lunedì 17 settembre 2012

Svenduti

Luciano Granieri

 Francamente non riesco a capire lo stupore  e lo sdegno con cui governo e sindacati (Cisl Uil) hanno accolto l’annuncio dell’amministratore delegato Fiat Sergio Marchionne in merito all’annullamento del programma Fabbrica Italia. Quel programma  - usato come ricatto affinchè  gli operai di Pomigliano e quelli di Mirafiori,  accettassero  la riduzione in schiavitù,  e sbandierato per giustificare la chiusura di Termini Imerese e della Irisbus -  prevedeva l’investimento di 20 miliardi  di euro per un piano industriale  in cui sarebbe stato ulteriormente ampliato l’impianto  G.B. Vico di Pomigliano ,dove si produce la Panda , con la riassunzione di tutte le maestranze precedentemente licenziate. Inoltre erano  previste:   l’organizzazione delle linee del nuovo mono volume 500L presso Mirafiori -in sostituzione dei modelli Idea e Musa - l’aggiornamento del sito di Cassino con le linee per la realizzazione di due Suv, e il nuovo progetto della vettura  segmento B, la Punto per intenderci, destinato a Melfi . Non era difficile capire sin dalle prime avvisaglie che il Piano Fabbrica Italia non si sarebbe mai realizzato  per il semplice fatto che non era mai esistito nella realtà, era solo un contenitore vuoto. Ad esempio dei quattro miliardi di euro destinati a Pomigliano  ne sono stati  investiti solo 800milioni, non tutti gli operai sono stati riassunti  come promesso. Poco meno della metà è rientrato  in fabbrica e, ovviamente,  fra questi non figuravano gli iscritti alla FIOM. La catena della 500L, originariamente prevista a Mirafiori, è stata dirottata in Serbia dove gli operai guadagnano una miseria e la metà di questa miseria viene corrisposta dallo Stato Serbo. Dei Suv destinati a Cassino e della nuova  Punto, o come si chiamerà, non c’è traccia. Nel frattempo si è andati avanti aumentando a dismisura le ore di cassa integrazione,  discriminando, espellendo dalla rappresentanza sindacale le organizzazioni non gradite  (FIOM),  cercando di esportare il modello  Pomigliano agli altri comparti Fiat, e  ad altre aziende non del gruppo, comprimendo sempre di più i diritti sotto il ricatto dalla fuga dall’Italia. Oggi Marchionne sostiene l’impraticabilità di quel  piano che doveva concludersi nel 2014. La ragione è che il mercato dell’auto è calato del 20% quindi  attualmente, per produrre le vetture necessarie a soddisfare la domanda,  sono sufficienti solo due stabilimenti.  Un buon manager come si ritiene Marchionne, prima di mettere in piedi Fabbrica Italia, avrebbe dovuto prevedere un calo simile  considerando che la grave crisi economica ha colpito e sta colpendo le classi medie, target principale degli  acquirenti potenziali dei modelli Fiat.  Dunque la convinzione che fra il 2010 e il 2014 la domanda di veicoli sarebbe tornata ai livelli record del 2007  si è rivelata,  solo dopo due anni,   un madornale errore di valutazione o forse era semplicemente un gettare fumo negli occhi  dei sindacati  di regime e del  governo per ottenere la svendita dei diritti dei lavoratori.  Quale sarà il prossimo imbroglio? Parzialmente già lo si conosce.  L’Ad in maglioncino  aspetta l’evoluzione del mercato . Se la ripresa auspicata si manifesterà entro due anni, se la 500L avrà un buon successo di vendite , è possibile che Marchionne si limiterà ad un utilizzo massiccio della cassa integrazione,  costringendo gli operai a campare con mezzo stipendio , succhiando  ancora più denaro pubblico necessario per finanziare gli ammortizzatori sociali. Se invece la crisi avrà tempi più lunghi allora necessariamente almeno due stabilimenti verranno  chiusi. Altro che nuovi  investimenti.  E’ inutile però prendersela con Sergio Marchionne. Lui il suo mestiere lo sa fare molto bene. Delocalizzare, comprimere a dismisura i costi di produzione,   attentando alla dignità  dei lavoratori, determina un aumento dei profitti finanziari. Non a caso gli azionisti sono entusiasti di acquisire dividendi notevoli e, non a caso, lo stesso Marchionne, non più di un mese  fa ha percepito  un bonus di 50milioni di euro quasi esentasse.  I veri truffatori  sono quei sindacati che hanno svenduto i diritti dei  lavoratori non accorgendosi di ciò che era chiarissimo, cioè che quanto proposto in cambio della schiavizzazione degli operai era una bufala. Ricordate quando Bonanni   segretario di quella manica di maggiordomi del potere che è la Cisl disse, rivolto alla FIOM, che non si poteva combattere per i diritti sul lavoro se il lavoro non c’era? Bene oggi non ci sono né i diritti e né il lavoro. Ha poco da lamentarsi Angeletti  dell’altra premiata ditta serva del padrone la, Uil. Non ricorda il segretario quando redarguiva la FIOM  nel 2010 intimando  ai metalmeccanici della Cigl l ’accettazione supina  del risultato del referendum di  Pomigliano, rinunciando riaprire qualsiasi trattativa  , sbandierando come una grande vittoria  sindacale il risultato di un consultazione truffa dove il 60% dei lavoratori con la pistola del licenziamento puntata alla tempia   scelse  di  accettare condizioni di lavoro disumane?   Cosa pretende il segretario della Uil?  Che il padrone Marchionne stia a sentire le lamentele di chi lo ha servito  e continua a servirlo così fedelmente?  Ma anche il partito riformista per eccellenza  non ha alcun diritto di stracciarsi le vesti   per il voltafaccia di Marchionne. Non era Fassino che invitava gli operai di Mirafiori a cadere nella trappola preparata dell’ad italo canadese,  accettando a mezzo referendum le stesse condizioni capestro di Pomigliano?  E che dire del rottamatore  Matteo  Renzi  il quale da sempre si è dichiarato a favore del piano Marchionne convinto, non sappiamo se per dabbenaggine o per piaggeria, che l’illuminato manager stesse investendo sul futuro dell’azienda ?  I veri  truffatori sono loro sindacati di regime e riformisti del Pd, doppiogiochisti incalliti che  fingendo  di fare gli interessi del popolo e dei lavoratori, ne hanno svenduto  la dignità  in cambio di posti privilegiati nei salotti buoni dei poteri forti .  Dunque la prima azione da fare per riaffermare il potere di chi  realmente manda avanti il paese, ovvero i lavoratori, è quella di smascherare il doppio gioco.  E per fare questo è necessario sin da subito rilanciare la lotta sociale,  nelle piazze, nelle fabbriche  evitano di cadere in certi tranelli affinchè  presto gli ostacoli attendisti posti  da  chi si finge alleato  dei lavoratori siano definitivamente rimossi.

Nessun commento:

Posta un commento