Partito Comunista dei Lavoratori
Sez. di Roma “Vito
Bisceglie” via Calpurnio Fiamma, 136 00173 Roma
Il PCL si presenta alle elezioni
regionali come forza autonoma e alternativa ai due schieramenti di
centro-destra e di centro-sinistra.
Il nostro programma è apertamente
anticapitalista. È il programma di un partito che si
batte per un Governo dei lavoratori. Ciò non significa ignorare i temi
“amministrativi” locali. Significa affrontarli in una logica di classe. Una
logica che non parte dalla cosiddetta “compatibilità” degli obiettivi con
l’attuale quadro istituzionale e sociale. Ma che parte dalle esigenze concrete
dei lavoratori e di tutti gli sfruttati per rivendicare un’alternativa di
società e di potere.
L’ambito regionale, nelle sue
particolarità sociali e politiche, è solo lo specifico luogo di articolazione di questo programma generale.
NO AL “FEDERALISMO” DEI GOVERNATORI
Tutte le forze politiche, senza
eccezione, accettano il sistema istituzionale dei governatorati regionali (il
sistema che ha favorito il proliferare di personaggi come l’Assessore lombardo
Zambetti e il Consigliere laziale Fiorito). Un sistema che il progetto
“federalista” mira a rafforzare ulteriormente, nel nome della “democrazia” e dell’“avvicinamento
delle istituzioni” al popolo. Il PCL rifiuta questo sistema e la retorica
ipocrita che l’accompagna. I governatorati sono una forma di
presidenzialismo, che subordina il Consiglio regionale al potere del
governatore grazie anche al sistema elettorale maggioritario. Non solo non
realizzano la “democrazia” e il potere del popolo, ma concentrano tutti i
poteri essenziali nelle mani del Presidente a scapito della rappresentanza
democratica e del controllo popolare. Lo strapotere ventennale dei tanti
Formigoni, Errani, Bassolino —coi noti risvolti nepotistici, clientelari,
mal-affaristici— è anche l’espressione
del presidenzialismo regionale. La battaglia democratica contro i progetti
dei poteri forti, sostenuti sia dal PDL, sia dal PD, è inseparabile dalla
battaglia contro il presidenzialismo dei governatori. Come sul piano nazionale,
anche sul piano regionale, il PCL rivendica un sistema elettorale pienamente
proporzionale e il rifiuto di ogni subordinazione delle assemblee elettive al
potere esecutivo.
ABBATTERE I PRIVILEGI DEI CONSIGLIERI REGIONALI
Tutte le forze politiche, senza
eccezione, accettano i privilegi economici e istituzionali dei Consiglieri
regionali, che talvolta sono addirittura superiori a quelli dei parlamentari
nazionali (vedi le buonuscite). Il progetto federalista - votato in Parlamento
da PDL, Lega e Di Pietro e sostenuto dal PD – ha, nei fatti, rafforzato
ulteriormente questi privilegi. Il PCL respinge e denuncia questi benefici,
(che, non a caso, nel Lazio ha visto come protagonista il trogloditismo
politico della destra “federale” di Fiorito) che sono una forma della
separazione dello Stato borghese dalla maggioranza della società. Nessun
eletto deve godere di un privilegio economico e giuridico rispetto al suo
elettore, tanto sul piano nazionale, quanto sul piano locale. Per questo
rivendichiamo che lo stipendio di un parlamentare nazionale, come di un
consigliere regionale, non possa superare i 2.000 euro netti. E che le
consistenti risorse economiche così risparmiate vengano destinate alle esigenze
del mondo del lavoro e dei disoccupati.
NO ALL’ASSISTENZIALISMO PUBBLICO DEL PROFITTO PRIVATO. PER UN VERO
SALARIO AI DISOCCUPATI
Tutte le giunte regionali, e tutte le
forze di governo, dispongono trasferimenti di denaro pubblico alle imprese
private (la maggioranza guidata della Polverini anche nelle tasche dei singoli
consiglieri…sic!): a sostegno di ‘ristrutturazioni’
antioperaie, delocalizzazioni, ecc. Il combinarsi della crisi capitalistica con
il progetto “federalista” ha esteso ulteriormente
l’assistenzialismo verso le imprese da parte dei governi regionali.
