sabato 25 giugno 2016

Alea iacta est. La capitolazione della sinistra di fronte alla storia.

 MILITANT BLOG Collettivo Politico Comunista

Quello che è successo ieri in Inghilterra è un fatto politico enorme, che porta con sé una carica oggettiva, difficile da interpretare a caldo, ma che ci dice senz’altro una cosa incontrovertibile: si è aperta una grande falla sul Titanic della Ue. Una falla difficile da arginare anche per il suo carattere immediatamente simbolico. La Brexit assume un valore emblematico decisivo: è possibile rompere le maglie di questa gabbia del governo oligarchico-tecnocratico, espressione diretta degli interessi del capitale transnazionale, causa della tragedia collettiva che le masse popolari europee stanno vivendo da almeno quindici anni.
Per ricordare un evento così significativo bisogna tornare indietro a quel 5 luglio di un anno fa, quando il popolo greco bocciò il memorandum imposto dalla Troika, un referendum voluto dal governo Tsipras appena insediatosi, e che nemmeno una settimana dopo fu tradito dalla vergognosa capitolazione da parte dello stesso governo “riformista”. Quella sconfitta si era fatta sentire e aveva chiuso una finestra di possibilità difficilmente riproducibile nel breve periodo. La storia, come evidente, va però avanti lo stesso.
Indubbiamente allora, nel giro di una settimana, si passò da una formidabile prova politica di maturità e di forza della popolazione greca a una débâcle tutta istituzionale e governista di una sinistra “radicale” e socialdemocratica, convinta sostenitrice della riformabilità del progetto europeista, che si è rivelata la migliore alleata e fedele attuatrice dei programmi di svendita e di austerity del governo oligarchico sovranazionale. Oggi il corso degli eventi si impone nuovamente sui tentativi di stabilizzazione delle “sinistre” di governo, un evento in cui gli assetti e l’architettura del potere costruito a Bruxelles e a Francoforte sono messi in discussione nel loro carattere vincolante e quindi nella loro legittimità dalle popolazioni povere dei singoli paesi dove finora è stato possibile votare sulla Ue.
Sono anni che ogni volta che le popolazioni europee possono esprimersi su questa costruzione ordoliberista politico-economica la bocciano sonoramente, nonostante i consigli e la copertura politica che questa continua a ricevere dalla sinistra funzionale alla tecnocrazia finanziaria. Era già capitato in Francia e Olanda nel 2005, oltre che in Grecia l’anno scorso. Assolutamente comprensibile allora l’odio che lo status quo politico ed economico prova per queste consultazioni popolari, forieri di pericoli e di derive ingestibili.
La potenza di questo evento va letta a partire da due fatti importanti: nonostante la grande campagna nazionale e internazionale a favore del cosiddetto “remain”, che ha mobilitato il sistema politico-culturale ed economico nel suo complesso, adottando ogni mezzo necessario, dalla campagna terroristica del mainstream mediatico  ai ricatti economici e finanziari sulla catastrofe economica possibile, sfruttando addirittura l’“occasione” dell’assassinio della deputata laburista da parte di un neonazista locale, nonostante tutto questo la maggioranza della popolazione povera inglese – quella, per capirci, che non risiede nella City –  è andata in direzione contraria ai diktat di Bruxelles e del governo Cameron. A nulla è valso ogni forma di condizionamento, diretto e indiretto, dalla mobilitazione del mondo dello spettacolo e dello sport (perfino la Premier League, è scesa in campo a favore del partito del remain). Questo ci dice che il vento sta cambiando, che l’insofferenza popolare contro le classi dominanti europee, dopo dieci anni di profonda crisi economica e sociale, travalica la narrazione e il terrorismo politico-psicologico di massa. La dichiarazione poche ore prima del voto di Juncker: “Chi esce, rimane fuori”, non ha sortito alcun effetto, anzi: ogni qual volta banche e sinistra funzionale aprono bocca convincono sempre più persone a rompere con lo status quo, qualsiasi forma assuma questa rottura. Ormai il “salto nel vuoto” non è più elemento capace di spaventare le classi popolari dei singoli contesti nazionali. Quella retorica, in assenza di redistribuzioni di reddito, non funziona più, è completamente disattivata.
