sabato 7 luglio 2018

"Decreto dignità": Di Maio cala la maschera

Diritti del lavoro:
nessuna discontinuità coi precedenti governi


Fabiana Stefanoni
Quello che Di Maio chiama, a fini propagandistici, “Decreto dignità” ha in realtà un altro nome. Il Decreto legge varato dal Consiglio dei ministri il 4 luglio è titolato “Disposizioni urgenti per la dignità dei lavoratori e delle imprese”. Un titolo di per sé già emblematico: sappiamo bene che non esiste nessuna possibile dignità comune tra capitalisti e lavoratori, dato che il profitto degli uni si basa sullo sfruttamento degli altri. Basta leggerne i contenuti per rendersi conto che gli unici beneficiari di questo decreto sono ancora una volta le imprese e i grandi capitalisti.
Una rispolveratina al Jobs Act
Ciò che immediatamente salta all’occhio è che, a dispetto della propaganda elettorale del M5S, il Jobs Act non verrà abolito. Tutto l’impianto di quella legge - che ha azzerato decenni di diritti conquistati dai lavoratori con dure lotte – resta in piedi, a partire dall’abolizione dell’articolo 18. Il Jobs Act viene solo “rispolverato”, con qualche ritocco che lascia immutata la sostanza per limitarsi a qualche aggiustamento nella forma.
Più nel dettaglio, restano in vigore i licenziamenti senza giusta causa (effetto dell’abolizione dell’art.18), ma aumenta di un po' il risarcimento in caso di licenziamento illegittimo: l’indennità massima sale a 36 mesi rispetto ai precedenti 24. Come dire: ti licenzio lo stesso anche se non te lo meriti, ma, forse, ti do una pacca sulla spalla in più. Va ricordato, tra l’altro, che il risarcimento massimo si applica, col Jobs Act, solo su una fetta ristretta di lavoratori. Per tutti gli altri, cioè per la maggioranza dei lavoratori assunti col Jobs Act, non cambia assolutamente nulla.
Noi pensiamo che per ridare dignità al lavoro sia necessario abolire il Jobs Act, reintrodurre ed estendere l'articolo 18 nelle grandi e piccole imprese, nazionalizzare senza indennizzo e sotto controllo dei lavoratori le imprese che licenziano.
La presunta stretta sui contratti a termine
Ma veniamo a quella che Di Maio sbandiera come la “Waterloo del precariato” ovverosia la “stretta” sui contratti a termine. Anzitutto, lo stesso ministro del lavoro ha precisato che questa presunta stretta “non potrà prescindere dall’abbassamento del costo del lavoro nella legge di Bilancio”: per non spaventare i grandi imprenditori, che potrebbero mal digerire un aumento dei vincoli sull’utilizzo del lavoro precario, annuncia ulteriori attacchi ai salari. Quando si parla di “abbassamento del costo del lavoro” sappiamo bene che cosa si intende: minori spese per le aziende nell’erogazione dei salari. Significa, in parole povere, un attacco alle già misere retribuzioni di chi lavora.
Proviamo a capire esattamente in cosa consiste questa “stretta”. Rispetto agli attuali 36 mesi, un contratto a termine potrà essere stipulato solo fino a 12 mesi (fino a 24 mesi con il rinnovo, che dovrà essere giustificato). Le proroghe possibili dei contratti a termine passeranno da 5 a… 4 e per le imprese ci sarà un costo di “ben” 0.5 punti (sic!) per ogni rinnovo. Tutto questo senza che vi sia alcun obbligo di assunzione dopo i 12 (o 24) mesi di lavoro precario! Insomma, con una disoccupazione alle stelle (che arriva fino al 50% per i giovani) e quindi con un enorme esercito di riserva in cerca di lavoro, sai che sacrificio per le imprese lasciare a casa un lavoratore dopo 12 o 24 mesi ed assumerne uno nuovo!
Nemmeno il lavoro interinale viene abolito: viene solo ridotto al 20% il tetto massimo di assunti interinali in una fabbrica. Di fatto è solo una ratifica di quello che già avviene: è questa la percentuale di assunzioni interinali utilizzate di norma dalle grandi industrie.
La verità è che il “governo del cambiamento” non cambia proprio nulla: resta il precariato, resta la possibilità per gli imprenditori di utilizzare e poi disfarsi della forza lavoro a proprio piacimento senza alcun obbligo di assunzione a tempo indeterminato.
L’unico reale contrasto al lavoro precario si ottiene con l’abolizione di tutte le leggi che hanno esteso il lavoro a tempo determinato (dal Pacchetto Treu alla Legge Biagi), con l’assunzione a tempo indeterminato di tutto il personale precario, con la scala mobile delle ore lavorative (riduzione delle ore di lavoro a parità di salario per chi già lavora a tempo indeterminato al fine di assumere nuovo personale).
Delocalizzazioni? Sì, ma senza fretta