L’espansione dei bilanci regionali nel nord, vero obiettivo del federalismo
leghista, si è tradotto, nelle stesse regioni settentrionali, in nuovi travasi
di risorse pubbliche verso il profitto privato e le sue speculazioni sul
territorio mentre, nelle regioni del Sud, ulteriormente impoverite, in un’ancor
più marcata dipendenza dal capitale malavitoso delle organizzazioni criminali.
Insomma, un formicaio o meglio, potremmo dire, “un formigoni”… All’opposto, il PCL rivendica l’azzeramento dei trasferimenti
pubblici al profitto privato e l’esproprio, senza indennizzo, delle aziende che
licenziano. Le risorse economiche così risparmiate saranno utilizzate per assumere
a tempo indeterminato i precari che lavorano in Regione e per finanziare un
salario per i disoccupati in cerca di lavoro. Il PCL rifiuta il federalismo
leghista, a cui oppone il controllo sociale dei trasferimenti pubblici agli
enti locali, proporzionali alle necessità popolari e all’abbattimento delle
disuguaglianze territoriali.
OCCUPARE, REGIONE PER REGIONE, TUTTE LE AZIENDE CHE LICENZIANO.
PER IL BLOCCO GENERALE DEI LICENZIAMENTI
Tutte le regioni italiane sono
investite da una drammatica crisi sociale legata alla chiusura delle aziende e
ai relativi licenziamenti. Tutte le forze di governo, regione per regione, si
occupano nel migliore dei casi di intercedere presso il governo nazionale per
chiedere “aiuti” a favore dei padroni bancarottieri che operano nel “proprio”
territorio, per cogestire passaggi di proprietà, per amministrare gli effetti
sociali delle “inevitabili” chiusure di aziende. In qualche caso dispongono
piccole elemosine per i lavoratori colpiti, al fine di “ammortizzare” la loro
espulsione dal lavoro, e mostrare “buon cuore” per scopi elettorali.
All’opposto, il PCL si occupa di promuovere, regione per regione,
l’unificazione e la radicalizzazione della resistenza sociale. In ogni
regione si contano aziende presidiate o occupate dai lavoratori, in uno
scenario di drammatica frammentazione e di crescente disperazione. Il PCL si
batte per coordinare le lotte in corso; per generalizzare l’occupazione operaia
di tutte le aziende che licenziano; per istituire una cassa di resistenza a
sostegno delle lotte; per favorire un’autentica ribellione sociale contro il
profitto capitalistico. Per le sinistre “assessorili”, le Regioni sono solo
ambiti istituzionali per accordi di governo con i partiti borghesi. Per il PCL
sono un terreno di lotta di massa contro la borghesia, i suoi partiti, i suoi
governi.
“BASTA COI CLANDESTINI”?: PERMESSO DI SOGGIORNO A TUTTI I
MIGRANTI. PER LA SICUREZZA SUL LAVORO E SUL TERRITORIO DEI LAVORATORI ITALIANI
E DEI MIGRANTI
Tutte le forze politiche di governo
—destra, centro, sinistra— hanno varato
e votato negli ultimi 15 anni leggi antimigranti. Il passato governo
Berlusconi-Bossi ha rafforzato questa legislazione odiosa, istituendo il reato
di immigrazione clandestina, e combinandola col tentativo di
“istituzionalizzare” un’organizzazione para-militante xenofoba (le ronde
padane). Lo scopo è fomentare la guerra tra poveri a tutto vantaggio dei ricchi
e delle fortune elettorali leghiste. Il risultato è l’ulteriore precipitazione
delle condizioni di vita e di lavoro di milioni di proletari migranti, sempre
più ricattati e ricattabili dai propri padroni, oggetto di aggressioni e
deportazioni in caso di ribellione (vedi quanto accaduto a Rosarno), e per di
più “usati”, mediante il ricatto del permesso di soggiorno, come strumento di
pressione sui lavoratori italiani per peggiorare le condizioni di vita di
quest’ultimi. Il PCL si oppone e si opporrà, regione per regione, a questa
politica schiavista. Rivendica il
permesso di soggiorno per tutti i lavoratori migranti come unica vera soluzione
dell’immigrazione “clandestina”, a vantaggio degli stessi lavoratori italiani. Rivendica
l’introduzione del reato di sfruttamento del lavoro nero di italiani e
migranti: perché siano gli sfruttatori a finire in galera, non le loro vittime.
