giovedì 29 luglio 2010

La stabilizzazione del capitalismo in Italia - da “Lo stato Operaio” marzo 1928

Che cosa è il fascismo? Noi abbiamo definito il fascismo come il tentativo di stabilizzazione del capitalismo italiano, cioè del capitalismo di un paese ad economia prevalentemente agricola, sprovvisto di materie prime,  di mercati esterni e di un largo mercato di consumo interno. Come si è proceduto alla stabilizzazione del capitalismo in Italia?  Ribadendo che il paese non ha materie prime e deve importare  dall’estero, non ha il possesso di capitali ingenti che gli consentano, senza l’intervento di prestiti esteri, la trasformazione  degli impianti, quale elemento , tra gli elementi fondamentali alla produzione, il capitalismo italiano è libero di controllare? L’elemento lavoro, l’elemento mano d’opera. Se diamo un’occhiata alla storia politica italiana , dal sorgere di un’industria moderna dal nord in poi, vediamo subito che quel momento coincide con l’inizio dello scatenarsi di violente lotte di classe. Perché in Italia lo sciopero fu sempre così frequente e cosi  violento? Forse per una ragione di temperamento dei nostri lavora
tori o perché il nostro proletariato si fa facilmente istigare “dai sobillatori” come si legge nei rapporti di polizia? No davvero. La ragione di “conflitto permanente” fra capitale e lavoro in Italia è da cercarsi nel fatto che il più basso costo dei prodotti è stato sempre ottenuto da noi opprimendo le condizioni del proletariato. Tutti sanno che l’operaio italiano è stato sempre il più miserabile operaio del mondo “civile” . E’ questo un elemento fondante della situazione italiana giacché spiega perché in Italia, Paese il cui sviluppo capitalistico è relativamente arretrato, la situazione sia stata fin dall’armistizio (1° guerra mondiale ndr) una situazione apertamente rivoluzionaria e sia rivoluzionaria ancora oggi. I contrasti di classe sono sempre più acuti in Italia e la guerra li ha esasperati. Da  questi lineamenti dell’economia italiana il capitalismo doveva procedere ad un’offensiva contro il salario per tentare la propria stabilizzazione , e tale tentativo assunse quindi il carattere di una azione politica particolare contro le classi lavoratrici, tento più che queste – provviste di un’antica esperienza di lotte- non si sarebbero fatte schiacciare senza una resistenza decisa e “armata”. Il metodo particolare della stabilizzazione del capitalismo italiano è il Fascismo, che perciò, ha un’essenza profondamente e tipicamente anti proletaria e anti contadina. Il capitalismo italiano è in tal modo riuscito ad assicurare le più alte quote di reddito agli investimenti industriali ed agricoli, consentite dallo schiacciamento inaudito delle classi lavoratrici delle città e delle campagne . E il metodo fascista ha in più modi favorito un processo più accelerato di concentrazione dell’economia italiana, il fascismo, avendo distrutto le organizzazioni di classe, ed immobilizzato le classi lavoratrici, ha potuto realizzare le condizioni di massima libertà capitalistica nel cui ambiente ha adottato tutta una serie di misure che hanno permesso il saccheggio del salario operaio, del reddito contadino,  e del piccolo risparmio. Queste misure sono state in particolare: l’applicazione di un largo regime di protezione doganale e – in un primo tempo e fino alla primavera del 1925-  di una politica di inflazione monetaria. Questa politica ha favorito nel 1924-25  uno slancio della produzione, ha evitato una larga disoccupazione “visibile” ed ha permesso  il collocamento dei prodotti dell’industria di esportazione sui mercati esteri in condizioni di concorrenza. Ma una politica di inflazione monetaria non poteva essere prolungata senza provocare una catastrofe economica dato che l’infalzione avrebbe distrutto le fonti del risparmio e avrebbe messo in moto tutti i fattori economici e politici di disgregazione del regime, che non avrebbe resistito alla prova. Ciò spiega anche il perché della nuova politica di rivalutazionista suggellata, recentemente, con la stabilizzazione legale della lira, e la nuova crisi generale economica. La rivalutazone monetaria impone un arresto di programma dell’espansione industriale del fascismo e pone in termini più acuti il problema della conquista delle fonti di materie prime e dei mercati, svelando crudelmente tutte le contraddizioni e le debolezze dell’economia italiana, a cui un nuovo intervento di capitali esteri potrebbe fornire un rimedio parziale e provvisorio, ma a sua volta preparatore di nuove e più profonde contraddizioni, di una crisi più radicale. Preclusa la via ad una larga espansione verso i mercati esteri alla produzione italiana ed impossibilitata questa a trovare sbocco verso l’interno, l’imperialismo italiano si contrae, segna il passo e si prepara alla guerra. La guerra è l’unico tentativo di soluzione della crisi. Solo dalla guerra l’imperialismo italiano può sperare una nuova spartizione delle colonie. Se esso non gioca questa carta terribile, accetta la necessità dello smantellamento delle sue posizioni industriali ed accetta la necessità di fare dell’Italia il mercato dei grandi Paesi industriali, cioè una colonia degli imperialismi forti. La fase fascista del capitalismo italiano è caratterizzata dallo schiacciamento delle condizioni delle classi lavoratrici. Il regime democratico-parlamentare suppone l’esistenza di partiti d’opposizione, di una stampa di opposizione, di organizzazione autonome. Qualunque partito d’opposizione esistesse oggi in Italia  non potrebbe non esprimere i bisogni delle classi lavoratrici, cioè minaccerebbe di strappare al potere il controllo sull’unico elemento sul quale il potere poggia per la sua politica di stabilizzazione . Ciò vuol dire anche che non può stabilizzarsi una successione democratica del fascismo e che il fascismo è l’ultima fase del capitalismo italiano.

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