sabato 18 febbraio 2017

Sviluppare nelle fabbriche l’opposizione sindacale di classe

Corrispondenze proletarie  (Corrispondenza  dalla Toscana) 



Sono un operaio che ha partecipato all’assemblea nazionale di Firenze del 24 gennaio dove operai e delegati che si sono espressi per il NO alla firma del contratto nazionale dei metalmeccanici, hanno discusso sul come resistere e continuare a lottare dopo lo sciagurato contratto sottoscritto dai vertici Fim-Fiom-Uilm, che è in linea con l’assalto alle nostre conquiste e i tagli alle spese sociali. 
Gli interventi sono stati numerosi e molto interessanti. Sono state messe in luce le caratteristiche dell’attacco padronale, il ruolo negativo dell’apparato dirigente e burocratico sindacale, così come i segnali di risveglio che vengono da alcuni settori operai. 
Penso che sia importante raccogliere e generalizzare le indicazioni di lotta emerse dal dibattito.
Come operai dobbiamo sviluppare la resistenza e l’opposizione sindacale di classe nelle fabbriche  rompendo i vincoli accettati dalla FIOM e scontrandoci senza esitazione  con le strutture sindacali collaborazioniste.
Occorre ritrovare e praticare l’attività indipendente nelle lotte e sostenere obiettivi specifici non subordinati alla linea degli apparati sindacali.
Il nuovo contratto va contrastato nella sua applicazione su tutti i punti che portano peggioramenti, ad es. orari, straordinari, flessibilità, legge 104 e premi aziendali.
Alcuni delegati hanno ribadito che è più che mai necessaria l’unità  dal basso mantenendo contatti stretti fra le fabbriche e organizzando una risposta generale di difesa dei delegati che proclamano mobilitazioni e scioperi “fuori dalle regole” che ci vogliono imporre.
Altro aspetto chiave sarà costruire piattaforme e vertenze aziendali che superino i vincoli del CCNL e dare ampia diffusione, tra i lavoratori delle diverse fabbriche, delle esperienze e degli accordi favorevoli agli operai.
Giusta la proposta di un operaio di Piombino di organizzare un collegamento dei lavoratori alla base, nelle fabbriche, al di là delle sigle sindacali, per dare impulso alla mobilitazione.
Insomma, bisogna rimboccarci le maniche e fare un serio lavoro di elaborazione e sostegno delle rivendicazioni immediate più sentite dalla massa, preparare i lavoratori a scontri più duri, che inevitabilmente arriveranno. Per questo è necessario far capire agli iscritti al sindacato e ai lavoratori che occorre più militanza e più organizzazione, forme di lotta più efficaci che siano sostenute dalla massa.
Le lotte avvenute in questi mesi, la considerevole opposizione al contratto e la costituzione dal basso di alcuni esperienze unitarie (senza vincolo di tessera) dimostrano che la base comincia a svegliarsi. In molte fabbriche piccole e medie il No ha vinto e in alcune grandi fabbriche è arrivato al 40%. Il dissenso alla linea dei vertici cresce. Spesso gli operai più giovani sono quelli con le idee più chiare, perché sono meno condizionati dal riformismo.
La situazione è dunque favorevole allo sviluppo del sindacalismo di classe.
Va approfondito un ragionamento sulla opposizione interna alla CGIL.
La vecchia sinistra sindacale per anni si è posta come minoranza (area) di tipo parlamentare dentro l’apparato, spesso riproducendo al suo interno logiche di spartizione  fra correnti e tendenze politiche.
Questo approccio - che spesso  veniva giustificato in nome di una “riforma democratica e pluralista” del sindacato -  non ha più senso né spazio. E’ la base che va conquistata, non l’apparato. Inoltre, l’esperienza dimostra che i dirigenti prodotti dalla vecchia attitudine non sono  all’altezza dei compiti.
L’opposizione va costruita in fabbrica e nel territorio, costruendo organismi unitari e rappresentativi di tutta la massa sfruttata,  con alla testa gli operai più determinati e combattivi, senza uscire dai sindacati che hanno un seguito.
I comunisti hanno un ruolo preciso da svolgere per sostenere la lotta operaia, fare propaganda politica e sviluppare i livelli di coscienza, organizzandosi per primi e meglio.

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