L’altro spot del governo, che sembra impegnato in una campagna elettorale permanente, è la presunta stretta sulle delocalizzazioni. Presunta, appunto: alle imprese viene lasciata piena libertà di chiudere e licenziare e di trasferire la produzione all’estero, alla faccia degli operai licenziati nel nostro Paese. L’unico “vincolo” che viene introdotto riguarda le imprese che hanno ricevuto contributi, finanziamenti agevolati, aiuti fiscali: queste dovranno aspettare 5 anni prima di spostare la produzione all’estero (nella bozza iniziale si parlava di 10 anni, ma le richieste di riduzione da parte di Confindustria sono state subito accolte).
Al di là della propaganda, significa che le imprese potranno continuare a licenziare e delocalizzare senza vincoli di sorta e che potranno persino tenersi i soldi pubblici ricevuti: gli basterà aspettare 5 anni prima di ufficializzare il trasferimento della proprietà all’estero. Senza contare che, come hanno notato persino alcuni commentatori del Sole24ore, ci sono molte imprese che spostano di fatto la produzione all’estero ma in fabbriche che non appaiono della stessa proprietà e che quindi non dovranno restituire proprio nulla: basta un semplice trucchetto.
Se consideriamo che sono migliaia le imprese manifatturiere italiane già delocalizzate (per un giro d’affari di più di 240 miliardi di euro) per le quali non sono previsti né obblighi né norme retroattive, è evidente che per gli operai tutto resta come prima: i capitalisti italiani che hanno già de localizzato continueranno a godersi i loro profitti, gli altri potranno continuare a licenziare a loro piacimento per spostare la produzione nei Paesi dove la forza-lavoro costa meno (magari facendo lavorare donne e bambini in condizioni di lavoro schiavistiche, come in alcuni Paesi asiatici, africani e sudamericani). Aggiungiamo il fatto che questa norma non prende in considerazione tutte le forme di finanziamento indiretto erogate dallo Stato alle industrie, come la cassa integrazione (ordinaria e straordinaria), che prevede l’utilizzo di soldi pubblici per garantire gli affari a capitalisti miliardari dispensandoli dall'erogazione degli stipendi.
La verità è che l'unico modo per impedire le delocalizzazioni e garantire i posti di lavoro è l'esproprio delle grandi aziende, a partire da quelle che licenziano o annunciano di trasferire la produzione all'estero. Tutto il resto è fumo senza arrosto.
Le maestre "congelate"
Non possiamo, infine, non ricordare che un altro leitmotiv della campagna elettorale del duo populista è stato il sostegno alle maestre diplomate che rischiano il licenziamento di massa (55 mila licenziamenti se verrà applicata la vergognosa sentenza del Consiglio di Stato che le esclude dalle graduatorie ad esaurimento). Come da subito abbiamo denunciato – essendoci impegnati in prima fila a sostegno della lotta di queste lavoratrici – la solidarietà dei partiti di destra e populisti era solo strumentale: oggi ne abbiamo la dimostrazione. Contestualmente all'approvazione del “Decreto dignità”, il Consiglio dei ministri ha approvato la proposta del neo-ministro dell'istruzione Bussetti di “congelare” per 120 giorni la condizione di queste maestre. Una vera e propria presa in giro, che serve solo per scongiurare il rischio di un avvio dell'anno scolastico senza insegnanti e che lascia nella totale incertezza i diplomati magistrali: come hanno giustamente denunciato le maestre dei comitati più combattivi è un affronto a decine di migliaia di donne.
Ribadiamo il nostro sostegno attivo alla lotta delle maestre: rivendichiamo un decreto che garantisca il posto di lavoro a tempo indeterminato a tutte le maestre e a tutti i maestri che insegnano nelle scuole. Chiediamo anche l'abolizione della legge 107 (“Buona scuola”) in tutte le sue parti, inclusa la vergogna dell'alternanza scuola-lavoro.
L'unica dignità è quella socialista
L'unica vera possibilità di ridare dignità al lavoro, sempre più colpito dagli attacchi dei governi borghesi di tutti i colori, è quella di costruire un'economia socialista. E' un dato di fatto che tantissimi operai hanno votato M5S e Lega: è anche il frutto di fallimentari politiche governiste della sinistra riformista (da Rifondazione comunista a tutte quelle forze politiche confluite nel cartello elettorale “Leu”). Il sostengo dei partiti di sinistra alle politiche padronali, col conseguente immiserimento delle masse popolari, ha aperto la strada alla diffusione di populismi e razzismi, che ora trovano in questo governo la loro espressione più cruda.
E' necessario battersi per un'alternativa di governo e di sistema, che parta dalle lotte dei lavoratori e delle lavoratrici e applichi un programma anticapitalista. Non esistono governi buoni nel capitalismo: esiste solo la barbarie. Costruiamo il partito rivoluzionario internazionale che serve per abbattere questo sistema economico e costruire un mondo socialista.

