martedì 12 febbraio 2019

Un altro attacco alla Costituzione

Piero Filotico




Nella quasi totale indifferenza dei media e dei commentatori politici sta per consumarsi un delitto che avrà per vittime la Costituzione e l’unità nazionale.
Il  15 febbraio il sottosegretario leghista Erika Stefani procederà alla firma di intese che conferiranno una maggiore autonomia ad alcune Regioni. Autonomia  che per il Veneto e la Lombardia, che l’hanno chiesta con un referendum popolare (in Lombardia hanno votato il 38% degli aventi diritto), ha un contenuto prevalentemente economico: trattenere il cosiddetto residuo fiscale nella misura di 9/10 dei tributi riscossi. Solo per la Lombardia si tratta di 27 miliardi di euro che verranno trattenuti e sottratti al bilancio statale.  
Una decisione che non  riguarda solo i cittadini di quelle regioni, ma che è una grande questione politica e sociale che riguarda tutti gli italiani. Che può portare ad una vera e propria “secessione dei ricchi”: spezzettare la scuola pubblica italiana, creare cittadini con diritti di cittadinanza di serie A e di serie B a seconda della regione in cui vivono. In pratica, i diritti (quanta e quale istruzione, quanta e quale protezione civile, quanta e quale tutela della salute) saranno come beni di cui le Regioni potranno disporre a seconda del reddito dei loro residenti. Quindi, per averne tanti e di qualità, non basterà essere cittadini italiani, ma occorrerà esserlo in una regione ricca.
Come ha detto il giornalista Marcello Paolozza in un recente convegno su questo argomento, “Se ciò avverrà non riguarderà solo i cittadini delle tre regioni, bensì tutto il Paese. Infatti si avvierà un processo politico decisivo per il suo futuro, che rischia di trasformarlo profondamente, prima di tutto nella sua Costituzione  materiale, inarrestabile nella direzione della sua  definitiva disgregazione economico, sociale, culturale e politica.”

Tutto ciò è in aperta violazione con i principi di uguaglianza scolpiti nella Costituzione. Una riforma   che deriva da quella del Titolo V che regola il rapporto tra stato centrale e autonomie locali, voluta nel 2001 da un governo di centro sinistra, e che ha avuto come “apripista” il Governo Gentiloni, nella persona del sottosegretario Gianclaudio Bressa - allora del Partito Democratico - che nel febbraio 2018  ha firmato a Palazzo Chigi una pre-intesa sulla cosiddetta “autonomia differenziata” tra il Governo e le Regioni Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna. Oggi quella autonomia  arriva a dama con la Lega di Salvini e la possibile complicità dei 5stelle.  E una  volta approvata sarà senza ritorno. Perché?
Lo spiega bene Gianfranco Viesti, professore ordinario di economia all’Università di  Bari,  che ha lanciato un grido d’allarme con  il  saggio “Verso la secessione dei ricchi?” scaricabile gratuitamente sul sito Editori Laterza “Se le Intese sono approvate dal Parlamento, tutto il potere di definizione degli specifici contenuti normativi e finanziari del trasferimento di competenze e risorse è demandato a Commissioni paritetiche Stato-Regione, sottratte a qualsiasi controllo parlamentare. Non è possibile tornare indietro, per dieci anni. Queste decisioni non possono essere oggetto di referendum abrogativo. Parlamento e Governo non possono modificarle se non con il consenso delle regioni interessate; ed è assai difficile immaginare che esse, una volta ottenute competenze, risorse, personale, accettino di tornare indietro.(…)

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