martedì 21 marzo 2017

L'Unità europea. Un'utopia disonesta.

Luciano Granieri.


Invito tutti a partecipare all'evento organizzato dal fronte della gioventù comunista sul futuro fuori dall'UE. L'incontro si terrà giovedì 23 marzo alle ore 16,00 presso il palazzo della Provincia.



Di seguito qualche mia riflessione sull'argomento.


"Serve più Europa contro i populismi". Questa la litania che sentiamo recitare , un giorno si e l’altro pure, dalle forze riformiste e liberali che governano le Nazioni e le  Istituzioni Europee. Come si esplica il plus di Europa auspicato? "Meno burocrazia e più libertà" continuano  a ripetere l’ex presidente del consiglio Matteo Renzi e i suoi sodali. Dove la burocrazia è identificata nel giogo dell’austerity e la libertà corrisponde  ad un avvicinamento ai concetti espressi da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni e Ursula Hirschmann nel manifesto di Ventotene. In verità non so se Renzi volesse intendere proprio questo o  se, dietro  l’efficace slogan “meno burocrazia e più libertà”, rimanga il vuoto di una profonda ignoranza, ma ciò non ha alcuna rilevanza per il prosieguo del discorso. 

E’ un fatto che quell’Europa prefigurata dal documento,  redatto nel 1941 presso l’isola antistante le coste pontine, è  pura utopia. Ignoro  se Spinelli e i suoi compagni ne avessero avuto  una vaga percezione, penso che il loro progetto sia stato pensato in assoluta buona fede. Però è impossibile non constatare come gli Stati Uniti d’Europa,  un largo stato federale con una Costituzione ed un  ordine comuni , in un regime capitalistico, sia  impossibile. 

Lo capì già nel 1915 Lenin  quando affermò:  Dal punto di vista delle condizioni economiche dell'imperialismo, ossia dell'esportazione del capitale e della spartizione del mondo da parte delle potenze coloniali "progredite" e "civili", gli Stati Uniti d'Europa in regime capitalistico sarebbero o impossibili o reazionari.” Infatti l’unico elemento oggi realizzato  di quell’ordine comune prefigurato da Spinelli è la moneta unica. Cioè l’ultima delle cose necessarie. Nell’ottica dell’Europa libera e unita descritta nel manifesto di Ventotene, molto prima della moneta si sarebbe dovuto realizzare, una comune legislazione a  difesa dei diritti dei lavoratori con salari  e tutele comuni a tutti i Paesi, un’armonizzazione fiscale, dove i regimi tributari fossero omogenei per ogni Regione dell’Unione, la costituzione di un   fondo di solidarietà dove gli Stati, in momentanea difficoltà economica avrebbero potuto  attingere, per assicurare la sopravvivenza dei propri  cittadini. 

Si tratta di principi solidaristici lontani anni luce dalla concezione predatoria del capitale. Perché il solo elemento comune dell’Unione europea di oggi è   la moneta? Per una ragione tutta economia e  cioè, spostare la base fondante della  competitività commerciale e finanziaria  dalla svalutazione monetaria alla svalutazione della dignità umana. La competitività è un obbiettivo tutto capitalistico. Realizzarlo  attraverso la svalutazione dei salari e dei diritti dei lavoratori - grazie alla possibilità di trasferire mano d’opera in  Paesi dove il lavoro è ridotto a forma di schiavismo  - oppure consentendo ai grandi capitali di allocarsi in quelle Nazioni in cui il regime fiscale è più favorevole,  determina una feroce dinamica di depredazione del proletariato o, se si vuole usare un espressione più moderna, di quel 99% della popolazione che tutta insieme non raggiunge la ricchezza del rimanente 1%. 

Non a caso, a parte la Carta dei Diritti Fondamentali , documento mai applicato, il cosiddetto processo di unificazione si è sviluppato attraverso accordi economici. Il trattato di cui si festeggia il sessantesimo il 25 marzo  prossimo a Roma sancisce un’ unità economica. Parlare di unità europea è assolutamente fuori luogo. Ciò che di comune  si è realizzato fino ad oggi  è l’area dell’euro.  Uno  smisurato fronte commerciale-speculativo arricchito dal   debito degli Stati più poveri . Un mega  territorio  dove la libera circolazione dei capitali e della forza lavoro, produce l’ulteriore impoverimento del 99% rispetto all’1%. Alla luce di ciò si può definire  l’idea dell’Europa Unita come  un’utopia disonesta tesa a nascondere,  dietro la costruzione ideale di una luogo comunitario foriero di pace  e prosperità,  una delle più odiose operazioni speculative e predatorie che il capitale abbia mai concepito. 

Viene  da sorridere quando quelli come noi vengono accusati di essere inguaribili utopisti. Noi che crediamo alla dittatura del 99% sull’1% , perché la storia ci rimanda a periodi in cui ciò si stava realizzando,   dalla Repubblica Romana nel 1849, alla Comune di  Parigi del 1871, dalla Rivoluzione Russa del 1917 , alla stagione della democrazia partecipativa di Porto Alegre  nel 2001.  Ci riferiamo ad utopie oneste, perché avrebbero potuto concretizzarsi, a differenza dell’unità Europea. Talmente reali si dimostrarono tali  utopie da costringere l’establishment borghese capitalistico  a reprimerle nel sangue, prima che  potessero  diffondersi in tutto il mondo.  

E' più realistico, quindi, pensare che l’adozione e l’internazionalizzazione  dell’insegnamento  dei comunardi, dei soviet,   del movimento dei movimenti, sia ancora possibile, piuttosto che credere nella fandonia dell’Europa sociale  dei popoli, il velo ipocrita che nasconde l’Europa della finanza e delle banche. 

Dunque che fare? Intanto cominciamo a togliere dalle mani del capitalismo predatorio la potente arma della moneta unica, poi lavoriamo affinchè si possa realizzare una nuova rivoluzione socialista. E che questa possa estendersi a tutta l’Europa e a tutto il mondo. E’ un’utopia?  Forse, ma almeno è un’utopia onesta.

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