giovedì 15 luglio 2010

Chi ha vinto la lotta di classe? - di Luciano Granieri

Le manganellate prese dagli aquilani, e quello subite dagli operai della Mangiarotti, i licenziamenti vendicativi dei tre operai Fiat di Melfi  fra cui due sindacalisti  della Fiom, il mancato pagamento dei premi di produzione da parte del Lingotto,  sono la conseguenza della vittoria di una LOTTA DI CLASSE. La lotta che la classe imprenditoriale, lobbistica, economico-affaristica ha stravinto sui lavoratori ridotti, da elemento fondante della Repubblica  (Art.1 della costituzione),  ad inutile orpello. Ma tale accozzaglia di squali può essere definita classe?
Assolutamente no. Infatti questa, pur essendo tenuta  insieme da obbiettivi comuni, non è cementata da quei prinicipi di solidarietà  che contraddistinguono l’altra classe, quella sconfitta. Imprenditori, banchieri, finanzieri, alti prelati, stanno insieme per l’ottenimento del privilegio, ma una volta raggiunto l’obbiettivo si sbranano fra di loro per raggiungere l’esclusività di quanto  acquisito. Molti dicono che oggi siamo al declino del berlusconismo. Ebbene io preciserei che siamo nella fase dell’autosbranamento. Ormai il nemico comune è annientato  annaspa nelle paludi di un’esistenza che si fa sempre più povera e precaria,   inoltre l’erosione delle risorse, divorate dalla voracità capitalistica del “tutto e subito”, determinano l’innalzamanto di un contrasto interno alla classe che malauguratamente provoca macerie anche e soprattutto presso chi ne è emarginato. 








Ripercorrendo con un flash back sintetico quanto accaduto da quarant’anni a questa parte emerge che,  pur con il susseguirsi di manovre economiche incentrate nella riduzione progressiva delle spese sociali e nell’ aumento  dell’imposizione fiscale ,  il debito pubblico anzichè  diminuire è sempre  aumentato   . E’ strano si incrementano le entrate,  si diminuisce la spesa e il debito aumenta?  Entriamo nello specifico. Dopo la fase di accattonaggio (anni 50’-60’) in cui gli imprenditori illuminati trattavano dirattamente le tasse da pagare con il governo, spuntando sempre trattamenti di favore, dopo il ricorso massiccio all’evasione fiscale, quando lo Stato adottò un sistama di fiscalità progressiva (primi anni 70’) , si registrò il ricorso sempre più pressante ai centri di potere per la tutela degli interessi capitalistici. Le istituzioni divennero vera e propria arma di classe negli anni 70’ quando,  pseudo legalmente, con la repressione delle forze dell’ordine e illegalmente, con il ricorso al terrorismo di Stato fascista, affogarono nel sangue il conflitto sociale operaio e studentesco che comunque qualche risultato aveva ottenuto. Ma ciò non bastava. Il rapporto privilegiato con chi governava seppur molto proficuo non garantiva  lo strapotere assoluto. Infatti, anche se in modo superficiale e di facciata, lo Stato doveva assicurare un minimo di politiche sociali. Pure quest’ultimo baluardo andava abbattuto. L’obbiettivo si  alzava di livello, non si trattava  più di ottenere favori da chi comandava,  ma di comandare direttamente. Siamo all’oggi. Dopo il depauperamento progressivo della idelogia nella politica, che ha prodotto la disgregazione del PCI e il ciclone tangentopoli che provocava l’annientamento dei corrotti  e  favoriva  la risurrezione  dei corruttori , con la discesa in campo dell’imprenditore Berlusconi  e l’attuale riorganizzazione di centri occulti di potere (leggi loggia P3) la missione è compiuta. Ma governare una comunità badando esclusivamente ai propri  interessi, pur con l’appoggio di un ampio consesno ottenuto attraverso un’imponente mistificazione mediatica, alla fine porta alla rovina. Si costituisce una classe dirigente barbara e incapace. La  gente che non sa come arrivare a fine mese esiste veramente, non può sparire con un click di telecomando. Queste donne e questi uomini si rendono conto, col passare del tempo, che la loro sopravvivenza quotidiana è più importante della sopravvivenza della mignotta o del mignottaro di turno sull’isola dei famosi e dento la casa del grande fratello. L’imbroglio per cui la libertà di delinquere e l’impunità  che il potere si concede con leggi ad hoc, possano essere estese a tutti, alla fine verrà scoperto. Qualcuno comincia a capire che la privacy delle intercettazioni non è uguale a quella dei body scanner. Questo popolo invisibile comincia ad incazzarsi e ad andare in piazza mosso da impeto di sopravvivenza come, tra gli altri,  gli aquilani che si sentono usati e presi in giro. La risposta deve essere adeguata alla determinazione di chi lotta per sopravvivere . Per cui, da Genova in poi, non si manganellano solo i black block (ammesso che siano mai esistiti) ma anche poveri cristi  che rivendicano  il diritto al lavoro, o il diritto, se non di essere aiutati a ricostruisi la casa distrutta dal terremoto, almeno di non essere presi per il culo . All’aumentare del conflitto sociale, contrastato con sempre maggior violenza, corrisponde l’incemento delle faide interne determinate da quell’individualismo intrinseco  che, come detto, non fa di questa accozzaglia di accattoni una vera classe.  Arriva ad un certo punto la resa dei conti. Ognuno reclama i propri privilegi. Per cui gli imprenditori muovono contro i post fascisti che attraverso il presidente della Camera sono diventati paladini della democrazia e della legalità, trasformandosi in spine nel fianco degli ex alleati. I banchieri si scagliano contro entrambi, qualche manager illuminato ha il mal di pancia ed esercita la sua prerogativa di tagliatore di teste, il clero si fa casta nella casta e reclama con forza le giuste ricompense. Il tutto in presenza dell’ormai acclarata crisi di quel sisteama capitalistico cui questi capitani coraggiosi fanno sempre riferimento come principio regolatore assoluto. Crisi sociale fuori dai palazzi e crisi di interessi all’interno dei palazzi .