venerdì 6 luglio 2018

Asl Frosinone, il piano regionale per il governo delle liste d'attesa non decolla.


Francesco Notarcola

Coordinatore locale Cittadinanzattiva TDM



I cittadini di Frosinone e della provincia , le associazioni , così come diversi sindaci e alcuni rappresentanti istituzionali, intervengono da sempre per esporre il proprio disappunto o la propria protesta  contro le lunghissime  liste di attesa per visite specialistiche e diagnostica che da anni vanno oltre ogni ragionevole limite tollerabile. Questa situazione  danneggia fortemente i cittadini meno abbienti e  gli emarginati che debbono ricorrere alle visite private, intaccando la già esigua e pensione minima di 500 euro  mensili, o debbono   rinunciare a curarsi perché non hanno reddito. Vogliamo ricordare che ciò ricorre   frequentemente nella nostra  provincia che conta 130 mila disoccupati  tali da alimentare una diffusa sacca di povertà. Il dramma di questa realtà è riconosciuta dalla regione che per sbloccare e migliorare i disagi e limitare i  danni arrecati ai pazienti ha elaborato ed approvato il Piano Regionale per il Governo delle Liste D’Attesa 2017-2018 stanziando 10 milioni di euro complessivi. In questo decreto si vuole raggiungere  l’abbattimento delle liste d’attesa per alcuni degli esami ecografici  e delle visite specialistiche che presentano maggiori criticità.  Sono coinvolti  nel  progetto  oltre a  tutti i comparti sanitari e gestionali, anche  le forze sindacali e le   associazioni  di liberi cittadini. Il sistema prevede la  classificazione temporale della richiesta delle prestazioni sanitarie,in base al grado di gravità della patologia da accertare e da curare. Ciò  per quanto attiene    alle prestazioni di primo accesso, cioè quelle che rappresentano il primo contatto del paziente con la struttura. Le classi di priorità seguono la  seguente classificazione : Urgente (da espletare entro le 72 ore) Breve (Da eseguirsi entro 10 giorni) Differibile (30 giorni per le visite, 60 giorni per le prestazioni strumentali).  L’assurdo è, invece,  che nella Asl di Frosinone  il paziente deve recarsi tutti i giorni al Cup fino a quando non trova la disponibilità ad essere visitato.  Eppure il   Piano si basa su  un’organizzazione armonica e trasparente.  Mentre il sistema prevede    l’apertura degli ambulatori, fino alle 22 e se necessario anche il sabato e la domenica, nella Asl di Frosinone gli ambulatori si chiudono come avvenuto per l’unità  di prevenzione e riabilitazione cardiologica ; mentre il piano prescrive  di riservare alla popolazione spazi nella configurazione delle agende, vietandone le chiusure,  a Frosinone gli spazi si chiudono bloccando le prenotazioni; mentre in presenza di lunghi tempi d’attesa il piano obbliga  l’interruzione totale delle prestazioni  private intramoenia , a Frosinone si continua queste attività negli ospedali e negli ambulatori privati dei medici autorizzati. Per discutere tutte queste problematiche, Cittadinanzattiva TDM ha richiesto un incontro al responsabile del ReCup della Asl di Frosinone in data 20 maggio e al direttore generale in data 28 maggio. Siamo ancora in attesa di un cenno di riscontro.  Il controllo delle organizzazioni di tutela dei diritti dei cittadini nella programmazione, organizzazione , controllo e verifica dei servizi sanitari  è sancito anche dall’art.118 u.c. Cost., dall’art.14 del D. Lgs. 502/92, dell’art. 12 del D.Lgs. 229/99. In presenza della totale disattesa di quanto previsto nel Piano Regionale per il Governo delle Liste d’attesa 2017-2018 e di quanto sancito nelle leggi sopra richiamate rinnoviamo la richiesta di un incontro al direttore generale della Asl, e chiediamo al sindaci del Capoluogo Nicola Ottaviani, in qualità di presidente della conferenza locale della sanità di convocare tale organismo in un incontro aperto con le associazioni per contribuire a risolvere una situazione grave e drammatica che colpisce l’intera popolazione della provincia, danneggiata economicamente e limitata    nell’accesso alle cure.

