venerdì 24 novembre 2017

Io sono mia

Luciano Granieri




25 novembre giornata internazionale contro la violenza sulle donne. 

Mi domando: è qualificante per il genere umano dedicare  una giornata a questo orrendo tema?  La risposta dovrebbe essere negativa, nonostante ciò,  ogni giorno il conto delle donne che subiscono violenza aumenta inesorabilmente per cui la giornata di domani è nel suo significato  più che necessaria. 

Il rapporto Eures  rende noto che nei primi 10 mesi del 2017 sono 114 le donne uccise per mano maschile in Italia, a questo si devono aggiungere la miriade di casi in cui una donna subisce violenze   che spesso non denuncia.  Anche se, sempre in base allo studio Eures , il 44,6% delle donne uccise aveva denunciato il suo carnefice.

Ciò che a me fa rabbia, leggendo quanto si apprende  dai media, riguarda non tanto lo spazio dedicato a questi tragici fatti ma il modo in cui essi vengono trattati. La  violenza sulle donne si perpetra all’interno di contesti  definiti, e sempre ci si concentra sulla totalità  di essi, quasi che il fatto principale,  cioè che una donna ha subito violenza, sia solo  uno degli elementi, del contesto magari anche il meno importante. 

Mi spiego meglio, questa estate ci si è concentrati sulla provenienza etnica dello stupratore,  qualcuno è  anche arrivato all’odiosa conclusione per cui uno stupro commesso da uno straniero è più grave dello stesso atto violento attuato da un italiano. Poi l’episodio che ha coinvolto membri dell’Arma dei Carabinieri ha tirato dentro il tema  dell’abuso di potere da parte di chi veste una divisa, con tutte le implicazioni del caso. Quindi, sono fatti degli ultimi giorni, ha preso prepotentemente il centro della scena il mondo del cinema, con la denuncia di alcune attrici riguardo alle  molestie subite da produttori ed altri attori. 

Insomma, bianchi o neri, guardie o ladri, attori o produttori, l’unico esito certo è che le donne subiscono violenza dagli uomini spesso a loro vicine. Di questo si dovrebbe ragionare, non di altro.  Personalmente ritengo che la poca considerazione e perfino il disprezzo   della dignità della persona umana sia alla base di tali misfatti. “Dignità” e “Persona”, non a caso, sono  due sostantivi declinati al femminile.  

In particolare quando una persona diventa proprietà, come   un oggetto, di  un’altra persone  essa viene completamente privata della  propria dignità umana.  E’ ciò che subiscono le donne dalla notte dei tempi. La società patriarcale impone la proprietà del padre sulla famiglia e sulla donna, la presunta emancipazione oggi tanto sbandierata, non è altro che una forma diversa di esercizio della proprietà maschile. La  retribuzione, la valorizzazione, di una donna è sempre concessione di un soggetto che la possiede e in quanto tale ne dispone. Anche le quote rosa, ad esempio, non sono altro che una mera quantificazione a esclusivo giudizio dell’uomo, una quantificazione numerica appunto, non una qualificazione in base al merito.

 A mio giudizio è la proprietà in se a generare violenza.  Chi possiede è il padrone unico di ciò che ha nella sua disponibilità, ne può godere, ma  può anche distruggerlo  quando questo non è più di suo gradimento.  In nome della proprietà, del possesso, si sono commesse e  si commettono le peggiori nefandezze .  Il diritto di proprietà è un deterrente forte al pieno sviluppo della persona umana.  Non è solo proprietà dell’uomo sulla donna, ma anche del bianco sul nero, dello sfruttatore sullo sfruttato. 

Allora per risolvere il problema della violenza sulle donne  dovrebbe attuarsi una rivoluzione culturale straordinaria, quella cioè che abolisce la proprietà di un umano su un altro umano con la conseguente messa in  comune dei beni  e degli strumenti necessari alla soddisfazione dei propri bisogni. E’ un concetto comunista libertario, me ne rendo conto, difficilmente realizzabile, ma degno di essere considerato.

 Nel frattempo, finchè il diritto di proprietà non verrà  abolito, sarà bene che le donne tornino ad essere proprietarie di se stesse e gli uomini rispettino questa proprietà. “Io sono mia”  era il titolo del primo film femminista girato nel 1978 da Sofia Scandurra con una troupe tutta al femminile,  ebbene non c’è rivendicazione più sacrosanta. 

Di seguito alcuni video sul tema.


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