Per esempio mecoledì 7 luglio mentre fuori dai palazzi volavano le manganellate sulla tasta degli aquilani, dentro volavano i cazzotti sulla faccia del deputato Idv, Franco Barbato, reo di di aver bollato il ddl in discussione alla Camera sul finanziamento delle associazioni giovanili (12 milioni di euro, mica bruscolini), presentato dalla ministra ex/post fascista Giorgia Meloni ,come finanziamento indebito a beneficio della banda Alemanniana e dell’assessore Lollobrigida, cui la Meloni è parte integrante e contestualmente, come sgarbo alla fazione opposta dell’ex amico camerata Fini. E’ evidente che la reazione di chi  si vede scoperto non può essere che violenta di qui l’aggresione a Barbato eseguita da alcuni deputati Pdl fra cui Fabio Rampelli. E’ del tutto prevedibile che le due crisi siano destinate ad acuirsi e a lasciare sul campo la desolazione totale. Non sarebbe il caso che la classe sconfitta , quella che era tenuta insieme dalla condivisione e da principi solidaristici si desse una mossa e si mobilitasse per fermare questo massacro, mandare tutti a casa e ricomincare da capo sotto una nuova luce?   Proviamo a riaccendere la speranza nel sol dell’avvenire!!!!



1 commento:

  1. caro luciano beccati questa.
    gianfranco fini è il massimo responsabile della deriva democratica del nostro
    paese.
    lo dobbiamo cacciare ci ha fatto un sacco di danni col suo supportare
    viscidamente i berluscones Lui sà e fa finta di niente.
    attenti a quei tre fini casini berlusconi
    saluti pier luigi

    Pier Luigi Fanfera

    tribinaledelmalatofr@libero.it

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