Prendiamo sul serio Salvini, dice che vuol correre da solo,
quindi eliminiamo le coalizioni e i vantaggi incostituzionali che la legge
n.165/2017 da alle coalizioni. Queste coalizioni a differenza di quelle della legge
n.270/2005 sono un espediente perché non hanno un Capo politico e neppure un
programma della coalizione. Sono costruite per assegnare il premio di
maggioranza nascosto nel voto congiunto e nei tre ottavi di collegi uninominali
a maggioranza relativa. Salvini vuole andare da solo per “avere i pieni
poteri”, come da sua dichiarazione ai TG di RAI 24 ( canale 48) di ieri, 8
agosto. Per una legge proporzionale dovremmo essere pronti ad accettare persino la riduzione
drastica dei parlamentari, che se passa con la legge n. 51/2019 è la tomba del
pluralismo politico, quindi della democrazia e della possibilità di avere
parlamentari eletti con voto libero, eguale e personale e non nominati dai
capipartito e avallati da un voto segreto, in attesa di abolire anche quello,
con elezioni plebiscito dove “volontariamente” si vota in pubblico per dare i
pieni poteri al “conduttore della nazione italiana” minacciata dai migranti. Le
coalizioni della legge n. 51/2019 sono incostituzionali e diventano lo
strumento, oltre per capitalizzare i vantaggi, per chiamare all’Union sacrée la
Meloni dei sovranisti e Zingaretti degli
anti-salviniani. Solo con una legge proporzionale una sinistra autonoma, unitaria, sociale, solidale, responsabile,
coerentemente e realisticamente riformatrice e quindi credibile , può dare
inizio ad un processo di rifondazione, senza il quale non c’è alternativa al
populismo ed alla demagogia e una strategia vincente di riduzione/eliminazione
delle diseguaglianze di ordine economico e sociale, principale problema della
nostra società.
sabato 10 agosto 2019
mercoledì 7 agosto 2019
Salari e tasse: il vero volto di Salvini
Umberto Franchi
BONUS 80 EURO E FLAT TAX:
ECCO I MOTIVI DEL PERCHE' SALVINI E' CONTRO GLI OPERAI , I CETI POVERI ED E A FAVORE DEI RICCHI.
- BONUS 80 EURO: vi ricordate le 80 euro mensili dati in busta paga dal governo Renzi nel 2014 a coloro che avevano redditi tra 8.145 euro e 26.000 euro l'anno ?... a suo tempo lo criticai perche' erano solo 960 euro l'anno e non venivano dati a chi aveva un reddito inferiore agli 8.000 euro e superiore ai 26.000 euro.
Ma nell'incontro svolto oggi con i sindacati, Salvini ha annunciato che ritiene di eliminare il bonus di 80 euro dalle buste paga, trasformandolo in una detrazione fiscale.
Ora qualcuno pensera' ; sarà la stessa cosa... No, Non non e' così, c'e' l'inghippo, in quanto per ottenere le detrazioni occorre avere un debito con il Fisco verso lo stato... ma molto difficilmente un lavoratore con redditi tra gli 8.000 e 26.000 euro avrà un debito verso lo stato che gli permette di recuperare 960 euro l'anno... per cui le buste paga verrebbero diminuite Subito di 80 euro e forse a fine anno gli interessati recupererebbero qualche cosa ma molto meno di 80 euro mensili (sic).. e magari dopo gli 80 euro toglierà la 14¤ ai pensionati con pensioni basse.
FLAT TAX: le risorse che vengono recuperate togliendo 80 euro a chi lavora , verrebbero destinate alla FLAT TAX... ma chi ci guadagnerebbe ?
ECCO COSA PREVEDE LA PROPOSTA DELLA LEGA DI SALVINI:
a) Salvini propone di far pagare il 15% (tassa piatta) di tasse cancellando le attuali detrazioni e deduzioni, fino a 55.000 euro.... ma attualmente chi guadagna fino a 15.000 con Le detrazioni previste, paga il 5,20% e quindi pagando il 15% ; ci rimetterebbe molto , pagherebbe quasi il 10% in più.
b) chi guadagna tra i 15.000 e 28.000 euro l'anno , attualmente paga il 14,4% di tasse e in questa fascia ci stanno tutti gli operai che ci rimetterebbero uno 0,6 % circa 10/14 euro al mese.
c) chi guadagna da 28.000 euro ai 55.000 euro , attualmente paga il 21,4% di tasse (sempre considerando il diritto alle detrazioni e deduzioni esistenti) quindi questa fascia dei più ricchi e' la sola che ci guadagnerebbe...
