venerdì 15 giugno 2018

La buona scuola è quella di chi lotta

Bilancio di sei mesi di mobilitazioni:
come proseguire?

Fabiana Stefanoni


I primi sei mesi del 2018 sono stati caratterizzati da importanti mobilitazioni nella scuola. Le maestre sono scese in sciopero e in piazza a più riprese, dando vita a combattivi comitati di lotta, locali e nazionali, per dire No al licenziamento di massa di quasi 60 mila insegnanti (in gran parte donne). Una lotta che ci ha visti in prima linea, sempre al fianco delle lavoratrici, nel tentativo di connettere la vertenza con altri settori di lavoratori in mobilitazione.
Una lotta non solo sindacale
La mobilitazione delle maestre è andata oltre il terreno meramente sindacale. Fin da subito ha assunto un carattere politico, in quanto sorta contro una sentenza della magistratura borghese (il Consiglio di Stato) che, a dicembre, aveva sancito l’esclusione delle maestre e dei maestri diplomati magistrali dalle graduatorie ad esaurimento (cioè le graduatorie che permettono una relativa stabilità nelle supplenze e che servono ai fini dell’assunzione a tempo indeterminato). La sentenza ha rappresentato un vero e proprio fulmine a ciel sereno: decine di migliaia di donne non più in tenera età (si tratta di maestre diplomate prima del 2002, età media 40-45 anni), spesso con anni di insegnamento alle spalle, si sono trovate da un giorno all’altro senza alcuna certezza per il loro futuro.
Si tratta, è bene ricordarlo, di donne in stragrande maggioranza di origine proletaria (gli istituti magistrali erano, allora, scuole per donne di umili origini: i figli dei ricchi andavano al liceo, mentre i figli dei proletari, soprattutto se donne, erano indirizzati alla “carriera” di maestri), tante di loro immigrate dal sud. Se si ascoltano le storie delle maestre diplomate che rischiano il licenziamento si sente parlare di madri disperate, che temono per il futuro dei loro figli (considerando anche che spesso i padri sono lavoratori licenziati o in cassa integrazione). Giustamente le maestre hanno definito questa vicenda un’emergenza sociale: i diplomati magistrali rischiano di tornare a una vita di estenuante precarietà, senza nessuna certezza per il futuro. Già sono in corso i primi licenziamenti: ad Aosta alcuni colleghi con contratto fino al 30 giugno o al 31 agosto dopo la sentenza di merito negativa hanno visto anticipato il licenziamento al 15 giugno. A ciò va aggiunto che la legge 107 voluta dal governo Renzi (“Buona scuola”) prevede il licenziamento dei precari della scuola allo scadere del 36esimo mese di servizio.
Tentativi di strumentalizzazione e manovre burocratiche
La lotta delle maestre ha visto una partecipazione combattiva di tantissime maestre, pronte a scendere in piazza e in sciopero, autofinanziando viaggi e trasferte anche in città lontane. Ma è una lotta che ha anche dovuto, fin da subito, scontrarsi con tentativi di strumentalizzazione politica e con squallide manovre delle burocrazie sindacali.
Hanno svolto un ruolo nefasto i tentativi di settori della destra politica (dalla Lega a Fratelli d’Italia) di strumentalizzare la mobilitazione delle maestre a fini meramente elettorali. Contando anche sull’appoggio dei dirigenti di un sindacato corporativo della scuola (Anief, il cui apparato si è arricchito organizzando migliaia di ricorsi spesso utili solo a spillare denari a una massa di disperati precari), i partiti di destra hanno cercato di cavalcare la rabbia delle maestre per raccattare qualche voto, promettendo alle lavoratrici il posto di lavoro nel caso fossero andati al governo. Fatto sta che ora che la Lega è al governo questa fantomatica soluzione non si vede, nemmeno all’orizzonte: così come i rappresentanti del precedente governo (ministra Fedeli in primis) si erano inventati la scusa che non era possibile fare nulla per le maestre in una fase di passaggio di governo, oggi i rappresentanti del nuovo governo Lega-M5S si inventano la scusa che ormai “è troppo tardi”.
Tutte scuse, appunto. I rappresentanti del precedente governo Gentiloni, mentre affermavano di non poter fare nulla per le maestre, non perdevano occasione per emanare decreti d’urgenza utili a difendere gli interessi dell’Eni in Africa (come il decreto per l’invio delle truppe in Niger, emanato a gennaio a Camere sciolte!) o per venire incontro alle richieste di Confindustria e dei banchieri (si pensi ai tanti decreti per rifinanziare la cassa integrazione – forma di finanziamento indiretto alle grandi aziende – o per salvare gli interessi delle banche). Similmente, il nuovo governo Conte inventa dei pretesti per non assumersi la responsabilità di un decreto che salvi il posto di lavoro a queste maestre: al massimo si parla di una soluzione di ripiego, che prevede precarietà e incertezza.