L’altra considerazione che emerge nettamente, e non è la prima volta che lo diciamo, è che la sinistra radicale, riformista, socialdemocratica, ha ormai strutturalmente il ruolo di stampella del potere costituito, vera e propria copertura politica e culturale di ogni forma di stabilità istituzionale, economica, sociale e politica. Evocando lo spettro del nazionalismo e del populismo, e difendendo accoratamente gli interessi del capitalismo sovranazionale, continua nella difesa della Ue attraverso le retoriche sulla sua presunta riformabilità. Una sinistra conciliatoria, terrorizzata dal vuoto di stabilità molto più che i vari Junker, Merkel & soci. La sinistra di complemento.
Questa sinistra in tutte le sue variazioni, da quella più moderata a quella radical, ex noglobal, è la migliore alleata dell’Europa mercantile e ordoliberista perché, non sapendo vedere oltre l’Ue, non può che abdicare alla real politik della stessa, per finire come in Grecia, dove ci è voluto un governo di sinistra socialdemocratica per far ingoiare allo stremato popolo greco il Terzo Memorandum altrimenti impossibilitato a passare in un territorio completamente stremato dalle politiche liberiste europeiste. E’ completamente inutile (e infatti completamente ignorato dalle classi popolari), agitare lo spauracchio di un presunto ritorno sovranista: il problema è la Ue, non fantasiose riscosse naziste per il continente amplificate ad arte da chi teme di perdere un ruolo ormai definitivamente compromesso. E’ la scelta di campo anti-popolare di certa sinistra che spinge le classi lavoratrici (attenzione: non “il popolo” genericamente inteso, ma i lavoratori dipendenti salariati e/o precari) a sfruttare ogni possibile strumento pur di rompere con la gabbia della Ue e, più in generale, delegittimare le classi di governo nei vari Stati della Ue. Le forze nazionaliste e xenofobe, che in questi anni stanno raccogliendo il testimone della protesta popolare, hanno campo libero. E’ stata delegato a certa destra il ruolo che dovrebbe avere la sinistra di classe, quello cioè di intercettare i bisogni di rottura politica con lo status quo. La storiella della Brexit come “soluzione di destra” è però anch’essa orchestrata ad arte dal mainstream politico culturale europeista. La sinistra, soprattutto quella inglese, era per l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. La piattaforma LexitIl sindacato dei trasporti inglese Rmt, ad esempio: ad esempio.
L’unica “sinistra” pro-Europa era infatti quella del partito laburista di Jeremy Corbyn, il partito “di sinistra” probabilmente più squalificato d’occidente (a parte il Pd, ovviamente), il partito della “terza via” liberista, della guerra in Iraq, delle controriforme sociali. Dare risalto alle posizioni della non sinistra inglese, silenziando quella di classe, è una precisa scelta politica di campo che ha coinvolto infatti tanti commentatori e situazioni politiche nostrane. Quegli stessi commentatori che da anni cercano di convincerci della riformabilità della Ue, abbandonati da tutti tranne che da Renzi, Hollande, Merkel e Draghi: dimmi con chi vai e ti dirò chi sei.
In Inghilterra, il Socialist Labour Party appoggiava chiaramente il rifiuto della Ue. In Irlanda il Partito dei lavoratori appoggia il Brexit. Fuori dall’arcipelago britannico, la Candidatura d’Unitat Popular, la sinistra di classe catalana, si schiera per il Brexit. Eppure, il Brexit “è una cosa di destra”, ci spiegano i solerti difensori dello status quo. Tutti in combutta col populismo nazionalista britannico chiaramente. La sinistra in combutta con Draghi e Junker evidentemente non fa notizia.
La governance ordoliberista sta attraversando il suo momento di crisi, e la vicenda inglese non è un fatto isolato, quello che è successo domenica scorsa in Italia con la bruciante sconfitta dello storytelling renziano nelle principali aree metropolitane ci dice che la partita è aperta, che la storia, in assenza di “sinistra”, va avanti comunque, che le popolazioni povere ritrovano forme di protagonismo seppure in forma alienata e mistificata. La nostra occasione, in questo senso, sarà in autunno, sul referendum costituzionale sul governo Renzi. E’ l’occasione per ricomporre politicamente e socialmente il nostro campo, per svolgere un ruolo, per incunearci nella contraddizione principale: mandare a casa il Governo Renzi, gestore della governance Ue nel nostro paese. Bastonare il cane che affoga deve essere la nostra unica parola d’ordine, tutto il resto, in questo preciso momento, è secondario.

