venerdì 12 giugno 2020

Covid-19 e lotta di classe: reagiamo, scioperiamo!

a cura del dipartimento sindacale Pdac



Mentre governo, regioni e padroni sono intenti nel mischiare le carte in gioco tra la fase 1 e la fase 2, ossia dall’emergenza sanitaria alla convivenza con il virus, appaiono sempre più evidenti le loro trame per far pagare la crisi economica, amplificata dal Covid-19, alle masse più povere, ai lavoratori salariati e ai lavoratori autonomi. Ora sono pronti per la fase 3 e per chi non se ne fosse accorto stiamo in piena lotta di classe!

Fase 1 – fase 2: lo sporco gioco del capitalismo
Per riassumere possiamo affermare che la fase 1 è stata caratterizzata dal tentativo del sistema, nel suo complesso, di mantenere aperto il più alto numero possibile di attività e fabbriche, che nulla c’entravano con i servizi essenziali. Sono stati migliaia i lavoratori che, fin dal principio, sono stati costretti a lavorare e per di più sprovvisti di Dpi adeguati alla tutela da contagio da Covid-19, generando una delle principali cause di diffusione del virus, al solo scopo di mandare avanti la produzione per preservare i lauti guadagni dei grandi imprenditori.
La fase 2 non è nient’altro che il proseguimento della prima: non è per nulla conclusa l’emergenza sanitaria – sono ancora centinaia i nuovi infettati e morti ogni settimana – ma al contempo rimangono serrate le file della classe dominante che, con il “tana libera tutti”, sta convincendo le masse popolari che ormai il peggio è passato. Tutto ciò avviene mentre ai padroni viene data la possibilità di spartirsi i miliardi caduti a pioggia dal governo, e ai lavoratori salariati, ai lavoratori autonomi, ai piccoli commercianti viene imposta la macabra scelta di morire di virus o morire di fame. Il tentativo di portare a compimento l’opera della prima fase (chiudere tutto per non chiudere niente) e l’ideologia della seconda (dobbiamo ripartire) è stato supportato dalla stessa borghesia, a partire dal suo governo, ma anche con la preziosa complicità dei suoi agenti all’interno del movimento operaio, nei mass media e nelle istituzioni in generale.

Scioperi operai: difesa e contrattacco della borghesia
Era il 12 marzo quando gli operai, in diverse aziende su tutto il territorio italiano, hanno deciso di incrociare le braccia contro la decisione del governo di chiudere le attività commerciali lasciando aperte le fabbriche, i trasporti, le banche ecc. Ci trovavamo nel momento in cui le vittime e i morti da Covid-19 cominciavano ad essere migliaia e le grandi burocrazie sindacali (ma anche le direzioni del sindacalismo di base) non andarono oltre la rivendicazione di migliore sicurezza sui posti di lavoro.
“Non siamo carne da macello” era invece la parola d’ordine da cui è partita una serie di scioperi spontanei, per lo più autorganizzati, con cui gli operai chiedevano a gran voce la chiusura delle fabbriche come unica soluzione valida per evitare il contagio in fabbrica. In quei giorni, solo il Fronte di lotta no austerity, con comunicato del’11 marzo (1), aveva invocato e sostenuto lo sciopero del settore privato come mezzo necessario per imporre la chiusura delle fabbriche e dei servizi non essenziali.
Nonostante fossimo in una situazione tragica, in piena crisi sanitaria, quei giorni li ricordiamo per il grande insegnamento che ci hanno dato gli operai, soprattutto perché hanno smentito coloro che continuano a considerare morta la classe operaia. Quelle giornate di sciopero, prese ad esempio da molti operai a livello internazionale, sono un gran motivo di orgoglio: con la loro forza hanno imposto al governo e a Confindustria la chiusura, per diverse settimane, di centinaia di fabbriche, a partire dai grandi stabilimenti automobilistici.
La grande borghesia, nei fatti, fu costretta a un grande passo indietro dopo aver cercato in ogni modo di mantenere aperte tutte le attività per continuare a lucrare anche in piena pandemia. Ma nei giorni seguenti chiamò a corte il proprio governo, capeggiato da Conte, e i propri agenti nel movimento operaio, in primis Maurizio Landini, segretario generale della Cgil. Da lì, e per le settimane a seguire, la grande imprenditoria riuscì a portarsi a casa il protocollo sulla sicurezza (siglato il 14 marzo e poi ritoccato nelle settimane successive) con le maggiori burocrazie sindacali – Cgil, Cisl e Uil – e una lunga lista di attività non essenziali da far rimanere aperte durante l’emergenza, per poi riuscire a riaprire le fabbriche grazie anche al supporto di alcune trasmissioni televisive che ci mostravano in tv un inesistente mondo sicuro all’interno degli stabilimenti (2). Come si dice, l’appetito vien mangiando e dopo aver messo in sicurezza il lucro dei borghesi, e non certo gli operai in catena di montaggio, l’avvocato degli italiani (così si era presentato Conte) ricopre la borghesia di miliardi (500) mediante vari decreti, mentre per i lavoratori, i precari e i disoccupati distribuisce cassa integrazione e miseria.

