venerdì 25 settembre 2020

Jimi Hendrix e il referendum

 Luciano Granieri



Venerdì 18 settembre 2020 erano passati cinquant’anni dalla morte di Jimi Hendrix. Venerdì 18 settembre 2020 si svolgeva a Frosinone la kermesse di chiusura della campagna referendaria in favore del No al taglio dei parlamentari. 

Due accadimenti apparentemente  lontani fra di loro, ma non troppo. Già perché Jimi Hendrix - icona di un'era  conflittuale,  nonchè utopista del tempo a venire,  profeta della “violenza di seta” ovvero  il  conflitto portato avanti non con le pistole, ma con la forza dei riff, degli arpeggi fulminanti, degli amplificatori  “a palla”, lui figlio del sottoproletariato nero che con la sua chitarra  fiammeggiante (in tutti i sensi) scandiva il tempo  delle lotte dei movimenti contro la guerra in Vietnam, dei sit-in per le rivendicazioni sociali - era lì con noi. 

Era con noi, a nostra volta  figli di un sottoproletariato bianco, nero, giallo, rosso,  fatto di donne uomini , discriminati per orientamento sessuale e censo,  schiantato dalla perfidia e crudeltà irriducibile della dittatura neo liberista. Quel totalitarismo che da decenni attenta alla Costituzione, bollata come documento socialista e fuori tempo, ultimo baluardo in difesa dei diritti dei più deboli, per i quali la consolidata  teoria darwinian-liberista non prevede spazio di vita. 

Era con noi a difendere uno dei capisaldi della partecipazione democratica quale l’integrità del Parlamento, il cui depotenziamento, per ora numerico, ahimè ormai sancito, non sarà altro che il primo passo verso la piena legittimazione del GOVERNO “ESECUTIVO” delle varie J.P MORGAN di turno. 

Era lì con noi, band di popular-jazz-rock music,  riunita per l’occasione.  Un collettivo musicale aperto  che,  dopo  i comizi in favore del No, stava offrendo  il suo contributo in musica alla causa. Fra i vari brani da suonare  spunta il testo di “Little Wing” Pierluigi, l’amico chitarrista conosciuto solo poche ore prima, parte con le prime note,  Min  comincia a cantare. Noi dietro. 

“Little Wing”. Un brano conosciuto  da tutti, ma mai provato ed eseguito per la prima volta dalla band. Nonostante ciò l’esecuzione è stata precisa senza sbavature.......Eh si Jimi era con noi! E’ stato per me un onore celebrare uno straordinario personaggio nel  cinquantesimo della sua morte, suonando un suo brano...... e che brano!

Sono anche questi gli aspetti per cui è valsa  la pena fare una campagna referendaria che non è stata sufficiente a far prevalere le ragione del No, ma che personalmente mi ha arricchito moltissimo, culturalmente e politicamente.  Ringrazio tutti coloro, compagni, amici  e musicisti che hanno condiviso con me questo percorso. E non finisce qui.



Referendum: un plebiscito mal riuscito

 Coordinamento Comunista Lombardia (CCL) – coordcomunistalombardia@gmail.com

Coordinamento comunista toscano (CCT) – coordcomtosc@gmail.com

Piattaforma Comunista - per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia – teoriaeprassi@yahoo.it



7milioni e mezzo di lavoratori, giovani, donne, hanno ragionato con la testa ed espresso il loro rifiuto della legge sul “taglio dei parlamentari”. Eraun risultato per nulla scontato, se consideriamo le premesse politiche e le condizioni reali in cui si è svolto il referendum.

La legge è stata votata alla Camera da tutti i partiti di maggioranza e opposizione (553 sì, 14 no e 2 astenuti); il voto è stato ampiamente condizionato dalla demagogia populista, dalla menzogna e dalla frode; le forze socialdemocratiche, riformiste e opportuniste, che si sono opposte per motivi elettoralistici alla legge taglia-parlamentari, non hanno informato le masse sulla natura reazionaria della legge e non hanno fatto nulla per mobilitarle.

Poteva verificarsi un risultato diverso nelle condizioni di debolezza ideologica e politica del proletariato, che oggi è immobilizzato, disorganizzato e diviso dalla politica riformista e populista, dalle burocrazie collaborazioniste di sindacati e associazioni?

