Luciano Granieri
Si apprende che il consiglio comunale di Frosinone il 31 marzo ed il 1 aprile,anziché discutere dello stato fatiscente degli istituti scolastici, anziché analizzare la situazione finanziaria disastrosa, nonostante i drammatici tagli inflitti ai servizi per i cittadini, approva due documenti (una delibera ed una mozione) di ampio respiro storico ed internazionale, forse.
La mozione impegna il sindaco e la giunta a diffondere la conoscenza nelle scuole dei tragici eventi delle foibe. Nella delibera, per una sorta di compensazione, lo stesso consiglio comunale adotta le definizioni di antisemitismo, formulate dall’agenzia internazionale IHRA (Alleanza Internazionale per la memoria dell’Olocausto), come strumento concreto nella lotta all’antisemitismo. Ciò a seguito della partecipazione del Comune di Frosinone, attraverso l’assessore Mastrangeli, ad un evento tenuto in videoconferenza in cui sono state spiegate tali definizioni agli enti locali italiani dall’ International Holocaust Remembrance Alliance. Anche questa iniziativa è nata dal coinvolgimento di una scuola, in particolare a seguito della visita del sindaco Ottaviani, accompagnato dall’esponente dell’associazione "Amici di Israele" Luigi Yitzhak Diamanti, presso l’Istituto Turriziani durante il giorno della memoria.
Un'elemento subdolo ed odioso caratterizza i due documenti: La difesa del carnefice. Nel primo, attraverso la distorsione storica di un evento terribile come quello delle foibe, estirpato completamente dal contesto in cui è maturato. Nel secondo, attraverso degli assunti che strumentalizzano la lotta all’antisemitismo per giustificare le politiche oppressive del governo d’Israele contro i Palestinesi.
Non avevamo dubbi sul protagonismo del sindaco sul governo della città, ma estendere tale protagonismo attraverso impropri e inopportuni, quanto mistificanti, interventi su fatti storici e internazionali è veramente troppo.
Se proprio il sindaco e la giunta devono promuovere progetti per divulgare nelle scuole informazioni sulle Foibe suggerirei a chi verrà incaricato di tale operazione di ricordare agli studenti che i primi ad indicare le foibe come luogo di sepoltura dei perseguitati fu il ministro fascista dei lavori pubblici Giuseppe Coboldi Gigli. Questi nel 1927 scrisse “La musa istriana ha chiamato con il nome di foibe quel luogo degno per la sepoltura di quelli che nella provincia dell'Istria danneggiano le caratteristiche nazionali (italiane) dell'Istria" . Lo zelante ministro aggiungerà a ciò anche dei versi di minacciose poesie, in dialetto: "A Pola xe arena, Foiba xe a Pizin" ("A Pola c'è l'arena, a Pazina le foibe"). Ma evidentemente ai versi seguirono i fatti. Il quotidiano “Il piccolo” di Trieste riporta la testimonianza di un ebreo Raffaele Camerini destinato ai lavori forzati in Istria. Alla vigilia della sconfitta italiana nel 1943 una delle sue mansioni peggiori era quella di prendere i cadaveri degli antifascisti uccisi, buttarli nelle foibe istriane e cospargere i loro corpi con la calce viva.
E comunque suggeriamo ai valenti storici che saranno incaricati di diffondere la verità di leggersi l’articolo di Predrag Matvejevic che potranno trovare cliccando su https://aut-frosinone.blogspot.com/2019/02/predrag-matvejevic-le-foibe-e-i-crimini.html,così tanto per stabilire una verità storica vera.
In relazione alla delibera sull’Olocausto,
pubblichiamo di seguito un appello molto interessante di professori,
giornalisti ed intellettuali, pubblicato sul giornale "The Guardian" nella quale si spiega bene di che cosa si parla
quando si definisce, nel documento dell’IHRA, il diritto all’autodeterminazione
dello Stato d’Israele.
