giovedì 27 settembre 2018

Creatività, l'arma degli Art Ensemble of Chicago

Luciano Granieri


Foto tratta da Musica Jazz
Quando giriamo per fare concerti in America, dobbiamo sempre portare un fucile in macchina, quando facciamo lo stesso in Europa,  ciò non è necessario”. Questo, più o meno,  è quanto dichiarava Roscoe Mitchell, sassofonista degli Art Ensemble of Chicago, alla fine degli anni ’70. Oggi del  gruppo - simbolo del movimento di musica nera  d’avanguardia ,  nato a Chicago nel 1965,  che va sotto il nome di (Association for Advancament of Creative Musicians) -  sono rimasti lo stesso Mitchell, il batterista  Famoudou Don Moye. Joseph Jarman, l’altro sassofonista ha lasciato le scene per motivi di salute, mentre  Lester Bowie il carismatico trombettista e Malachi Favors il contrabbassista, sono ahimè scomparsi . 

In quell’affermazione  di Mitchell c’era tutto il disprezzo per la società americana del tempo, che mal sopportava la lotta per i diritti civili e la presenza, non solo degli afroamericani ma anche degli  ispanici, dei diversamente americani in genere . Inoltre la musica d’avanguardia, proprio per la sua complessità , non era facilmente colonizzabile dalle case discografiche made in USA . I dischi  di quegli indemoniati africani non vendevano, a differenza di quanto accadeva in Europa. 

Alla fine degli anni ’60 e per tutti i ’70, in un’ Europa pervasa dallo lotte sociali, il free jazz  ebbe molta presa. La libertà improvvisativa al di fuori di ogni steccato armonico-ritmico, era l’espressione artistica di un afflato di liberazione  culturale e sociale. Furono proprio le case discografiche europee,  la tedesca ECM, su tutte, a diffondere quella strana musica creativa.  Dunque in quel  periodo i giovanotti dell’AACM potevano girare per Berlino,  Parigi, o Roma senza portarsi  il fucile dietro. 

Oggi sarebbe lo stesso? 

Sicuramente data la notorietà dei personaggi, neanche nell’attuale peggiore oscurantismo  trumpiano qualcuno avrebbe il coraggio di aggredire Roscoe, o  Famoudou, ma se pensassimo  agli attuali compagni della front line storica, cioè Hugh Ragin alla tromba, Junius Paul a contrabbasso e il percussionista senegalese Dudu’ Kouate, non escluderei che questi una qualche arma dovrebbero procurarsela.  

E in Europa?  Qui da noi, dal momento che siamo adusi ad importare  le buone pratiche di democrazia provenienti  da oltre Oceano,  gli Art Ensemble of Chicago, (vecchi e nuovi) ,a differenza di qualche anno fa, non potrebbero girare per Varsavia, Praga, Roma, Vienna, ma anche Berlino, Pargi  senza un’arma al seguito . 

Esageriamo? Forse si . Ma certo fra Orban , Salvini , le formazioni parafasciste  e gli altri mestatori d’odio  entrati  nelle istituzioni del Vecchio Continente, cinque neri dalle  facce pitturate che si mettono a strepitare con le loro diavolerie sonore, potrebbero correre qualche pericolo. 

PS
 In verità Dudù Kouate percussionista senegalese , da anni vive a Bergamo.  Ma  mi raccomando.  Non lo dite a Salvini!

Dudù Kouatè . Foto tratta da Musica Jazz




La band storica in concerto a Varsavia   

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