BUSCHINI ASSESSORE IN REGIONE AI RIFIUTI E SCALIA SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE SPECIALE SUI RIFIUTI SI SONO ACCORTI DI CIO’ CHE STA ACCADENDO A PIEDIMONTE SAN GERMANO?

Ufficio Stampa Deputato Luca Frusone Movimento 5 Stelle

MA BUSCHINI ASSESSORE IN REGIONE AI RIFIUTI E SCALIA SEGRETARIO DELLA COMMISSIONE SPECIALE SUI RIFIUTI SI SONO ACCORTI DI CIO’ CHE STA ACCADENDO A PIEDIMONTE SAN GERMANO?



“Ieri ho partecipato ad un incontro indetto dal Comitato No Ares, insieme al sindaco Nocella, il mu di Piedimonte e molti cittadini preoccupati per il destino del proprio territorio. La situazione infatti non è delle migliori e quello che sta accadendo a Piedimonte San Germano, è evidentemente il risultato del totale abbandono e disinteresse dei politici riguardo questo territorio. I consiglieri regionali che ci sono ora e che si sono susseguiti in tutti questi anni, nonché le amministrazioni comunali precedenti, dovrebbero farsi un esame di coscienza e vergognarsi davanti alla cittadinanza, per come grazie alla loro incapacità e disinteresse hanno compromesso la salute di tante persone. Sono però molto contento che i cittadini di Piedimonte capendo la situazione, hanno alzato la testa e hanno creato un Comitato che sta cercando di far sentire in tutti i modi la propria voce.” – dichiara amareggiato il deputato 5 Stelle Frusone che continua – “E’ assurdo che possa essere costruito quì un impianto di compostaggio da 40000 tonnellate, oltre ad essere pericolosamente impattante per il territorio, non si comprende neanche come possa realmente funzionare, perché tutta la provincia di Frosinone non produce probabilmente nemmeno la metà di organico utile per fare il compost. Prendiamo ad esempio la città di Frosinone, con un differenziata pessima che non arriva nemmeno al 20%, produce circa 1200 tonnellate di organico annue. Allora la domanda sorge spontanea, da dove arriverà l’organico necessario a far funzionare un impianto così grande? E siamo sicuri che sarà solo organico ciò che verrà conferito? Ho seri dubbi su questo.”– “La mia preoccupazione come quella dei cittadini e degli attivisti del meetup di Piedimonte, nasce anche dal fatto che ci sono diverse ombre sul passato di alcuni soci dell’azienda che dovrebbe costruire l’impianto. Risulta infatti che tale sig. Domizio Marco Nicola, prima amministratore unico della società Ares ambiente Srl e poi Rappresentante della direzione, sia citato in diverse carte della Commissione bicamerale d’inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti. Ho per questo deciso di approfondire meglio tale questione e mettere nuovamente in allerta la Commissione di inchiesta, anche se avrei auspicato che un allarme fosse già partito dal segretario di tale commissione bicamerale, ovvero il senatore Scalia, ma stranamente pur avendone tutti i poteri, interviene sempre troppo poco su problematiche come questa.”– “Concludo dicendo che non bisogna inoltre dimenticare che l’interlocutore principale della vicenda è la Regione Lazio e voglio anche ricordare che i nostri consiglieri regionali del M5S hanno depositato diversi atti sulla questione, senza però avere alcuna risposta da Zingaretti, sarebbe dunque auspicabile che l’Assessore ai Rifiuti Buschini si muovesse nell’interesse dei cittadini di Piedimonte e di tutta la provincia e avendone i poteri, faccia chiarezza sulla costruzione di un impianto mostruoso e del tutto inutile, che sinceramente non convince nessuno.”


