venerdì 15 febbraio 2019

E’ ora del vitto al pronto soccorso dell’Ospedale Spaziani di Frosinone. Attenzione solo posti in piedi!


Luciano Granieri Gruppo sanità Potere al Popolo Lazio




Ci sono scene deprimenti che capita di vedere   quasi tutti i giorni alle quali,  per quanto siano frequenti,  non ci si abitua mai. E’ il caso di ciò che avviene quasi ogni giorno nei  pronto soccorso degli ospedali del Lazio, e di  tutta Italia. Basta recarsi in una di queste bolge infernali per trovarsi di fronte ad un ingorgo di ambulanze ferme in attesa che   venga restituita la barella con cui hanno trasportato il paziente.  

Le barelle di degenza  sono cronicamente insufficienti per cui spesso la lettiga dell’ambulanza viene trattenuta  in pronto soccorso occupata dal paziente che ha condotto.  I corridoi sono stracolmi di pazienti, chi su una lettiga , chi su una sedia,  in attesa di essere presi in carico e trattati. Donne e uomini in piena promiscuità gettati su un giaciglio, quando va bene, sofferenti, con gli occhi in perenne ricerca di qualcuno con il camice addosso. Per non parlare della sale d’attesa piene di parenti spaesati e preoccupati. 

Come detto lo scenario appena descritto è frequente ma non ci si abitua mai. Ancora più disarmante , se possibile,  è la distribuzione del vitto. Come operatore del TDM-Cittadinanzattiva mi sono trovato, mercoledì scorso,  nel pronto soccorso dell’Ospedale Fabrizio Spaziani di Frosinone proprio mentre veniva  distribuito il cibo. Chi aveva la “fortuna?” di stare sopra una barella poteva mangiare, ma stando bene attento a non far cadere tutto a terra. Si sa le barelle non sono letti né ci sono comodini. Una  volta completato il pasto il paziente  doveva lasciare il vassoio, in attesa che venissero a ritirarlo,  in fondo alla  lettiga   rimanendo seduto (o ci sta il vassoio o i ci stanno i piedi).


 Peggio è andata a chi era in attesa su una  sedia, con il vassoio sulle ginocchia facendo i salti mortali per non rovesciare tutto, soprattutto la bottiglietta d’acqua .  

Ma a qualcuno è andata ancora peggio. Un paziente  medicato per una ferita lieve, in attesa  di trovare una diversa collocazione , ha  dovuto lasciare la  lettiga ad  altro  paziente più grave  . E’   rimasto in piedi. Sfido chiunque a mangiare in piedi senza sapere dove mettere le vivande . Il ragazzo però  non si è perso d’animo, ha appoggiato la parte anteriore del vassoio sui corrimano fissati al muro,  e stava provando a mangiare così. 


Neanche il più   sfortunato derelitto   costretto   alla mensa dei poveri  rimane in piedi a mangiare! Al  pronto soccorso di Frosinone accade anche questo. 

Al di là delle tante considerazioni che puntualmente chiamano in causa il numero sottodimensionato degli operatori sanitari, la mancanza di barelle e di altre suppellettili,  l’assenza totale, nonostante le tanto strombazzate case della salute, di una medicina di prossimità che curi i pazienti meno gravi senza intasare i pronto soccorso, ciò che salta agli occhi è come uno quadro del genere rimandi ad un luogo in cui i pazienti vengono di fatto privati di ogni dignità umana nonostante  ,voglio sottolinearlo, il personale medico, infermieristico  si adopera in modo encomiabile. Anzi anche i sanitari spesso sottoposti a turni insostenibili e a condizioni di lavoro proibitive vengono, in qualche caso, privati della  propria dignità professionale. 

Ci troviamo di fronte, non solo ad una carenza di cure, ma anche  alla privazione della dignità umana.  Quanto di più lontano da ciò che prevede il Sistema Sanitario Nazionale del 1978. In nome del profitto della medicina privata e dei sistemi assicurativi legati alla salute, non si può sacrificare la dignità dei pazienti  e degli operatori  che  lavorano nelle strutture pubbliche.  E’ inammissibile finanziare  ed agevolare aziende private, quando i pronto soccorso e gli ospedali sono privi degli  elementi necessari per andare avanti. Fare profitto sulla salute della gente non solo è indegno, ma anche disumano. 

Per questi motivi è necessario l’impegno di tutti affinchè gli obiettivi posti dalla legge 833/78, ossia assicurare cure di qualità per tutti i cittadini, indipendentemente dalle località di provenienza, dal colore della pelle e dal censo, siano rispettati. Sono  diritti sanciti nella Costituzione  che nessun regionalismo differenziato può destrutturare

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