Tutto ciò a dimostrazione che il sindaco e
la sua giunta, impastati come sono di tare ideologiche, fanno quasi più danni
quando non si occupano della città che quando pensano alle fontane danzanti. E
poi un appello. Sindaco e assessori, per favore occupatevi delle scuole solo
per la manutenzione degli edifici e per i servizi connessi, lasciate perdere di indottrinare gli studenti che forse neanche desiderano di essere indottrinati da voi.
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I diritto dei Palestinesi e la definizione di antisemitismo dell’IHRA.
Lettera inviata al “The Guardian”
Un gruppo di 122 accademici arabi palestinesi, intellettuali e giornalisti esprimono la loro preoccupazione sulle definizioni dell’IHRA.
I sottoscritti accademici arabi e palestinesi, giornalisti ed intellettuali esprimono il loro punto di vista rispetto alla definizione di antisemitismo assunta dall’ IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance) e il modo in cui questa definizione è applicata, interpretata e diffusa in diversi Paesi d’Europa e in Nord America.
In anni recenti la lotta all’antisemitismo è stata sempre più strumentalizzata dal governo di Israele e i suoi sostenitori, in uno sforzo teso a delegittimare la causa palestinese e zittire i difensori dei diritti dei Palestinesi. Distorcendo il necessario contrasto all’antisemitismo e usarlo come una minaccia con il risultato di svilirlo, quindi screditarlo ed indebolirlo.
L’antisemitismo va smascherato e combattuto. Senza ipocrisia nessuna espressione di odio contro gli ebrei, in quanto ebrei, può essere tollerata ovunque nel mondo. L’antisemitismo si manifesta con ampie generalizzazioni e stereotipi sugli ebrei, relative al potere e alla ricchezza in particolare, attraverso le quali si sono diffuse teorie cospirazioniste e negazioniste sull’Olocausto. Riteniamo legittima e necessaria la lotta contro tali atteggiamenti. Riteniamo altresì che la lezione dell’Olocausto, così come di altri genocidi dei tempi moderni, debba costituire una forte elemento d’educazione per le nuove generazioni contro ogni forma di pregiudizi e odi razziali.
Il contrasto all’antisemitismo va ovviamente affrontato secondo principi rigorosi altrimenti se ne indebolisce lo scopo. Le definizioni dell’IHRA fondono il giudaismo con il sionismo, presumendo che tutti gli Ebrei sono sionisti e che lo stato d’Israele, nella sua conformazione attuale, incarna l’autodeterminazione degli Ebrei. Noi siamo profondamente in disaccordo con questa visione. Il contrasto all’antisemitismo, non può trasformarsi i uno stratagemma per delegittimare la lotta contro l’oppressione dei Palestinesi, la negazione dei loro diritti e la continua occupazione delle loro terre. Riteniamo i principi che seguono fondamentali a tale riguardo:
1 La lotta contro l’antisemitismo deve inserirsi nel quadro delle leggi internazionali sui diritto umani, dovrebbe essere parte integrante del contrasto ad ogni forma di razzismo e xenofobia compresa l’islamfobia e il razzismo anti-arabo e anti-palestinese. Lo scopo di questa lotta è di garantire la libertà e l’emancipazione dello popolazioni oppresse, ma è profondamente distorta quando viene usata in difesa di uno Stato oppressivo e predatore.
2 C’è una profonda differenza fra le condizioni in cui gli Ebrei sono stati perseguitati, oppressi e sterminati come minoranza da regimi o gruppi antisemiti, e la condizione in cui l’autodeterminazione della popolazione ebrea in Palestina/Israele si manifesta sotto forma di uno Stato etnico assolutista e territorialmente espansionista. Così come oggi costituito lo Stato d’Israele è nato sullo sradicamento della stragrande maggioranza degli indigeni – quello che gli Arabi e i Palestinesi chiamano Nakba- e sull’oppressione di quei nativi che ancora vivono nei territori della Palestina storica, considerati come cittadini di seconda classe o persone sotto occupazione negando loro il diritto all’autodeterminazione.