Se consideriamo il dato registrato dai NO e aggiungiamo il 47% dell’elettorato che si è astenuto, non vi è stato alcun plebiscito populista. Una minoranza di elettori/trici ha dato il suo consenso a questa legge, mettendo in luce la contraddizione esistente fra la politica dei partiti borghesi e le ampie masse.

Il M5S che ha fatto di questa legge il suo cavallo di battaglia elettoralistico, sui temi dell’efficienza e del risparmio, ha ben poco da gioire. Saranno i primi a essere estromessi dal parlamento, dopo aver reso i loro servizi. Anche gli opportunisti vedranno acuirsi la loro crisi, poiché perdono la speranza di rientrare in parlamento.

In generale, la borghesia incassa la classica vittoria di Pirro. Il risultato è un segno della sua debolezza. La classe dominante sega il ramo su cui da decenni è seduta. Con l’ulteriore vaporizzazione della rappresentanza politica si approfondisce il solco fra classi sfruttate/oppresse e istituzioni borghesi. Aumenteranno le spinte all’“autonomia differenziata” e i conflitti fra organi e poteri dello Stato ma, autolegittimandosi con questo voto, accelererà anche il processo di restrizione delle stesse libertà democratico-borghesi e gli spazi di agibilità politica per chiunque si oppone al sistema di sfruttamento.

Come comunisti, denunciamo la progressiva trasformazione reazionaria dello Stato perché non siamo indifferenti al regime politico in cui si svolge la lotta fra le classi e non sottovalutiamo l’importanza delle leggi e delle misure reazionarie che la classe dominante e i loro partiti (tutti uniti) adottano. La trasformazione reazionaria dello Stato non si fermerà alla legge taglia-parlamentari, che è un aspetto di questo processo.

Smascheriamo i piani reazionari e autoritari, indicando la rivoluzione socialista quale unica alternativa alla dittatura borghese venduta come “efficiente” democrazia parlamentare al servizio esclusivo dei capitalisti e dei ricchi.

giovedì 24 settembre 2020

25 settembre: giornata di scioperi e mobilitazione

 di Daniele Cofani (operaio Alitalia)

e Matteo Bavassano (lavoratore Airport handling)


Senza ombra di dubbio quella che stiamo vivendo è una della più grandi crisi sanitarie della nostra epoca, precedentemente solo l’influenza spagnola fu così letale con milioni di vittime in tutto il mondo. Già prima della sua esplosione i vari governi di qualsivoglia schieramento politico - tutti al servizio della grande borghesia - hanno tentato di sminuire la sua pericolosità al solo fine di garantire la prosecuzione della produzione e della compravendita. Mentre scriviamo ci troviamo a contare più di 30 milioni di infettati in tutto il mondo e siamo alla soglia di un milione di morti dichiarati (ma si calcola che siano almeno il quadruplo quelli reali), tuciò in meno di 10 mesi dallo scoppio della pandemia.
Di pari passo, con la stessa imponenza, avanza una grave crisi economica in cui la recessione, che era alle porte ancor prima del Covid-19, si potrebbe trasformare in una depressione tanto e quanto più violenta di quella del 1929. A lavoratori, studenti e disoccupati questo sistema barbaro offre un unico cocktail infernale: virus e povertà! Non ci rimane che lottare per ribaltare questa società senza esitazione.