Rivendica la formazione di strutture unitarie di controllo operaio e popolare
sul territorio a tutela della sicurezza di lavoratori italiani e migranti:
contro l’inosservanza delle norme di sicurezza sul lavoro, contro le minacce
xenofobe, contro le aggressioni della malavita, contro gli abusi quotidiani
delle cosiddette “ forze dell’ordine” (fuori e dentro le galere), contro
l’evasione fiscale dei padroni.
BASTA COL BUSINESS DELLA SALUTE. PER UNA SANITA’ INTERAMENTE
PUBBLICA SOTTO CONTROLLO POPOLARE
La Sanità rappresenta il crocevia del
potere regionale e la voce dominante del bilancio delle regioni. Tutte le forze
politiche, senza eccezioni, accettano e/o gestiscono da decenni, sul piano
locale, le politiche sanitarie nazionali e il sistema di fondo che le presiede:
tutele e regalie alla sanità privata (ecclesiastica e laica), ticket e tagli
sistematici alla sanità pubblica, clientelismi sfacciati e blocco delle
assunzioni, esternalizzazioni e appalti, ricorso allegro ai derivati finanziari
e all’indebitamento progressivo con le banche, giro vorticoso di corruzione e
mazzette bipartisan (dalla Lombardia alla Puglia, passando per Abruzzo, Lazio e
Calabria). Il PCL denuncia queste politiche perché respinge ogni forma di
subordinazione della salute al profitto. Il PCL rifiuta l’attuale “patto
per la salute” concordato tra governo nazionale e governi regionali di ogni
colore (riduzione della spesa sanitaria regionale e nuove tasse regionali sui
redditi popolari). Rivendica l’annullamento unilaterale del debito pubblico
delle regioni verso le banche e le imprese farmaceutiche; l’abolizione di ogni
finanziamento pubblico alla sanità privata e il carattere pubblico dell’intero
sistema sanitario, col relativo esproprio, senza indennizzo, delle cliniche
private; l’abolizione dei ticket e di ogni forma di mercato all’interno della
sanità pubblica (vedi sistema intramoenia) e attorno ad essa (sistema degli
appalti); l’estensione della sanità pubblica sul territorio, a partire dalla
presenza diffusa degli ambulatori, col rifiuto di ogni “taglio sulla salute”;
il ripristino di tutte le strutture sanitarie falcidiate negli anni passati dai
governi regionali di centro-sinistra e centro-destra, a partire dai piccoli
ospedali; l’estensione del servizio sanitario nelle regioni del Sud per evitare
la migrazione sanitaria nel Nord di decine di migliaia di malati (coi relativi
costi individuali e pubblici per le regioni meridionali); l’estensione
dell’assistenza sanitaria agli anziani, residenziale e domiciliare; la ripresa
delle assunzioni di personale medico e paramedico, a garanzia della qualità del
servizio sanitario e delle condizioni di lavoro dei dipendenti; il carattere
elettivo e revocabile dei direttori sanitari da parte dei lavoratori del
settore, la cancellazione di ogni loro privilegio economico; un controllo
sociale e popolare sul servizio sanitario da parte di lavoratori e utenti,
quale condizione decisiva di svolta.
