venerdì 19 luglio 2019

Isterismo europeo e smemoratezze salviniane

Luciano Granieri




Che il governo giallo-verde sia sull’orlo di una crisi di nervi è acclarato. Soprattutto è chiaro quanto una certa schizofrenia si sia impadronita di Matteo Salvini.  

Gli immigrati continuano a sbarcare con canotti, zattere e barchini. Perfino le odiate ONG attraccano forzando i blocchi della Guardia di Finanza,  tanto le  procedure sanzionatorie elevate nei loro confronti per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e per  infrazione del decreto Salvini, norma palesemente incostituzionale, vengono puntualmente archiviate dalla magistratura. 

Dunque la narrazione dei porti chiusi, lungi dall’impedire lo sbarco degli immigrati, è un’odiosa prassi criminale ordita ad uso e consumo propagandistico,  giocato sulla pelle di disperati, ai quali  basterebbe che noi andassimo via da casa loro per non farli partire. 

Ma fra le tante frustrazioni quella più bruciante riguarda la vicenda  continentale . Matteo Salvini,  pur di stravincere le elezioni europee, per imporre il cambiamento sovranista  a Bruxelles e a Strasburgo, e per fare il pieno di consensi anche in funzione italiana, ha cominciato ad invocare nei suoi comizi santi e madonne, ha perfino tentato di fare del “nero” -da cui ricavare una tangente per finanziarsi  la campagna elettorale - attraverso una tentata compravendita di gasolio fra Eni e i russi di Gazprom e Rosnefet . (alla faccia del cambiamento qui torniamo ai tempi di tangentopoli con pure l’Eni di mezzo come allora). 

Tutti questi sforzi hanno pagato ma solo parzialmente. Perché in Europa quel 34% di consensi rimediato in Patria hanno contato ben poco. Alla presidenza del Parlamento ci è andato uno del Pd, e la Lega non ha scucito nemmeno un commissario. Il che ha riempito di livore il nostro condottiero che ha negato il voto alla nuova presidente del consiglio europeo  Ursula Von De Leyen, fedelissima della Merkel, ma in  cerca di voti ,a manca e soprattutto a destra, per riuscire ad ottenere la carica. 

Voti ricevuti dal M5S, alleato di governo della Lega. Apriti cielo! Tuoni e fulmini sono stati lanciati dal condottiero Salvini   che ha accusato i compagni penta stellati di essersi appiattiti  sulle posizioni   conformiste  di Merkel,  Macron, Berlusconi e Renzi , tradendo gli  italiani che   avevano votato per il cambiamento, dell’Europa. 

 Ma tutta questa acredine verso l’Europa  degli oligarchi, dei banchieri, del deficit da sforare per fare la flat tax,  dei vincoli che fanno così male agli Italliani, non deriverà dal fatto che dopo tanta fedeltà leghista all’Europa si pretendeva un minimo di riconoscimento? Eh già perché bisogna sapere che i voti leghisti sono stati determinanti per l’impalcatura costitutiva della  UE come è oggi . Se qualcuno ha la memoria corta vediamo di rinverdirla:

1992:Trattato di Maastricht architrave liberista  dell’attuale Unione Europa.  Viene ratificato dalla Lega in una grande ammucchiata con  DC e PDS (Contrari Rifondazione e Msi) : “Un’innovazione rispetto all’attuale sfacelo dello Stato Centralista Italiano” Così tuonava il senatore leghista Roveda  (16-9-1992) Il deputato leghista Franco Rocchetta esprimeva : “fiducia e fede nell’idea della comune casa europea” (20-10-1992)

1997: Trattato di Amsterdam. Una  sorta di armonizzazione dei trattati già esistenti .  Si dà una maggiore rilevanza agli aspetti sociali e di cooperazione fra gli Stati . In questo frangente il leghisti si astengono alla Camera, e votano contro al Senato. In realtà questo comportamento aveva poco a che fare con i trattati europei e molto con gli assetti nazionali. C’era da far cadere il governo Prodi ,appoggiato dal Prc, con la Lega all’opposizione.