Governo, burocrazie e padroni, dove eravamo rimasti…
Fase 1, fase2, fase 3 si potrebbero facilmente riassumere in fabbriche aperte, fine del lockdown, convivenza con il virus: in tutte e tre le fasi l’apparato statale si è adoperato con tutte le sue forze per non fermare l’economia e con essa il profitto dei padroni, mettendo in ultimo piano la salute e la vita del proletariato nel suo insieme.
Tra febbraio e marzo ci ricordiamo bene dei vari Salvini, Zingaretti, Sala ecc. che, con le varie campagne contro le chiusure, hanno portato al massacro centinaia di migliaia di persone ignare del rischio mortale del coronavirus. Come ci ricordiamo bene i primi Dpcm di Conte con cui chiudeva le saracinesche ai commercianti mentre teneva aperte tutte le fabbriche e i trasporti.
Ma in questo contesto quello che è rimasto ancor di più nella nostra memoria sono gli scioperi spontanei degli operai di metà marzo, con cui è stata bloccata la produzione anche nelle più grandi fabbriche come Ilva, Fca, Sevel, ecc. Avanguardie operaie, a difesa della propria vita e di quella altrui, hanno rivendicato la chiusura dei servizi non essenziali con salario garantito per i lavoratori. Una grandissima risposta alle sporche manovre di Conte, Confindustria e delle maggiori burocrazie sindacali complici, Landini in testa: tutti sono stati costretti ad arretrare di fronte alla forza della mobilitazione, che ha neutralizzato il criminale tentativo di mantenere aperte tutte le attività produttive.
Quelle giornate furono da esempio e vennero imitate da molti operai in tutto il mondo e rimarranno nella storia e pensiamo inoltre che, il fuoco di rivalsa che le ha caratterizzate, arda ancora come brace nel camino e basti veramente poco perché possa divampare di nuovo.
Altra questione che ha visto il governo impegnato a obbedire ai desiderata dei grandi capitalisti nostrani è la distribuzione di ingenti somme di denaro pubblico utile alla ripresa dell’economia.
In precedenti articoli abbiamo illustrato come il governo abbia in teoria ripartito 500 miliardi tra i grandi industriali, i piccoli commercianti, i lavoratori, i disoccupati e gli studenti: utilizzando la falsa ideologia del “stiamo tutti sulla stessa barca”, ci siamo ritrovati in realtà con una valanga di miliardi elargiti ai grandi capitalisti, mentre alla piccola borghesia venivano concesse le briciole e al proletario una vera e propria elemosina.
A fine estate ci siamo anche dovuti subire l’ignobile teatrino degli "stati generali", con cui Conte ha chiamato l’opposizione e le cosiddette parti sociali a un amichevole banchetto. Volevano far credere alle masse popolari che ci sarebbe stata un’equa distribuzione dei fondi pubblici, questo anche grazie alla complicità delle grandi e piccole burocrazie sindacali sedute a quel tavolo. Oggi ci troviamo a contare migliaia di piccole attività commerciali chiuse per fallimento, centinaia di migliaia di precari senza più un contratto di lavoro (licenziati) e altrettanti lavoratori ancora in attesa del pagamento degli ammortizzatori sociali.