Se la destra fin da subito ha cercato di ostacolare la mobilitazione e l’unità delle lotte, non meno nefasto è stato il ruolo delle grandi burocrazie sindacali. Le burocrazie di Cgil, Cisl e Uil (ma anche di altri sindacati “rappresentativi” nella categoria: Snals, Gilda e altri) non hanno proclamato nemmeno un’ora di sciopero per le maestre. Anzi, le hanno invitate a non mobilitarsi, spesso attaccando frontalmente le loro iniziative. Un atteggiamento vergognoso, che dimostra come questi grandi apparati si siano ormai trasformati in collaboratori dello Stato e delle aziende, sempre più distanti dalle esigenze della classe lavoratrice (come dimostra del resto nella scuola la recente firma a un vergognoso rinnovo contrattuale, senza proclamare nemmeno un’ora di sciopero).
Gravi errori poi non sono mancati nemmeno da parte delle direzioni dei più piccoli sindacati conflittuali. E’ un dato di fatto che le richieste delle maestre, discusse democraticamente in partecipate assemblee, sono state spesso disattese dalle direzioni anche di alcuni sindacati “di base”: da ultimo la richiesta delle maestre di proclamare uno sciopero a fine maggio, prima della chiusura delle scuole, è stata sostenuta solo pochi sindacati di base (solo la Cub ha proclamato lo sciopero, con il sostegno di Usi, Sgb e alcune federazioni dei Cobas scuola). E’ evidente che solo un’azione incisiva di sciopero, con manifestazione di massa, avrebbe consentito di mettere in campo l’azione di forza necessaria per respingere i licenziamenti. Le maestre non si sono arrese e hanno comunque organizzato il 29 maggio un combattivo presidio a Montecitorio, col sostegno attivo del Fronte di Lotta No Austerity: ma le responsabilità di quei dirigenti sindacali che hanno girato la testa dall’altra parte davanti alle richieste delle maestre non verranno dimenticate.
Continuare ed estendere la lotta L’estate non è certo il periodo migliore per rilanciare la mobilitazione: gli istituti scolastici sono chiusi o ci sono gli esami, durante i quali, a causa delle leggi antisciopero, non è possibile scioperare. Più in generale, la vergognosa legge 146 che impedisce lo sciopero a oltranza nel pubblico impiego e nei servizi cosiddetti essenziali ha inferto un duro colpo alla mobilitazione delle maestre: è una legge liberticida che subiscono sulla loro pelle anche i lavoratori e le lavoratrici dei trasporti, dei servizi, di tante cooperative. Una legge che è necessario abolire o, comunque, in prospettiva rompere con la lotta di massa per poter ridare ai lavoratori il diritto di sciopero che è stato loro scippato.
Nonostante tutte queste difficoltà, le iniziative di lotta delle maestre continuano: da Roma a Milano, da Bologna a Torino, sono tanti i presidi e le proteste delle maestre in programma in questi giorni. E’ fondamentale che la mobilitazione continui (indipendentemente dai provvedimenti del governo) e che si estenda, anzitutto a tutta la categoria: sono molte le ragioni per lottare contro questa cattiva scuola, a partire dalla vergogna dell’alternanza scuola-lavoro, che trasforma gli istituti scolastici in succursali delle aziende private (è notizia recente quella di uno studente di Firenze che ha perso la falange di una mano durante uno stage di alternanza!).
Sono molte altre le contraddizioni che stanno diventando esplosive nella scuola pubblica, non da ultimo l’inasprimento del sistema disciplinare (previsto dalla legge Madia, rivendicato dal nuovo governo e vergognosamente confermato nel rinnovo contrattuale) che prevede licenziamenti facili e sanzioni a danno del personale scolastico, spesso a discrezione dei dirigenti. Basta pensare al vergognoso attacco a Lavinia Cassaro, la maestra di Torino licenziata in tronco per aver urlato la sua rabbia contro dei poliziotti durante una manifestazione antifascista: una sanzione vergognosa e arbitraria che ha anche lo scopo di intimorire le lavoratrici e i lavoratori della scuola in lotta. Per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana un’insegnante viene licenziata per aver “offeso” dei poliziotti durante una manifestazione: una decisione degna di un regime di polizia, a dimostrazione di come le cosiddette libertà individuali difese dalla Costituzione della repubblica borghese, tanto rivendicata anche da settori di movimento, siano solo vuote parole a servizio degli interessi del sistema capitalista.
Affinché le lotte contro la privatizzazione e aziendalizzazione dell’istruzione pubblica possano vincere è fondamentale che si uniscano a quelle delle altre categorie di lavoratori: dai trasporti alle fabbriche, dalla logistica alla sanità e a tutto il pubblico impiego. Fondamentale sarà anche la ripresa, in autunno, delle mobilitazioni studentesche. Solo a partire dalla costruzione di un ampio fronte di lotta e di classe sarà possibile creare i rapporti di forza necessari per cacciare il nuovo governo padronale di Lega e M5S, che ostenta ogni giorno di più il proprio volto razzista e autoritario.

