domenica 22 dicembre 2013

E ORA RIPRENDIAMOCI LE PIAZZE!

Un'analisi di classe del movimento dei forconi 
Costruiamo un'opposizione di classe e di massa contro il governo
 
di Fabiana Stefanoni
 
"Quando le masse proletarie sono animate da speranza rivoluzionaria, è inevitabile che vengano trascinati sulla strada della rivoluzione ampi e sempre crescenti settori della piccola borghesia". Così scriveva Trotsky nel 1930, ma aggiungeva, commentando i risultati delle elezioni in Germania che avevano visto una forte ascesa elettorale del partito nazista (da 800.000 voti nel 1928 a 6.400.000 voti nel 1930), che si dà anche il caso opposto: "la disperazione controrivoluzionaria ha contaminato le masse piccolo borghesi con tale forza da fare in modo che trascinassero con sé molti settori del proletariato".
Sono parole che si riferiscono a un contesto molto differente da quello attuale, caratterizzato allora da forza organizzativa e anche elettorale dei comunisti (stalinisti) e della socialdemocrazia. Oggi le cose, qui da noi, sono molto diverse: i partiti che, a torto o ragione, si definiscono comunisti non hanno rappresentanza in parlamento, la socialdemocrazia appare più un simulacro di partito che una reale forza politica (ci riferiamo a Sel di Vendola che, nonostante un rapporto stretto con la direzione della Fiom, è un partito per lo più mediatico, privo di reale radicamento nei territori). La crisi economica e politica, non trovando partiti operai con influenza di massa in grado di attrarre le masse proletarie, si è tradotta, sul versante elettorale, nell'affermazione di una forza populista come il M5S, all'occorrenza disposta ad assecondare le peggiori pulsioni razziste e xenofobe per un tornaconto in termini di voti. Un'affermazione, quella dei grillini, favorita anche dalla disillusione nei confronti di quei partiti della sinistra che hanno tradito la fiducia in essi riposta da parte di settori importanti del movimento operaio (si pensi alla parabola di Rifondazione comunista, che ha conosciuto un drastico crollo di militanza e di consenso dopo il sostegno alle politiche antioperaie, razziste e guerrafondaie del governo Prodi, fino alla pressoché totale paralisi di oggi, consacrata da un congresso appena concluso che non è stato in grado neanche di eleggere il gruppo dirigente).
E' proprio dall'analisi della condizione dei partiti della classe operaia che vogliamo partire per cercare di spiegare il movimento dei "forconi" e la capacità - ancora limitata, ma non trascurabile - che esso ha avuto di attrarre anche alcuni settori di proletariato e studenteschi nell'alveo di un'opposizione basata su parole d'ordine reazionarie ("fuori dall'euro per difendere l'italianità", "il lavoro agli italiani", ecc.), con la regia in piazza di organizzazioni politiche neofasciste (da Casapound a Forza Nuova). I leader del M5S, in conseguenza del loro interclassismo, si sono affrettati a benedire la protesta dei forconi. Gli apparati di polizia si sono mostrati compiacenti e hanno tolto i caschi, per dare un segnale: ci sono proteste che non vanno bene (quelle dei lavoratori, dei no tav, dei movimenti per la casa) e proteste invece che si possono tollerare, come quelle dei forconi, soprattutto se si sventolano bandiere patriottiche. Persino il presidente di Confindustria, Squinzi, temendo ben altri scenari di lotta operaia, ha assicurato che la protesta dei forconi "è ampiamente giustificata".
 
Piccola borghesia e movimento operaio: lo stato dell'arte
Nonostante il flop della manifestazione del 18 dicembre a Roma, è un dato di fatto che la piazza dell'opposizione alla famigerata Legge di Stabilità è stata lasciata ai forconi e ai gruppi fascisti. Le mobilitazioni iniziate il 9 dicembre hanno dato visibilità - anche per la non casuale compiacenza dei mass-media berlusconiani - alle rivendicazioni della piccola e media borghesia, fortemente impoverita a causa della crisi. Commercianti, artigiani, piccoli imprenditori, professionisti, contadini ecc: sono soggetti che, nelle fasi di acuta crisi economica come quella che stiamo vivendo, subiscono fenomeni di proletarizzazione. Le loro condizioni, oggettivamente, tendono ad avvicinarsi a quelle della classe operaia. E' per questo che, laddove esiste un forte movimento operaio, questo riesce, se adotta un programma transitorio in grado di attrarre anche la piccola borghesia, a trascinare con sé anche larghi settori della stessa. Ciò succede perché la piccola borghesia, per sua natura, è, parafrasando Trotsky, "polvere di umanità", non ha un proprio programma e oscilla tra opposti estremi. Così, se non esiste una proposta rivoluzionaria del movimento operaio organizzato, la piccola borghesia volge il suo sguardo altrove, si schiera con la reazione.
Guardiamo alla situazione sociale dell'Italia di oggi. Le ragioni del "successo" (per ora prevalentemente mediatico) delle mobilitazioni dei forconi vanno cercate nella condizione del movimento operaio. Oggi, la classe lavoratrice è priva di una direzione politica in grado di unire e sviluppare le sue lotte. Certo, il proletariato, anche negli ultimi mesi, ha dato vita a lotte importanti e coraggiose. Basti citare, da ultimo, le lotte dei ferrotranvieri di Genova e Firenze, dei lavoratori (in gran parte immigrati) della logistica, delle lavoratrici delle pulizie, dei movimenti per il diritto alla casa. Molti altri settori della classe hanno organizzato, negli scorsi anni, durissime battaglie. Dagli operai del gruppo Fiat ai precari della scuola, dagli operai Fincantieri alle lavoratrici dell'industria tessile, dai metalmeccanici ai chimici fino ai dipendenti del pubblico impiego: la classe lavoratrice in Italia ha dimostrato grandi capacità di mobilitazione. Lo stesso dicasi sul versante studentesco, con centinaia di occupazioni, manifestazioni, proteste.
Tuttavia, si è trattato di lotte che sono state, nella maggioranza dei casi, egemonizzate dalle direzioni burocratiche dei sindacati concertativi (Cgil in primis) e che da quelle burocrazie sono state tradite: accordi al ribasso, cassa integrazione e poi mobilità per centinaia di migliaia di lavoratori, licenziamenti, tagli salariali. Tutto questo è andato di pari passo con lo smantellamento dei servizi pubblici, dalla sanità alla scuola: anzi, possiamo dire che l'opera di deviazione verso un vicolo cieco dei lavoratori da parte delle burocrazie sindacali è stata la condizione perché avvenisse questo smantellamento.
 