Scuola, trasporti, ambiente: si sciopera!
Nei mesi estivi ha continuato ad avanzare senza sosta la crisi sanitaria ed economica da Covid-19, ed è ormai evidente che chi ha subito maggiormente le cause devastanti della pandemia in termini di decessi, disoccupazione e perdita di salari, sono state le classi subalterne composte principalmente da lavoratori, pensionati, studenti, precari, e disoccupati di cui i più colpiti sono stati gli strati più oppressi come gli immigrati, donne e lgbt.
In questa fase pensiamo che debbano essere proprio loro a farsi trovare pronti in quello che si preannuncia un caldo autunno di lotta: solo attraverso il loro protagonismo si potranno respingere gli attacchi di Confindustria e del governo. In questo contesto, il 25 settembre si colloca, con evidente importanza, una giornata di sciopero e mobilitazione in cui si prospetta un interessante avvio di lotte: si intrecceranno tra di loro mobilitazioni e scioperi di ambiti e settori differenti.
Saranno due scioperi di valenza nazionale a dare il via alla stagione delle lotte, uno nel settore aereo e uno nella scuola, ma ci saranno anche scioperi locali del trasporto pubblico, nonché la mobilitazione degli studenti. Di fatto ad aprire le danze saranno le lavoratrici e i lavoratori della scuola, alle prese con l’inizio delle lezioni presenziali, con la farsa pericolosa della riapertura in sicurezza (1)
Lo sciopero nazionale della scuola è stato indetto dal sindacalismo di base - coprirà due giorni, il 24 e 25 settembre - e si connette con l’astensione dal lavoro delle operatrici e gli operatori sociali (Aec/Oepa) di Roma, che si battono da tempo per la reinternalizzazione del servizio finora svolto da cooperative esterne; sciopereranno anche a tutela della propria salute dal contagio e diffusione del Covid-19, nonché per un reddito garantito visto che la loro condizione contrattuale li ha lasciati da marzo senza salario e senza nessun ammortizzatore sociale a sostegno.
Il 25 settembre vi è anche un importante sciopero dei lavoratori del trasporto pubblico romano e laziale in Atac e Cotral, iniziativa collegata a doppia mandata con la riapertura della scuole: gli autoferrotranvieri incroceranno le braccia 24 ore contro le nuove misure di in-sicurezza previste per il trasporto passeggeri su bus, tram e metro, dato che il riempimento dei mezzi di trasporto, per facilitare gli spostamenti degli studenti, potrà raggiungere fino all’80% della capienza massima compresi i passeggeri in piedi (!).
Prosegue la lotta dei lavoratori del settore aereo (2), tra i più colpiti dalla crisi che vede coinvolti in particolare i lavoratori di Airport handling dell’aeroporto di Milano Linate, che stanno rischiando il licenziamento a causa di una scellerata riorganizzazione del lavoro da parte di Alitalia. La compagnia di bandiera in amministrazione straordinaria, sostenuta con soldi pubblici, in piena pandemia sta utilizzando la momentanea crisi del settore per abbattere i costi, aumentando la produttività dei propri dipendenti e sostituendo i lavoratori di Ah con lavoratori precari.
Insieme a loro sono pronti alla mobilitazione gli stessi lavoratori di Alitalia alle prese con la promessa "nazionalizzazione" che fa temere però migliaia di licenziamenti e un pericoloso smembramento, con la scorporo di Alitalia in diverse società e con il paventato rischio che le attività di terra (manutenzione e handling) vengano quanto prima vendute al miglior offerente; per le attività di volo il rischio è che la cloche passi nelle mani di diretti concorrenti come Lufthansa o Delta.
Il 25 settembre, compatibilmente con le misure di sicurezza per contrastare la pandemia di Covid-19, si svolgerà il "Global day of climate action" ossia la "giornata di azione globale per il clima" organizzata dagli studenti del Friday for future mediante iniziative e manifestazioni in tutto il mondo; sarà invece il 9 ottobre la data prescelta per il prossimo "Global climate strike". La tematica ambientale e la lotta per la difesa del pianeta è sempre più attuale viste anche le grandi responsabilità del capitalismo nella sua distruzione, come anche nel continuo insorgere di pandemie sempre più devastanti.
Oltre ad essere presenti in prima linea in tutte queste iniziative di lotta, crediamo che queste giornate siano fondamentali per la costruzione di un reale fronte unico di lotta, che deve nascere all’interno di lotte concrete costruite dalla base dei lavoratori come degli studenti. Solo partendo dalle loro istanze democratiche si potrà avanzare nella lotta e nella lotta elevare la coscienza di ampi strati del proletariato, indicando rivendicazioni transitorie che possano portare alla comprensione che la sola lotta risolutiva, che ci possa liberare dalle catene delle oppressioni e dello sfruttamento, è quella contro questo sistema barbaro, il capitalismo, che va abbattuto per costruire una società socialista.



mercoledì 23 settembre 2020

LA BATTAGLIA DEL NO NON FINISCE QUI

 Dichiarazione di Massimo Villone, presidente del Comitato per il No al taglio del Parlamento

Vogliamo in primo luogo ringraziare le cittadine e i cittadini che hanno scelto di contribuire con il loro impegno a un risultato del No comunque importante.

L’ampio vantaggio conseguito dal Si nel voto referendario non cancella la debolezza degli argomenti portati a sostegno. I risparmi risibili, i confronti con l’estero falsati e fuorvianti, i guadagni di efficienza indimostrati e indimostrabili rimangono tal quali.

Parimenti rimangono i danni certi alla rappresentanza di regioni piccole e medie e forze politiche minori. La battaglia del No era giusta. I correttivi già concordati per quella che quasi tutti – meno M5S – definiscono una riforma pessima o addirittura pericolosa e potenzialmente devastante non si sa se giungeranno mai al traguardo. L’istituzione parlamento ne esce comunque indebolita.