venerdì 24 giugno 2016

Giudici e padri di famiglia

Comitato di Lotta per il lavoro



Nonostante un rinvio, il Tribunale del lavoro di Frosinone è riuscito ad incontrare il Comune di Frosinone nell’udienza di oggi 22 giugno.
La convocazione nasce a fronte dell’impossibilità dichiarata dalla cooperativa Sol.Co. di far fronte alla sentenza emessa dallo stesso tribunale di Frosinone il 13 giugno 2015, sentenza n. 501/2015, con la quale il Giudice del Lavoro del Tribunale di Frosinone ha emesso, ex art. 2932 cod. civ., una sentenza costitutiva che realizza gli effetti del contratto di lavoro non concluso tra gli ex lavoratori Multiservizi e la Sol.Co. Società Cooperativa.
Chi non obbligato ti aspetti ma si presenta? Chi non può resistere nel recitare un mantra? Chi non approfitta di uno spazio pubblico pur di continuare a denigrare altri? Chi non può resistere al tentativo di esibire, pur in una piccola aula di tribunale, la bontà del suo operato? Lui, il polarizzatore, il “buon padre di famiglia” di questa città.
Ebbene sì il Sindaco in persona ha accettato di rispondere alla convocazione della Giustizia ordinaria che sta tentando di trovare una strada per la restituzione di ciò che la giunta attuale aveva tolto ai lavoratori, a dimostrazione che l’opposizione alle coop non era strumentale, ma meritava riflessione, attenzione e rispetto.  Purtroppo le coop non sono in grado di dare seguito alla sentenza sobbarcandosi delle centinaia di migliaia di euro; però sarebbero disposte a discutere con l’ente per una soluzione condivisa.
Il Sindaco non ha deluso le aspettative. Non ha tentato di affermare genericamente che si impegna per una possibile soluzione…. No. Al contrario si è caricato tutte le responsabilità e della bontà delle scelte effettuate dall’ente incurante di tutto ciò che è successo, non riuscendo, e non volendo, nascondere quello strisciante senso di “condanna” per chi non si allineò alle disastrose scelte amministrative in quell’aprile 2013, anzi puntando il dito ancora una volta su quel qualcuno che convinse a non passare alle coop, nella possibilità di una nuova società finalizzata all’internalizzazione di tutti gli addetti.
 I soldi non ci sono. Allo stato attuale non ci sono altri servizi da assegnare e con la diminuzione drastica delle ore lavorative dei contratti in essere si potrebbe configurare solo una ipotetica sostituzione del personale in servizio con quello escluso a suo tempo ( detto con sarcasmo) e ciò non è possibile. E in ogni caso non è un problema dell’ente…  La società pubblica non si poteva fare… La Corte dei conti impedì tali scelte… Insomma la solita solfa condita da discrepanze cronologiche, dimenticanze, sovrapposizione di fatti successi in fasi diverse, interpretazioni libere di documenti di altri enti: la Società non si configurava come società in house, ma società commerciale come successivamente verrà classificata  nella sentenza fallimentare!!!  [Peccato che questo è accaduto due anni dopo]. La costituzione di una nuova società non avrebbe favorito i lavoratori poiché il fallimento della Multiservizi rendeva illegale il trasferimento del personale. [Peccato che fosse già in essere la nuova società Servizi Strumentali]
 Non si poteva in definitiva aspettarsi altro, commentano i lavoratori. L’attività amministrativa svolta dalla attuale giunta ha sempre giocato su un confine di legittimità degli atti fin dalla famosa delibera 96/13. E poi il gioco è continuato imperterrito nell’applicare “liberamente” le norme del codice degli appalti; nell’affidamento dei servizi a coop sociali di tipo B quando alcuno dei lavoratori era svantaggiato; dalla spartizione di quei posti già dei lavoratori Multiservizi esclusi; dalle continue, inesauribili, proroghe; dagli affidamenti diretti anche per un anno; dal dimenticare il Regolarmente Anticorruzione e quello sulla trasparenza; di non rispettare le indicazioni del Regolamento per l’acquisizione in economia di beni e servizi e lavori; dall’aver coinvolto coop impigliate nelle maglie di indagine della magistrature e via discorrendo.  
 Le responsabilità dell’amministrazione, dunque, va oltre il senso di giustizia sulle questioni riguardanti il lavoro…. A Frosinone si è fatto ben altro e ci vuole ben altro per dirimerle, sembra dirci il nostro Sindaco.
Rimane per tutti i lavoratori un senso di rincuorante fiducia, avvalorato proprio dalla iniziativa di un coraggioso tentativo di conciliazione tra parti, che stride con una inesistente sensibilità da chi invece dovrebbe occupare le istituzioni per cercare il bene dei cittadini.
 La battaglia non termina. La tenda rimane.




Il Brexit indebolisce l’oligarchia e apre spazi alla lotta della classe operaia e dei popoli