3 La definizione di antisemitismo dell’IHRA, e i conseguenti provvedimenti legali adottati in diversi Paesi, sono indirizzati principalmente contro i gruppi di sinistra attivi per i diritti umani, che sostengono i diritti dei Palestinesi e la campagna BDS , Boycott Divestment and Sanctions,non considerando che la vera minaccia contro gli ebrei proviene dai movimenti nazionalisti bianchi di destra, europei ed americani. La rappresentazione della campagna BDS come antisemita è una grossolana distorsione di ciò che realmente è, cioè un mezzo fondamentalmente legittimo di lotta non violenta per i diritti dei Palestinesi.
4 La parte della definizione dell’IHRA secondo cui è un esempio di antisemitismo “negare al popolo ebraico il diritto di autodeterminazione, ad esempio affermando l’esistenza di uno Stato d’Israele come un’entità razzista”, è piuttosto strano. Non è un reato riconoscere che, sotto le leggi internazionali, l’attuale Stato d’Israele è una potenza occupante da oltre mezzo secolo, come riconosciuto dai Paesi in cui vengono affermate le definizioni dell’IHRA. Non è un reato valutare se questo diritto di autodeterminazione includa la facoltà di creare una maggioranza ebraica e se debba essere affiancata dalla negazione dei diritti dei Palestinesi. Inoltre la definizione dell’IHRA identifica come potenzialmente antisemite tutte le visioni non sioniste del futuro dello Stato israeliano, come la difesa di uno Stato binazionale, o democratico laico che si occupa dei propri cittadini allo stesso modo. Un autentico sostegno al principio del diritto del popolo all’autodeterminazione non può escludere la nazione palestinese o altre entità.
5 Riteniamo che nessun diritto all’autodeterminazione potrà includere il diritto di sradicare altri popoli dalle loro terre e proibire loro di ritornarvi, o esercitare qualsiasi altro mezzo per assicurarsi una maggioranza etnica all’interno dello Stato. La richiesta dei Palestinesi del loro diritto di tornare nella terra da cui loro stessi, i loro genitori e nonni sono stati espulsi, non può essere interpretata come antisemita. Il fatto che una tale richiesta crei ansia fra gli Israeliani, non prova che sia ingiusta, né antisemita. E’ un diritto riconosciuto dalle leggi internazionali così come rappresentato dalla risoluzione 194 del 1948 emessa dall’Assemblea Generale della Nazioni Unite.
6 Lanciare l’accusa di antisemitismo contro chiunque consideri l’attuale Stato d’Israele come razzista, nonostante l’effettiva discriminazione istituzionale e costituzionale su cui si basa, equivale a garantire ad Israele l’impunità assoluta. Israele può così deportare i suoi cittadini palestinesi, o revocare loro la cittadinanza, o negare loro il diritto di voto, ed essere comunque immune dall’accusa di razzismo. La definizione dell’IHRA, e il modo in cui sono state impiegate, vietano qualsiasi discussione sullo Stato israeliano in quanto basato sulla discriminazione etnico-religiosa, violando in tal modo la giustizia elementare e le norme fondamentali dei diritti umani e del diritto internazionale.
7 Riteniamo che il principio di giustizia richieda il pieno sostegno del diritto dei Palestinesi all’autodeterminazione, compresa la richiesta, riconosciuta a livello internazionale, di porre fine all’occupazione dei loro territori, all’apolidia e alle privazioni inflitte ai rifugiati palestinesi. La soppressione dei diritti dei Palestinesi, nelle definizioni dell’IHRA, tradisce un atteggiamento che sostiene il privilegio degli Ebrei in Palestina, invece dei diritti degli Ebrei, e la supremazia ebraica sui palestinesi, invece della sicurezza ebraica. Crediamo che i valori e i diritti umani siano indivisibili e che la lotta all’antisemitismo debba andare di pari passo con la lotta,a nome di tutti i popoli e gruppi oppressi, per la dignità, l’uguaglianza e l’emancipazione.
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