruzione di quel nemico.
In questo senso ritengo che si stia rivelando prezioso il lavoro del Coordinamento delle Lotte No Austerity. Innanzi tutto perché nasce con il preciso scopo di favorire la solidarietà e l'unità delle lotte al fine di rafforzarle ed estenderle. In secondo luogo perché, nel raggruppare realtà sindacali, comitati di lotta e di fabbrica, organizzazioni di movimento, associazioni, collettivi studenteschi e singoli attivisti, lo fa sulla base di alcune imprescindibili discriminanti, come per esempio l'anticapitalismo, e ovviamente l'antifascismo e l'antirazzismo. E ci tengo a sottolineare che una delle discriminanti è anche l'opposizione a qualsiasi forma di maschilismo. Noi del Pdac sosteniamo il Coordinamento sin dalla sua nascita. Mi preme sottolineare che No Austerity ha messo in moto, fin dall'inizio, una campagna contro l'accordo vergogna sulla rappresentanza sindacale, firmato il 10 gennaio 2014 da Cgil, Cisl e Uil, ma poi anche dalle direzioni nazionali di Cobas lavoro privato, Snater, Orsa e, recentemente, anche da Usb.
E' importante comprendere la portata dell'opposizione intransigente a questo accordo vergognoso e l'importanza di non firmarlo. Infatti, il prossimo 18 marzo l'indizione dello sciopero generale di tutti i settori e di 24 ore sarà possibile proprio perché i sindacati promotori non sono tra i firmatari di quel famigerato accordo.
Le lotte che hai citato sono in gran parte lotte animate da lavoratrici e lavoratori stranieri. Tu vivi in una regione, la Sicilia, dove la tragedia degli immigrati è drammaticamente evidente. Pensi che lo sciopero del 18 marzo debba essere anche uno sciopero in solidarietà con i profughi?
Assolutamente si. La stragrande maggioranza dei lavoratori più sfruttati è rappresentata proprio dagli immigrati. Essi garantiscono al sistema un'inesauribile fonte di profitto anche per la loro condizione di bisogno immediato di assistenza, che consente alle cooperative che gestiscono i centri di accoglienza di appaltare le loro vite al ribasso, tant'è vero che le condizioni di vita in questi lager, come io li definisco, sono al limite della decenza. Carenza di servizi essenziali, tempi di attesa per il riconoscimento dello status di rifugiati interminabili, inaccettabili condizioni igienico sanitarie. Recentemente Medici senza frontiere ha denunciato pubblicamente lo stato di degrado di alcuni di questi centri e in tanti si sono rifiutati di lavorare in simili condizioni. Inoltre il sistema economico si garantisce, grazie alle immigrate  e agli immigrati, manodopera a bassissimo costo, creando così anche le condizioni per fomentare la guerra tra immigrati e nativi. Questi ultimi si sentono depredati del lavoro e della sicurezza grazie ad un bombardamento mediatico che mira a fare apparire gli immigrati come pericolosi e parassiti.
Il 1° marzo scorso abbiamo sostenuto la giornata internazionale in solidarietà degli immigrati di tutto il mondo e le nostre parole d'ordine non cambieranno certo il 18 marzo. Anzi! Stiamo assistendo tutti alle reazioni dei governi europei di fronte alla crisi umanitaria che per esempio riguarda i profughi siriani. Di fatto stanno cadendo ad uno ad uno tutti i presunti baluardi democratici legati al concetto di solidarietà internazionale e gli scenari di migliaia di profughi carcerati alle frontiere europee ci mostra la cruda verità.
Si nota l'assenza di alcune sigle del sindacalismo conflittuale nella proclamazione di questo sciopero. Pare inoltre che ci sia persino difficoltà nell'organizzare manifestazioni unitarie nelle diverse città. Purtroppo come già in passato spesso prevalgono le divisioni tra le sigle sull'unità della lotta...
E' vero. Ma non mi stupisco. D'altronde da ciò che ho detto finora i motivi risultano chiari. Per esempio in Sicilia non è stato organizzato alcun corteo, neppure dai promotori. Questo ci riporta alle considerazioni che facevamo prima rispetto all'importanza dell'unità. Il problema resta sempre lo stesso. I particolarismi, i personalismi, le posizioni arroccate nei propri orticelli. Tutto questo nuoce alla costruzione della reale opposizione di classe. Finché non si supereranno queste barriere difficilmente si potrà ambire a risultati concreti di avanzamento nelle coscienze.
Ti chiediamo di concludere questa intervista spiegando perché pensi sia importante aderire a questo sciopero nella più generale battaglia contro le guerre dell'imperialismo.
Ogni sciopero è importante. Ogni sciopero dovrebbe rappresentare un'occasione di avanzamento.
Aderire a questo sciopero significa entrare in un'ottica di più ampio respiro rispetto alle motivazioni che oggi riteniamo appartengano solo alla nostra realtà locale. Il mondo è guidato da pochi contro l'interesse di molti. Renzi, e prima Letta, Monti e tutti quelli che li hanno preceduti, sono burattini di un teatro mondiale di sfruttamento. Sono lì per eseguire le direttive dei grandi capitali, sono lì per consentire al sistema di funzionare. I soldati italiani andranno in Libia non per fare i “missionari”di pace, ma per contribuire a garantire gli interessi imperialisti. Sigonella e Niscemi sono due presidi militari americani in Sicilia. Non è un caso che proprio pochi giorni fa il Muos abbia iniziato a funzionare a pieno regime, nonostante le polemiche e le lotte fatte in questi anni per contrastarne la costruzione. I disegni del capitale sono sostenuti dai signori della guerra, si nutrono di armi e droni, spacciano slogan sulla sicurezza nazionale e di contrasto al terrorismo per mantenere, rafforzare e garantire gli interessi imperialisti.
Aderiamo a questo ed a tutti gli scioperi. Sosteniamo ogni lotta. Costruiamo la sola via che aprirà le porte a una reale benessere: la rivoluzione è la nostra meta.