Guadagnano invece visibilità e peso politico i “governatori”, già in evidenza per le incertezze di Palazzo Chigi nella crisi Covid, affrontata privilegiando la concertazione tra esecutivi a danno delle Camere. Bisognerà fare grande attenzione a che le ulteriori riforme che molti auspicano non prendano una strada sbagliata, stravolgendo la Costituzione. Non manca chi potrebbe vedere in un parlamento indebolito l’occasione per puntare al sindaco d’Italia, o all’Italia delle repubblichette. Non è certo un caso che Zaia trionfante abbia immediatamente dichiarato che unico interesse dei veneti è l’autonomia (differenziata).

Roma, 22 settembre 2020


lunedì 21 settembre 2020

Referendum. Come al solito a rimetterci sono i poveracci

 Luciano Granieri



Compagni rassegniamoci hanno vinto loro. 

Non  perché ha prevalso, all’interno della volontà popolare, la conferma del taglio dei parlamentari, ma perché questo era ciò   che volevano tutte le oligarchie elettorali presenti in Parlamento. Ha vinto il SI dei 5 stelle, ha vinto il SI della Lega, ha vinto il SI di Fdi, ha vinto il SI del PD, ha vinto il SI di Berlusconi.  Ha vinto anche il SI di LeU,  alla fine,  il cui schieramento tiepido  per il  NO, insieme all’atteggiamento di altri movimenti orientati  sempre verso il  NO ma  “con distinguo e titubanze”, ha di fatto favorito la conferma della modifica costituzionale. 

Abbiamo perso compagni…….se non altro perché hanno perso i poveracci di cui alcuni di noi fanno  parte e che si pretende, in generale,  di proteggere. Perché lungaggini e perdite di tempo provocate da un   numero non decurtato di parlamentari servono,  non a rendere farraginosa l’attività legislativa, ma a trovare un argine allo strapotere delle èlite proprio  contro i  tanti precari della vita.  La  fretta spesso è cattiva consigliera, ma sarà molto bene attrezzata nella sua nuova agilità numerica   ad escludere  quelle poche prospettive di promozione sociale  a  cui qualche poveraccio ancora  aspirava. 

Hanno vinto loro. 

Quelli che vedono nel depotenziamento del Parlamento l’opportunità di favorire decisioni di “pochi” a favore di pochi.  

Hanno  vinto loro, non quelli del SI, ma quelli che già da tempo immemore hanno trionfato  nella più grande e decisiva contesa della storia del nostro Paese. Il mai abbastanza considerato conflitto di classe. E i vincitori, ovvero i padroni, i signori delle lobby finanziarie, continuano a esercitare il diritto di umiliare i propri avversari.  

La destrutturazione di  un organo come il Parlamento, in cui dovrebbero  essere proprio la discussione e la mediazione, a realizzare il pieno rispetto della dignità umana di ognuno di noi, è uno dei tanti premi che stanno riscuotendo a seguito del loro trionfo.

 Il guaio è che oggi, fra le classi subalterne, nessuno più si preoccupa di  RICOMINCIARLA finalmente la propria lotta di classe, delusi ed esclusi   da coloro i quali si erano fatti paladini della difesa dei diritti del Popolo contro la protervia delle oligarchie finanziario-politico-affaristico.

 Non parliamo solo del Pd, ma anche di quel pulviscolo  di movimenti  di certa sinistra critica  verso i Dem. Personaggi che  sbraitano quasi ogni giorni contro Zingaretti e la sua squadra, ma poi appoggiano le sciagurate politiche riformiste, tradendo spesso i propri elettori, attraverso comportamenti incomprensibili ai più ma ben chiare ai capi. 

E allora si, cari compagni, ancora una volta abbiamo perso, come di solito accade. Abbiamo perso noi  e hanno vinto tutti gli altri: I 5 stelle, la Lega, il Pd, Fdi, Berlusconi, e finanche LeU. 

O ce ne facciamo una ragione, o cominciamo a mettere in campo un serio programma di rilancio della lotta di classe, quella in cui sono  i poveracci a prevalere contro i ricchi. Facciamolo finalmente!!!!  abbandonando per sempre certe compagnie. 

Se non lo facciamo noi poveracci non lo farà nessuno ma dobbiamo organizzarci e farlo anche subito.