Frosinone 6 luglio 2018


giovedì 5 luglio 2018

"Il 7 luglio tutti con una maglietta rossa perché i bambini sono patrimonio dell'umanità"

Una maglietta rossa per fermare l'emorragia di umanità


Sabato 7 luglio indossiamo una maglietta rossa per un'accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà
"Rosso è il colore che ci invita a sostare. Ma c'è un altro rosso, oggi, che ancor più perentoriamente ci chiede di fermarci, di riflettere, e poi d'impegnarci e darci da fare. È quello dei vestiti e delle magliette dei bambini che muoiono in mare e che a volte il mare riversa sulle spiagge del Mediterraneo. Di rosso era vestito il piccolo Alan, tre anni, la cui foto nel settembre 2015 suscitò la commozione e l'indignazione di mezzo mondo. Di rosso erano vestiti i tre bambini annegati l'altro giorno davanti alle coste libiche. Di rosso ne verranno vestiti altri dalle madri, nella speranza che, in caso di naufragio, quel colore richiami l'attenzione dei soccorritori.
Muoiono, questi bambini, mentre l'Europa gioca allo scaricabarile con il problema dell'immigrazione – cioè con la vita di migliaia di persone – e per non affrontarlo in modo politicamente degno arriva a colpevolizzare chi presta soccorsi o chi auspica un'accoglienza capace di coniugare sicurezza e solidarietà. Bisogna contrastare questa emorragia di umanità, questo cinismo dilagante alimentato dagli imprenditori della paura. L'Europa moderna non è questa. L'Europa moderna è libertà, uguaglianza, fraternità. Fermiamoci allora un giorno, sabato 7 luglio, e indossiamo tutti una maglietta, un indumento rosso, come quei bambini. Perché mettersi nei panni degli altri – cominciando da quelli dei bambini, che sono patrimonio dell'umanità – è il primo passo per costruire un mondo più giusto, dove riconoscersi diversi come persone e uguali come cittadini"
d. Luigi Ciotti, Presidente nazionale Libera e Gruppo Abele
Francesco Viviano, giornalista
Francesca Chiavacci, presidente nazionale Arci
Stefano Ciafani, presidente nazionale Legambiente
Carla Nespolo, presidente nazionale ANPI
per adesioni associazioni scrivere organizzazione@libera.it
L'appello su la Repubblica:

mercoledì 4 luglio 2018

Ma quanto sete brutti !

Luciano Granieri


Ma quanto sete brutti. De animo de core, de faccia e de corpo.
Quanto sete brutti sempre n’cazzati contro dei poracci che se potessero
ve farebbero rimagnà la vostra bruttezza, la vostra n’famia.
Quanto sete brutti pure voi de Frosinone co’ st’ossesione
de li neri che rubbano le panchine  a li  vecchi    pe’ mettesse a sede ar posto loro.
Quanto sete brutti pure voi de Frosinone co’ st’ossessione
de li bianchi poveri che  fregheno le merendine nelle scole
E se il libbro dice ch' er Signore v’ha creato a sua immagine e somiglianza
anche lui tanto bene nun stà.
Cominciate a esse   brutti pure voi che avete principiato  a andà co li brutti
Perché se sa chi  va coi brutti  prima o poi se imbruttirà.
C’aveva ragione il compagno Peppino da Cinisi , quanno diceva che
se s’insegnasse la bellezza alla gente la si fornirebbe di un’arma contro
la paura la rassegnazione e l’omertà” 
E io ce metto che  co’ la stessa arma
ve leveremmo de mezzo a tutti voi brutti quanti sete.


martedì 3 luglio 2018

IL DECRETO “DIGNITA” E LA POVERTA’ NEL NOSTRO PAESE . CHE FARE ?