Comune di Parigi: primo governo operaio

Scintilla Onlus


Nel 145° anniversario della Comune di Parigi (18 marzo 1871), primo governo rivoluzionario della classe operaia vi proponiamo in allegato la poesia di Arthur Rimbaud “L’orgia parigina ovvero Parigi si ripopola”.
Questa magnifica poesia del maggio 1871 fa parte del trittico di Rimbaud consacrato alla Comune, insieme con “Le mani di Jeanne-Marie” e “Canto di guerra parigino”. Il poeta descrive il ritorno dei versagliesi e della marcia borghesia parigina dopo la feroce repressione dei comunardi. Ma la poesia è anche un inno commosso in onore della Comune vinta ma non morta, ed anzi preparatoria di lotte future.




L’ORGIA PARIGINA OVVERO PARIGI SI RIPOPOLA


Vigliacchi, eccola! Riversatevi nelle stazioni!

Il sole ripulì coi suoi polmoni ardenti

i viali che una sera pullularon di Barbari.

Ecco la Città santa, assisa in occidente!



Su! impediremo il riflusso d’incendio,

ecco i Lungosenna, ecco i viali, ecco

le case sull’azzurro lieve che s’irradia

e che una sera il rossore delle bombe costellarono!



Nascondete i palazzi morti nelle cucce di tavolati!

L’antica luce sbigottita rinfresca i vostri sguardi.

Ecco la truppa fulva di chi dondola le anche:

siate folli, sarete strambi, essendo truci!



Torma di cagne in foia che mangiano cataplasmi,

il grido delle magioni auree vi reclama.



Volate! Mangiate! Ecco la notte gioiosa spasimante

Ecco che cala ovunque! O tetri bevitori,


trincate! Quando la luce arriva intensa e folle,

frugando accanto a voi i grondanti sfarzi,

voi non sbaverete dietro, immobili, muti,

nei vostri boccali, gli occhi spersi in scialbe lontananze?



Tracannate, alla Regina dalle chiappe cascanti!

Ascoltate il lavorio dei rutti stupidi

e laceranti! Ascoltate saltare nelle notti ardenti

gli idioti che farfugliano, i vecchi, i fantocci, i lacchè!



O cuori di sudiciume, bocche spaventose,

funzionate con più vigore, bocche di putridume!

