mercoledì 23 agosto 2017

Una fiaba mafiosa

Luciano Granieri



C’era una volta, tanto tempo fa, una terra vastissima, piena di risorse naturali. Gli abitanti erano in condizione di  vivere una vita prospera e felice se solo avessero potuto   godere di quelle ricchezze. Ma ciò non era possibile. Un territorio così ricco aveva attirato  le attenzioni malavitose della criminalità organizzata. Questa invase l’area, iniziò ad impossessarsi, con la violenza, di quelle risorse e prese a taglieggiare le imprese indigene, imponendo loro esose tangenti. Fu così che quella prosperosa terra iniziò a trasformarsi in una valle di povertà. 

La sterminata grandezza di quel  generoso territorio però, poneva alla Grande Mafia  non pochi problemi. Una Cupola ben organizzata, composta da diverse famiglie a capo di  numerosi mandamenti, e governata da uno stuolo di colletti bianchi , non riusciva a controllare i propri affari  li senza coinvolgere persone che in quella  ricca terra vivevano. Furono individuate così alcune famiglie del luogo, senza scrupoli, disposte a taglieggiare i propri conterranei a fronte di ingenti contropartite elargite dalla  Grande Mafia. 

Questo gruppo di famiglie aveva l’incarico  di riscuotere il pizzo e depredare i propri concittadini  a favore dei  malavitosi sfruttatori , avvalendosi, per altro, di armi, che la stessa criminalità organizzata forniva loro, sviluppando un’altra linea di affari profittevole, sia per la Cupola  che per i capi mandamento del  luogo. 

Capitava, però, ogni tanto, che una di queste tribù si montasse  la testa e decidesse di arricchirsi autonomamente, non tenendo conte delle ferree regole di chi l’aveva incaricata di controllare il territorio. Arrivava perfino  ad usare le armi fornite dalla Cupola, contro la Cupola stessa. In questi casi la punizione da parte della  criminalità organizzata era implacabile. Quel ricco territorio, vittima   di taglieggio e depredazioni,  veniva invaso da squadracce punitive, che, con una efferata violenza, eliminavano la famiglia ribelle, provocando carneficine anche fra  la gente innocente. La Grande Mafia  cercava    altresì la collaborazione  di qualche altro gruppo autoctono che potesse aiutarla contro la banda disobbediente. S’innescavano di conseguenza  feroci lotte intestine fra le famiglie. Queste si combattevano fra di loro, creando un’ulteriore occasione di profitto per  la Cupola grazie all’incremento del   commercio di armi. 

Ma il reiterato sfruttamento di questo ricco territorio, un brutto  giorno, portò ad un diminuzione drastica  delle risorse naturali e ridusse in povertà completa gli abitanti del luogo. Questi per sfuggire agli stenti, alle violenze delle  squadracce della Cupola, e degli scagnozzi ingaggiati per controllarli, iniziarono a lasciare la propria terra per approdare in quei posti dove la criminalità si era organizzata. 

All’inizio il fenomeno fu ben tollerato dalla Cupola che usava i nuovi venuti per metterli in competizione con i poveracci  presenti nei loro mandamenti. Infatti bisogna sapere che quella criminalità organizzata, formata da un gran numero di famiglie, guidata da asettici,  crudeli, colletti bianchi, sfruttava e taglieggiava anche  gli abitanti del proprio Paese. E un gruppo di devastati,  venuti da fuori, disposti ad essere più schiavi di quanto non lo fossero i disperati concittadini del  regno, poteva essere utile a ridimensionare certe pretese di libertà che gli sfruttati del posto, cosiddetto civilizzato , ogni tanto reclamavano.

In seguito però  quell’esodo verso il Paese della Cupola cominciava ad essere imbarazzante, non fosse altro perché agitava le cattiva coscienza delle famiglie mafiose e qualcuno all’interno dell’organizzazione cominciava a capire che il fenomeno diventava difficile da governare, infatti una persona talmente sfruttata, da non poter spremere ulteriormente,  diventava solo un rifiuto da scartare  
Fra l’altro nel Paese di partenza ormai, le famiglie autoctone, incaricate di controllare gli affari della Cupola, cominciarono a lucrare  sulla disperazione dei propri  concittadini intenzionati a scappare. Iniziarono a richiedere somme enorme ai migranti per aiutarli a fuggire, o meglio, a farli affogare in mare,  li sfruttavano, li oltraggiavano e li picchiavano. Tutto ciò rischiava di complicare il tranquillo prosperare degli affari criminali. 

Così i colletti bianchi decisero di investire in una nuova forma di difesa.  Affidarono  alle famiglie potenti del luogo, oltre al già consolidato compito di controllare il territorio, anche l'incarico di  bloccare le partenze dei disperati, di ricacciarli indietro, torturarli,  ucciderli se necessario. Dotarono  queste bande  di soldi e mezzi tesi a blindare le coste di partenza. Ciò  per evitare che qualche umanitaria  anima  bella, a bordo delle navi della speranza,  potesse denunciare ciò che avveniva in quel tratto di mare.  Non solo,  adottarono anche provvedimenti interni affinchè le anime belle di cui sopra avessero difficoltà perfino a mettersi in viaggio. 

Oggi la Cupola prospera sempre più, sfruttando intere popolazioni, sia   provenienti dai luoghi che una volta erano ricchi, sia già presenti nei  mandamenti occidentali, mentre milioni di disperati continuano a morire, di violenze, di stenti e povertà.  Siamo alla fine della  fiaba. 

Pochi vissero  felici e contenti, molti,  infelici e scontenti. 

Chi  sono i protagonisti di questa storia? Matteo Messina Denaro, Totò Riina, Salvatore Brusca, Bernardo  Provenzano, Carmine Schiavone?  Sbagliato.  All’interno della Cupola individuiamo   capi mandamento rispondenti ai nomi di: Angela Merkel, Emanuel Macron, Paolo Gentiloni, Marco Minniti e i restanti leader delle nazioni comprese nella UE, oltre che Donald Trump. Ma ci sono  anche Tyyp Erdogan, Al Sisi, il genrale Haftar, Fayez Al Serraji e tutti i capi banda  finanziati dalla Cupola per curare i propri interessi in terre straniere. Ovviamente non dimentichiamo i colletti bianchi, i veri burattinai di tutta la vicenda, ovvero le multinazionali, e i potentati finanziari.  

Si dirà che accostare il fenomeno imperialista-colonialista, sfociato in predatorio liberismo, alla mafia è esagerato.  E perché? Accumulare ricchezze infinite procurando genocidi, morte e desolazione, non è una pratica prettamente mafiosa? Allora quando celebriamo gli eroi della lotta alla mafia, Falcone, Borsellino, e tutti gli altri, oppure quando   organizziamo fiaccolate contro la violenza mafiosa, ricordiamoci che esiste una Cupola molto più grande . Un organizzazione criminale che meriterebbe una lotta aspra, senza quartiere,  che dovrebbe coinvolgere tutti insieme  gli infelici e scontenti della storia per renderli nella realtà, e non nella favola,  finalmente felici e contenti.


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