sabato 15 settembre 2018

Ripartire dall'eliminazione dell'obbligo del pareggio di bilancio in Costituzione per sconfiggere sovranisti e liberisti

Luciano Granieri 





Il fallimento della  raccolta firme sulle leggi d’iniziativa popolare per  scuola, pareggio di bilancio in Costituzione, e legge elettorale  mi induce,   come esponente del comitato 4 dicembre per la Costituzione - movimento che insieme ad Anpi, Lip scuola provinciale, Rifondazione Comunista, ha pianificato fattivamente la raccolta firme sul territorio -a qualche riflessione. 

Probabilmente l’errata valutazione della vittoria nel referendum Costituzionale - a questo punto occorre ammetterlo -maturata più per antipatia verso Renzi, che per un reale consapevolezza sulla necessità di difendere la Carta, ha creato in noi, rosee aspettative, sul raggiungimento delle 50.000 firme per poter presentare le tre leggi d’Iniziativa popolare in parlamento,  aspettative  andate miseramente deluse.   Mettiamoci pure  che la concomitanza con la campagna elettorale anziché costituire, come si credeva, un traino per le adesioni, ha rappresentato un handicap, un po’ per le scaramucce elettoralistiche ( incomprensibili fra le piccole forze politiche che hanno appoggiato le Lip),  molto di  più  per la convinzione che la vittoria, quasi annunciata, del Movimento5Stelle avrebbe   sistemato tutto : scuola e quadro economico di austerity di  cui l’art.81 sul pareggio di bilancio in Costituzione è parte integrante.  Quindi firmare le    Lip sarebbe stato inutile.  

Orbene, ora i 5Stelle sono al governo con un partner quantomeno alieno ai principi costituzionali. Il popolo della Costituzione non è riuscito a cambiare leggi in contrasto con il dettato Costituzionale.  Vogliamo sperare nel nuovo esecutivo? E’ pia illusione. In relazione alla scuola ci sono alcuni propositi scritti nel contratto di governo  ma ancora nulla è stato fatto. Sull’articolo 81 cost. invece  si ha l’impressione che non sappiano neanche cosa sia e le reali conseguenze di devastazione sociale che comporta, altrimenti  avrebbero già pianificato di cambiarlo.

 Infatti  l’obbligo del raggiungimento del pareggio  di bilancio, che solo l’Italia ha inserito in Costituzione,   è uno dei dettami  del Fiscal Compact . Oltre al pareggio di bilancio , il dispositivo ordoliberista  impone agli Stati di ridurre  entro 20 anni  la parte eccedente il 60% del proprio  debito rispetto al Pil.  L’Italia sta al 133%. Per cui a partire dal 2019 dovremmo fare in modo che entro venti anni questo si riduca fino al 60%. 

L’art 16 del Fiscal Compact, entrato in vigore formalmente nel 2014, prevede che dal gennaio 2018 esso entri a far parte dei trattati europei.  A tale scopo gli Stati membri devono inviare una valutazione ulteriore sulla sua attuazione  all’interno del trattato, avanzando delle proposte  di adeguamento. Nel governo giallo-verde se ne sta occupando il ministro per gli Affari Europei, Paolo Savona. Già proprio quel Savona che Mattarella non ha voluto al ministero dell’economia perché la sua solo ventilata posizione anti Euro poteva creare problemi all’Italia (come se il ministro Salvini non ne stesse creando di peggiori!). 

Savona , per quanto di estrazione liberale , amico del presidente banchiere Ciampi, ha  pure proposto  una modifica inerente un  regime  fiscale globale uguale in tutta  Europa  .   Ma con il macigno dell’art.81 sul pareggio di bilancio in Costituzione c’è poco da fare. Gli spazi di manovra sono limitatissimi. Anziché portare avanti  sta’ litania sull’immigrazione, per la quale    la Commissione UE ci ha preso a sberleffi, bisognerebbe realmente mettere mano a provvedimenti seri contro le politiche di austerity con cui la speculazione finanziaria, attraverso,  le armi europee della Ue e della Bce,  ci sta ricattando. Le parole del ministro per l’economia Tria in questo senso sono rivelatrici quando afferma che:” è inutile cercare 3 miliardi in più di deficit se poi ne perdiamo altrettanti sui mercati” cioè  la speculazione finanziaria se li riprende attraverso l’innalzamento dello spread. 

Solo per aver  vagheggiato una manovra economica di 30 miliardi, (comprendente  i 12 per sterilizzare l’aumento dell’Iva e i 18 circa  necessari al  reddito di cittadinanza e  la riforma della legge  Fornero), il debito è salito di 18,4 miliardi raggiungendo la cifra monstre di 2.341,7 miliardi di euro. La spesa per interessi   passa da 62,5 miliardi a 63 miliardi per  quest’anno,  mentre  le previsioni per l’anno prossimo indicano un aumento, dai 63,5 preventivati,  ai 68. Tutto ciò considerando che siamo in presenza dell’ennesimo avanzo primario (le entrate fiscali superano la spesa sociale di 15,4 miliardi) e che gli enti locali hanno recuperato il 2% del proprio debito . 