Un po’ di vino per questi ignobili torpori, sulle tavole…

O Vincitori, le vostre pance son colme di vergogna!



Aprite le vostre narici alle nausee superbe!

Inzuppate di micidiali veleni le corde dei vostri colli!

Sulle nuche infantili abbassando le sue mani in croce

Il Poeta vi dice: “Vigliacchi, siate folli!



Perché voi rovistate nel ventre della Donna,

voi temete che ancora lei abbia una convulsione

che gridi, asfissiando la vostra infame nidiata

sul suo petto, in un orribile stretta.



Sifilitici, pazzi, re, buffoni, ventriloqui,

che gliene frega a Parigi la puttana,

delle anime, dei corpi, dei veleni e dei cenci vostri?

Tutti voi si scrollerà di dosso, ringhiosi marci?



E quando sarete a terra, in gemito sulle vostre budella

sfiancati, reclamando i vostri soldi, sconvolti,

la cortigiana rossa dai seni turgidi di battaglie

lungi dal vostro stupore torcerà i suoi alti pugni!



Quando i tuoi piedi hanno ballato sfrenati nell’ira,

Parigi! quando tu hai preso tante coltellate,

quando tu cadesti, trattenendo nelle tue chiare pupille

un po’ della bontà della fulva primavera,



o città in dolore, o città quasi morta,

la testa e i due seni scagliati all’Avvenire

che schiude sul tuo pallore miliardi di porte,

città che l’oscuro Passato potrà benedire:



corpo rimagnetizzato per le atroci pene,

tu dunque ti abbeveri all’orrida vita! Tu senti

sgorgare il flusso di lividi vermi nelle tue vene,

e sul tuo chiaro amore scorrere le dita glaciali!



E non è un male. I vermi, i lividi vermi

non fermeranno più il tuo soffio di Progresso

come le Strigi non spegnevano l’occhio delle Cariatidi

su cui lacrime d’oro astrale scendevano dagli azzurri gradini.



Anche se è orrendo vederti tanto oppressa,



anche se non si è mai fatto di una città

ulcera più fetida nella verde Natura,

il Poeta ti dice: “Splendida è la tua Bellezza!”



La tempesta ti ha consacrato come suprema poesia;

l’immenso agitarsi di forze ti soccorre;

la tua opera pulsa, la morte ringhia. Città eletta!

Ammassa gli stridori nel cuore della tromba sorda.



Il Poeta prenderà il singhiozzo degli Infami,

l’odio dei Forzati, il clamore dei Maledetti;

e i suoi raggi d’amore flagelleranno le Donne.

Le sue strofe balzeranno: Ecco, Ecco! Banditi!



Società, tutto è ristabilito: le orge

rimpiangono i vecchi rantoli nei vecchi bordelli:

e i gas in delirio, contro i muri insanguinati,

fiammeggiano sinistri verso quel cielo squallido!


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Video clip  a cure di Luciano Granieri editata il 30 marzo 2011



martedì 15 marzo 2016

2011. Il popolo in piazza contro la devastazione costituzionale

Luciano Granieri





Nel marzo  2011, la gente riempì Piazza del Popolo a Roma, per protestare contro la devastazione che il Governo Berlusconi stava operando sulla Costituzione. Si  votava per la privatizzazione dell’acqua e dei servizi pubblici. Anche la scuola pubblica subiva un decisivo smembramento a favore degli istituti privati, un articolato legislativo letale che faceva strame di tutti i diritti sanciti dalla Carta. Oggi dopo cinque  anni  nulla è cambiato, anzi si cerca di legalizzare tutto quanto intossicava la vita dei cittadini di allora, con una possente riforma costituzionale. Un dispositivo che anziché i diritti sancisce gli abusi, anziché la sovranità popolare, sancisce la sudditanza al despota, in luogo della solidarietà, impone l’individualismo e l’unico diritto sancito è quello del più forte. Per capire il senso e l’importanza della Costituzione è necessario conoscere l’evoluzione storica che   un secolo di lotte anche violente,  dal 1849  al 1948,  ha condotto alla costruzione di un dispositivo decisivo per la  tutela  della dignità umana. La Costituzione della Repubblica Italiana, coglie l’eredità della Costituzione della Repubblica Romana del 1849, frutto di decenni di conflitti e lotte di liberazione. Già ma che ne sapevano Berlusconi e i suoi cortigiani  della Repubblica romana?  E credete che Renzi e le rispettive truppe cammellate ne sappiano di più? In cinque anni non è cambiata neanche l’ignoranza e l’arroganza della cosiddetta classe dirigente. Temo però che oggi, rispetto a quel 2011, una differenza sostanziale potrebbe palesarsi . Allora le piazze erano piene di gente ferma nell’opporsi al macello costituzionale. Oggi sarà lo stesso, dopo che la melassa riformista pseudo socialista  ha ingessato le coscienze? Sta allora a chi ancora ci crede come noi, provare a svegliare  quella coscienze, risollevarle da quel torpore, perché mai come oggi il pericolo di dissolvimento della Carta è  vicino. 

