domenica 13 settembre 2020

Ma che campagna referendaria è?

 Luciano Granieri


Siamo in vista una
 consultazione referendaria nella quale si chiede di dar corso  all’ennesimo tentativo di cambiare la Costituzione con  l’obiettivo di limitare la  partecipazione dei cittadini alla politica del paese attraverso il depotenziamento della rappresentanza  parlamentare. 

Non è la prima e, temo, non sarà l’ultima se la riforma, come auspico e spero, verrà respinta.   Perché JP Morgan, e con essa  tutte le congregazioni finanziario-speculative,  non finiranno mai di spingere per modificare quelle Costituzioni che non prevedono un potere di diretta emanazione governativa e oligarchica.  Sistemi in cui i governi sono  veri e propri organi esecutivi di quelle  lobby finanziarie di cui la banca Morgan fa parte. 

Le prerogative legislative e di controllo esercitate dal Parlamento sono un vecchio retaggio socialista derivato dalla lotta partigiana, orpelli superati dal fatto, secondo i padroni della finanza,  che il pericolo autoritario non esiste più.  La cosa grave è che la stessa storia ce la raccontano  i fautori della riduzione del numero dei parlamentari, secondo i quali, certi pericoli sul ritorno di fascismi e derive dittatoriali sono ormai  solo fantasmi che agitano i sonni di vecchi nostalgici  del socialismo reale, o peggio, del comunismo.  Quindi non c’è da preoccuparsi,  un Parlamento più snello non metterà mai  in pericolo la  tenuta democratica del Paese, questa è la sciagurata tesi.

Dunque siamo impegnati   nuovamente portare avanti una campagna referendaria per chiedere ai cittadini di respingere, votando No alla riduzione del numero dei parlamentari, l’ennesimo attacco alla Carta. Francamente   ne avremmo anche abbastanza, ma tant’è. 

Ci siamo impegnati già nel 2016 contro la Deforma Costituzionale voluta da Renzi e fortunatamente bocciata dagli italiani. E mi sento di affermare che la campagna referendaria di oggi è ancora più complicata  perché è difficile controbattere a degli slogan. Contro il dispositivo di  Renzi c’era la possibilità di argomentare.  Infatti, per quanto deformanti, in quel disegno c’erano contenuti. Ce li ricordiamo: il  Senato non elettivo con la riduzione del numero dei Senatori a 100, le  dinamiche della funzione legislativa in cui le competenze fra Camera e  Senato erano definite in modo confuso e astruso, o la modifica del ruolo delle Regioni, oltre che una legge elettorale come l’Italicum subito bocciato dalla Corte Costituzionale.  Del resto è dal referendum Segni sul maggioritario che ogni forza assurta al soglio governativo  propone, di volta in volta  una legge elettorale che  faccia al proprio comodo, creando confusione e vulnus gravissimi alla partecipazione democratica.  

Nella Riforma  Costituzionale odierna, c’è il vuoto. Nel controbattere alle ragioni del Si al taglio dei Parlamentari si ha l’impressione di dire delle ovvietà dettate dalla pura  logica,   non c’è necessita di industriarsi in studi particolari per smontare un attacco ancora più virulento, perché sostenuto da  “futili motivi” per esercitare un gergo giudiziario. 

Non è un caso che spesso  nelle tribune di confronto fra i sostenitori del No e quelli del Si questi ultimi non si presentano neanche. Al  risparmio dei costi che la riduzione dei Parlamentari potrebbe realizzare, non ci crede più nessuno, infatti mi sembra una motivazione quasi del tutto scomparsa fra quelle poste alla giustificazione del taglio. E’ facile dimostrare come, riducendo gli emolumenti di Deputati e Senatori, si otterrebbe un risparmio maggiore e per giunta con legge ordinaria. 

L’ultima teoria che viene avanti concerne la rappresentanza. Secondo i fautori del Si oggi la rappresentanza non sarebbe assicurata perché i rappresentanti eletti, a causa del loro numero eccessivo  e della loro inettitudine, non riuscirebbero a produrre quell’attività legislativa, in termini qualitativi e quantitativi,  per la  quale hanno ricevuto il mandato dai propri elettori. Cioè il tuo rappresentante non ti rappresenta perché va in Parlamento solo a scaldare la poltrona e fare i propri interessi.  Dunque non c’è rappresentanza oggi,  ma ci sarà, se vince il Si,  con un numero inferiore di parlamentari più efficienti e meno litigiosi. 