Umberto Franchi



Le grandi migrazioni, di milioni d Uomini  dall’Asia e dall’Africa verso l’occidente , sono sicuramente causate  dalla povertà… dal “Pauperismo”… cioè dal fatto che le stesse potenze occidentali hanno causato una depressione economica estesa in quei Paesi tramite  lo sfruttamento delle loro risorse, la siccità (che crea carestie)  per via dell’effetto serra, causato da uno sviluppo distorto basato sull’energia carbonifera e dalle guerre promosse o finanziate dalla Nato, con lo scopo  di colonizzazione soprattutto le risorse petrolifere.
  Questa realtà di grandi migrazioni verso l’Italia , ha dato la possibilità alla Lega di aumentare il proprio consenso  mettendo gran parte  dei lavoratori e dei cittadini Italiani contro gli immigrati sotto lo slogan “prima gli Italiani”, senza minimamente affrontare le cause reali del disagio sociale degli italiani, della povertà che avanza.
 Gli ultimi dati Istat ci dicono che da una parte è aumentata la povertà assoluta  che riguarda oltre 5 milioni di persone e la povertà relativa che è arrivata a 14 milioni di persone… e dall’altra ,  che oggi in Italia l’occupazione è tornata ad essere quella di prima della Crisi (circa 23 milioni di persone occupate)… che l’occupazione negli ultimi tre mesi  è aumentata di oltre  420.000 unità … Questo significa che molti poveri sono persone che hanno un lavoro , ma non riescono ugualmente ad arrivare a fine mese o ad avere il cibo necessario per vivere.

Da cosa dipende questa realtà che sembra in contraddizione, in quanto più lavoro dovrebbe significare più ricchezza e meno povertà?
Il  dato sull’occupazione è falsato dal fatto che contemporaneamente è cambiata la forza lavoro: 
La realtà del mondo del lavoro vera, è questa:
1)      I lavoratori devono fare i conti con la legge n. 276, nel 2003 detta “legge Biagi”, che prevede ben 46 forme di contratti precari… una legge  fatta dal Governo Berlusconi e dalla lega di cui era ministro del lavoro Maroni… e successivamente un’altra  legge detta  JOBS ACT, fatta dal governo Renzi nel 2015… che prevede l’abolizione dell’art. 18,  ulteriori flessibilità per i contratti a termine e lascia invariata la legge Biagi con le sua 45 forme di lavoro precario… solo  il lavoro ripartito , è stato   abrogato con il  JOBS ACT ; 

2)       Nel tempo , Siamo quindi  passati da una occupazione che era prevalentemente a tempo indeterminato con circa 2.000 ore di lavoro l’anno, ad una occupazione che è sempre più diventata a termine, a giornata, a chiamata, interinale, wekend, 1X2, a progetto, somministrazione, apprendistato,   ecc… ecc… ;

3)      Insomma, oggi il 93% delle assunzioni sono contratti atipici e flessibili con un lavoratore che  nell’arco di un anno viene assunto e licenziato anche per tre volte… l’Istat , ogni volta che un lavoratore viene riassunto la considera una nuova assunzione , per cui i dati sui 23 milioni d persone occupate è falso,  in realtà è sempre il solito lavoratore, che viene assunto tre volte ,quindi una assunzione l’anno e non tre. 



4)      La povertà di chi lavora è causata dal fatto che essendo i lavoratori  precari non fanno mai più di 1.000 ore annue …I lavoratori sempre ricattati, e difficilmente possono scioperare   per reclamare incrementi economici e più diritti, perché licenziabili in ogni momento… e   quindi hanno anche con paghe di fame che spesso non superano le 3-4 euro l’ora. Essi sono definiti i nuovi schiavi.

5)      In aggiunta a quanto sopra , la realtà del mondo del lavoro è fatta anche di bassa innovazione ed alta  frantumazione del lavoro. una frantumazione del mondo del lavoro nella stessa azienda con lavoratori a tempo determinato con diritti (anche l’art.18) e paghe dignitose, e lavoratori in appalto, subappalto, false cooperative, e precari di tutti le tipologie che non hanno diritti , sono sfruttati e ricattati, ed hanno misere paghe pur svolgendo le stesse mansioni .
A questo punto verifichiamo cosa prevede il “Decreto Dignità del Governo Giallo/verde “:

a)       Le aziende possono continuare ad assumere con contratto a termine il 20% del personale come in precedenza,  ma ai medesimi, con la vecchia legge JOBS ACT il datore di lavoro poteva assumerli per un massimo di 36 mesi , con 5 possibilità di proroghe dei contratti a termine e senza indicare la casuale … con la nuova legge “Decreto di Dignità” , il datore può assumere un lavoratore con contratto a termine per un massimo di 24 mesi, con la possibilità di 4 proroghe, senza indicare le cause per il primo anno mentre per l’anno successivo devono essere indicate una delle tre cause: picchi di lavoro, o esigenze temporanee, o lavoro stagionale; 
b)      Per i lavoratori nuovi assunti  a termine o a tempo indeterminato, in caso di licenziamento non serve indicare  una giusta causa… e continueranno a non avere il diritto dell’applicazione dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori,  quindi anche se il licenziamento è ingiustificato non potranno avere il diritto di essere reintegrati in azienda…l’unica modifica riguarda la penalità massima  che il giudice può decidere a carico dell’azienda , che passa da 24 mesi a 36 mesi;
c)      L’azienda che ha  ricevuto risorse dallo Stato , in caso decida di delocalizzare l’attività all’estero deve rendere ciò che ha ricevuto e pagare una penalità.
Il decreto “Dignità” è sicuramente un segnale importante… positivo… ma ben lontano dalle esigenze … La legge Biagi con tutte le forme d lavoro precario  continuerà ad essere applicata dai datori di lavoro mentre andava cancellata; il JOBS ACT  continua ad esistere sia pur un po ammorbidito…; l’art. 18 dello Statto dei Lavoratori continua ad non applicarsi per tutti i lavoratori assunti dal 2015 in poi… le leggi esistenti su gli appalti e subappalti e false cooperative restano invariate… Insomma quello fatto chiamato “decreto dignità” è come un brodino caldo che viene dato a un moribondo… 

Fa sicuramente pena Renzi quando sostiene che questi provvedimenti faranno aumentare la disoccupazione ed il reddito di cittadinanza… uno Statista dovrebbe almeno sapere che l’occupazione aumenta se le imprese hanno più ordinativi… e le imprese possono avere più ordinativi se le persone consumano di più… ma nel caso Italiano con la povertà dilagante consumano di meno e tutte le aziende cercano di stare sui mercati riducendo i costi del lavoro.. 

Sono oltre 30 anni che  in quasi tutte le aziende , (non tutte)  si è preferito ricercare la competitività riducendo il costo del lavoro con la ricerca dell’aumento della produttività intensificando orari, carichi, ritmi di lavoro ed uso sproporzionato del lavoro flessibile e precario … frantumazione del lavoro…  e la  concorrenza tra le aziende o con l’estero  avviene  attraverso il taglio dei salari, dello stato sociale, delle pensioni, dei diritti, ecc..;  
Tutto ciò ha causato anche un  impoverimento del tessuto produttivo dove l’innovazione è ancora poca cosa …  Nel nostro Paese manca un piano di conversione ecologica dell’apparato industriale; un piano di risanamento ambientale dei territori; un piano di risanamento abitativo pubblico e privato; un piano di investimenti  innovativi ed infrastrutturali,  per fare competizione “alta”, preferendo di fatto puntare al maggiore sfruttamento della manodopera occupata. 
Su tutto questo nel decreto “ Dignità” del governo non c’è niente !


Eppure in Italia oggi c’è un 10% della popolazione detiene il 55% di tutta la ricchezza esistente , addirittura 70 persone hanno un terzo della ricchezza esistente pari a quella di 20 milioni di persone. Basterebbe mettere una imposta sui grandi patrimoni e rendite finanziarie…per recepire le risorse necessarie …ma invece il governo Lega 5Stelle , fa l’esatto contrario… e con la FLAT TAX diminuiranno le tasse ai grandi capitalisti e speculatori spostando ulteriore ricchezza dai ceti medi/poveri a quelli ricchi... 
Questo avverrà come “scelta di classe” cioè, pur sapendo che  le scelte della maggioranza degli imprenditori, dei ricchi, di coloro che si sono appropriati della ricchezza trasferendo risorse dalle classi proletarie  e medie (del lavoro) nelle loro tasche  continueranno  a  fare intensi  profitti, non negli investimenti produttivi-occupazionali, utilizzeranno i loro capitali   nella  finanziarizzazione e speculazione , perché quella degli investimenti produttivi/occupazionali…   comporterebbe sempre  maggiori rischi per loro.  

Allora la   domanda che dobbiamo porci    è ancora  quella  di capire come sia possibile oggi in Italia ed Europa, fermare l'esito della feroce ristrutturazione capitalista e della controrivoluzione che ha restituito alle classi dominanti il predominio e l´egemonia sulle scelte economiche, sociali, civili, culturali, ambientali, rimuovendo di fatto, (salvo sacche di resistenza)  anche il conflitto sociale che il secolo scorso ci aveva lasciato in eredità, con i sindacati e le sinistre che si sono dimostrati incapaci di reagire in modo adeguato ?

