Aldro, il suo nome rivive in un'associazione inventata da sua madre Patrizia e da altre donne che condividono con lei lo strazio di dover raccontare, e con minuzia di particolari, per mille e mille volte, lo strazio più assurdo della loro vita: la morte di un figlio, fratello o padre per mano di chi avrebbe dovuto avere cura della sua dignità e integrità. Anche Ilaria Cucchi, Lucia Uva e Domenica Ferrulli, infatti, condividono con Patrizia l'incubo della malapolizia. Anche i loro processi sono in corso e sono tutti in salita.
Processare un personaggio con la divisa, scrissero i pm del massacro alla Diaz, è difficile come quando vanno alla sbarra mafiosi o stupratori: si innesca un'omertà travestita da spirito di corpo e si tende a criminalizzare le vittime. E l'avvocato che le ha assistite tutte Fabio Anselmo, aderisce all'associazione come pure gli amici di Federico e quei pezzi rari della società civile ferrarese, che avevano fondato il comitato Verità per Aldro per sostenere la faticosa controinchiesta della famiglia. Sette anni dopo l'omicidio di Federico Aldrovandi da parte di quattro agenti nel corso di un violentissimo "controllo di polizia", una sentenza di Cassazione, che ha reso definitiva la condanna per omicidio, diventa il nuovo punto di partenza per questa esperienza associativa che, «nasce da qui, per decisione di tutte noi», come spiega Patrizia Moretti. Il nome di Federico Aldrovandi, aveva appena 18 anni, diventa così simbolo di «una richiesta di giustizia che noi, in qualche misura, abbiamo ottenuto e che ora vogliamo capitalizzare per altri, per chi ha subito una tragedia simile, ha aperto la strada all'emersione di altre vicende che senza di essa forse non avrebbero avuto la visibilità che meritavano».
Federico morì sotto un cartello che stabiliva la "Zona del silenzio" intorno all'ippodromo di Ferrara. Oggi è stato rimosso, l'ippodromo è chiuso. Ma è da lì che si riparte per cancellare altre zone del silenzio insieme, è l'augurio, ad altri esperimenti di rivendicazione di verità e giustizia (dall'Osservatorio repressione alle Madri per Roma città aperta, dal Comitato Piazza Carlo Giuliani a Verità e giustizia per Genova fino alle Reti meno invisibili).
Il 22 settembre si terrà proprio lì un concerto che rilancerà la petizione (oltre centomila le firme già raccolte) per l'istituzione del reato di tortura e di un codice alfanumerico per consentire agli inquirenti di identificare agenti travisati in operazioni di ordine pubblico. Fabio Anselmo, dedicherà il suo primo intervento «a quelli che continuano a dire 'basta' ogni volta che si parla di Aldrovandi, Cucchi, Uva o Ferrulli. Di ingiustizia non se ne parleràmai abbastanza».
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