lunedì 13 agosto 2018

Perchè la Monsanto si e Josepha no?

Luciano Granieri



Ve lo ricordate il TTIP il trattato transatlantico  di liberalizzazione commerciale? Quell’accordo che il governo degli  Stati Uniti (a guida Obama) e la  commissione UE stavano concordando  in gran segreto per favorire la fluidità del commercio fra le due aree? Il patto   modificava  i regolamenti standard delle transazioni commerciali e finanziarie , diminuendo   i controlli che ogni singolo  Stato poteva effettuare   sulla nocività delle produzioni  a tutela della salute dei cittadini. Oppure imponendo la modifica di  leggi sul lavoro troppo orientate alla tutela del lavoratore  a scapito dei costi di produzione.

Fra i punti programmatici  inseriti nel TTIP spiccava il “Meccanismo di Protezione degli Investimenti”. Un sistema  che consentiva alle multinazionali di citare i governi   che introducevano   leggi a tutela dei propri cittadini, ma lesive dell’interesse  della multinazionale stessa. Non solo, ma la vertenza fra singolo Stato  e compagnia privata sarebbe stata risolta   non da tribunali ordinari, ma da un consesso riservato di avvocati commerciali i quali avrebbero dovuto basarsi ,nell’emettere il giudizio, esclusivamente sul dispositivo normativo  del  trattato .Cosi un Paese  che aveva introdotto una norma a favore dei cittadini, ma contro il profitto dell’impresa, subiva la  condanna  al  risarcimento dei  danni materiali ed era costretto a modificare la legge .

Fortunatamente l’unico  effetto collaterale positivo della devastante presidenza Trump è stato quello di non procedere oltre  nelle trattative con la commissione Europa per l’approvazione del TTIP. In compenso la stessa commissione  e  il Canada hanno ratificato un accordo molto simile  nel 2017 che dovrà essere convalidato  dai  parlamenti dei singoli Stati.

E’ naturale che le controversie legali  in un trattato  stipulato ad uso e consumo di soggetti “MULTINAZIONALI PRIVATI”  vengano dipanate da istituzioni giuridiche, extranazionali  private fuori dal controllo di ogni singolo Stato. Ma se ciò è corretto, bisogna estendere tale prassi  ad altri soggetti che per loro natura non hanno più una nazionalità . Mi riferisco ai migranti.

Queste persone   non appartengono più  al loro Paese  di origine, che sono stati costretti a lasciare  perché flagellato  da guerre civili, o povertà dilagante, o avversità climatiche drammatiche (tutti regali avvelenati elargiti dalle società capitaliste),  non appartengono ad un Paese di transito, in cui  spesso vengono torturati , men che meno appartengono ad un Paese di approdo, visto che nessuno li vuole accogliere .

Dunque come per le MULTINAZIONALI  si stava  predisponendo una giurisdizione al di fuori degli Stati, così anche per chi, di fatto, non ha più una nazionalità e  scappa da fame e guerre  sarebbe necessario attivare un sistema simile al di fuori della giurisdizione dei singoli governi , e che anzi punisca  i Paesi che non ne garantiscano  la tutela e l'accoglienza.

Mentre all’interno del TTIP (e di altri accordi simili) il diritto al profitto non è basato su alcuna forma giuridica, la  protezione ultranazionale dei migranti è sancita dall’art.6 della Dichiarazione Universale dei Diritti umani del 1948 in cui si sancisce che: “Ogni individuo ha diritto in ogni luogo al riconoscimento della sua personalità giuridica…..  la soggettività giuridica è distinta dalla cittadinanza”. Ciò significa che ognuno deve veder riconosciuta la sua personalità giuridica non solo nel proprio Paese d'origine , ma anche negli uffici d’immigrazione, durante un controllo alla frontiera, nei lager libici,  sui barconi, sulle navi della guardia costiera o delle ONG negli hot spot.

Il riconoscimento della personalità giuridica esula dalle leggi degli Stati che, ad esempio, si prodigano per stilare odiose e illegali  distinzioni fra migranti economici  e richiedenti asilo e in base alla quale i primi si espellono, gli altri vengono  rinchiusi in centri di detenzione.

Come, in base al TTIP, nessuna multinazionale può subire un calo di profitto a seguito di una legislazione  di tutela della sicurezza sul lavoro adottata da un singolo  Stato , così nessun migrante, in base alla dichiarazione universale dei diritti umani , può essere respinto  da una frontiera o da una costa,  nemmeno se le modalità di respingimento ed espulsione sono parte della legislazione nazionale . Se nel rispetto di accordi tipo il Ceta, una multinazionale agroalimentare  può adottare metodi di coltivazioni nocivi per la salute,  nonostante ciò sia vietato dal Paese dove opera , uno Stato non può rifiutare di accogliere persone in base ad una surrettizia lista nera di Paesi di provenienza definiti pericolosi , nessuno Stato può  negoziare con paesi terzi, definiti  “sicuri” accordi di baratto in cui si sancisce la detenzione e  ritenzione forzata del migrante  in cambio di denaro così come avviene fra UE e guarda costiera libica.

 Ma soprattutto la violazione dell’art.6 della Dicharazione della Carta dei Diritti umani deve essere valutata da un organismo giuridico terzo, sovranazionale  che può imporre sanzioni anche gravi ai governi che non la rispettano, imponendo risarcimenti pecuniari anche ingenti a favore di  coloro i quali hanno subito la violazione del riconoscimento della “personalità giuridica” .  Perché per veder riconosciuto il diritto al profitto si possono pianificare sistemi  giuridici extra territoriali  e per veder rispettata lo status di persona umana ciò non può essere parimenti realizzato?

Perché la Monsanto si e Josepha no?  E’ una provocazione? Si è una provocazione, ma che non è giuridicamente così campata in aria, ovviamente se a leggerla è uno che sa leggere e scrivere, quindi Salvini è escluso.

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