Eppure abbiamo una costituzione, dove si fa riferimento giustamente all’applicazione dell’art. 1 “La Repubblica Fondata  sul Lavoro”… quindi  si parla di un progetto politico , dove , assieme all’art. 1 abbiamo   l’art. 3 della Costituzione,  che “fa obbligo alla repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la libertà e l’uguaglianza dei cittadini”… cosa che non farà certamente il governo “Verde Giallo…Ma allora cosa fare ?  come?  Quale progetto ? 

Questa riflessione la faceva già Gramsci nei suoi scritti  sull'Uomo nuovo . nella sua riflessione su Fordismo ed il ruolo della classe operaia, in un sistema in cui la fabbrica, la tecnica, le relazioni sociali, le forme istituzionali, si integrano, diceva che  è   il lavoratore collettivo che esercita la propria egemonia su tutto il resto... su tutti gli altri mondi vitali… ed allora anche la ricerca del cosa fare, non può che essere indirizzata ad una ripresa dei movimenti di lotta collettivi a partire dalle fabbriche… per cercare di cambiare la realtà riguardante  lavoratori, i pensionati,  i lavoratori condannati alla precarietà, i disoccupati, gli esodati, la miseria sociale …  con un popolo  che ritrova  comunque la volontà di  lottare su un progetto di sistema alternativo,  a quello capitalista… altrimenti il rischio è la confusione aumentae tutto  diventa solo un fatto individuale, funzionale al sistema vigente !



lunedì 2 luglio 2018

Leggi d'Iniziativa popolare: a che punto siamo

Luciano Granieri, portavoce comitato  4 dicembre Frosinone




Il 30 giugno scorso è scaduto il periodo utile per raccogliere la firme sulle leggi d’iniziativa popolare relative alla scuola, alla modifica dell’art.81 cost. alla adozione di una legge elettorale proporzionale. Ad esse si aggiunge una petizione  proposta dall’Anpi, denominata “mai più fascismi” da inoltrare alle istituzioni  democratiche , affinchè, nel rispetto delle leggi in vigore (Scelba, Mancino),  impediscano  manifestazioni pubbliche  e   partecipazioni alle elezioni a gruppi che facessero esplicito riferimento al partito fascista. 

Dal momento che i tempi per l’autenticazione, anche tramite PEC, sono stati prorogati fino al 5 agosto, è possibile  raccogliere ancora qualche adesione. Attualmente le firme già depositate sono 20.000, e ad oggi quelle da presentare sono altrettante. Il numero necessario  per portare le leggi in Parlamento è di 50.000, quindi è chiaro che l’obiettivo   ancora non è  stato  ottenuto. In realtà le adesioni raccolte non sono uniformi per tutte le Lip .

 La più vicina al quorum è quella sulla scuola, segue la modifica dell’art.81 cost. ancora più indietro e la  proposta sulla legge elettorale proporzionale. La petizione “mai più fascismi” non ha necessità di quorum, né di autenticazione delle firme,  ma le   adesioni raccolte   sono inferiori alle Lip . Questa la situazione a livello nazionale. 

Nel nostro territorio, il risultato  non è sostanzialmente diverso. Il comitato 4 dicembre per la costituzione di Frosinone,( sezione locale del coordinamento democrazia costituzionale), la sezione provinciale della Lip scuola e l’ Anpi  di Frosinone, hanno messo in campo quanto era nelle proprie forze per raccogliere  il maggior numero di firme. Alla campagna hanno contribuito, la segreteria  provinciale di Rifondazione Comunista e la segreteria nazionale di Democrazia Atea. Alcuni esponenti di questi raggruppamenti si sono candidati alle elezioni  politiche e  regionali nelle liste di Potere al Popolo, mentre alcuni rappresentanti  della Lip scuola provinciale hanno concorso, sempre per il Parlamento e  per la Regione nelle fila di LeU. 

Come portavoce del comitato 4 dicembre, desidero ringraziare l’ANPI di Frosinone che,  grazie all’impegno del  suo presidente Simone Campioni e  di molti militanti, ci ha supportato significativamente nella raccolta  delle firme. Un ringraziamento particolare va  al  consigliere comunale  Daniele Riggi che ha provveduto all’autentica. 