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia


Nonostante lo scandaloso negoziato fra Cameron e i vertici dell’UE; nonostante il terrorismo finanziario, pilotato dalle istituzioni del capitale monopolistico internazionale; nonostante un omicidio politico reazionario che serviva per spostare l’ago della bilancia a favore del “remain”; nonostante le ingerenze e le intimidazioni politiche, le menzogne dei media…la maggioranza della popolazione del Regno Unito ha deciso di uscire dall’Unione Europea.
Il voto ha avuto un chiaro carattere di classe: la classe operaia, le masse popolari, i poveri hanno votato per uscire dalla UE che li massacra. La City di Londra e i suoi “economisti”, la borghesia e i ricchi per rimanere nell’UE che favorisce i loro interessi e profitti.
Dopo il rifiuto dell’UE emerso nei referendum svolti in Grecia, Danimarca e Olanda, non possiamo che rallegrarci per il risultato del Brexit, che rappresenta una sconfitta storica della politica neoliberista e di austerità, del taglio delle pensioni e dei servizi sociali, dell’attacco alle conquiste dei lavoratori e delle donne, della repressione poliziesca e degli interventi militari. 
Nella recente dichiarazione dei Partiti e delle Organizzazioni M-L europei abbiamo affermato:
La resistenza della classe operaia e dei lavoratori contro gli attacchi dei padroni e dei governi di ogni colore (di destra, socialdemocratici, da soli o in alleanza…) sta aumentando in tutti i paesi… il rifiuto dell’UE sta diventando più forte e maggioritario fra i popoli, specialmente fra i lavoratori e masse popolari. Una prossima occasione sarà il referendum nel Regno Unito: la prospettiva del “Brexit” è concreta e rende furibonda l'oligarchia finanziaria, i capi dei partiti di destra e socialdemocratici, i grandi padroni, i leader pro-UE degli altri paesi; anche Obama ha interferito a favore del mantenimento del Regno Unito nell'UE. Noi appoggiamo apertamente i democratici e forze progressiste che stanno volgendo la campagna a favore del “Brexit.” Se ciò accadrà, si creerà una nuova situazione politica, si approfondirà la crisi politica dell’UE e verrà spronata l'opposizione all’UE negli altri paesi. Sosteniamo decisamente il diritto dei popoli ad uscire dall’UE. Sosteniamo i popoli che chiedono un referendum per uscire dall’UE.”
La scelta del Brexit è stata indubbiamente la migliore, non solo per i lavoratori e i popoli del Regno Unito, ma anche per tutti i lavoratori e i popoli dell’UE.
Nulla sarà come prima. La critica verso l’UE antipopolare, antidemocratica e guerrafondaia è destinata ad aumentare. Il Brexit incoraggerà la classe operaia e i popoli ad uscire dalla irriformabile euro-gabbia imperialista.
In tutta l’UE la lotta di classe è in ascesa, mentre il progetto – impossibile o reazionario –degli “Stati Uniti d’Europa”, con il quale l’oligarchia finanziaria vuole imporre la pace sociale, smantellare i diritti e le libertà dei lavoratori, attaccare i CCNL, privatizzare interi settori, è in crisi profonda.
In queste circostanze, è indispensabile ampliare e intensificare la lotta unitaria per la difesa intransigente dei nostri interessi economici e politici.
Sviluppiamo la resistenza operaia e popolare contro l’offensiva capitalista, la reazione e la politica di guerra. Difendiamoci collettivamente dai prossimi assalti della borghesia rompendo la subalternità alle politiche europeiste e collaborazioniste!
Rivendichiamo veri contratti di lavoro, con forti aumenti salariali e riduzione dell’orario di lavoro per tutti! Esigiamo l’abolizione del Fiscal Compact! Diciamo NO al TTIP, al TISA e agli altri trattati neoliberisti!
Seppelliamo con le lotta e con una valanga di NO le controriforme istituzionali volute da Renzi e dalla UE dei monopoli per farci ingoiare sacrifici senza fine!
Facciamo fronte comune contro le forze reazionarie, populiste, razziste e fasciste che vogliono trarre vantaggio dalla protesta popolare!
Denunciamo che nel nostro paese la classe dominante impedisce di esprimersi sui trattati internazionali che condizionano pesantemente la vita dei lavoratori, dei giovani, delle donne.
Solo un Governo operaio e degli altri lavoratori sfruttati, sotto la spinta di un grande movimento di classe e popolare, potrà far uscire finalmente il nostro paese dalla UE, dall’euro e dalla NATO e risolvere i problemi che affliggono la vita quotidiana dei proletari e delle larghe masse!
24 giugno 2016

giovedì 23 giugno 2016

Laboratorio di libera informazione

 Cioceconleali webTV, insieme con il “Laboratorio di libera informazione”, dà inizio al ciclo di incontri estivi, denominato “l’informazione non va in vacanza”, con l’iniziativa “La politica dell’antipolitica. C’è vita fuori la casta!”. L’evento, che si terrà martedì 28 giugno, alle ore 17:30, vedrà protagonisti tre candidati alla carica di sindaco, Fabrizio Pintori, Tarcisio Tarquini e Vincenzo Durante, che hanno partecipato all’ultima tornata elettorale nella nostra provincia. Tre candidati che provengono da percorsi politici molto diversi ma che hanno in comune un elemento: creare un alternativa di governo fuori dai tradizionali schemi della politica. Interpreti locali della cosiddetta “antipolitica” oppure pionieri di un nuovo modo di fare politica? Sarà questo l’interrogativo a cui cercheremo di rispondere intervistando i nostri ospiti.  L’evento sarà ripreso dalle telecamere di Cioceconleali webTV. Il video integrale sarà disponibile nei giorni successivi sul sito www.ccawebtv.wordpress.com.






 Quattro serate di economia internazionale, con cena sociale a sottoscrizione, incontro con produttori locali e visione di docufilm. Vedi la brochure prodotti che riempiono la nostra tavola sono perfetti sconosciuti (a dispetto selle sempre più declamate norme sulla tracciabilità). Pomodori cinesi, carni rumene, farine americane si incuneano neanche tanto velatamente nel nostro piatto con tutto il loro carico di misteri. Il TTIP vuole ora legittimare questo flusso incontrollato di merci spezzando definitivamente il legame millenario tra produttori e consumatori, tra agricoltori e società. Cos’è il TTIP? Il TTIP è un trattato di liberalizzazione commerciale transatlantico che ha l’intento dichiarato di modificare regolamentazioni e standard (le cosiddette “barriere non tariffarie”) e di abbattere dazi e dogane tra Europa e Stati Uniti rendendo il commercio più fluido e penetrante tra le due sponde dell’oceano. Questo trattato, che viene negoziato in segreto tra Commissione UE e Governo USA, vuole creare un mercato interno tra noi e gli Stati Uniti le cui regole, caratteristiche e priorità non verranno più determinate dai nostri Governi e sistemi democratici, ma modellate da organismi tecnici sovranazionali sulle esigenze dei grandi gruppi   economici transnazionali. Quindi prima di chiudere i conti potremmo trovarci invasi da prodotti USA a prezzi stracciati che porterebbero danni all’economia diffusa, e soprattutto all’occupazione, molto più ingenti di questi presunti guadagni per i soliti noti.