Costituzione e Lavoro

Luciano Granieri


Si sta aprendo una stagione referendaria per provare a  correggere le storture  che il Governo Renzi, braccio esecutivo dei potentati finanziari, sta imponendo a tutta la collettività. Un programma ultra liberista che devasta la scuola pubblica, mina la tutela del territorio,  a patire della proroga sine die delle trivellazioni in mare, toglie la dignità ai cittadini e pone ostacoli economici al pieno sviluppo della persona umana, con lo spropositato innalzamento delle tariffe, conseguenza  della messa a profitto dei servizi e dei beni comuni indispensabili alla vita come l’acqua. Ma la controriforma del lavoro, che spaccia il completo asservimento del lavoratore al padrone attraverso la  minaccia di licenziamento,  come rapporto di lavoro a tempo indeterminato, è lo sfregio  peggiore. E’ un provvedimento che mercifica  l’occupazione, la lascia in balia della legge della domanda e dell’offerta senza minimamente curarsi  che quella merce è fatta di persone in carne ed ossa. Oggi si denuncia l’incostituzionalità del provvedimento e si inizia a considerare  l’ipotesi di un referendum abrogativo anche per il Jobs Act. Del rapporto fra Costituzione e Lavoro, ne parlai un anno fa con Michele Prospero professore associato di Filosofia del diritto presso la facoltà di Scienze Politiche, Sociologia e scienza della Comunicazione   dell’Università La Sapienza di Roma, saggista, editorialista e collaboratore del quotidiano “il  manifesto”. L' intervista fu realizzata nel corso di un dibattito organizzato dal Comitato provinciale per la difesa della Costituzione. 

Il danno

Marazico



Se avete figli piccoli, attenzione.
Quanno davanti alla televisione
zitti e tranquilli guardeno i cartoni,

c'è chi minaccia i giovani neuroni
co' storie che te sembrano innocenti
ma che li renderanno delinquenti.

Ce l'hai presente er panda un po' imbranato
che è bravo ner kung fu? L'hanno sgamato.
Siccome c'ha du' padri, amici miei,
quello è un messaggio della lobby gay.

Ar tizio che ha scoperto 'sto complotto
je vanno fatti proprio i complimenti.
- Ma n'è quer tipo grosso, assai bigotto? -
Si è proprio lui, ottusi miscredenti.
E mentre voi guardate 'sta monnezza,
lui ci indica la via della salvezza.

Vorrei sapè da piccolo, porello,
cos'è che ha visto alla televisione
che ha procurato la devastazione
che oggi je fa scoreggià er cervello.

Partono i referendum sociali: scuola pubblica, blocca inceneritori, trivelle zero e beni comuni

Forum Italiano dei Movimenti per l'AcquaMovimento per la scuola pubblicaCampagna "Stop devastazioni", per i diritti sociali ed ambientaliComitato Sì Blocca Inceneritori

Ieri partecipatissima  assemblea nazionale a Roma, giovedì 17 il deposito dei primi quesiti in cassazione, per una primavera di diritti e di democrazia


Partono i Referendum sociali per la scuola pubblica, per bloccare il Piano nazionale inceneritori, per l'opzione "Trivelle zero" in Italia e per la difesa dei beni comuni.