Sciopero: prassi efficace contro burocrazie, governi e padroni
Puntando la lente di ingrandimento sulle disposizioni del governo, non passa inosservato il fatto che il primo intervento adottato, ancor prima del lockdown, sia stato il divieto di sciopero per i lavoratori dei servizi essenziali (3). Al contempo, se spostiamo la lente verso i lavoratori, vediamo che è stata proprio l’astensione dal lavoro l’unico strumento con il quale sono riusciti ad obbligare la chiusura delle fabbriche e con essa la salvaguardia di migliaia di vite tra gli operai e le proprie famiglie in piena emergenza sanitaria. Durante quelle giornate abbiamo visto organizzare scioperi spontanei in differenti territori lungo tutta la penisola e in diversi settori, da quello metalmeccanico, delle telecomunicazioni (call center) e in alcuni ambiti dei trasporti: tutti questi scioperi andavano contro la volontà delle burocrazie sindacali che hanno subito un vero e proprio ammutinamento da parte della loro base.
Lo sciopero è l’arma storica nelle mani del movimento operaio per conquistare diritti e salario attraverso il fermo della produzione e il relativo profitto di pochi sfruttatori. Ce l’hanno ricordato gli operai a marzo come lo sciopero sia il principale strumento da brandire in piena e brutale lotta di classe: oltretutto la sua prassi è l’unica che coniuga perfettamente la dura lotta con la piena tutela della salute dei lavoratori, tanto più in un momento di crisi sanitaria.
Continueremo a sostenere gli scioperi come principale ed efficace metodo di lotta da perseguire in ogni settore ed azienda, ponendoci anche l’obiettivo di unirli e rafforzarli con l'obiettivo di costruire a breve un reale sciopero generale. L’attacco della classe dominante è di dimensioni enormi e la giusta risposta dovrebbe essere l’astensione generale dal lavoro, che raccolga le rivendicazioni economiche, sociali e politiche anche delle masse non organizzate.
Ci daranno degli utopici, soprattutto coloro che temono che l’attivismo dei lavoratori possa mettere in discussione la tenuta dei propri apparati burocratici. Rivolgendoci ai lavoratori diciamo invece che l’unica dottrina utopica è quella che continua a considerare morta la classe operaia, per poi dividerla in micro lotte spesso rituali e simboliche, al solo scopo di mantenere in vita o rafforzare grandi o piccole burocrazie sindacali.


(1) http://www.frontedilottanoausterity.org/11/notizie/tuteliamo-la-salute-e-la-vita-delle-lavoratrici-e-dei-lavoratori/
(2) https://www.facebook.com/ReportRai3/videos/2883747994995223/?v=2883747994995223
(3) Trovate un articolo a tema su Progetto Comunista di aprile scaricabile dal sito 
https://www.partitodialternativacomunista.org/articoli/materiale/acquista-progetto-comunista-in-pdf

 

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