Referendum sociali, al via l'ultimo weekend di raccolta firme Vicino l'obiettivo delle 500.000 firme



Dopo tre mesi di uno sforzo capillare sul territorio, di una mobilitazione di migliaia di volontari e volontarie su e giù per lo Stivale, è arrivato il momento dello sprint finalesabato 25 e domenica 26 giugno ultimo firma day per la campagna dei Referendum Sociali.  Sarà possibile firmare i 4 quesiti contro la legge 107, la cattiva scuola di Renzi, i 2 quesiti ambientali contro la costruzione di nuovi inceneritori e il permesso di trivellare per mare e per terra e la petizione popolare da consegnare al ministro Marianna Madia contro la sua direttiva volta a privatizzare l'acqua e i servizi pubblici.  L'obiettivo delle 500.000 firme a quesito è a portata di mano. L'appuntamento per consegnare i preziosi scatoloni in Cassazione è già fissato per il 5 luglio prossimo. Dopo questo fine settimana comunque la raccolta firme continuerà fino a fine mese, ma limitata ai soli residenti.Per trovare tutti i banchetti e gli eventi del fine settimana e oltre www.referendumsociali.info

Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua
Movimento per la scuola pubblica
Campagna "Stop devastazioni", per i diritti sociali ed ambientali
Comitato Sì Blocca Inceneritori


mercoledì 22 giugno 2016

Report incontro Ministro Madia e Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua e rete DecideRoma


Segreteria Operativa Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua



Martedì 21 giugno si è svolto l'incontro tra una delegazione del Forum Italiano dei Movimenti per l'Acqua e della rete DecideRoma (composta da Simona Savini, Cinzia Di Napoli, Marco Bersani, Cristiana Gallinoni e Paolo Carsetti) e il Ministro Madia accompagnata dal Capo della Segreteria Tecnica e Organizzativa, Patrizio Caligiuri, dal Capo di Gabinetto del Ministero, Bernardo Polverari, e dal Direttore Generale per la Salvaguardia del Territorio e delle Acque del Ministero dell'Ambiente, Gaia Checcucci.


Come nel precedente incontro svolto il 13 giugno con i tecnici del Ministero abbiamo ribadito la posizione fortemente critica e di denuncia rispetto ai contenuti del decreto sui servizi pubblici locali anche nel combinato disposto con quello sulle società partecipate, in quanto vìola esplicitamente l'esito referendario e la legge delega.



Abbiamo anche sottolineato come ci sia un'uniformità di giudizio da parte di tutte le istituzioni chiamate finora ad esprimere un parere, ovvero che tale decreto permette di valorizzare il ruolo dei privati nella gestione dei servizi pubblici e di aprire questo settore al mercato e alla concorrenza.



Oltre a denunciare come l'impianto generale del provvedimento punta al rilancio delle privatizzazioni, abbiamo evidenziato le disposizioni che esplicitamente violano l'esito referendario:
- il divieto di gestione tramite azienda speciale e in economia dei servizi a rete (lettera d), comma 1, art. 7);
- i vincoli imposti agli Enti Locali che effettuano la scelta di gestione tramite S.p.A. a totale capitale pubblico, ossia il dover produrre un provvedimento motivato che giustifichi il mancato ricorso al mercato (comma 3, art. 7);
- la possibilità di realizzare direttamente e senza gara tutti i lavori connessi alla gestione della rete e degli impianti solo nel caso in cui l’affidamento della gestione sia stato effettuato tramite gara (comma 2, art. 10);
- il fatto che i finanziamenti statali saranno “prioritariamente assegnati ai gestori selezionati tramite procedura di gara ad evidenza pubblica (..) ovvero che abbiano deliberato operazioni di aggregazione societaria” (comma 2, art. 33);
- reinserimento nel calcolo della tariffa del criterio relativo all' “adeguatezza della remunerazione del capitale investito”(lettera d), comma 1, art. 25).



Inoltre, abbiamo evidenziato il fatto che anche la possibilità di cedere la proprietà delle reti e degli impianti (comma 3, art. 9) contraddice l'esito referendario.



In sostanza, questo provvedimento crea una disparità tra gli affidamenti diretti e quelli mediante gara o a società mista, oltre a rendere impossibile la gestione tramite enti di diritto pubblico.
Proprio su tale disparità si è concentrata una buona parte della discussione e abbiamo ribadito che debbano essere stralciati tutti i vincoli e divieti imposti agli affidamenti diretti.