mercoledì 13 giugno 2018

Il programma del governo Lega- Cinque stelle Un attacco sistematico ai lavoratori

Alberto Madoglio Pdac


Come abbiamo scritto più volte, dal nuovo governo giallo verde, M5S e Lega i lavoratori e le masse popolari non devono aspettarsi nulla di buono.
Una più chiara conferma di questa considerazione la possiamo ricavare leggendo il corposo, 57 pagine, programma di governo scritto dalle forze che hanno dato vita all’esecutivo Conte.
Dal versante cosiddetto “securitario”, tema molto caro alla Lega, c’era da aspettarsi una accentuazione del carattere reazionario che ha contraddistinto la politica nazionale negli ultimi anni, ma la realtà ha superato ogni più funesta fantasia. Dallo scoppio della crisi economica oltre 10 anni fa, le varie forze politiche, e in particolare la Lega, hanno cercato di sviare l’attenzione delle masse popolari da quelli che erano i veri responsabili del disastro sociale che si è verificato (la grande borghesia e il sistema sociale che essa difende, il capitalismo) verso un “nemico” molto più semplice da individuare, e che per questo non avrebbe messo in discussione i pilastri su cui si fonda la società. Quindi il problema da affrontare è stato di volta in volta l’immigrazione, la “sicurezza” della proprietà privata (intesa come la propria abitazione, il proprio negozio ecc.) inventandosi una emergenza criminalità nella realtà inesistente e così via. Vediamo come vengono affrontate queste tematiche nel programma di governo.
Un minaccioso mix: lotta all’immigrazione, ordine e disciplina
Per l’immigrazione, si sostiene che in Italia sono presenti circa 500.000 immigrati irregolari, per i quali si dovrebbero attivare azioni di rimpatrio. Inoltre si ribadisce la volontà di impedire nuovi sbarchi per fermare questa fantomatica invasione.
Sul tema è necessaria una precisazione. Anche le forze che, all’interno dello schieramento borghese, si considerano “progressiste”, fanno una differenza tra immigrati “economici” e per “cause umanitarie”. Per noi questa è una classificazione arbitraria e da respingere in toto. Sono le politiche dell’imperialismo compreso quello italiano, nei Paesi dipendenti, che creano le condizioni economiche per far sì che milioni di persone cerchino di sopravvivere scappando all’estero. Per questo ci battiamo per il riconoscimento a tutti gli immigrati dei pieni diritti di cittadinanza, contro ogni chiusura, "programmazione", ecc.
E' necessario unificare le lotte del proletariato nativo e immigrato per distruggere il dominio del capitale, a partire dal “nostro Paese” che, per ricordare una famosa affermazione di Liebknecht, è il nostro nemico principale.
Nel programma del governo Conte si parla di inasprimento delle pene per quei crimini che vengono definiti “particolarmente odiosi” (pag. 23) come furti nelle abitazioni, rapine, truffe agli anziani ecc. A parte il fatto che non si cercano le cause sociali di questi crimini, si dimentica di dire che come numerose statistiche riportano, molti di questi crimini sono in calo negli ultimi tempi mentre crescono i crimini direttamente legati alla borghesia mafiosa e criminale che agisce in stretta connessione con la borghesia che fa affari legali. Ma al governo questa enfasi sulla piccola delinquenza serve solo per stornare l'attenzione dalla grande delinquenza degli industriali che sfruttano e licenziano e dai banchieri che fanno affari (legali ed illegali) sulla pelle dei piccoli risparmiatori.
La parte certamente più odiosa del programma è quella che riguarda i cosiddetti nomadi. Non solo si annunciano sgomberi dei campi in cui sono costretti a vivere in situazioni miserevoli, senza tuttavia individuare concrete soluzioni alternative, ma si arriva addirittura a prevedere l’allontanamento dalle famiglie per i minori che non rispettano l’obbligo scolastico.
Questi difensori del “popolo italiano” fingono di non sapere che la maggioranza dei nomadi sono cittadini italiani a tutti gli effetti, e che sono purtroppo molti i minori italiani di famiglie che questi razzisti considerano “puro sangue” che non terminano la scuola dell’obbligo e per i quali non è previsto il brutale trattamento previsto per i nomadi. Da lungo tempo contro i nomadi, più che con qualunque altra etnia, si scatena un odio barbaro e pienamente razzista. La difesa di questa minoranza etnica diventa un compito irrinunciabile per i lavoratori nativi.
Per far sì che i propositi del governo diventino realtà è previsto nel programma un aumento di risorse e di personale per il settore della sicurezza (polizia, carabinieri ecc.). Peccato che secondo il sito “trust number” nel 2016 l’Italia era già il terzo Paese al mondo per numero di ”forze di scurezza” rispetto alla cittadinanza, dopo Russia e Turchia. La strada verso una società sempre più repressiva e militarizzata è intrapresa ormai da tempo e l’esecutivo giallo-verde si attribuisce la non meritevole volontà di accentuarla (pag. 43).
Ma anche sul versante sociale, quello nel quale si dovrebbe vedere, secondo alcuni, l’impronta più progressista rappresentata dai grillini, il bluff viene presto smascherato.
Cade il mito del carattere "progressista" dei 5 Stelle
Per quanto riguarda il reddito e la pensione di cittadinanza, le cifre indicate sono totalmente inadeguate a garantire livelli di vita dignitosi per disoccupati e pensionati. Inoltre essendo istituti legati al possesso della cittadinanza, si escludono centinaia di migliaia di immigrati presenti nel Paese, garantendo così una quota importante di manodopera a basso prezzo per i capitalisti, che inevitabilmente creerà una pressione al ribasso dei salari.