Ieri a Roma al Cinema Palazzo si è svolta una partecipatissima assemblea nazionale con centinaia di persone provenienti da tutta Italia che ha dato avvio alla nuova stagione referendaria.

Da giovedì prossimo 17 marzo si avvierà il deposito dei primi quesiti alla Cassazione per far partire la raccolta delle firme con un evento unitario e diffuso il 9 e 10 aprile che darà vita alla campagna nazionale di mobilitazione che si chiuderà entro il 9 luglio prossimo.

L’obiettivo è superare le 500.000 firme necessarie per tutti i sei quesiti referendari già in campo, oltre quelli contro la privatizzazione dei beni comuni in via di definizione, per andare al voto nella primavera del 2017.

L'approvazione dei principali provvedimenti governativi, dalla Buona Scuola allo Sblocca Italia, con cui si è attaccato il ruolo della scuola pubblica, privatizzati i beni comuni e i servizi pubblici, aggredito l'ambiente, a partire dalle trivellazioni e da un autoritario aumento di nuovi inceneritori ed abbattuti i diritti del lavoro, ha innescato un crescente percorso di lotta che sostiene un opposto modello di sviluppo fatto di tanti comitati, movimenti, sindacati, associazioni che hanno iniziato ad incontrarsi in numerose assemblee sul territorio, da Bologna a Pescara, da Ancona a Napoli ed a Roma.

Si è pertanto formalizzata ieri l’alleanza sociale tra i movimenti per la scuola pubblica, per l'acqua bene comune, contro la devastazione ambientale che si oppone alle trivellazioni e contro il piano nazionale per vecchi e nuovi inceneritori che insieme chiedono di puntare ad una società “democratica” che investa sul valore della scuola pubblica, sulla sostenibilità ambientale e la difesa della salute pubblica, sulla gestione pubblica dei servizi locali, sul lavoro stabile e sul diritto al reddito che veda la piena attuazione del dettato costituzionale, e non il suo smantellamento.

L'iniziativa incrocia infatti il tema della democrazia e della sua espansione, che altro non è se non il rovescio della medaglia dell'affermazione dei diritti fondamentali. La nostra stagione dei referendum sociali, pur nella sua dimensione autonoma, vuole contribuire anche alla campagna per il NO alla controriforma istituzionale, con la convinzione che parlare di democrazia non significa ragionare puramente di architettura istituzionale ma del potere che hanno le persone di decidere sulle scelte di fondo che riguardano gli assetti della società.

Proprio perché non pensiamo che la nostra iniziativa sia autosufficiente e esaustiva delle battaglie in corso ci sentiamo fortemente impegnati per l'affermazione del Sì al referendum contro la prosecuzione indefinita delle concessioni in mare entro le 12 miglia del prossimo 17 aprile, così come nella preparazione e nella buona riuscita della manifestazione nazionale contro il TTIP prevista per il 7 maggio.

Per quanto riguarda il Jobs Act, provvedimento che ha la stessa matrice di quelli oggetto del nostro intervento, non rinunciamo né all'idea che, progressivamente, si possa costruire un intreccio sempre più stretto tra le questioni che oggi sono al centro dell'iniziativa e il tema del lavoro, né alla nostra autonomia di giudizio e di iniziativa anche su questo tema, una volta conosciuti gli eventuali quesiti referendari promossi dalla CGIL.

Si apre quindi una stagione di grande impegno sociale, che mobiliterà sui grandi temi della Costituzione materiale tante persone nei territori affermando un'altra idea di modello sociale e di democrazia.

"RENZI AFFOSSA DEFINITIVAMENTE LA LEGGE SULL’ ACQUA PUBBLICA"