QUESTO E' IL VERO VOLTO ANTIOPERAIO DI SALVINI ALTRO CHE LOTTA CONTRO I MIGRANTI..!
Umberto Franchi
martedì 6 agosto 2019
Nuovo Piano Rifiuti regione Lazio, giù le mani da Colleferro
Movimento Rifiutiamoli
La Giunta della Regione Lazio ha deliberato il nuovo Piano rifiuti, ora ci saranno i passaggi delle osservazioni pubbliche e l’avallo del Consiglio regionale per la conseguente adozione.
Finora il piano vigente era quello della Giunta Polverini del 2012, un ritardo di due anni, visto che il Piano rifiuti ha durata quinquennale. Avendo al momento a disposizione solamente le dichiarazioni, peraltro già anticipate a più riprese dai soggetti decisori, possiamo certificare che la Giunta Zingaretti mette di nuovo le mani su Colleferro con un polo impiantistico del conferimento e trattamento, elemento cardine per far quadrare i numeri.
Si ribadisce la necessità di un impianto da 500mila tonn/anno, di cui ancora non si hanno notizie sulla tecnologia, si presume per il trattamento del rifiuto indifferenziato. Si anticipa che a settembre partirà il bando di gara per la costruzione di tale impianto che si concluderà nel 2021 e che contestualmente si procederà con la dismissione delle quote di Lazio Ambiente SpA. Non si dice che si preferisce lasciare spazio ai privati su una questione molto delicata, piuttosto che favorire la posizione del neo Consorzio Pubblico Minerva, con una impiantistica magari da rivedere, ma funzionale per i Comuni consorziati, quindi con un impatto di gran lunga minore rispetto a quanto prospettato dall’alto.
Si dice, infine, che verrà realizzato a Colleferro come riconversione degli impianti di incenerimento.
Si dice basta, o meglio si è deciso BASTA.
Il movimento Rifiutiamoli ha già espresso la propria contrarietà ad un impianto di tali dimensioni, ha chiesto ufficialmente all’assessore ai Rifiuti Massimiliano Valeriani un incontro pubblico a Colleferro sul tema, non ricevendo alcuna risposta.
Si desume che la Regione Lazio non abbia alcuna intenzione di parlare con il territorio Valle del Sacco e che preferisca la scrittura alla parola.
Carissimi decisori politici non funziona più così, il tempo delle imposizioni dall’alto, almeno dalle nostre parti, è terminato. Rifiutiamoli tornerà a breve nelle piazze e in strada richiamando l’attenzione pubblica di chi ritiene che si debba contrastare questa ipotesi di una nuova ‘Città della monnezza’, in un contesto, quello della Valle del Sacco, già notevolmente compromesso dall’imperversare di indagini, sequestri, incendi che riguardano casualmente tutti il ciclo dei rifiuti.
Come movimento la nostra è una posizione netta, ci attendiamo una voce altrettanto netta anche da parte delle amministrazioni comunali locali, nel Consorzio Minerva e non, che hanno dato il loro contributo alla dismissione degli inceneritori di Colleferro.
Rivolgiamo l’appello anche ai consiglieri regionali affinché il passaggio istituzionale d’obbligo in Consiglio possa diventare un serio momento di coinvolgimento e discussione con i soggetti direttamente interessati: i cittadini.
I primi appuntamenti in assemblee pubbliche sono per il 23 e 30 di agosto in Piazza Italia a Colleferro alle ore 21; in questo contesto decideremo insieme le decisioni da prendere come comunità valle del Sacco.
domenica 4 agosto 2019
Il Tevere non ce lo beviamo
Coordinamento Romano Acqua Pubblica
Tevere da bere: una risposta pericolosa alla crisi idrica.
Davvero Acea, Comune e Regione sono tutti d’accordo?
In una città come Roma, alimentata principalmente da acqua di
sorgente che viene dispersa per circa il 40%, una gestione della risorsa idrica
e delle bollette dei cittadini vedrebbe al primo posto la lotta allo spreco
idrico e la ristrutturazione delle reti, a tutela anche delle fonti e dei corpi
idrici sempre più "stressati".
Invece i soldi dei cittadini sono stati spesi per costruire il
potabilizzatore del Tevere, costato 7,5 milioni di euro secondo l'A.D. di Acea,
12 secondo altre fonti. Una nuova "fonte" che Acea ha già iscritto
nel bilancio idrico per l’estate 2019, quindi potenzialmente in funzione da un
momento all’altro. Emergenziale, proprio come il lago di Bracciano, che però
l’azienda, nel tempo, ha utilizzato in maniera “strutturale” fino allo stop
imposto alla captazione per la compromissione dell’ecosistema a seguito della
crisi idrica del 2017.
