Invito tutti a partecipare all'evento organizzato dal fronte della gioventù comunista sul futuro fuori dall'UE. L'incontro si terrà giovedì 23 marzo alle ore 16,00 presso il palazzo della Provincia.
Di seguito qualche mia riflessione sull'argomento.
"Serve più Europa contro i populismi". Questa la litania che sentiamo recitare , un giorno si e l’altro pure, dalle forze riformiste e liberali che governano le Nazioni
e le Istituzioni Europee. Come si
esplica il plus di Europa auspicato? "Meno
burocrazia e più libertà" continuano a
ripetere l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi e i suoi sodali. Dove la
burocrazia è identificata nel giogo dell’austerity e la libertà corrisponde ad
un avvicinamento ai concetti espressi da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi,
Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann nel manifesto di Ventotene. In verità non
so se Renzi volesse intendere proprio questo o se, dietro l’efficace slogan “meno burocrazia e più
libertà”, rimanga il vuoto di una profonda ignoranza, ma ciò non ha alcuna rilevanza per
il prosieguo del discorso.
E’ un fatto che quell’Europa prefigurata dal
documento, redatto nel 1941 presso l’isola
antistante le coste pontine, è pura utopia. Ignoro se Spinelli e i suoi compagni ne avessero
avuto una vaga percezione, penso che il
loro progetto sia stato pensato in assoluta buona fede. Però è impossibile non
constatare come gli Stati Uniti d’Europa, un
largo stato federale con una Costituzione ed un ordine comuni , in un regime capitalistico, sia
impossibile.
Lo capì già nel 1915 Lenin quando affermò: “Dal punto di vista delle condizioni economiche
dell'imperialismo, ossia dell'esportazione del capitale e della spartizione del
mondo da parte delle potenze coloniali "progredite" e
"civili", gli Stati Uniti d'Europa in regime capitalistico sarebbero
o impossibili o reazionari.” Infatti l’unico elemento oggi realizzato di quell’ordine comune prefigurato da Spinelli
è la moneta unica. Cioè l’ultima delle cose necessarie. Nell’ottica dell’Europa
libera e unita descritta nel manifesto di Ventotene, molto prima della moneta
si sarebbe dovuto realizzare, una comune legislazione a difesa dei diritti dei lavoratori con salari e tutele comuni a tutti i Paesi, un’armonizzazione
fiscale, dove i regimi tributari fossero omogenei per ogni Regione dell’Unione,
la costituzione di un fondo di
solidarietà dove gli Stati, in momentanea difficoltà economica avrebbero potuto
attingere, per assicurare la
sopravvivenza dei propri cittadini.
Si tratta di principi solidaristici lontani anni
luce dalla concezione predatoria del capitale. Perché il solo elemento comune
dell’Unione europea di oggi è la moneta? Per una ragione tutta economia e cioè, spostare la base fondante della competitività commerciale e finanziaria dalla svalutazione monetaria alla svalutazione
della dignità umana. La competitività è un obbiettivo tutto capitalistico. Realizzarlo
attraverso la svalutazione dei salari e
dei diritti dei lavoratori - grazie alla possibilità di trasferire mano d’opera
in Paesi dove il lavoro è ridotto a forma di
schiavismo - oppure consentendo ai
grandi capitali di allocarsi in quelle Nazioni in cui il regime fiscale è più
favorevole, determina una feroce
dinamica di depredazione del proletariato o, se si vuole usare un espressione
più moderna, di quel 99% della popolazione che tutta insieme non raggiunge la
ricchezza del rimanente 1%.
Non a caso, a parte la Carta dei Diritti Fondamentali , documento mai applicato, il cosiddetto processo di
unificazione si è sviluppato attraverso accordi economici. Il trattato di cui
si festeggia il sessantesimo il 25 marzo prossimo a Roma sancisce un’ unità economica.
Parlare di unità europea è assolutamente fuori luogo. Ciò che di comune si è realizzato
fino ad oggi è l’area dell’euro. Uno smisurato fronte commerciale-speculativo arricchito dal debito degli Stati più poveri . Un
mega territorio dove la libera circolazione dei capitali e
della forza lavoro, produce l’ulteriore impoverimento del 99% rispetto all’1%. Alla
luce di ciò si può definire l’idea dell’Europa
Unita come un’utopia disonesta tesa a
nascondere, dietro la costruzione ideale
di una luogo comunitario foriero di pace
e prosperità, una delle più
odiose operazioni speculative e predatorie che il capitale abbia mai concepito.
Viene da sorridere quando quelli come noi vengono accusati di essere
inguaribili utopisti. Noi che crediamo alla dittatura del 99% sull’1% , perché la
storia ci rimanda a periodi in cui ciò si stava realizzando, dalla
Repubblica Romana nel 1849, alla Comune di
Parigi del 1871, dalla Rivoluzione Russa del 1917 , alla stagione della
democrazia partecipativa di Porto Alegre nel 2001.
Ci riferiamo ad utopie oneste, perché avrebbero potuto concretizzarsi, a
differenza dell’unità Europea. Talmente reali si dimostrarono tali utopie da costringere l’establishment borghese
capitalistico a reprimerle nel sangue,
prima che potessero diffondersi in tutto il mondo.
E' più realistico, quindi, pensare che l’adozione e l’internazionalizzazione dell’insegnamento dei comunardi, dei soviet, del
movimento dei movimenti, sia ancora possibile, piuttosto che credere nella
fandonia dell’Europa sociale dei popoli,
il velo ipocrita che nasconde l’Europa della finanza e delle banche.
Dunque che fare? Intanto
cominciamo a togliere dalle mani del capitalismo predatorio la potente arma
della moneta unica, poi lavoriamo affinchè si possa realizzare una nuova
rivoluzione socialista. E che questa possa estendersi a tutta l’Europa e a
tutto il mondo. E’ un’utopia? Forse, ma
almeno è un’utopia onesta.
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