Ufficio Stampa Deputato Luca Frusone Movimento 5 Stelle

“Oggi il PD ha cancellato con un emendamento 27 milioni di voti, quei voti anche di molti ciociari vessati da Acea, che chiedevano a gran voce l’acqua pubblica nel Referendum del 2011. Il PD ha cancellato l’articolo principale della legge del MoVimento 5 Stelle che stiamo discutendo in questi giorni presso la Commissione ambiente alla Camera. Precisamente l’articolo 6 definiva la gestione pubblica dell’acqua, riconsegnando pienamente ai comuni la gestione delle infrastrutture dei servizi idrici. Il PD ha derubato definitivamente i cittadini di poter usufruire dell’acqua come un bene pubblico ed inalienabile. Si dovrebbero solo vergognare, non hanno scuse per la svendita totale che hanno fatto nei confronti di una multiutility come ACEA. Insomma il Pd strappa il cuore a una legge e non solo.” – a dichiararlo amareggiato è il Deputato 5 Stelle Frusone che continua – “È la solita politica delle due facce: quella vera fatta di favori alle lobby e compromessi e quella dei Tg dove nonostante tutto verrà divulgata la notizia che comunque il PD si starà impegnando per la legge sull’acqua pubblica, non considerandone il totale stravolgimento che però della legge sta compiendo. E in Provincia assisteremo immancabilmente alle orde di Sindaci che si allineeranno con il partito. La realtà dei fatti è che stiamo ancora aspettando la messa in mora di Acea e stiamo ancora aspettando l’attuazione della legge n.5 in Regione Lazio. Finora a parte teatrini, la cosa sicura che ci arriva da un decreto del PD è che la riscossione delle bollette avverrà tramite Equitalia. Questo è il PD, una vessazione continua.” – e conclude – “In Parlamento siamo stati costretti a togliere le nostre firme ad una legge che è partita dai comitati ed è stata assassinata dai vari partiti, dovremmo essere abituati a queste doppie facce, ma la realtà è che non ci si abitua mai.  Non hanno mai mantenuto ciò che hanno promesso, esempi sono la rinuncia al finanziamento pubblico, annunciato e mai fatto, oppure la lotta ai privilegi e alle pensioni d’oro. Ora nella lista degli annunci di Renzi compare tristemente anche la ripubblicizzazione dell’acqua. Ma questa non sarà una sconfitta, la battaglia per l’acqua non si ferma qui, c’è ancora la battaglia in Regione Lazio, nonostante sappiamo bene che il PD di Zingaretti e Buschini stiano prendendo tempo per non intaccare troppo gli interessi che Acea ha su questo territorio. Nonostante ciò, con l’aiuto di comitati, associazioni e cittadini continueremo a pressare la Regione. E ormai è chiaro che il  PD di certo non è per l’acqua pubblica ma è per Acea, come lo è sempre stata.”

lunedì 14 marzo 2016

Anche il ministro Padoan, a nome e per conto di Acea Ato 5 Spa, tenta di piegare i cittadini ciociari agli appetiti del gestore del servizio idrico.