Ancora una volta invece di ridurre le perdite sulla rete idrica
si realizza un’opera “torbida” come l’acqua del Tevere, con l’avallo di diversi
enti e amministrazioni.
Un'opera delicata e strategica, che è stata approvata e realizzata con una
procedura lampo: approvato in via preliminare a dicembre 2017 è stato
inaugurato, da pochi intimi, 12 mesi dopo.
Potrebbe essere solo efficienza, se non vi fossero una serie di aspetti poco
chiari: dalle modifiche "in extremis" di leggi regionali che ne
avrebbero vietato l'entrata in funzione, a dubbi di natura tecnica
sull'efficacia delle tecnologie scelte.
Come cittadini poniamo alcune domande agli enti preposti, in primis alla
Sindaca di Roma Virginia Raggi, al Presidente della Regione Nicola Zingaretti
e, naturalmente, al gestore Acea.
Siete proprio tutti d'accordo e così sicuri che questa sia la
scelta giusta per la tutela dei cittadini e della risorsa idrica? Chiediamo di
rispondere ciascuno per il ruolo che gli compete.
1. Il progetto presentato alle amministrazioni pubbliche
competenti era di fatto irrealizzabile, poiché quando sono stati richiesti i
pareri la normativa regionale vietava l’uso potabile di fiumi che ricevessero
scarichi industriali sul loro corso.
Come possono considerarsi legittimi quei pareri e il voto dei sindaci coinvolti
nella conferenza dell’ATO 2 di dicembre 2017 del quale non appare la conta nel
verbale?
2. Non appare curioso che la normativa regionale sia stata
modificata solo a seguito della realizzazione dell’opera, permettendone così la
possibile entrata in funzione?
3. Siete sicuri che la caratterizzazione dell’acqua del Tevere
sia stata effettuata in ottemperanza a tutte le norme previste dalla legge? I
tempi e le modalità della caratterizzazione lasciano diversi dubbi.
4. La tecnologia utilizzata nell’impianto di potabilizzazione,
basata su filtri a carboni attivi, non è specifica per sostanze come metalli
pesanti, idrocarburi e microplastiche, che diversi studi scientifici dimostrano
essere presenti nel Tevere. Siete sicuri che questo non rappresenti un rischio
per la salute?
5. Siete, dunque, sicuri che non si darà da bere ai romani un
fiume di veleni? Con quale frequenza verranno effettuati e resi pubblici i
monitoraggi?
6. A fronte di una dispersione delle reti di circa il 40%, ossia
9.000 l/s, la soluzione per mettere in sicurezza l’approvvigionamento idrico di
Roma è la costruzione di un’opera che al massimo immetterà in rete 500 l/s,
ossia un 1/18 dell’acqua che si perde. Siete sicuri che sia una scelta
razionale e compatibile con la sfida del risparmio idrico che le grandi città
sono chiamate a compiere?
7. A fronte di perdite così ingenti è stato approvato il
raddoppio dell’acquedotto del Peschiera, lasciando intravedere la prospettiva
dell’aumento dei prelievi da quelle sorgenti, mettendo ancora più a rischio un
acquifero di rilevanza nazionale, una riserva strategica e un ecosistema unico.
Siete sicuri che continuare a sfruttare al massimo le fonti, invece di ridurre
gli sprechi, sia un buon modo per investire i soldi dei cittadini e garantire
il futuro della risorsa idrica?
8. L’A.D. di Acea, in Assemblea dei Soci, si è rifiutato di
comunicare un obiettivo percentuale di riduzione delle perdite. Esiste un
obiettivo di questo tipo? Perché gli enti preposti non lo impongono al gestore
Acea 2 S.p.A.? Siete sicuri che una reale ristrutturazione della rete idrica
non sia l’unica strada sensata per far fronte alle future “crisi idriche”?
Noi siamo sicuri che, se non verranno modificate le politiche e
la strategia aziendale sulla gestione dell’acqua guardando alla sua tutela e
preservazione per le generazioni future, sarà la storia a condannarvi come
responsabili di un disastro annunciato.
Riteniamo necessario che il potabilizzatore non entri in funzione per uso
potabile, ma al limite per usi non potabili, come l’impianto preesistente che
dagli anni ’90 prelevava acqua dal fiume e ne ricavava acqua per annaffiare
parchi e ville di Roma e del Vaticano.