Giova ricordare a costoro che negli ultimi 12 anni il Parlamento ha approvato oltre 68 leggi l’anno, più di una legge a settimana. Non si può quindi parlare di scarsa produttività, anche se il termine è improprio perché le Camere non sono un’azienda. Il  guaio è  che l’80% di tali leggi  è imposto dal Governo  di turno con decreti urgenti, spesso omnicomprensivi, dai  contenuti, a volte sconosciuti avulsi dalla ratio della norma. In questi casi il Parlamento è costretto semplicemente a ratificare i dispositivi,  vittima del  ricatto sulla tenuta del governo e sulla mancanza di governabilità, una parola che non  sopporto. Io  vorrei contribuire a governare,  non voglio  essere governabile e quindi governato

Per altro lo stesso Governo è inadempiente nell’emanare i decreti attuativi delle leggi. Proprio per questo è sempre l’Esecutivo   responsabile del cattivo funzionamento della  Pubblica  Amminstrazione,  non mettendola  in grado di applicare le norme,  proprio per la mancanza dei  decreti attuativi e le direttive necessarie  per renderle, per l’appunto esecutive. Il Parlamento in tutto ciò  c’entra poco.  Anzi  proprio per rafforzare il controllo sul Governo, responsabile dei disastri, le prerogative delle Camere  andrebbero riaffermate e rafforzate.  E ciò  non si ottiene  con la diminuzione del numero dei Parlamentari. 

Potrei dilungarmi sulla disgustosa operazione di far passare tutti i Deputati e i Senatori  come inetti e corrotti, citando, di volta in volta, i vari assenteisti che tutti conosciamo.  Ma chiedo a lor signori: siamo così certi che con la riduzione degli inquilini del Parlamento a rimanere senza scranno saranno assenteisti e corrotti? Io temo che con le attuali modalità di selezione dei candidati, a non accedere alle poltrone saranno proprio i più onesti e capaci.  Infatti  ad ottenere la candidatura “sicura” saranno sempre di più i fedeli ai capobastone delle varie consorterie elettorali. 

Un’altra stupidaggine  avanzata dai promotori del Si  riguarda il fatto che cambiare la Costituzione non sarebbe  altro che il primo passo verso un piano di riforme complessivo,  di carattere legislativo,  utile a rendere più incisivo e funzionale la riduzione del numero dei parlamentari.  “Intanto cambiamo la costituzione o poi penseremo al resto”,questo è il messaggio fuorviante e fallace. E chi dovrebbe pensarci al resto Di Maio? O una riffa sulla  piattaforma Rousseau? Scusate ma non mi fido. 

Vorrei chiudere con l’elemento che più mi  fa arrabbiare e indignare. E cioè che la Costituzione, quel documento giudicato il più bello del mondo, frutto del sangue versato dei partigiani, sia diventato il cavillo  di un contratto privatistico stipulato con disprezzo istituzionale fra Lega e M5S per dare vita a quello sciagurato governo che tanti disastri ha prodotto e che l’attuale esecutivo non ha corretto. 

La Lega concedeva ai 5S di stravolgere la Costituzione, con la diminuzione del numero dei Parlamentari, in cambio otteneva il via libera  sull’autonomia differenziata per le Regioni, altro colpo gravissimo all’integrità unitaria  del Paese. La Costituzione, ridotta  a  semplice clausola di un accordo privato, per giunta reiterato e rinnovato dal nuovo contraente, il Pd (Costituzione in cambio di Governo) è un’insulto e uno sfregio a quanti si sono battuti per la libertà del nostro Paese. Costoro andrebbero denunciati per vilipendio alla base fondante del nostro Stato Democratico. 

Auspico fortemente e per questo continuerò ad impegnarmi fino alla fine della campagna referendaria, che, come accadde nel 2016, anche stavolta prevalga il No, che sia respinto l’ennesimo attacco reazionario alla Carta. E mi piace pensare  che ciò possa  avvenire non per motivi di bassa lega,  tipo “si vota No per creare la crisi di governo o per affossare i 5S”, ma perché i cittadini Italiani sono convinti che la Costituzione italiana sia veramente la più bella del mondo, e che non debba essere minata nelle sua fondamenta solidamente basate sulla partecipazione democratica e sull’assicurazione della piena dignità sociale ad ogni cittadino. 

Del resto da Berlusconi, a Renzi tutte le riforme andate a referendum sono state bocciate dal “POPOLO”. Auspico, spero, e ne sono persino convinto, che anche stavolta sarà così. Votiamo No.


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