L’abolizione della Fornero, prevista nel contratto, e cavallo di battaglia della campagna elettorale dei due partiti di governo, pare già ridimensionata. Quota 100 (contributi più età anagrafica) dovrebbe valere solo dopo aver compiuto 64 anni. Se si tiene conto solo dei contributi si parla di 41 anni e 5 mesi di lavoro. In entrambi i casi con un limite (2/3 anni) per quanto riguarda i contributi figurativi. Inoltre senza modificare il sistema di calcolo contributivo, ogni riduzione dell’età lavorativa implica necessariamente la diminuzione dell’assegno pensionistico.
Quindi al momento la montagna della modifica alla “Fornero” pare stia producendo un topolino. E’ molto probabile che più passa il tempo e più anche di queste modifiche si perderà traccia. Per un motivo semplice. Il governo pare intenzionato a introdurre la flat tax. Senza perderci in tecnicismi, la "tassa piatta" in sostanza favorisce i redditi maggiori rispetto a quelli più bassi, e nei Paesi dove è introdotta (repubbliche baltiche, Russia, Stato dell’Illinois) rende insostenibile un sistema di stato sociale minimamente degno di questo nome.
Se pensiamo a come è ridotto lo stato sociale in Italia, in particolare la sanità (che come ricordato in un recente articolo apparso sul nostro sito nel giro di pochissimi anni a causa dei continui tagli scenderà sotto la soglia, indicata dall’OMS per garantire i servizi minimi essenziali), la situazione non potrà che peggiorare ulteriormente in un tempo più breve di quanto ci si possa immaginare.
Nel campo del lavoro, si avanza la proposta di reintrodurre i voucher, forma tra le più brutali di precarizzazione del lavoro.
Sul versante delle grandi opere, si è passati dalla loro cancellazione a quella che è stata definita dal ministro Toninelli una "attenta valutazione costi - benefici". Qualcuna di queste opere di devastazione ambientale molto probabilmente verrà bloccata, ma nel complesso si proseguirà nello sviluppare opere inutili e dannose per l’ambiente e per la qualità della vita, ma essenziali per garantire profitti ai grandi gruppi, industriali e finanziari.
Un “sovranismo” fedele alla Nato e agli obblighi di bilancio
Sul piano delle politiche internazionali, vengono confermati i vincoli internazionali per quanto riguarda il rispetto del bilancio, la permanenza nell’euro, la fedeltà al Patto Atlantico e così via.
Certo vengono conditi con parole più o meno combattive, con una rivendicazione di maggior difesa dell’"interesse nazionale”, cercando di ottenere per il Belpaese uno status di potenza politica, economica e militare pari a quello di altre potenze imperialiste come Germania, Francia, Usa, Gran Bretagna.
Dubitiamo molto che i partner internazionali di Roma si possano far impressionare più di tanto dalle rivendicazioni tricolori. Il massimo a cui può ambire il nuovo esecutivo è di inserirsi tra le contraddizioni dei maggiori attori dello scacchiere mondiale (da ultima la proposta di Trump di permettere alla Russia di entrare nel G8) e poi di propagandarla come una grande vittoria della diplomazia italiana, magari aggiungendo che la storia torna a farsi sui sacri colli di Roma.
Certo non possiamo escludere a priori che la situazione sfugga di mano al governo Conte. Una nuova caduta in recessione dell’economia nazionale nel caso i tassi sul debito pubblico dovessero mantenersi sui livelli alti a cui sono arrivati nelle scorse settimane, intrecciata alla fine della politica monetaria espansiva della BCE e, soprattutto diciamo noi, se i primi segnali di rallentamento del maggior partner industriale del Paese dovessero confermarsi (la Germina ha segnato un calo della produzione industriale di oltre due punti quando ci si aspettava una seppur minima crescita) potrebbero creare l’incidente “sistemico”: default del debito e uscita dall’euro.
Contro l’austerità di Bruxelles e Roma. Per l’alternativa di classe del proletariato
Quello sopra delineato ci pare lo scenario meno probabile, tuttavia per i lavoratori non ci sarebbe nulla di buono nel caso che questi eventi si verificassero a causa dell’insipienza delle classi dominati, anziché grazie all’azione cosciente delle masse proletarie per rompere con l'Ue e l'euro.
Per noi è chiaro che il governo col quale avremo a che fare nel prossimo periodo è un governo anti-operaio, e con un carattere reazionario-autoritario molto accentuato.
Il governo giallo verde non potrà, al di là della propaganda, fare altro che continuare con le politiche di austerità poste in essere da chi lo ha preceduto. L’inganno di una rottura col passato a favore degli strati popolari verrà presto alla luce. Il fallimento di questo sistema sociale, chiunque sieda al governo, sarà ancora più visibile. Ma il compito dei lavoratori non è stare ad aspettare: bisogna da subito mettere in campo azioni di lotta contro il governo e le sue politiche. Costruire i rapporti di forza  in direzione di una alternativa vera, di sistema, socialista.
E' questo il compito in cui è impegnato il nostro partito, un piccolo partito ma attivo in ogni lotta. Un partito che ha bisogno delle energie militanti di tutti i lavoratori e i giovani che vogliono opporsi alla barbarie del capitalismo che oggi avanza dietro i volti sorridenti di Di Maio e Salvini.