Infine, vi segnaliamo che, nell’ambito della campagna che abbiamo messo in
campo, intendiamo presentare un esposto tramite cui chiedere a diversi enti di
chiarire i dubbi di natura procedurale e ambientale legati a questa opera.
Roma, 01/08/2019.
Coordinamento Romano Acqua
Pubblica
Porto Rico e la troika caraibica
Matteo Bortolon
Pochi in Europa hanno prestato attenzione alle vicende di Porto Rico, piccolo paese dei Caraibi le cui vicende vedono un parallelismo con i paesi spremuti dalle politiche di austerità.
Anche a luglio 2019 non vi è stata grande attenzione da parte dei media, anche se una delle più imponenti mobilitazioni popolari della storia del paese ha portato ad una raffica di dimissioni in una crisi istituzionale piuttosto difficile.
Le proteste sono scoppiate in seguito alla diffusione di 900 pagine di chat scambiate fra il governatore Rossellò e i suoi collaboratori. Insulti, dileggio, sessismo, omofobia. Ma anche truffe e corruzione. Un cerino calato in una polveriera, che ha suscitato una reazione popolare così intensa da coinvolgere star internazionali come il cantante Ricky Martin e la supermodella portoricana Joan Smalls.
Porto Rico è un arcipelago piccolo, a est della Repubblica Dominicana con circa 3,6 milioni di abitanti. È un territorio controllato dagli Usa i cui abitanti sono cittadini statunitensi ma senza diritti politici, infatti non possono votare per il Congresso che fa le leggi cui sono vincolati, ma solo le autorità amministrative per questioni locali.
Il paese, che dovrebbe diventare uno stato vero e proprio degli Usa, era diventato una sorta di paradiso per l’investimento finanziario: i profitti sui titoli di stato portoricani non venivano tassati. Lo sgravio ha innescato un forte indebitamento, favorito dalla corsa per prestare soldi all’arcipelago e goderne gli interessi.
Finché fra il 2014-15 la recessione economica ha portato il consueto meccanismo di contrarre debiti per pagare i creditori, generando un «effetto slavina» sulla somma complessiva a far temere il default o una «ristrutturazione»: o non pagare il debito o ridurlo. Una cosa che i creditori non potevano permettere. Anche perché fra di essi vi sono diversi hedge fund, punta d’acciaio del profitto speculativo mondiale. Vere ammiraglie del capitalismo finanziario decise a esercitare tutta la pressione politica per evitare perdite. A costo di farle pagare ai cittadini e ai lavoratori.
Per mettere a posto la faccenda Obama firmò nel 2016 una legge (il «Puerto Rico Oversight, Management and Economic Stability Act» o «PROMESA») che consegnava ogni potere in materia di bilancio e debito a una commissione di sette membri.
La versione locale della Troika europea, che infatti ha iniziato una drastica «cura» a base di privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica. Non ci si stupirà troppo se nella miseria generale i funzionari e intrallazzatori nuotano in un piccolo oceano di corruzione (da poco due ex funzionari portoricani erano stati arrestati per corruzione dalla Fbi). Che in parte emergono anche dalle chat del governatore oramai dimissionario.
Le proteste scattano non solo in un contesto di impoverimento generale ma di sfacciata cleptocrazia che, come emerge nelle 900 pagine, ha anche sottratto fondi agli aiuti stanziati per il terribile uragano Maria che nel 2017 ha colpito l’isola.
Vedendo i nomi che compaiono nell’organismo che impone in modo dittatoriale il neoliberismo emerge chiaramente come le imposizioni sul piano politico siano strettamente funzionali all’interesse economico della oligarchia finanziaria.
Il presidente dell’organo di «supervisione finanziaria e gestione» lavorava per un fondo assicurativo diventato parte del potente colosso finanziario HUB International Limited, un gigante del settore posseduto dal fondo speculativo nordamericano Hellman & Friedman LLC , forte di 25 miliardi di dollari di attività.
Fra i componenti compaiono anche un analista del pensatoio conservatore American Enterprise Institute, selvaggiamente foraggiato dal DonorTrust, il punto terminale di un network di soggetti foraggiati da imprese Usa (detto familiarmente «il bancomat della destra»); un ex dirigente di BayBoston, azienda di servizi finanziari; l’ex presidente della Associazione Banchieri di Porto Rico; un avvocato specializzato in ristrutturazioni finanziari, prestiti commerciali. Gente giusta al posto giusto. Come sempre.
fonte: il manifesto 03/08/2019