Il Ministro ha dichiarato che intenzione dei decreti non è quella di favorire le privatizzazioni e di violare gli esiti referendari. Nel dettaglio ha preso l'impegno di modificare quelle parti del testo che puntano a rendere residuale la scelta della gestione in house ma senza specificare se saranno stralciati o meno i vincoli imposti. Inoltre, ha assicurato che verrà chiarito che il criterio della “adeguata remunerazione del capitale investito” non si applicherà alla tariffa idrica, in quanto abrogata dai referendum del 2011.



In ultimo, ha ribadito come il divieto del ricorso all'azienda speciale e alla gestione in economia dei servizi a rete sia stata una precisa scelta del Governo, aspetto sul quale non ha preso alcun impegno. Ciò è stato confermato anche dalla dirigente del Ministero dell'Ambiente.
Scelta che non sono stati in grado di giustificare se non presentando argomentazioni strumentali e deboli.



Su tale punto abbiamo sottolineato come il ricorso all'azienda di diritto pubblico sia un punto dirimente del rispetto dell'esito referendario, così come lo è l'impostazione complessiva del decreto, e pertanto ci aspettiamo non delle mere “limature” al testo, ma un cambiamento sostanziale di tutti quegli articoli che creano, di fatto, un “favor” per le gestioni private.



Ci è stato richiesto di sottoporre all'attenzione del Ministro le nostre eventuali proposte emendative al testo del decreto. Siamo rimasti d'accordo che le invieremo nei prossimi giorni.



In ultimo abbiamo comunicato che a breve consegneremo ai Presidenti della Camera e del Senato centinaia di migliaia di firme, raccolte nell'ambito dela campagna sui referendum sociali, a sostegno di una petizione popolare con cui si richiede il ritiro del decreto, o la sua riscrittura radicale.



Il Ministro ha risposto che allo stato attuale non è nelle condizioni di assumere ulteriori impegni rispetto a quelli già indicati e auspica che il dibattito nelle commissioni parlamentari faccia emergere dei pareri chiari anche sui punti da noi segnalati.



A questo proposito ci ha consigliato di chiedere un incontro con i relatori del decreto sui servizi pubblici in Parlamento che sono il Sen. Pagliari (PD) e gli On. Giorgis (Pd) e On. Mazziotti Di Celso (Scelta Civica).



In ultimo il Ministro ci ha fatto presente che durante un confronto con il Ministro dell'Ambiente Galletti gli ha suggerito di fissare un incontro con il Forum Acqua e ha chiesto alla dirigente Checcucci di verificarne la disponibilità a svolgerlo in tempi brevi.

domenica 19 giugno 2016

Il Pd di Renzi vince la partita a Traversone di Roma e Torino

Luciano Granieri





Fortunatamente non sono nato  né laziale, né juventino, né fascista, né piddino.  Ma se rientrassi nella schiera di quest’ultima categoria sarei un po’ incazzato con il mio segretario. La questione è la seguente: E’ normale che un segretario di partito, si adoperi, grazie anche all’autorità che gli deriva da essere contemporaneamente Presidente del Consiglio, per defenestrare un proprio sindaco  che sta al governo della Capitale,   andare a nuove elezioni, ed esporre la formazione che presiede ad  una scoppola elettorale  mai vista, perdendo il governo della Città?  

Tradotto: Ignazio Marino, mi pare fosse del Pd.   Matteo Renzi  è  segretario del Pd, cioè lo stesso partito di Marino. E’  normale che il segretario Matteo Renzi, prima provi a delegittimare il proprio sindaco, infettando la giunta da guastatori implacabili, e pittoreschi, poi ordini ai suoi consiglieri di certificare dal notaio, senza il coraggio di proporre un voto di sfiducia al Primo Cittadino  in aula, la caduta di Ingazio Marino,  quindi  mandare il suo nuovo candidato,  Giachetti, ritenuto evidentemente più capace del chirurgo sindaco, al macello elettorale? 

Ve  li ricordati gli sgherri  di Renzi in missione anti Marino? Vi ricordate  di un certo Stefano Esposito, senatore della Repubblica del Pd torinese e juventino incallito, inviato da Renzi a fare l’assessore guastatore ai trasporti nella giunta Marino? Uno che  da Assessore a  Roma, informò la comunità   di aver spesso proferito la frase “Roma merda”  durante le partite di calcio perché da acceso juventino  odiava i giallorossi. Un personaggio che bestemmiava in aula, e viaggiava in incognito sui bus per controllare gli autisti, senza capire  che avrebbe dovuto frequentare gli uffici di Atac, e stanare i raccomandati assunti come autisti e poi dirottati dietro la scrivania.  Con uno ietattore simile, torinese juventino, eletto senatore a Torino, e inviato assessore a Roma, la sconfitta sarebbe stata certa. Infatti il Pd ha perso il sindaco non solo a Roma ma anche a Torino.

