venerdì 29 settembre 2017

E' la legge elettorale il problema o l'inadeguatezza della classe politica?

Luciano Granieri


Il due ottobre prossimo, in rappresentanza del comitato referendario di Frosinone per il no alla riforma costituzionale, parteciperò al convegno convocato  dal coordinamento per la democrazia costituzionale sulla legge elettorale. L’incontro  è stato organizzato per chiedere con forza l’approvazione di una legge elettorale nuova, coerente per Camera e Senato, che chiuda la sciagurata fase maggioritaria - responsabile di un’antidemocratica distorsione della traduzione in seggi dei voti dei cittadini - e inauguri una  fase proporzionale, dove la formazione del Parlamento sia il fedele specchio della distribuzione dei voti ottenuti dai partiti. Naturalmente si chiede anche  un dispositivo  in cui l’elettore possa indicare il proprio rappresentante senza che le liste siano bloccate composte  dai nominati dalle segreterie dei partiti. 

Un evento quanto mai utile  quello di Roma, che si terrà presso l’aula dei gruppi parlamentari, non solo per gli interventi  di personalità di spicco (costituzionalisti e giuristi che hanno animato la campagna referendaria),  ma per ribadire con più forza   il principio costituzionale  secondo cui le elezioni servono a scegliere i rappresentati del popolo e non a legittimare un sistema di potere. Il mantra del sapere chi ha vinto già la sera stessa degli scrutini  è una bestialità enorme a livello costituzionale. 

Il problema però, a mio giudizio, consiste nel fatto che la dicotomia rappresentanza/governabilità è ampiamente superata. Dall’indegna gazzarra che questo Parlamento  sta montando sulla possibilità di licenziare una nuova legge elettorale, si capisce chiaramente  che la questione non verte sull’obiettivo di assicurare un dispositivo funzionale per il Paese, ma punta a tutelare gli interessi dei vari comitati elettorali in lizza. Oltre ad anestetizzare il più possibile l’espressione degli elettori, in modo che questa non vada ad intaccare le decisioni prese dalle segreterie dei partiti. 

In poche parole non si tratta di risolvere la diatriba fra governabilità e rappresentanza, ma di cercare il sistema più consono ad ottenere che il voto non disturbi le decisioni del manovratore e che sia strutturato in modo da favorire il proprio schieramento. Le liste bloccate erano la caratteristica comune alla proposta, simile alla legge tedesca, bocciata in giugno, e al Rosatellum 2 che andrà incontro ad una stroncatura certa il 10 ottobre prossimo. Inoltre entrambi i sistemi penalizzano alcuni schieramento e ne favoriscono altri, per cui è praticamente impossibile che vedano la luce. 

Alla fine, evidentemente, non se ne farà nulla e si andrà alle prossime elezioni con le norme  disegnate dalla Corte Costituzionale: l’Italicum depurato da premio di maggioranza alla Camera ed il Porcellum, anch’esso rimodulato dalla Consulta, al Senato, con la concreta possibilità di avere maggioranze diverse nei due rami del Parlamento. In buona sostanza   questo Parlamento illegittimo,  in base al pronunciamento della Corte Costituzionale, non è riuscito a licenziare l’unica legge che avrebbe dovuto produrre .   Neanche il minimo sindacale di estendere l’Italicum  al Senato, per uniformare la legge ad entrambe le Camere è stato realizzato.

 Dunque oltre al convegno sulla legge elettorale proporzionale andrebbe organizzato un dibattito sulla povertà morale,  civile e politica dell’attuale classe politica. Una pochezza figlia del degrado che hanno subito i vecchi partiti di massa. I dirigenti eletti con le primarie,  siano esse figlie dei gazebo o della riffa in rete, non potranno mai avere spessore. Un sistema basato   sull’investitura diretta del capo  che concorre contro avversari di comodo ,  in modo da mascherare da espressione democratica una  scelta imposta dall’alto, non può creare una classe politica rilevante. 

Quando non si passa per la militanza, quando si saltano piè pari tutte le dinamiche di analisi,  di elaborazione  dei progetti  costruiti su una precisa idea di società ,  esautorando il confronto nei circoli, nei congressi, mortificando la partecipazione degli iscritti  , quando cioè si espianta la politica vera dal corredo di un dirigente in pectore, il risultato è quello di avere una classe dirigente  come minimo inadeguata. 

Il guazzabuglio della riforma costituzionale bocciata dai cittadini , i miseri tentativi falliti di dare al Paese una legge elettorale decente, il numero ingente di norme licenziate da questo governo e cassate dalla Consulta, offrono la misura dell’ignoranza istituzionale di coloro che stanno occupando gli scranni parlamentari. Prima dunque di discutere sulla legge elettorale, bisognerebbe ragionare su come ricostruire dinamiche politiche incisive tese a favorire la partecipazione della collettività alle decisioni importanti. Solo così sarà possibile rivedere in Parlamento gente capace di esercitare il mandato ricevuto dagli elettori. Ci vuole tempo? E' vero, ma  è un ottimo motivi per cominciare a discuterne subito.

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