mercoledì 6 dicembre 2017

Una Finanziaria su misura per i padroni

Alberto Madoglio
 


“Il sistema italiano si è messo in moto”. Con questa entusiastica dichiarazione il premier Gentiloni ha salutato i dati Istat che certificano una crescita del Pil superiore alle attese: 1,8%. Questi dati segnalano che al momento l’economia italiana è uscita dalla fase più pesante della crisi e ciò permette al governo di varare una legge di stabilità meno dura degli anni precedenti. Tuttavia si sarebbe autorizzati a pensare, se i dati Istat sono veri, a interventi governativi volti a restituire, almeno in parte, ai lavoratori quello che è stato tolto loro in anni di manovre “lacrime e sangue” che hanno imposto sacrifici pesantissimi alle classi subalterne. Niente di tutto questo. Il governo a guida Pd continua a imporre provvedimenti a favore dei padroni, mentre nega ogni benché minima concessione a operai , impiegati, donne e giovani.
In una manovra che prevede un impiego di risorse per circa 20 miliardi, di cui quasi 16 usati per sterilizzare l’aumento dell’Iva (aumento che non è cancellato ma solo rimandato al 2019. Scelta del tutto ovvia se il centrosinistra vuole avere qualche minima speranza di vincere le elezioni nella prossima primavera), i soldi rimasti vanno ai soliti noti. Come accennavamo in un precedente articolo, sono previsti tagli contributivi a favore delle aziende che assumono. Questo vuol dire che l’assegno pensionistico di questi lavoratori subirà una riduzione.
È confermato il cosiddetto superammortamento per investimenti delle imprese in beni strumentali, con una aliquota maggiorata per investimenti legati alle nuove tecnologie. Ed è grazie a questi investimenti in tecnologie che i padroni giustificano i licenziamenti. I lavoratori pagheranno con le loro tasse queste agevolazioni alle imprese, e a causa di ciò saranno licenziati. Oltre il danno la beffa.  Ovviamente il governo prevede questa eventualità. E quindi? Verranno stanziati incentivi per corsi di riqualificazione professionale: altra truffa attraverso la quale vengono finanziati enti bilaterali tra padroni e sindacati. Questi ultimi avranno soldi per riqualificare, loro sì, settori di apparato in esubero garantendo uno stipendio sulle spalle di chi dovrebbero difendere. Ecco spiegato il perché la Cgil evita come la peste la proclamazione di uno sciopero generale contro il governo.
Non viene abolito il ticket sulle prestazioni sanitarie nel servizio pubblico e per milioni di dipendenti statali sono previste briciole per il loro rinnovo contrattuale.
Non viene bloccato l’innalzamento automatico dell’età per andare in pensione se non per un numero esiguo di lavoratori.
Quanto previsto in questa legge di stabilità è solo un assaggio di ulteriori manovre di austerità. La Commissione europea ha già fatto sapere che nella prossima primavera sarà necessaria una correzione dei conti pari a 3 miliardi per coprire il buco creatosi a causa del credito fiscale concesso alle banche. Ha inoltre segnalato che il debito pubblico del Paese rimane pericolosamente alto (oltre 130% del Pil). Già si stanno rincorrendo voci di ulteriori interventi sulle pensioni per ridurre questo enorme macigno che grava sulle finanze pubbliche.
 
Il gioco delle parti nello schieramento politico borghese
E queste iniziative in campo economico proposte dal governo sono accettate da tutte le frazioni in cui oggi si divide lo schieramento politico borghese. Ovvio che essendo a pochi mesi dalle elezioni politiche che decideranno la nuova maggioranza governativa, ascoltiamo promesse di un futuro fatto di fine dell’austerità e dei sacrifici. Ma sappiamo benissimo che si tratta, appunto, di sola propaganda elettorale. Centrodestra, centrosinistra e Movimento cinque stelle si propongono in realtà come i gestori dello status quo, fatto di politiche antioperaie che hanno impoverito milioni di lavoratori, italiani e immigrati, in questo ultimo decennio.
Specialmente i Cinque stelle, che potrebbero essere il partito di maggioranza alle elezioni, e quindi incaricato di formare il nuovo esecutivo, stanno abbandonando sempre più la retorica, falsa, di forza antisistema, per proporsi come soggetto responsabile, garante degli interessi della grande borghesia imperialista tricolore. La partecipazione a vari convegni della Confindustria, il viaggio negli Usa del leader Di Maio, sono tutte tappe di un percorso volto a proporre i Cinque stelle come forza responsabile in grado di evitare eccessivi scossoni all’economia nazionale.
Lo stesso Salvini, fino a poco tempo fa paladino del sovranismo e campione della retorica “no euro” in salsa nazionale a autarchica, è costretto a modificare il suo linguaggio propagandistico.
Ormai nessuno, nei tre maggiori schieramenti politici, parla più contro l’Europa e la moneta unica.
Un'alternativa ai tre maggiori schieramenti borghesi non può essere certo rappresentata dai diversi spezzoni in cui si è divisa l’area a sinistra del Pd. Pisapia, che mesi fa veniva visto come potenziale federatore in una versione 2.0 dell’Ulivo, ora quasi certamente finirà fagocitato in una lista totalmente subalterna al Pd. Non poteva essere diversamente per chi, è bene ricordarlo, da sindaco di Milano ha, come primo atto, aumentato il prezzo del trasporto pubblico locale, sostenuto un’operazione di propaganda di Israele nel giugno 2012 e, soprattutto, difeso con le unghie e i denti l’Expo 2015, vero scempio ambientale, corruttivo, e distruttore dei diritti dei lavatori coinvolti.
 