Quindi è chiaro che un tale salasso non è dovuto all’eccessiva spesa sociale, ma ai giochi finanziari che gli investitori fanno sui nostri titoli, ricorrendo anche a strumenti delinquenziali quali i contratti derivati. In questa dinamica non sarà possibile realizzare ne la riforma della Fornero, né il reddito di cittadinanza. Men che meno ciò potrà avvenire l’anno prossimo quando scatterà la prima tagliola del  Fiscal Compact.  

Allora se proprio si devono subire le ire e gli attacchi  delle istituzioni finanziarie europee almeno lo si faccia non a seguito di promesse  ed annunci di cose che, stante l’attuale sistema  di austerity, non si potranno mai ottenere. Anziché minacciare di non pagare la propria quota di contributi europei se gli Stati dell’Unione non accettano i migranti che sbarcano sulle nostre coste,  impegniamoci  a non pagare  la parte di debito derivante dalla speculazione finanziaria.   

Scorporiamo dal bilancio pubblico  le spese per investimenti  finalizzati alla salvaguardia e messa in sicurezza del territorio,   a creare nuovi  posti di lavoro attraverso la costituzione  di aziende  di partecipazione pubblica attive nel campo della green economy, e nella gestione dei servizi necessari alla sopravvivenza . 

Nazionalizziamo le banche e le attività economiche. Soprattutto cominciamo con il  cambiare l’art.81 della Costituzione togliendo l’obbligo del pareggio di bilancio. Noi non ci siamo riusciti con la raccolta firme,e non credo che ciò riuscirà all’attuale governo. Però a pensarci bene, proprio la lotta alle politiche di austerity della Troika  potrebbero essere una risposta  valida a sconfiggere allo stesso tempo i sovranisti e i liberisti, o mi sbaglio?

mercoledì 12 settembre 2018

Raccolta firme sulle leggi d'iniziativa popolare: i risultati.

Mauro Beschi  Comitato  Democrazia Costituzionale





Abbiamo concluso il controllo delle firme inviate, con gli ultimi plichi arrivati nel mese di agosto.
Il 9 di agosto avevamo inviato una lettera del presidente Villone che dava conto di come le firme verificate non fossero in grado di farci raggiungere gli obbiettivi preventivati, aggiungendo che, dopo l'estate, il CDC avrebbe avuto modo di discutere sulla propria missione ed obbiettivi.  
La tavola allegata riporta una rendicontazione che può avere ancora delle correzioni poichè sembra che Rifondazione abbia ancora in arrivo firme e da alcuni territori  è possibile non siano arrivate tutte le firme spedite.

Desidero ringraziare tutti i Comitati per il lavoro svolto, lavoro che, nonostante l'amarezza dell'insuccesso, ha comunque seminato forme di resistenza in un quadro sofferente e rischioso per la democrazia costituzionale e di sommovimento in un dibattito pubblico piegato alla retorica difesa degli interessi dominanti.
Certo rimangono le nostre debolezze organizzative che sono enfatizzate da una generale situazione di difficoltà delle organizzazioni collettive e che, certo, dovranno essere oggetto di una analisi accurata.

Territorio L. Elettorale         Art. 81         Scuola

Acireale
54
Amelia 123 122 123
Bologna 740 731 1.245
Brescia 182 561 716
Calolziocorte 49
Caltanisetta 876
Catania 71 70 116
Ceprano 95
Cologno Monzese 40 39
Cornate d'Adda 13
Enna 402
Estero 2 2
Faenza 34 34 33
Falconara / Senigaglia 39 22 132
Feltre 15 57
Ferrara 393
Forli 268 267 270
Frosinone 88 153
Gubbio 76 61 63
Jesi 277 281 337
L'Aquila 9 9 9
Lamezia 54 59 60
Lanciano 64 63 63
Latina 6 5 1
Livorno 31 30 31
MODENA 460
Milano 841 795 1.136
Mogliano Veneto 56 45 52
Molfetta 43
Monza 267
Napoli 563 612 622
Padova 717
Palmi 233 172 172
Parma 390 434 416
Pavia 1.275 1.424
Pedavena (Bl) 137 166
Perugia 161 149 172
Pesaro 79 75 100
Pisa 15
Pordenone 96 89 96
Potenza 232 235 235
Prato 50 73
Puglia 776 3.428
Ravenna 138 138 137
REGGIO 153 184 218
Rieti 83 57
RIMINI 220
Roma 1.540 3.306 4.702
Rovigo 235
Salerno 121 140
Tarquinia 48
Tolmezzo 6 3 4
Treviso 22 26 491
Trieste 271 511 333
Udine 52 44 95
Urbino 12
Varese 79
Venezia 338 344 379
Arzignano Vi 4 3 6
Viterbo 196 230
Rifondazione 7.417 9.495
TOTALE 7391 19647 31598

In giallo i risultati dei nostri coordinamenti
Luciano Granieri

martedì 11 settembre 2018

Le donne del movimento "Rifiutiamoli"

Luciano Granieri




“Il quartiere non è il massimo, vie larghe e palazzoni qui non abita nessuno di famoso  Così comincia il brano “Clan Banileu” inciso nel 1996 dei Modena City Ramblers .