Stadio Roma, PRC: «M5S non garantisce nemmeno onestà, Berdini sindaco, stop al progetto»

Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione Comunista - Sinistra Europea e Vito Meloni, segretario federazione romana PRC



Gli arresti a Roma dimostrano che il M5S non ha gli strumenti e le persone per farsi garante di una svolta nel senso dell'onestà. Hanno fatto fuori un urbanista come Paolo Berdini con una storia di battaglie contro la speculazione edilizia per dare il via libera a un'operazione che avevano contestato prima di vincere le  elezioni. Ricordiamo che nel libro di Paolo Berdini "Polvere di stelle", Lanzalone, a cui M5S ha affidato presidenza Acea, viene definito "sindaco vicario". Ci hanno messo poco a diventare un partito come gli altri e questo ci intristisce perché delude le speranze di tanti elettori. 
Che sia coinvolto un uomo di fiducia del M5S che Di Maio si è portato in giro in importanti convegni per sdoganarsi come affidabile presso i poteri forti dà l'idea che la vittoria del M5S non ha rappresentato la rottura e il cambiamento ma un'operazione di gattopardismo. Almeno a Roma dove una praticante dello studio Previti non era certo garanzia di rivoluzione. 
Che non siano efficienti e competenti lo si era già capito. Ora è chiaro che  il M5S non garantisce nemmeno l'onestà. 
Il coinvolgimento di esponenti di Forza Italia e PD conferma che questi partiti sono irriformabili e che non hanno i titoli per presentarsi come alternativa a fallimento M5S. Quanto a Salvini, il palazzinaro arrestato pare sia suo amico che avrebbe dato un contributo alla Lega di 250mila euro. 
A Roma si potrà parlare di cambiamento solo quando i palazzinari saranno tenuti a bada dal Comune, ci vorrebbe dunque un sindaco come Berdini.
Era la Raggi che doveva dimettersi per manifesta inettitudine. Rivendichiamo la nostra opposizione al progetto, che siamo stati i primi a contestare fin dal 2013, e chiediamo alla sindaca di bloccare l'iter.

martedì 12 giugno 2018

Spagna 1982, un mondiale vinto calcisticamente ma perso ideologicamente.

Luciano Granieri




Dal prossimo 14 giugno rimpiangeremo le belle grigliate che si fanno di solito quando gioca la  nazionale  ai mondiali. Disgraziatamente i leoni azzurri si sono fatte pecore freddolose e hanno capitolato di fronte alla fredda Svezia. Volendo trarre un bilancio su i mondiali di calcio a cui ho assistito nella mia vita,  direi che è positivo. Due competizioni vinte (1982-2006) contro una mancata partecipazione, quella di quest’anno.  In mezzo una serie di brutte figure alternate  a qualche discreta prestazione.  