La mancanza di un partito comunista e le pulsioni reazionarie
Ciò che è mancato, e ancora manca, è un partito comunista rivoluzionario con influenza di massa in grado di contrastare l'influenza nefasta delle burocrazie sindacali concertative sul movimento operaio. Ultimamente, l'esperienza di ripetuti tradimenti ha portato allo sviluppo di nuove esperienze di lotta indipendenti dagli apparati burocratici: basti pensare alle lotte della logistica, che hanno permesso di dare nuova linfa al sindacalismo conflittuale e combattivo, grazie soprattutto alla presenza di operai immigrati, in gran parte provenienti dal Nord Africa (cioè da territori che hanno visto spirare in questi anni il vento delle rivoluzioni arabe). Ma le esperienze di autorganizzazione non bastano. Senza un radicato partito comunista, che organizzi politicamente la classe lavoratrice, che offra una direzione politica ferma e sicura alle lotte, le energie rischiano di venire disperse. Le enormi potenzialità di lotta espresse dalla classe lavoratrice in questi anni hanno necessità di una direzione politica per tradursi in una reale mobilitazione di massa contro le politiche di austerità. Ecco il punto imprescindibile.
Oggi quella direzione politica non esiste, il Partito di Alternativa Comunista non ha la miopia né la pretesa di essere quella direzione. Ma pensiamo che vada costruita e vogliamo fornire un contributo a questo progetto, indispensabile per le sorti della lotta di classe in Italia: costruire un partito classista e comunista che sia in grado di dare una direzione politica a quell'enorme potenzialità rivoluzionaria rappresentata dalle masse operaie. Parafrasando di nuovo Trotsky, mille operai in lotta valgono più di mille piccolo- borghesi; valgono più, diremmo oggi, di mille forconi. Per questo, ci rivolgiamo anzitutto ai militanti "delusi" dai partiti della sinistra politica, a partire da Rifondazione comunista: li invitiamo a confrontarsi con noi, a discutere di come possiamo costruire insieme una direzione comunista e rivoluzionaria per la classe operaia, per riprenderci le piazze e sottrarle ai fascisti, per dimostrare alla piccola borghesia in via di proletarizzazione, importante possibile alleato del proletariato, che solo unendosi alla classe operaia potrà contare su un programma di reale rovesciamento dell'esistente, su una guida sicura ben più forte delle quattro salme fasciste (spalleggiate da Grillo e Casaleggio) che oggi si buttano nella mischia, approfittando del vuoto di direzione del movimento operaio.
 
Un primo passo da compiere subito: unificare le lotte
Un primo passo da compiere è quello dell'unificazione delle esperienze di lotta. La burocrazia Cgil spalleggia la direzione del Pd (che resta il principale partito di riferimento della grande borghesia italiana) e per questo non ha intenzione di disturbare il manovratore: non a caso la Camusso, alla vigilia dell'approvazione di una nuova finanziaria lacrime e sangue, non solo non ha proclamato lo sciopero generale, ma ha anzi garantito di essere disposta a metterlo persino in discussione quale strumento di lotta ("sbagliato considerare salvifico lo sciopero generale", 14/12/2013).
Tanto più urgente è creare organismi di fronte unico che favoriscano il superamento della frammentazione, per costruire un ampio fronte di resistenza e di lotta, per creare la solidarietà e l'unità tra le esperienze di lotta dei lavoratori. Che è come dire: non lasciamo ai forconi la piazza. Per questo, il Pdac - pur non essendo disposto, come sa chi ci legge, a rinunciare alla propria autonomia organizzativa e politica rispetto agli altri partiti della sinistra - aderisce con convinzione al coordinamento No Austerity e fa appello alle altre organizzazioni politiche, sindacali, di movimento della sinistra di classe a parteciparvi e a contribuire al suo rafforzamento. La classe lavoratrice ha bisogno immediato e urgente di unità d'azione contro gli attacchi del capitale. Unifichiamo le lotte, riprendiamoci le piazze!

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