NO AL FINANZIAMENTO PUBBLICO DELLA SCUOLA PRIVATA. PER
UN’ISTRUZIONE INTERAMENTE PUBBLICA E LAICA SOTTO IL CONTROLLO DI LAVORATORI,
INSEGNANTI, STUDENTI
Tutte le amministrazioni regionali
hanno proceduto negli anni alla gestione dei tagli all’istruzione pubblica, e
alla parallela corresponsione di crescenti risorse pubbliche alla scuola
privata (confessionale e laica). I nuovi tagli massicci a scuola e università
previsti dall’attuale governo (taglio alle spese di gestione ordinaria, aumento
del numero di alunni per classe, riduzione del monte ore didattico, espulsione
dei precari, abbassamento dell’obbligo scolastico) coinvolgono le giunte
regionali in un ulteriore appesantimento dell’attacco alla scuola, combinato
con un salto del processo di privatizzazione della pubblica istruzione (vedi
Fondazioni). Il PCL si oppone su tutta la linea a queste politiche, perché
respinge ogni forma di subordinazione dell’istruzione al profitto. Rivendica
l’abrogazione dei finanziamenti pubblici a scuole e università private nella
prospettiva di un’istruzione interamente pubblica e laica; il rifiuto della
cosiddetta “razionalizzazione della rete scolastica” intesa come pratica
di tagli a fini di “risparmio” (chiusure e accorpamenti di istituti
scolastici); l’estromissione di imprese e banche dall’amministrazione di
istituti scolastici e università e un massiccio investimento pubblico
nell’istruzione; la riduzione del numero di alunni per classe (tetto massimo 20
alunni), a garanzia della qualità didattica e dell’occupazione; un’opera
generale di risanamento dell’edilizia scolastica, a garanzia delle condizioni
di sicurezza; il carattere elettivo e revocabile dei presidi; un controllo
sociale e popolare su scuola e università da parte innanzitutto dei lavoratori
della scuola e dell’insieme della popolazione scolastica.
NO AL TAGLIO DEI TRENI REGIONALI E PENDOLARI. PER UN CONTROLLO
OPERAIO E POPOLARE SULLE FERROVIE
Tutte le amministrazioni regionali sono
state coinvolte in questi anni nell’operazione di demolizione del servizio
ferroviario, in concertazione con le Ferrovie dello stato e il ministero dei
trasporti. L’attuale progetto di Alta Velocità su un gruppo selezionato di
linee “di lusso”, in concorrenza d’affari con la parallela iniziativa privata a
guida Montezemolo, sta moltiplicando le chiusure di tratte ferroviarie
regionali, e determina il forte rincaro di un servizio pubblico sempre più
ridotto e scadente, e sempre meno sicuro. Il PCL rivendica la difesa del
servizio ferroviario come servizio pubblico e popolare; un forte investimento
di risorse pubbliche nella qualificazione delle ferrovie dello stato; il
ripristino di tutte le tratte tagliate, a partire dalle linee dei pendolari;
l’estensione del servizio ferroviario nel Meridione; la ripresa di consistenti
assunzioni di personale ferroviario quale condizione necessaria per la
riqualificazione del servizio, la sua sicurezza, la sua vivibilità per
lavoratori e utenti; il carattere elettivo e revocabile dei dirigenti delle
ferrovie da parte dei lavoratori del settore, e la cancellazione dei loro
privilegi; un controllo operaio e sociale sull’intero servizio ferroviario (
qualità, copertura territoriale, costi, sicurezza).
NO AL NUCLEARE E ALLA PRIVATIZZAZIONE DELL’ ACQUA. PER UN PIANO DI
RISANAMENTO AMBIENTALE, SOTTO CONTROLLO POPOLARE
Tutte le giunte regionali hanno
partecipato negli anni al saccheggio del proprio territorio, in veste di
comitati d’affari di interessi privati: speculazioni, abusivismi, dissesto
idrogeologico, inquinamento ambientale sono il lascito di queste politiche, con
costi sociali enormi e autentici crimini. Oggi, il nuovo “piano casa” del
governo all’insegna di una più libera licenza speculativa; il piano di
privatizzazione dell’acqua; i progetti di “alta velocità” e soprattutto il
programma di ritorno massiccio all’energia nucleare, prevedono un più diretto
intervento dell’esecutivo nazionale nella gestione del territorio , un ancor
più marcata subordinazione dei governi regionali alla volontà del governo, un
salto di qualità dello scontro ambientale in Italia. Il PCL si oppone al
saccheggio dell’ambiente e della salute nel nome del profitto. Rivendica un
piano di riassetto idrogeologico del territorio, a partire dal Sud, con un
forte investimento di risorse pubbliche sotto controllo popolare; la
nazionalizzazione della grande industria edilizia, senza indennizzo, quale
condizione necessaria di una svolta radicale nella politica abitativa e nel
rapporto col territorio; il carattere interamente pubblico del servizio idrico,
e un piano di riparazione della rete idrica nazionale; il rifiuto degli
impianti nucleari, in ogni regione, con l’organizzazione di una radicale
opposizione di massa al loro insediamento; un massiccio investimento di risorse
pubbliche nelle energie rinnovabili, sotto controllo pubblico.