La vittoria degli azzurri (a proposito, quando si bandirà il colore azzurro dei Savoia dalla maglie delle nazionali?) del 1982 è quella che mi piacerebbe condividere con chi avrà  la bontà e la voglia di leggermi. Quella, per noi marxisti romanisti,  fu un trionfo nazionalista, ma una sconfitta ideologica. Lo so quello che state pensando ” E dalle co’ sta ideologia, ma è una fissa”. Ebbene si   l’ideologia per noi marxisti-romanisti è un valore da cui non possiamo prescindere. Ma vado meglio a spiegare. 

Un ideologia collettiva di calcio
Quei campionati del mondo, arrivavano dopo la rivoluzione tattica  della Roma di Liedholm, quella della zona, quella di Falcao, soprattutto quella che il 10 maggio del 1981, subì uno dei più clamorosi furti calcistici mai perpetrati nella storia de  football: l’annullamento del gol regolare  segnato da  Turone alla Juventus,grazie al quale la Signora riuscì a vincere il campionato rubandolo alla Roma. 


Ma soprattutto prendeva corpo  un conflitto  ideologico, fra la concezione del calcio brasiliano e romanista , il cui  profeta era Paulo Roberto Falcao, e l’idea  del calcio sparagnino e speculativo italiano, incarnato dalla Juve trapattoniana.  Ad una squadra che giocava un football  propositivo, fatto di passaggi, triangolazioni,  continua ricerca del gioco d’attacco, grazie alle geometrie sviluppate da campioni  come Falcao, Bruno Conti, Carlo Ancelotti, Agostino Di Bartolomei, e alle straordinarie finalizzazioni di bomber Pruzzo, rispondeva la filosofia speculativa  della Juventus del Trap, una squadra arcigna,  basata sulla solidità difensiva,  con randellatori del calibro di Furino, Gentile, Brio , ma anche con difensori  dell’abilità di Cabrini e Scirea.

Insomma la Roma proponeva  un’immagine  creativa  (allora si era appena usciti da un’era in cui si auspicava la creatività al potere, o qualcosa del genere) che  si contrapponeva ad un’idea di calcio, tipicamente democristiana, sparagnina il cui successo derivava dai giochi di palazzo, così come il successo bianconero scaturiva dai giochi “CON IL PALAZZO”.   Questo fu il leit motiv che accompagnò anche la stagione successiva, quella propedeutica ai mondiali. Nel campionato 81/82 la Juve scippò alla Fiorentina lo scudetto, e la Roma arrivò terza.  

Dal campionato alle nazionali
Quella stessa filosofia si trasferì nelle squadre nazionali che parteciparono ai mondiali dell’’82.  Da un lato il Brasile stellare di Falcao, dall’altro  la Nazionale Italiana difensivista  di Gentile e Scirea. Inutile dire che noi marxisti-romanisti, nonostante Bruninho de Oro, alias Bruno Conti,  giocasse nella formazione di Bearzot stavamo tutta la vita con Falcao, anche perché, nell’ottica dell’internazionalismo comunista  non necessariamente si doveva tifare per la propria nazionale, anzi questo era terribilmente borghese.

Le  partite dei gironi non fecero  che confermare la nostra passione per la creatività ed il divertimento. Mentre l’Italia passava il turno per il rotto della cuffia  non vincendo nemmeno una partita, finendo a pari punti con  il Camerun  escluso per differenza reti ,  con l’unico lampo, per noi marxisti-romanisti dello  straordinario gol di Bruno Conti al Perù, il  Brasile passeggiava sul velluto chiudendo a punteggio pieno il suo girone, rifilando due gol all’Urss quattro alla Scozia e quattro alla Nuova Zelanda. Mi ricordo il tono di sufficienza e compassione con cui assistevamo alla partite dell’Italia, spesso guardati male da chi stava vicino a noi. Assistemmo al match   con il Perù ospiti dai alcune amiche  che momenti ci cacciavano.  Ci salvò  l’esultanza per il gol di Conti considerato uno straniero “creativo” in Patria.



Uno squallido passaggio del turno e la rinascita 
Dopo la prima fase nel team brazilero era tutto un tripudio di canti e balli, la squadra italiana invece era in silenzio stampa sommersa dalle critiche e dalla certezza che, oltre quella risicata qualificazione, non si sarebbe andati . Infatti ci saremmo giocati il passaggio alle semifinali  incontrando, in un  terribile gironcino a tre  , l'Argentina, ma soprattutto il  Brasile.  Seguimmo la partita con l’Argentina al Nestor, davanti al maxi schermo, credo fosse una delle prime volte che si tentava l’esperimento di trasmettere le partite al cinema. Inaspettatamente l’Italia vinse, grazie ad una partita tutta cuore, e a Gentile che seviziò Maradona dal primo all’ultimo minuto. Tardelli e Cabrini segnarono i due gol azzurri contro l’unica rete Argentina di Passarella. Nella bolgia del Nestor  in tripudio, la nostra valutazione fu lapidaria. Ecco, la vittoria dell’Italietta ottenuta con le solite randellate e i soliti mezzucci propri della filosofia juventina, Juventus  che per altro costituiva l’ossatura della squadra. Prima della partita con i verde oro assistemmo all’ennesima passeggiata di Falcao e compagni contro la stessa Argentina schiantata  per 1 a 3 Zico, Serginho, e Junior gli autori dei gol brazileri.

