mercoledì 13 settembre 2017

La scomparsa di Jaco Pastorius, un' "11 settembre" dell'evoluzione creativa.

Luciano Granieri




Due giorni fa era l’11 settembre. Una data nefasta, anche di parte. Al ricordo, imperialista,  dell’attentato alle torri gemelle , si contrappone il lugubre ricordo antimperialista del golpe cileno. L’11 settembre ha segnato una pagina buia anche per il  nostro territorio. In quella giornata del 1943, Frosinone subì il primo bombardamento alleato che provocò un centinaio di vittime. 

Ma, fatte le dovute proporzioni che si devono quando si è in presenza eventi drammatici che hanno segnato la storia, l’11 settembre è  anche un giorno triste per gli appassionati di musica, di jazz, ed in particolare per i cultori del basso elettrico. Infatti in questo giorno di settembre di trentanni fa (1987), Jaco Pastorius, ubriaco e strafatto,  veniva malmenato dal buttafuori del Midnight Bottle Club di Fort Lauderdale in Florida. La gravità dei traumi lo porterà alla morte dopo dieci giorni di coma irreversibile.  Una mancanza improvvisa che ha determinato uno strappo drammatico nel panorama jazzistico, musicale, e non solo. 

A soli 36 anni se ne andava colui che era già una leggenda. Le cronache più scontate ci rimandano la figura di un genio maledetto, imprigionato dentro una perversa dicotomia   fra una straordinaria creatività e una tossicodipendenza allucinante. La fama e il successo si devono, per lo più,   alla militanza affianco di Wayne Shorter e Joe Zawinul nei Weather Report, dove Pastorius, riscrisse la storia del basso elettrico, ed alla sua collaborazione con Joni Mitchell. 

L’immagine del suo Fender Jazz, liso ma corroborato dalle vernici epossidiche delle barche per proteggerlo dall’umidità della Florida, con i tasti cancellati da abbondanti passate di mastice, è entrata nella leggenda. Ma Pastorios era molto più di uno  strumentista rivoluzionario  tutto genio e sregolatezza. Era un musicista e compositore  solido, la cui genialità si radicava  saldamente  nell’arcaica tradizione del basso a tuba. Infatti, appena quindicenne, aveva iniziato a suonare in una banda di ottoni di 19 elementi la “Las Olas Brass”. 

Le straordinarie e innovative sonorità del suo  Fender partono  proprio dai colori armonico-ritmici unici del basso a tuba. Per questo, oltre  il genio dei Weather Report, esiste un Pastorius  straordinario arrangiatore e leader di grandi orchestre. In questo contesto il suo basso usciva dalla dimensione esclusivamente ritmica e armonica per entrare prepotentemente nell’universo melodico, al pari degli ottoni e della ance.

 La Word of Mouth big band, da lui diretta, è una straordinaria testimonianza, pur nelle poche pubblicazioni discografiche, delle sue eccellenti capacità di guidare, in modo assolutamente innovativo un grande ensemble. E ancora  stellari sono i concerti della     Big Band costruita a suo nome con strumentisti del calibro di Randy Brecker (Tromba), Peter Erskine (Batteria), Bobby Mintzer (Sax tenore, soprano, clarino basso) ma soprattutto con David Bargeron al basso a tuba.

Dal jazz, al funky, dal rock alla big band,  la rivoluzione targata Pastorius ha cambiato nel fulmineo spazio di un ventennio scarso, non solo il modo di suonare, ma anche quello di pensare una linea di basso. Ecco perché fra le tante sciagure  della storia occorse l’11 settembre, quella di Jaco Pastorius, è anch’essa, a   suo modo, epocale.  Infatti la scomparsa di un tale personaggio è realmente un “11 settembre” per tutto il mondo musicale e artistico creativo in genere.

Good Vibrations

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