sabato 4 maggio 2019

Four dead in Ohio, quando la musica si fa storia e impegno sociale.

Luciano Granieri


La foto di Joe Filo

Siamo agli inizi di maggio del 1970.  Gli studenti della Kent State University dell’Ohio sono in subbuglio. La sollevazione studentesca contro la guerra in Vietnam coinvolge molte università d’America. 

Quel comunicato  trasmesso in TV il primo maggio   dal  presidente Nixon, in  si cui  annuncia l’invasione della Cambogia da parte dell’esercito USA, riempie di rabbia gli studenti della Kent State.  In  fretta e furia si organizza una grande manifestazione di protesta per il successivo  4 maggio. 

 Il preside provvede a tappezzare l’istituto di locandine nella quale si intima l’annullamento del corteo. Nonostante ciò duemila studenti si radunano davanti all’ateneo per manifestare la loro rabbia e la loro protesta contro la decisione guerrafondaia del presidente Nixon.

 Lo scontro con la guardia nazionale in assetto antisommossa è inevitabile. Gli studenti sono fermi nel loro intento, neanche i lacrimogeni riescono a disperderli. Ma alle 12,22 di quel maledetto 4 maggio di 39 anni fa la guardia nazionale apre il fuoco contro i ragazzi disarmati. 

Nove di loro rimangono feriti. Ma a terra privi di vita restano anche  quattro studenti fra i 19 e 20 anni. Due, Jeffrey Miller e Allison Krause, sono  attivisti, gli altri Sandra Scheuer e William Schroder stavano semplicemente cambiando aula fra una lezione e l’altra. 

Una ragazzina di 14 anni, Mary Ann Vecchio, all’epoca quattordicenne,  scappata di casa per partecipare alla protesta, corre disperata vero il corpo di Jeffrey Miller riverso in una pozza di sangue.  Si  china, urla disperata, ma non c’è nulla da fare. 

L’attimo drammatico viene  immortalato  dallo scatto di uno studente di fotogiornalismo, John Filo,che esce  dalla sua aula  al rumore degli spari.  Credendo che i proiettili fossero finti in un primo momento scatta la foto, poi accortosi che i colpi erano veri fugge atterrito . 

Lo scatto  ormai   realizzato   gli  valse il premio Pulitzer del  1971 nella sezione Spot News Photography.  Filo ricorda il disprezzo con cui un soldato rovesciò il corpo di Miller nella sua pozza di sangue per accertarsi che fosse morto. La foto di John Filo fece il giro del mondo e divenne  un’icona della lotta pacifista in America. 

L’eccidio non provocò particolare indignazione nella popolazione americana. I soldati della guardia nazionali responsabili della strage  verranno assolti.  Il  presidente Nixon e il governatore dell’Ohio Williams Rohdes saranno rieletti senza troppi problemi negli anni successivi.

 A non rimanere indifferente, ma anzi profondamente colpito dai fatti, fu Neil Young. Il 19 maggio vide la foto in un reportage  della  rivista Life.  In 12 minuti scrisse una brano per condannare la violenza governativa contro gli studenti rilanciare la lotta contro la guerra in Vietnam. Il titolo era “Ohio” iniziava con questi versi “Tin soldiers and Nixon coming” (i soldatini di latta e Nixon stanno arrivando). Il pezzo uscì come singolo del gruppo   Crosby Still Nash & Young. 

Fu bandito dalle radio per le dure critiche all’amministrazione Nixon. Ma i passaggi ripetuti  nelle  radio clandestine ed underground ne decretarono ugualmente il successo. Altri tempi!


venerdì 3 maggio 2019

La mosche di Frosinone non s'ha da fare perchè non ci sono i parcheggi e le scarpiere

Luciano Granieri Potere al Popolo Frosinone




E’ emersa  la possibilità di costruire una moschea  Frosinone. Il consigliere comunale Marco Ferrara di Fratelli d’Italia  ha reso noto alla cittadinanza che la Ettuba  Onlus, per mezzo del suo incaricato, l’architetto Giuseppe Arduini, ha presentato il progetto alcune settimane fa  al settore urbanistica del Capoluogo. A quanto pare ci sarebbe l’intenzione da parte del dirigente responsabile  Arch. Elio Noce, di proporre  il progetto all’approvazione dell’assise comunale, la quale dovrebbe anche modificare la destinazione d’uso dell’area individuata in Via America Latina. Ricordiamo che il sito dovrebbe offrire una recettività migliore alla mosche di Via Maria che li  si trasferirebbe.  Dunque non si tratterebbe  dell’aggiunta di un nuovo  luogo di preghiera ma del trasferimento di quello già esistente. 