Italia  - Brasile
Quel 5 luglio del 1982  decidemmo di assistere al trionfo della filosofia creativa brazilera, contro i mezzucci italiani a casa mia,  io e l’altro amico marxista-romanista. Ne avevamo abbastanza degli scomposti festeggiamenti  della gente italica esaltata da prestazioni tutto cuore , mazzate e niente spettacolo. Quella sottile soddisfazione di veder trionfare la propria ideologia doveva essere vissuta intensamente e solo fra fini estimatori del calcio moderno . Per altro al Brasile era sufficiente  il pareggio per passare.  Ma la partita prende  una strana piega. Gli esteti brasiliani cominciano   a scambiarsi palla sulla propria tre quarti, mentre gli italiani prendono    a correre come forsennati  , a rubare palloni su palloni, e a ripartire con efficacia. Conti recupera  palla sulla sua fascia, si accentra,   inaspettatamente libero,  calibra un passaggio  per Cabrini, che mette in mezzo e Rossi (già proprio lui l’improbo del calcio scommesse), tutto solo -le diagonali difensive non erano nelle corde del  Brasile -  fa uno a zero.

Tranquilli non c’è problema, vedi che fine fa l’Italia quando questi inizieranno a giocare. Ed infatti i verde oro cominciano a far vedere il loro calcio, dopo qualche occasione sprecata, ci pensa Zoff a scansarsi dal primo palo consentendo a Socrates  di pareggiare. Ah  ecco mi pareva! Vedi è stato un fuoco di paglia. Ma chi di topica ferisce di topica perisce. Il futuro romanista Cerezo  ciccando un pallone che doveva essere per Junior pensa bene di mettere Rossi solo davanti alla porta. E’ due a uno. Qualche dubbio sula filosofia del calcio propositivo comincia ad affiorare. D’accordo sulla bellezza degli schemi d’attacco, però ogni tanto qualcuno in difesa deve rimanere un po’ sveglio soprattutto quando la squadra è in fase di uscita.  Una certa delusione inizia  a pervaderci.  

Dopo che, come al solito, Gentile si porta a casa un pezzo della maglia di un avversario ,  in questo caso Zico in piena area di rigore, non visto dall’arbitro,  ci pensa  lui,  Paulo Roberto Falcao,  l’ottavo Re di Roma prima di Totti. Con un passo di danza il numero 5 romanista manda a spasso tutta la difesa italiana e le metta alle spalle di Zoff. Un gol fantastico! Era quello che aspettavamo saltiamo dalla sedia gridando goool gooool forza Roma! grande Falcao!  



Credevamo fosse la nemesi, ma ci sbagliavamo. Su corner di Conti un tiro maldestro  di Tardelli diventa un assist per Rossi solo davanti alla porta praticamente vuota.   Scaraventare la palla in rete è un gioco da ragazzi. Ma è troppo solo! È in fuorigioco! Sembra. Perché Junior,  o Socrates non mi ricordo   fa la bella statuina vicino alla   linea di porta  disturbando il suo portiere ed  evitando di mettere in fuori gioco gli attaccanti italici.

La resa
Il resto è storia.  Dopo un gol di Antognoni annullato per un fuorigioco inesistente,  Zoff diventa un mostro ed inchioda sulla linea un colpo di testa di Paulo Isidoro che sembrava destinato in rete. E’ finita. L’Italietta dei sotterfugi delle randellate, della difesa ad oltranza ha vinto. La grigia arte di arrangiarsi italiana aveva trionfato sul colorato calcio spettacolo brasiliano, per altro meritatamente .

Scendemmo in strada un po’ mesti  a vedere i caroselli e la gente intorno a noi non capiva perché non fossimo proprio tanto felici. Stavamo elaborando il lutto della perdita di un’ideologia calcistica che per noi era la guida, fu un po’ come quando capimmo che avevamo perso la lotta di classe.

Contrordine compagni si torna a tifare Italia 
 Masi sa il calcio è strano è passione pura. Così il giorno dopo tornammo borghesemente a fare un tifo sfegatato per l’Italia. La Polonia battuta due a zero in semifinale, la Germania sconfitta,   l’urlo di Tardelli, il gol di Altobelli che sembrava non volesse mai entrare, e poi il Presidente Pertini, il Presidente Partigiano esultante  come un bambino ai gol segnati contro la  squadra degli invasori tedeschi,   sono  diventati i frame di un film bellissimo.



