giovedì 7 giugno 2018

Un incontro per ragionare sulla sanità pubblica locale e, forse, sulla politica

Luciano Granieri


Comunicato - invito
L’ospedale “Fabrizio Spaziani” non è più in grado di far fronte al bisogno di salute della popolazione del Capoluogo, del centro nord e dell’intera provincia.
 Occorre agire con urgenza per mettere fine ad una realtà drammatica dominata dal caos organizzativo, dall’inefficienza e dagli sprechi.
Cittadinanzattiva-Tribunale del Malato ha organizzato per
LUNEDI’ 11 GIUGNO 2018, DALLE ORE 10 ALLE ORE 13,
 presso la sala-teatro della Asl, un incontro pubblico al quale sono invitati a partecipare i cittadini, i rappresentanti degli organi di informazione, i consiglieri regionali e comunali, la dirigenza asl e le associazioni di volontariato.
Il tema è il seguente:
INCONTRIAMOCI PER RAGIONARE.
L’OSPEDALE DEL CAPOLUOGO TRA EMERGENZA E RISCHIO

Relatore Francesco Notarcola – Coordinatore di Cittadinanzattiva-TDM di Frosinone;
Interverrà Elio Rosati – Segretario Regionale di Cittadinanzattiva.



L’incontro programmato da Cittadinanzattiva TDM di Frosinone  è destinato ad aprire l’ennesimo dibattito sulla grave situazione della sanità pubblica nel nostro territorio. A dire il vero il mondo dell’associazionismo locale, movimenti, ed aggregazioni  cittadine, da tempo immemore hanno denunciato e denunciano  il costante degrado del costituzionalmente garantito diritto alla salute.

La sistematica attività di destrutturazione della sanità pubblica del nostro territorio ha contraddistinto giunte regionali di diverso colore, le quali,  anche se con modalità diverse, hanno sempre perseguito questo obiettivo.

Si sono chiusi ospedali  in nome di un nuovo modello sanitario, non più basato sul numero dei posti letto, ma sulla distribuzione territoriale del servizio. Ospedali di nuova costruzione, come il Fabrizio Spaziani di Frosinone, proprio in virtù di tale nuovo modello, ancora in divenire, ma più probabilmente di dubbia realizzazione,  sono stati svuotati e depotenziati della loro effettiva  valenza terapeutica. In realtà un trasferimento di servizi in questi anni c’è stato. Non nel senso del passaggio da una medicina centralizzata  ospedaliera, verso un’organizzazione territoriale, ma più banalmente si sono sistematicamente trasferite   prestazioni sanitarie dal pubblico al privato. Il 50% delle attività diagnostiche e di gestione delle strutture, nella nostra provincia, è in mano ad aziende private, le quali, evidentemente, badano più al profitto che alla cura dei pazienti.

E allora qui il discorso, da denuncia, deve necessariamente  trasformarsi in  politico. Anche perché la svendita del servizio sanitario ai privati, con la conseguente mercificazioni delle prestazioni,  è una procedura ormai consolidata in tutta la Nazione, così come sistematicamente si stanno cedendo al  mercato servizi fondamentali come l’erogazione dell'acqua.

Tutto ciò non rientra nella solita litania anticapitalistica ma incide pesantemente sulla carne viva  delle persone, di quel 90% di persone che  tutte insieme non detengono in Italia la ricchezza del restante 10%. Secondo il rapporto  Censis -  Rbm-Assicurazione Salute, quest’anno gli italiani per curarsi spenderanno nella  sanità privata 40 milioni di tasca propria. Una voce in crescita rispetto ai 37,3 miliardi dell’anno scorso. Tale  andamento è in costante crescita negli ultimi anni  registrando un incremento del 9,6% nel periodo 2013-2017.

Negli ambulatori privati e nei laboratori di analisi, anche nella nostra città, spesso si incontrano pazienti  che dopo aver chiesto  il prezzo di una prestazione rinunciano ad usufruirne per mancanza di denaro. A  dodici milioni di persone che nell’ultimo anno hanno rinunciato a curarsi,  bisogna aggiungere altri sette milioni che per non rinunciare alle cure si sono dovute indebitare, e altri tre milioni    i quali si sono visti costretti a vendere la casa per pagarsi le terapie. Per gli operai l’intera tredicesima  se ne va in pagamento di  prestazioni  sanitarie per se e per i propri familiari.

La realtà dei fatti è impietosa, la continua devastazione della sanità pubblica a favore della sanità privata mette sempre più in difficoltà quasi metà della popolazione che, o deve  rinunciare a curarsi, o  indebitarsi fino a vendere casa.  “La spesa sanitaria privata –sostiene Marco Vecchietti di Rbm Salute- rappresenta la più grande forma di diseguaglianza, perché pone il cittadino di fronte alla scelta fra pagare o non curarsi.

A proposito di diseguaglianza, sempre nel citato rapporto si evidenzia come fra il 2014 e il 2016 i consumi delle famiglie operaie sono rimasti quasi fermi (+0,1%) ma le loro spese sanitarie sono aumentate del 6,4% . Per gli imprenditori, al contrario, c’è stato un forte incremento dei consumi (+6%) e una crescita inferiore della spesa sanitaria privata (+4,5%) Una evidente testimonianza che per molte persone bisogna scegliere: o si mangia o ci si cura.

La neo ministra della Salute Giulia Grillo ha promesso di invertire  questa tendenza. Ho  fondati dubbi che possa riuscirvi, visto che nel governo di cui è parte, si prevede un piano fiscale  finalizzato a diminuire le tasse ai ricchi e ad aumentarle ai poveri, a quelli  che cioè devono scegliere fra la cura o il vitto e l’alloggio . In più si prevede l’erogazione di un’elemosina   da fame per i disoccupati  che, come concepita, creerà una classe di nuovi poveri, vittime di un terribile dumping salariale.

Questo governo del cambiamento, non so cosa cambierà, di sicuro manterrà, anzi aumenterà, il divario fra poveri e ricchi. A ben vedere il governo del cambiamento è qualcosa di già visto.  Un esecutivo che abbassa le tasse ai ricchi e le alza ai poveri non è populista è semplicemente neoliberista come tanti  che  lo hanno preceduto.

Per tornare all’appuntamento di lunedì   11 giugno presso la sala teatro della Asl, invito tutti alla massima partecipazione. E’ necessario verificare se finalmente questo passo, dalla denuncia alla politica, sia maturo. Io penso  e spero di si.




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