 La notizia ha visto la ferma opposizione della Lega e  del partito di Ferrara, Fratelli d’Italia.   La sezione locale FdI   ha ribadito che,  pur nel rispetto della libertà di culto, non è ammissibile costruire una moschea in un luogo adibito ad esclusivo utilizzo residenziale;  a meno di dieci metri da una scuola (La Ignazio De Luca) dove non ci sono parcheggi sufficienti ad ospitare le macchine dei fedeli. Su queste basi la stessa  Fratelli d’Italia ha organizzato  una consultazione, on line, e in piazza,  per raccogliere firme contro l’edificazione del luogo di culto.  

L’iniziativa ha subito rivestito una dimensione nazionale con la convinta adesione del senatore Massimo Ruspandini, sempre di Fratelli d’Italia, al quale si è unita la deputata, nonché  segretaria nazionale, Giorgia Meloni, dopo che lo stesso Ruspandini è stato fatto oggetto di critiche da parte di Marco Tallini, coordinatore dei giovani democratici di Frosinone. Il sindaco Nicola Ottaviani ha ribadito che per ora è in essere solo  una mera richiesta di variazione  di stato d’uso. 

Da quanto emerge, dunque,   la contestazione e la conseguente raccolta di firme  verte su questioni prettamente urbanistiche. Cioè se la moschea fosse edificata in un luogo diverso Fratelli d’Italia e la Lega non avrebbero nulla da obiettare. Il che è anche peggio. 

A che titolo un senatore e un deputato della repubblica oltre che segretario  di partito s’intromettono sull’assetto urbanistico di in comune? Sono consiglieri comunali? Ammesso e non concesso che la viabilità di Frosinone fosse entrata improvvisamente nel  cuore e nel programma nazionale di Fratelli d’Italia, perché non raccogliere la firme anche contro la piastra davanti la chiesa della Sacra Famiglia che ha ridotto notevolmente l’area limitrofa adibita a parcheggio, o contro la rotatoria piazzata vicino alla parrocchia di Madonna della Neve che complica enormemente la viabilità dei fedeli che escono dalla chiesa o che si dirigono verso il cimitero ? 

Quando queste due opere sono state pianificate dalla prima giunta Ottaviani comprendente  anche il consigliere Ferrara, dev’erano la Meloni e Ruspandini? A fare danni.   Il secondo purtroppo anche a livello locale   impegnato a distruggere la città di Ceccano e la Provincia di Frosinone. 

Ma se l’OOOOLAAANDA  se li pigliasse con tutti i suoi adepti? Oppure perché non vanno a meditare dentro la scuola politica di Bannon a Trisulti? Neanche il monaco laico Harnwell li vorrebbe. Hai voglia a spolmonarsi e catechizzare . Cavare sangue da certe rape è veramente difficile anche solo per formare nuovi Orban e Salvini.



giovedì 2 maggio 2019

Primo maggio, una routine senza memoria.

Luciano Granieri

Ceccano  1 maggio 2019. Deposizione di Rose per commemorare i morti sul lavoro.



Dopo il 25 aprile viene il primo maggio. 

Coraggio eroi penta leghisti siamo al “due”  la vostra sofferenza è finta.  Voi che non avete nè storia (se non una  revisionista e fascista riscrittura né di destra, né di sinistra, come voi amate dire)  né memoria,  soffrite maledettamente quando la storia, quella vera,  fa riemergere certe conquiste  sociali e civili    ottenute  grazie a lotte  dure, cruente  ma condivise. Mi riferisco alla  liberazione del 1945 e la manifestazione di Chicago del 1 maggio 1867 in cui si festeggiava l’ottenimento delle otto ore lavorative giornaliere. Chi  condivide solo i ricordi su  Facebook cosa volete ne sappia della memoria storica? 