Dopo la finale andammo anche noi in strada a festeggiare la vittoria dell’Italietta dei sotterfugi e delle randellate che in quel frangente era diventata la squadra più forte del mondo.  

Ma la nostra ideologia calcistica risorse l’anno dopo, quando la Roma di Liedholm, Falcao, Ancelotti, Di Bartolomei, Pruzzo , del campione del mondo Bruno Conti vinse il campionato. I  festeggiamenti durarono molto più che una notte, andarono avanti per tutta l’estate.

lunedì 11 giugno 2018

Ai miei amici del M5S di Frosinone. Per favore restate umani.

Luciano Granieri




Cari amici del Movimento 5 Stelle  della provincia di Frosinone. Non mi rivolgo a voi come esponenti di un movimento,  ma come persone con cui  ho condiviso battaglie locali e nazionali. Mi piacerebbe chiamarvi per nome, uno per uno,  ma preferisco astenermi.  

Come può, chi come voi si è battuto per un’umanizzazione della sanità nel nostro territorio, denunciando le nefaste conseguenze di un pronto soccorso disumano , consentire che una nave con 629 persone a bordo , fra cui donne incinte, bambini non accompagnati, gente debilitata dalle torture subite in Libia, vaghi per il Mediterraneo per una  miserrima impuntatura con Malta del Ministro degli  interni  in carica  nel  vostro governo? 

Come potete esultare, voi che vi siete battuti contro la decisione disumana  del Comune di Frosinone di togliere fondi già stanziati ai disabili per dirottarli  verso lo  stadio del Frosinone,  per il fatto che il  medesimo ministro, alzando la voce (come dice lui),  ha evitato che la nave  Aquarius approdasse in Italia? Grazie  all’impegno preso dal premier spagnolo  questa probabilmente approderà a Valencia fortunatamente. Siete coscienti del fatto che la lontananza del porto iberico e il conseguente allungamento dei tempi di attracco, potrebbe comportare un aggravamento dell’emergenza sanitaria presente a bordo, con il conseguente rischio di conflittualità fra naufraghi ed equipaggio?  

Come potete, voi che vi siete battuti contro  una disumana  devastazione ambientale   nella Valle del Sacco, accontentarvi della spiegazione del vostro Ministro dei trasporti  il quale sostiene che fino a quando   le persone stipate nell’Aquarius staranno bene la nave potra' vagare per il Mediterraneo? Lo sa il suddetto Ministro che quella gente  stava  già male quando ha lasciato le coste libiche?

 Come potete, voi che vi siete battuti per la difesa della Costituzione aggredita   dai vari tentativi di destrutturazione  del suo impianto solidaristico e di  valorizzazione  della persona umana,  dal governo Letta prima,  da  quello Renzi poi , condividere un provvedimento quale quello preso dal Ministro degli interni presente nel vostro governo,  che contravviene lo spirito costituzionale e si pone in aperta contrapposizione con quanto sancito nella Convenzione Europea per i diritti dell’uomo? 

Cari amici, io vi ho conosciuto bene e vi conosco bene,  posso assicurare a chi non ha avuto la mia stessa fortuna  che siete delle presone dalla  straordinaria umanità. Ora una cosa vi chiedo:  E’possibile che, in nome di un accordo privatistico  quale si prefigura il contratto sottoscritto dal vostro movimento,  siate disposti a perdere la vostra umanità e ad accettare la barbarie?  

Al di la delle divergenze politiche che ci hanno contraddistinto ed ancora di più, inevitabilmente  ci divideranno, vi rivolgo un accorato invito: per favore restate umani.

Acquarius: chi sono le belve ?

Umberto Franchi



- le belve sono coloro che pensano di avere vinto perché il governo spagnolo mosso da senso di pena e responsabilita' solidale permette a 629 persone di salvare la propria vita... ma gia' sta partendo un'altra nave carica di migranti ;

- le belve sono la stragrande maggioranza dei Paesi appartenenti alla Comunita' Europea che non vogliono rivedere i  trattati di Dublino ed accollarsi in modo proporzionale gli immigrati che sbarcano in Italia, Grecia, Spagna; 

- le belve sono coloro che parlano di aiuti nei Paesi di partenza degli immigrati e contemporaneamente sfruttano le loro terre, le loro risorse, i loro raccolti e con la siccita' generata dal tipo di sviluppo economico occidentale, uccidono la speranza obbligando milioni di persone a migrare in Europa;

- belve sono coloro , che hanno capito che e' possibile sfruttare le paure ... mettendo i penultimi contro gli ultimi al fine di essere votati e beneficiare del potere politico e di governo;

- le belve sono quelli che parlano di solidarietà ... che magari vanno in chiesa e portano i rosari o i crocifissi in tasca ... ma che inneggiano a Salvini e Toninelli... e vorrebbero rimpatriare tutti gli immigrati.