 Molti obietteranno che la testa di Marino è stata richiesta  dai  Caltagirone,   dai  Cerroni ,dalla lobby dei costruttori a cui l’ex sindaco chirurgo stava calpestando i piedi, e Renzi, particolarmente sensibile ai desiderata dei cosiddetti poteri forti, ha obbedito. Ma qui sta il problema vero. Infatti la seconda parte del piano è fallita clamorosamente. Marino non c’è più, in compenso, grazie alla dabbenaggine del Segretario Presidente, il Primo Cittadino di Roma, anzi la Prima cittadina, sarà  Virginia Raggi del M5S, una che ha annunciato, in campagna elettorale di voler togliere Roma dalle mani dei vari  Caltagirone, Cerroni, Parnasi, Marchini e compagnia cantando.

 I veri padroni della città rischiano di essere caduti dalla padella di Marino nella brace della Raggi. Se fossi iscritto al Pd sarei molto incazzato con il mio segretario. Il problema non sono io che non sono neanche iscritto al Pd, fortunatamente , ma i poteri forti di cui sopra,  che sono molto più incazzati degli iscritti. E temiamo che Renzi  non possa rivolgersi al costruttore, editore,  padrone di Acea ,adirato per la vicenda elettorale,  esclamando  Caltagirone chi? 

Un ultima notazione. Rimembrate  come Berlusconi, qualche era elettorale, fa apostrofò gli elettori del Pd?  Non ve lo ricordate? Pensateci.   Se vi verrà in mente capirete che forse non aveva tutti i torti.  

P.S. Un consiglio a Renzi: Mandi Esposito in giro per le città a fare la campagna elettorale per il SI al referendum costituzionale e  noi che ci stiamo battendo contro lo stravolgimento della Costituzione ci sentiremo in una botte di ferro.

Giornata Mondiale del Rifugiato

Associazione Culturale Oltre l'Occidente


Lunedì 20 giugno anche a Frosinone, in largo Paleario 7 dalle 17, coordinata dall’Ass. Oltre l’Occidente e dal Fronte della Gioventù Comunista, si celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, attraverso l’incontro con Adam Abdulla rifugiato sudanese, autore del video Seasons of Migration e il famoso fotoreporter frusinate Piero Pomponi. La giornata, proposta dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), apre la campagna #WithRefugeesche durerà fino al 19 settembre, ha come obiettivo quello di far conoscere i rifugiati attraverso i loro sogni e le loro speranze: prendersi cura della propria famiglia, avere un lavoro, andare a scuola, avere un posto da chiamare casa.
Davanti ad un mondo caratterizzato da estreme diseguaglianze una situazione internazionale che vede 2,7 miliardi di persone vivere con meno di 2,5 $ al giorno, davanti ad una popolazione migrante di circa 230 milioni di persone, una persona ogni 33, che si spostano per trovare migliori condizioni di vita o che sono estromesse da loro economie locali dai pressanti processi di globalizzazione, davanti ai crescenti conflitti che avvengono su scale globale ed europea, la civiltà post industriale occidentale non riesce a trovare politiche internazionali che favoriscano l’integrazione sociale e la redistribuzione della ricchezza. Anzi venti di guerra continuano ad alzarsi per affrontare situazioni che sono diventate drammatiche proprio dopo l’uso della forza come modalità di risoluzione delle controversie internazionali. Afghanistan, Iraq, Lybia ed ora Siria sono regioni le cui popolazioni sono sollecitate all’esodo forzato dopo gli interventi “chirurgici” dei nostri caccia.
Secondo le stime dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) e dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) persecuzioni, conflitti e povertà hanno costretto la cifra record di un milione di persone a fuggire in Europa nel 2015.
Il numero di persone costrette alla fuga da guerre e conflitti è il più alto registrato in Europa occidentale e centrale dal 1990, quando diversi conflitti divamparono nella ex Jugoslavia.
La metà di coloro che quest’anno hanno attraversato il Mediterraneo – mezzo milione di persone – sono siriani in fuga dalla guerra nel loro paese. Gli afgani rappresentato il 20 per cento e gli iracheni il 7 per cento.
Per rispondere alle continue ma non impossibili richieste di accoglienza, le nostre istituzioni mettono in campo misure inadeguate sia per l’emergenza che per l’integrazione. Deficit strutturali mai affrontati che si trascinano dalle prime forti migrazioni economiche degli anni 90 a cui si aggiungono oggi i profughi di guerra, utili solo alla speculazione economica della criminalità organizzata e alla corruzione che gestisce spesso proprio le attività di accoglienza.
C’è necessità quindi di rivedere le politiche economiche, a partire da quelle locali, e di integrazione tra italiani e stranieri. Le istituzioni da anni latitano anche ad offrire servizi come la semplice alfabetizzazione, nell’assicurare la certezza della residenzialità, tutele sociali per coloro che perdono il lavoro. Ciò che non si costruisce in questa direzione non può essere sussidiato da parte della società civile.