PER UN PIANO DI OPERE SOCIALI, REGIONE PER REGIONE, FINANZIATO DA
GRANDI PROFITTI, RENDITE, PATRIMONI. PER UN PIANO DI OCCUPAZIONE E DI RINASCITA
,A PARTIRE DAL SUD, SOTTO IL CONTROLLO DI COMITATI POPOLARI
La battaglia per questo programma è
inseparabile dallo sviluppo della mobilitazione operaia e popolare. Il PCL
propone a tutte le sinistre politiche e sindacali, a tutte le associazioni
ambientaliste e popolari, di promuovere, regione per regione, un censimento
capillare delle necessità inevase delle classi subalterne sul territorio, e un
relativo piano di rinascita ( risanamento edilizio, sicurezza degli edifici
scolastici, riparazione della rete idrica, bonifica dei terreni inquinati e
dell’amianto, sviluppo della rete ferroviaria, riassetto del territorio..),
sino a comporre per questa via una piattaforma nazionale di lotta. Proponiamo
che il censimento delle necessità del territorio avvenga attraverso la
convocazione pubblica di assemblee popolari e si combini con la formazione di
comitati popolari, quali strumenti di autorganizzazione di massa, e il loro
progressivo coordinamento. Proponiamo che il “piano di rinascita” quantifichi,
per ogni voce, le esigenze di nuove assunzioni e di nuovo lavoro, a vantaggio
dei disoccupati e al servizio della società. Proponiamo che il piano di
rinascita quantifichi, voce per voce, le esigenze di spesa e le possibili fonti
di finanziamento: abbattimento delle spese militari, soppressione dei privilegi
istituzionali, abrogazione dei privilegi ecclesiastici, tassazione progressiva
dei grandi profitti, rendite, patrimoni, abolizione dei trasferimenti pubblici
alle grandi imprese e alle banche. Il piano di rinascita del territorio, a
partire dal Sud, può divenire uno strumento di egemonia del movimento operaio
sulle domande delle masse popolari, sottraendole al populismo o al richiamo
clientelare. E’ un terreno essenziale di lotta per la formazione di un blocco
sociale anticapitalistico
PER UN GOVERNO DEI LAVORATORI
Tutte le forze politiche presentano,
regione per regione, “programmi di amministrazione” della realtà esistente. Il
PCL presenta un programma di rovesciamento di questa realtà. Questo
programma è e sarà inconciliabile con ogni formula di centrosinistra e con ogni
localismo. La sua realizzazione implica la rottura complessiva del quadro
sociale ed istituzionale esistente, a partire dalla completa autonomia del
movimento operaio e popolare da ogni partito borghese e da ogni governo
borghese, nazionale e locale. Solo un governo dei lavoratori potrà portare a
compimento questo programma di alternativa anticapitalista. Il PCL partecipa
alle elezioni- nazionali, europee, regionali- per presentare questo programma,
estendere la sua riconoscibilità ed influenza nelle lotte in corso, favorire
l’organizzazione attorno ad esso di un più vasto settore d’avanguardia della
classe lavoratrice e dei giovani. Eventuali eletti del nostro partito, ad ogni
livello, sarebbero solo una cassa di risonanza della lotta per un governo dei
lavoratori. Tutti gli altri partiti vedono nella presenza istituzionale e
nell’inserimento nei governi borghesi il fine ultimo della propria politica. Il
PCL assume come fine della propria politica la conquista del potere da parte
dei lavoratori e la costruzione di un altro Stato.
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