2002: Trattato di Nizza.  Modalità di accoglienza di altri Stati Membri nell’Unione. Votano a favore,alla Camera, i leghisti  Guido Giuseppe Rossi  e Alessandro C’è, al Senato proclamavano il si della Lega Fiorello Provera e Piergiorgio Stiffoni

2008: Trattato di Lisbona.   Una   sequela di codicilli e commi  utilizzati per   trasformare in trattato  di pertinenza  economico finanziaria quello che era originariamente un’ipotesi di Costituzione europea bocciata  con il refrendum da Francesi e Olandesi.   Il 31/07/2008 Salvini in persona , allora deputato della Repubblica, unendo il suo voto agli altri deputati leghisti provvedeva  alla ratifica del trattato alla Camera. Approvazione a cui gli stessi  Leghisti avevano contribuito votando favorevolmente al Senato già il 23 luglio.

2011-2012: Obbligo di inserire il pareggio di bilancio in Costituzione. Con letture e votazioni doppie, tra il novembre 2011 e l’aprile 2012, la Lega, in buona e larga compagnia, provvedeva ad approvare l’inserimento in Costituzione del pareggio di bilancio nella convinzione che :”Risanamento e stabilizzazione della finanza pubblica rappresentano la pre-condizione per consentire all’Italia  di affrontare con successo gli scenari competitivi determinati dalla globalizzazione così affermava  Giancarlo Giorgetti il 5 marzo del 2012. Per il leghista  Pierguido Vanalli :”l’inserimento del pareggio di bilancio in Costituzione serve a contrastare una dissennata politica di spesa pubblica (05/03/2012) Sempre Giorgetti evidenziava coerenza e linearità delle scelte, tra il livello europeo – dove il 1° marzo 2012 il Consiglio europeo approvava il fiscal compact – e il livello nazionale, con un parlamento pronto con il pareggio di bilancio a dare "un segnale politico forte ai mercati, chiarendo che l’Italia e l’Europa hanno imboccato in modo duraturo la strada del rigore".

 Dicembre 2012: Legge attuativa del pareggio di bilancio.  Lo stesso Giorgetti   fu il primo firmatario  della legge attuativa del pareggio di bilancio, anello di raccordo fra  le regole europee  del fiscal compact, e del six pack, con la legislazione nazionale  (legge n.243/2012). Nell’occasione il deputato leghista Roberto Simonetti affermò convinto : “«Da sempre la Lega ha l’obiettivo del pareggio di bilancio» rispetto ad uno «Stato che invece ha sempre utilizzato il diabolico debito pubblico per finanziare l’assistenzialismo peloso, la Cassa per il Mezzogiorno», quel «deficit spending utilizzato non per costruire impresa ma per comprare consenso e voti» Ovviamente la legge il cui primo firmatario fu Giorgetti passò  con l’unanime e convinta approvazione leghista.


Come si vede il percorso europeista della Lega è stato quasi netto. La  vocazione comunitaria  del Carroccio è più che certificata,  nonostante  Salvini,  prima delle elezioni europee, per accaparrarsi il consenso  dei sovranisti anti UE, abbia affermato  che “Siamo pronti a sforare le normative europee in tema di debito e deficit”  -cioè andare contro quei principi che la stessa Lega aveva provveduto ad inserire nella Costituzione - oppure “Se gli italiani ci danno mandato, di alcuni vincoli europei faremo volentieri a meno" -cioè quegli stessi vincoli che la Lega è stata così solerte a votare -. 

Per cui capiamo bene il rancore di Salvini il quale, nonostante sia stato sempre fedele nei secoli all’Unione Europea, oggi si ritrovi con un pugno di mosche in mano.  Allora  sbraita contro quella stessa Europa liberista che lui e il suo partito hanno fortemente contribuito a costruire. Però sarebbe bene che gli elettori leghisti sappessero che concedendo il voto a chi si spacciava per  fustigatore della UE, hanno premiato chi  invece ha contribuito a costruire una struttura oligarchica  a loro oggi così invisa. Si ma in fin dei conti a questi  elettori che gliene frega dell’Europa, basta che non arrivano più i barconi!!!


*Dati tratti da un'articolo scritto per "il manifesto"  da Isidoro Davide Mortellaro professore associato di storia delle relazioni internazionali

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