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone

Non conta nulla la pessima qualità del servizio idrico in provincia di Frosinone; non conta nulla il mancato rispetto degli impegni contrattuali e degli investimenti; non contano nulla i comportamenti vessatori nei confronti degli utenti. Ad Acea Ato 5 Spa deve essere assicurato il profitto, addirittura paventando temuti dissesti finanziari, quando invece Acea Ato 5 Spa ha chiuso i bilanci degli ultimi anni con utili netti di svariati milioni di euro, continuando ad utilizzare il nostro territorio come un  bancomat.
Stavolta è il ministro Padoan a scomodarsi a favore di Acea e a spendere il suo tempo prezioso, invece di dedicarsi ai ben più rilevanti problemi dello stato dell’economia italiana.
Con proprio decreto, Padoan autorizza Acea Ato 5 Spa a fare ricorso ad Equitalia per farle incassare ciò che pretende.
Nel merito, bisogna dire che il ministro “piscia fuori dal vaso”, in quanto le fatture dell’acqua sono un corrispettivo che non ha alcun collegamento con le competenze dello spauracchio Equitalia. La trovata del ministro di giustificare l’ingiustificabile, e cioè far discendere l’autorizzazione dal fatto che Acea Ato 5 Spa sia una partecipata da Roma Capitale, è una sciocchezza criminale in quanto l’affidamento del servizio sul nostro territorio è avvenuto con gara europea ed è assolutamente irrilevante la composizione societaria di chi ha partecipato alla gara.
Del resto, se dovesse trovare sostanza la partecipazione pubblica nel gestore dell’Ato 5, a norma delle regole vigenti l’affidamento dovrebbe essere revocato in quanto le società partecipate dagli enti pubblici possono operare esclusivamente nei territori degli stessi enti pubblici. Nel caso in oggetto soltanto nel comune di Roma.
Con questi elementi il ministro dovrà fare i conti. Resta il problema che nelle more Acea Ato 5 Spa possa farsi forte del decreto ministeriale sfornato a suo uso e consumo. Da questo punto di vista deve essere chiaro a tutti che l’eventuale ricorso alla riscossione forzata può comunque riguardare solo ed esclusivamente le situazioni di morosità conclamata. Chi ha con Acea Ato 5 Spa una controversia, chi ha prodotto nei confronti del gestore un reclamo, chi ha avanzato formalmente delle richieste al gestore, ad esempio in caso di perdita occulta o di fatture di conguagli puriennali con importi spropositati, non può essere considerato moroso.
Sulla base di questo principio fondamentale e conoscendo i comportamenti estorsivi di Acea Ato 5 Spa, invitiamo l’Autorità d’Ambito a prendere immediato contatto con Equitalia perché venga chiarito che la stessa non prenda in carico pratiche sulla base delle semplici comunicazioni avanzate da Acea Ato 5 Spa.
Per quanto ci riguarda, nei prossimi giorni, al medesimo scopo, chiederemo un incontro ai responsabili locali di Equitalia cui intendiamo illustrare la complessità della questione producendo anche la documentazione probatoria dei comportamenti scorretti di Acea Ato 5 Spa, che coincidono con i comportamenti che hanno già determinato un provvedimento sanzionatorio da parte dell’Antitust a carico della consorella Acea Ato 2 Spa.

Comitato provinciale acqua pubblica Frosinone




e-mail comitatoacquapubblicafrosinone@gmail.com cell. 380 4921168
Fb: COMITATO PROVINCIALE ACQUA PUBBLICA FROSINONE

Il Pd con Acea ma Morini che fa?

Ufficio Stampa  Deputato Luca Frusone M5S

ACEA ED EQUITALIA? IL PD AL SERVIZIO DI ACEA, MORINI QUANDO SCARICA IL PD?


Il 22 febbraio c’è stato un Decreto del Ministro Padoan che dà la possibilità ad Acea Ato 5 di usare Equitalia per riscuotere le bollette ed emettere cartelle esattoriali. Questa è una notizia che cambia di molto le battaglie dei cittadini con Acea che forse dovranno fare i contri con il tanto odiato esattore dello Stato persino per l’acqua. “Questa decisione del Governo guidato da PD è qualcosa di vergognoso oltre che illegittimo” così spiega il Deputato Luca Frusone del Movimento 5 Stelle, e continua “Ci troviamo di fronte ad un Governo che invece di schierarsi con i cittadini si schiera con ACEA. Mi chiedo come il Sindaco di Alatri Morini che ha persino rinunciato a servirsi di Equitalia nel Comune di Alatri concili questa scelta del Partito che lo ricandida ad Alatri, si rende conto che così la gente rischia casa e macchina per gli interessi di Acea? I suicidi di Stato sono all'ordine del giorno, non interessa nulla a questi "rappresentati del Popolo?”. Molto critico anche il gruppo di attivisti del Movimento 5 Stelle che si prepara a concorrere alle prossime Comunali “Dal Sindaco abbiamo sempre sentito belle parole ma di concreto contro Acea non ha fatto nulla e ora è chiaro che il suo partito giochi con Acea e non per l’acqua pubblica. Il PD a livello regionale e Nazionale blocca la ripubblicizzazione dell’acqua come faceva prima Forza Italia quando era al Governo e con questi Partiti nei Comuni, inutile distinguere tra centro-destro e centro-sinistra, Acea rimarrà tranquillamente al suo posto banchettando con i sodi dei cittadini di Alatri e della Provincia”. Chiude il Deputato Frusone spiegando che “Contro questo decreto proveremo tutte le strade legali e politiche che abbiamo a disposizione ma i cittadini devono capire chi li sta condannando ad essere dei semplici Bancomat di Acea e non posso confermare a queste persone di nuovo la loro fiducia”.