A sinistra del Pd nessuna alternativa reale
I settori borghesi che manifestano oggi indisponibilità ad accordarsi col Pd, lo fanno in realtà perché vedono  nel progetto di Renzi non un attacco ai lavoratori ma alla sopravvivenza del ceto politico di cui sono  parte.
Bersani, uomo di raccordo tra Pd e Comunione e Liberazione, ministro negli anni peggiori dei governi ulivisti, D’Alema, premier dell’aggressione imperialista alla Serbia, non sono minimamente credibili come difensori dei più deboli. Ciò non vuol dire che il loro risultato elettorale non potrà essere significativo, ma che come rappresentanti della “sinistra di governo”, come coerentemente dicono, è molto probabile che dopo elezioni possano rendersi disponibili a sostenere, se ce ne fosse bisogno, un esecutivo a guida Pd o addirittura di larghe intese o di “salvezza nazionale” nel caso la situazione economico finanziaria nazionale e internazionale dovesse volgere al brutto. La fine del QE, cioè della creazione di moneta e di bassi tassi di interesse adottata dalla Bce, potrebbe avere ripercussioni sulle economie più deboli del vecchio continente. E già si preannuncia quale sarà l’obiettivo da colpire in questo ultimo caso. Il 28 e il 29 novembre due articoli apparsi sul Corriere della  Sera, a firma rispettivamente Fubini e Stella, hanno lanciato l’allarme sulle pensioni. Il mantra seguito è il solito: il sistema non regge, le prestazioni superano i contributi (ma nessuno dice che ciò accade perché l’Inps è gravata di oneri che dovrebbero essere a carico della fiscalità generale, altro tema delicato visto che i grandi evasori, multinazionali, non certo piccoli commercianti e artigiani, godono di enormi favori anche in questo campo), ulteriori sacrifici sono necessari, e perciò la Cgil dovrebbe mettere da parte velleità barricadere.
 
Un clima sociale tutt’altro che pacificato. nonostante la Cgil
Tutto si può dire del sindacato della Camusso tranne che sia attraversato dalla volontà di lottare seriamente. La Cgil ha affermato, nell’ultimo direttivo, che non sussistono le condizioni per uno sciopero generale contro il governo (come se queste dovessero cadere dal cielo e non fossero in realtà il frutto dell’azione politica e sindacale). Questo a tutt’oggi si traduce in una mobilitazione farsa: sabato 2 dicembre si sono svolte cinque manifestazioni territoriali del sindacato il cui unico scopo è tentare di accreditare un qualche ruolo politico nei confronti della nuova maggioranza da parte della burocrazia dirigente, e in secondo luogo apparire agli occhi dei lavoratori un soggetto che non si piega ai diktat di padroni e governo.
Se c’è un tratto distintivo comune in questi anni di crisi è che più la posta in gioco diventa alta e più la risposta sindacale appare inadeguata. Oggi ciò è vero ancora di più, specie da quando la Fiom è rientrata a pieno titolo nei ranghi della maggioranza confederale e quindi si è posto fine a quello stucchevole gioco delle parti in cui i dirigenti dei metalmeccanici (Landini, ecc.) fingevano di essere un’alternativa ai tentennamenti e tradimenti della Camusso. In questa situazione la Cgil, intesa come il suo gruppo dirigente, non è una soluzione inadeguata al problema, ma parte integrante del problema stesso, cioè del peggioramento repentino e costante delle condizioni di vita delle masse sfruttate.
Non sappiamo cosa ci riserva il futuro prossimo, tuttavia le più recenti lotte, Alitalia, trasporto pubblico locale e nazionale, da ultimo lo sciopero nel più importante centro della logistica in Italia, la sede Amazon di Piacenza, dimostrano che scintille di lotta di classe continuano ad accendersi qua e là nel Paese e indicano un potenziale prezioso: i comunisti devono contribuire ad alimentarle per favorire l'apertura di una nuova stagione di conflitto di classe aperto.
 

Nessun commento:

Posta un commento