A dire il vero la ricorrenza del primo maggio comincia ad essere una sofferenza anche per chi come me contrappone i valori socialisti e comunisti  alla criminalità fascista e liberista .  Una sofferenza causata dal fatto che  questa data, con il procedere degli anni,  si è ridotta    più a  commemorare  caduti su  cantieri  e  fabbriche,  anziché festeggiare il lavoro come promozione della dignità umana.  Non è un caso che nella mattinata del  primo maggio scorso eravamo a Ceccano  con l’ANPI a deporre  rose sulla stele che ricorda i morti ceccanesi  sul lavoro .  Nel pomeriggio doverosa è stata  la partecipazione   ad Isola del Liri   alla presentazione del libro di  Paolo Ceccano “Il 1° Maggio a sinistra del fiume Liri , storie del corteo di Isola Liri”. Un prezioso  volume di  testimonianze fotografiche e di storie dei cortei del 1 maggio tenuti nel passato  in quella che veniva definita la Manchester d’ Italia. 

Commemorazione delle vittime  e memoria del bel tempo che fu, a  questo è ridotto il primo maggio? 

 Neanche il concertone di Piazza San Giovanni è più lo stesso.  A farla da padrone il rap, stile musicale di lotta per autonomasia è vero, ma oggi  reso innocuo dal   business. Però in fondo è meglio così. Anche questa ipocrisia è giusto che finisca. La kermesse organizzata dal CGIL, CISL e UIL, inizia nel 1990. 

Già 6 anni prima il protocollo Scotti aveva introdotto i contratti a termine. Iniziava l’era della riduzione del costo e   della dignità del lavoro. Il clamore del primo concertone organizzato dalla "triplice"  non scongiurò la legge del giugno ’90 sulla limitazione del diritto di sciopero. Nel 1996 i Modena City Ramblers, che dal palco cantavano Contessa, non impedirono a CGIL CISL e UIL di sponsorizzare l’accordo per il lavoro redatto il 24 settembre dello stesso anno. Il viatico definitivo all’approvazione del pacchetto  Treu del giugno  1997  in cui la dignità dei lavoratori, attraverso  l’introduzione del lavoro interinale, l’estensione dei contratti a termine e di formazione lavoro, venne  completamente svenduta ai padroni. A questa seguì  la privatizzazione del collocamento e il predominio della chiamata individuale su quella numerica. 

Dopo  la mega manifestazione contro l’abolizione dell’articolo 18 indetta da Cofferati nel marzo del 2002,  gli stessi sindacati si fecero turlupinare dal governo Berlusconi con la legge Biagi in cui, grazie alla modifica che rendeva legale e libero il trasferimento del ramo d’azienda e l’ammissibilità della somministrazione della mano d’opera,  le grandi aziende poterono eludere le tutele dell’art.18 formando tante piccole attività con meno di 15 dipendenti  cui l’obbilgo di reintegro per licenziamento ingiusto non era applicabile. 

Nel 2011 mentre Neri Marcorè  guidava dal palco di San Giovanni la pattuglia dei cantanti resistenti, CGIL, CISL e UIL nulla avevano da obiettare  al  decreto Sacconi che sanciva, di fatto, la fine del contratto collettivo dei lavoratori. Nella normativa  era prevista    la possibilità per le aziende di stipulare accordi  in deroga avendo mano libera su temi come licenziamento,  modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro  -con  ampia libertà di ricorrere  alle collaborazioni coordinate  continuative  e a progetto- 

 Nel  2012   irrompe la legge Fornero che elimina la causale obbligatoria per le aziende che intendono ricorrere ai  contratti a tempo determinato per la  durata di un anno.  Normativa resa ancora più penalizzante  dal ministro renziano  Poletti e , ad oggi, leggermente mitigata da Di Maio con  il decreto dignità  che reinserisce la causala solo dopo il primo anno di precariato . Per non parlare del jobs act.   La resa definitiva dei lavoratori alle imprese  decretata dal governo Renzi.