 Altri tempi. Però  il quartiere popolare  di Colleferro Scalo, in particolare L.go Don Nicola Fontana, assomiglia all’immagine resa  della canzone.  Anche se  in qualcosa differisce. E’ vero quel quartiere non è il massimo, ma le vie non sono così larghe, ed ai palazzoni si sostituiscono edifici bassi, due o tre piani al massimo, dove il colore scrostato  delle facciate,   diverso da fabbricato a fabbricato , rivela quanto gli interventi di  manutenzione si perdano nella notte dei tempi. Soprattutto  non è vero che li  non abita nessuno di famoso.  Le donne di Colleferro Scalo sono famose, eccome se lo sono! 

Hanno vinto un riconoscimento prestigioso. Il premio “ Donne, Pace e Ambiente “ intitolato alla prima donna africana insignita di un premio Nobel, la biologa Wangari Maathai.  Riconoscimento attribuito loro dall’associazione “A Sud” e consegnato l’otto marzo scorso presso La Casa Internazionale delle Donne. 

Il   merito di queste donne  è incommensurabile e ,dico io, difficilmente  emulabile. Sono loro che da quel  quartiere, situato all’ingresso dell’unica via d’accesso  ai  due  inceneritori che la Regione Lazio vuole riattivare, guidano il presidio teso a bloccare la rimessa in funzione di queste  letali  ciminiere. Arnesi  che aggraverebbero irreparabilmente la già compromessa situazione ambientale di Colleferro e tutta la Valle dl Sacco,   devastata  dalla  discarica di Colle Fagiolara , dalla ex BDP, oggi fabbrica d’armi Avio, dal Cementificio.  

Il movimento “Rifuitiamoli” costituitosi per condurre la battaglia contro i velenosi impianti  destinati a bruciare rifiuti, è guidato da queste donne. Il presidio, che sabato scorso ha tagliato il traguardo dei 300 giorni, ha vissuto momenti di tensioni, quando attivisti e cittadini hanno bloccato i camion che portavano l’immondizia agli inceneritori. 

Di fatto ad oggi gli impianti sono fermi . Infatti    i grandi bruciatori, entrati nella strategia di alienazione pubblica e privatizzazione di società e strutture  controllate dalla Regione ,   a seguito del bando di vendita emesso dai vertici regionali andato deserto,  non hanno trovato un compratore. Nessun privato ha osato interessarsi ad impianti  la cui funzionalità è stata  bloccate dalla lotta  popolare. 

Ma il quartiere di Colleferro Scalo, non è solo contrasto alla  devastazione ambientale, è anche portatore  di un modello di rapporti sociali basato su  solidarietà e condivisione.  Un modello di salvaguardia  del proprio territorio fatto di partecipazione popolare. Ciò  che tra la fine del vecchio secolo e l’inizio del nuovo, aveva  contraddistinto il movimento no global, poi soffocato nel sangue dalla forze del disordine ingaggiate dai signori dell’ultraliberismo . 

Democrazia e bilancio partecipato, molti fra noi  ricorderanno quella stagione.  Ebbene fatevi una passeggiata a Colleferro Scalo, troverete un parco giochi, dove i tronchi degli alberi sono abbelliti da coperte fatte a maglia proprio dalle donne di “Rifiutiamoli”. Andate li fra le case dove le porte  e  le finestre sono sempre aperte anche su stanze come il bagno, ambiente degno   della massima privacy, quasi  a condividere l’aspetto più intimo della propria vita. 

Parlate con la gente di Colleferro Scalo! Vi troverete a discutere non solo di ambiente, ma di politica vera, quella basata sulla partecipazione reale delle persone alle decisioni inerenti il proprio quartiere, la propria città, il proprio Paese. Parlate con loro, sono disposte ad ascoltarvi ad accogliere suggerimenti, a dare consigli. 

Sono ambiziose  le donne e gli uomini di Colleferro Scalo? Certamente, infatti stanno progettando la costituzione di un movimento che,  partendo dalle lotte per l’ambiente, possa estendersi all’organizzazione di  un sistema di gestione collettiva,  condivisa e partecipata del territorio. Questa è la politica, il resto è fuffa.