Il quadro che la nostra provincia rimanda in merito a questa vicenda è desolante, sarebbe ipocrita nasconderlo. Numericamente siamo ad oltre le 250 firme per la scuola, 125 per la modifica dell’art.81, una trentina per la legge elettorale (per cui c’è stata una difficoltà nel reperimento dei moduli) e circa 65 firme per la petizione mai più fascismi. Ripercorrendo  quanto avvenuto, possiamo dire che molto negativamente hanno inciso  le elezioni del 4 marzo.  Grazie  agli accordi stipulati a livello nazionale sia con “Potere al Popolo” che con “Liberi  e Uguali”,  i quali    avevano concesso la disponibilità durante i loro comizi a raccogliere le firme, si sperava in un risultato diverso. 

Purtroppo nella  nostra provincia  le direzioni locali  dei due schieramenti, privilegiando il marketing  elettorale, rispetto ai contenuti delle Lip, con  cui si dichiaravano d’accordo, hanno boicottato i banchetti. Quelli  organizzati in collaborazione con LeU sono stati  osteggiati  da Potere al Popolo e viceversa.  Dal Movimento 5 Stelle, paladino della Costituzione , della giustizia sociale, e della scuola pubblica,  non abbiamo avuto segnali. 

 Ad elezioni svolte  la raccolta firme, sempre a livello locale, ha subito un  ulteriore rallentamento .  Molti hanno considerato inutile  sostenere  delle leggi che auspicabilmente  il cosiddetto governo del cambiamento avrebbe fatto proprie.  Altri, in particolare i delusi del Brancaccio, hanno usato i nostri banchetti per una sfida all’ok corral, utile ad  individuare i colpevoli della debacle “ultrasinistrorsa” , in qualche caso addebitata inspiegabilmente anche  a noi che stavamo raccogliendo le firme. 

In merito  alla petizione   dell’Anpi, sul divieto di concedere partecipazione elettorale e manifestazioni pubbliche a gruppi che si rifanno in modo manifesto al fascismo, il quesito è stato minimizzato. E’  stato considerato inutile  proprio da chi  è ipotizzabile avesse la nostra stessa sensibilità antifascista . Vogliamo dire che se ci ritroviamo Salvini a comandare  è anche un po’ colpa di questa sottovalutazione? 

La  vicenda della raccolta firme sulle Lip,  al di la’ di quale esito avrà , mostra inequivocabilmente l’assoluta sottovalutazione del merito rispetto ai proclami elettorali.  Una legge che sostituisse la buona scuola renziana era da tutti auspicata, ed è stata quella che ha raccolto più firme, anche grazie all’impegno di alcuni insegnanti che negli ultimi mesi    hanno vissuto sulla loro pelle le angherie del preside manager.  

Il principio di preminenza dell’interesse sociale sulla speculazione finanziaria, oggetto della Lip sulla modifica dell’art.81 della Costituzione non è stato recepito in tutta la sua importanza. Non si è capito, o non si è voluto intendere, che se non si esce dalle politiche di austerity imposte dalle oligarchie politico-finanziarie europee non sarà possibile mettere in campo alcun provvedimento di sociale utilità, compreso  il reddito condizionato mantra della campagna elettorale grillina. 

Ebbene noi l’austerity ce l’abbiamo dentro la Costituzione. Un impegno in questo senso, così come anche annunciato dal governo del cambiamento, avrebbe dovuto essere preso subito a partire dalla  modifica dell’art.81  e a seguire andando in Europa  ad  esigere   la modifica dei trattati. A quanto pare, invece, il coacervo penta leghista è capace  ad alzare la voce solo per far affogare centinaia di migranti in mare. 

Dalla situazione appena descritta si deduce tristemente come, nonostante sia stato potenziato l’esercizio della democrazia diretta con l’impegno a discutere in breve tempo, almeno nelle commissioni parlamentari,  le leggi d’iniziativa popolare, tale prerogativa rimane debole ed inefficace se le norme proposte non sono recepite oppure non spingono  i cittadini ad esercitare questo loro diritto.  

Allora sarebbe il caso, prima di proporre altre leggi d’iniziativa popolare, rendere il popolo un po’ più consapevole distogliendolo dal falso frastuono dei media che, agitando lo spauracchio di una crudele guerra fra poveri,  lascia irrisolte le questioni vere.  Le cause cioè  della precarietà della vita di molte, troppe, persone. 

Questo dovrebbe essere il nostro compito se vogliamo riprendere un po’ di credibilità verso un blocco sociale che prima ci considerava punto di riferimento. Questo dovrebbe essere il nostro impegno in un futuro che sarà molto complicato per tutti.