L’abolizione totale delle tutele dell’art.18, per altro bollata come incostituzionali dalla Consulta, non ha smosso minimamente Cisl e Uil, mentre la Cgil ha rinunciato alla protesta di piazza  imbarcandosi nella vicenda del referendum abrogativo del jobs act. Un quesito referendario  scritto talmente male da essere rigettato dalla Corte Costituzionale lasciando i lavoratori senza lotta né giustizia sociale . 

Questi signori, i riformisti e il corporativismo sindacale loro sodale, ancora al 1 maggio 2019 continuano a lamentare la perdita di dignità del lavoro , le inesistenti tutele per la sopravvivenza  dei lavoratori. Se la prendono con  il governo giallo-verde fautore delle peggiori politiche antisociali. 

Forse sarebbe bene che anche i sedicenti riformisti facessero esercizio di memoria.  Si renderebbero conto che se oggi siamo tornato allo schiavismo e al lavoro a cottimo la responsabilità più grave è la loro . Non c’è futuro senza memoria? Appunto. Affidarsi ancora a gente smemorata non è umano ma diabolico. E non c’è da stupirsi se oggi siamo alla mercè dei penta- fascio-leghisti. 

Dal palco di Bologna Landini invocava, per l’ennesima volta,  l’unità sindacale. E’ sacrosanto.  Mai come in questi tempi servirebbe un movimento sindacale forte e unito a difesa dei lavoratori. Ma senza la  memoria di come si è arrivati a questa deriva schiavista, senza fare i conti con il passato ed operare una decisa inversione di tendenza su come si è operato negli ultimi quarant’anni, il prossimo primo maggio sarà l’ennesimo rituale fondato sull’amarcord e la commemorazione delle vittime sul lavoro.

lunedì 29 aprile 2019

Nuova pagina Facebook

Luciano Granieri



La nuova pagina  Facebook  di  Aut   nasce con lo scopo di diffondere con più efficacia   i contenuti di questo blog. Aut Frosinone nasce nel 2007. Da allora ha documentato 12 anni  di eventi politico-sociali per lo più legati alla Ciociaria ed in particolare a Frosinone. E’ stato , e lo è ancora, la voce dell’Osservatorio Peppino Impastato. Il suo  modo di raccontare, si ispira proprio alla narrazione graffiante e ironica di Radio Aut, da cui il blog prende il nome. La cultura, ed in particolare la musica, rivestono una sezione molto importante. Sezione che s’intende  ulteriormente implementare. Aut ha appoggiato massicciamente movimenti di lotta locali impegnati nella difesa dei diritti sociali e civili. Ha  sostenuto campagne referendarie come quella sull’acqua e la più recente  contro la riforma costituzionale targata Renzi. Aut  Frosinone è un area web (defascistizzata) evidentemente di parte, perché chi la cura , come Gramsci, odia  chi non parteggia. Ad  Aut si affianca il  canale   You Tube del sottoscritto  dove più di mille video documentano, più o meno efficacemente  quanto accaduto in questi anni  . In realtà questa attività di diffusione di Aut su Facebook non è nuova. I contenuti del blog venivano veicolati attraverso il mio profilo personale. Penso però che l’ individualismo,  e l’esaltazione del proprio “capitale umano” per usare una triste terminologia molto di moda, siano comportamenti indotti da un sistema che ci vuole sempre più connessi ma sempre meno  capaci di  socializzazione fra donne e uomini reali. Facebook è un potente catalizzatore di autopromozione e a volte di autoesaltazione . Un’autopromozione tanto più apprezzata, quanto più mostra ciò che si possiede, ciò che si vuole mostrare di sé  secondo gli schemi  indotti dal marketing applicato alla singola persona. Il guaio è che tutto ciò è diventata anche comunicazione politica, di adulazione leaderistica . Non interessa sapere come la pensi (anche se dubito pensino)  un Di Maio o un Salvini o un Renzi, ma è molto più interessante sapere cosa mangiano a colazione, dove vanno  in vacanza quante fidanzate hanno. La popolarità si misura sul numero dei selfie e dei like .  Queste riflessioni mi hanno convinto a scomparire da Facebook come persona, le cui abitudini non ritengo possano interessare ai più. Preferisco curare una pagina dove siano esclusivamente le idee a contraddistinguere me e chiunque voglia condividere i contenuti di Aut. Lo spazio è aperto.