Il discorso sul sistema elettorale non può essere limitato alla ricerca della migliore formula elettorale fra gli addetti ai lavori. Innanzitutto bisogna sgomberare il campo dalle suggestioni e dai falsi miti che hanno intossicato l'opinione pubblica. Il primo requisito di ogni sistema elettorale è che esso deve essere coerente con la Costituzione. Nella democrazia costituzionale, fondata sulla partecipazione dei cittadini, (art.49 Cost), le elezioni politiche generali non servono ad eleggere un Governo, né tanto meno il Capo del Governo, né a determinare quali forze politiche devono governare per tutto l'arco della legislatura.
Se così fosse, il popolo sovrano conterebbe un solo giorno e poi dovrebbe tacere per cinque anni.
Invece la democrazia non si esaurisce in un unico atto, compiuto ogni cinque anni, nel chiuso dell'urna, ma deve essere praticata ogni giorno. Nella democrazia costituzionale, il popolo deve continuare a concorrere a determinare la politica nazionale, anche dopo aver votato e lo fa - di norma - attraverso i propri rappresentanti, che la Costituzione vuole liberi da ogni vincolo di mandato proprio perché devono essere liberi di "rappresentare" (ed ascoltare) in ogni momento le domande politiche ed i bisogni del popolo sovrano.
Deve essere ripudiato, pertanto, come ingannevole e corruttore il mito secondo cui attraverso le elezioni i cittadini sono chiamati a scegliersi un Governo e un Capo di Governo, che non può più essere cambiato fino alle elezioni successive, per cui il sistema elettorale deve essere coerente con quest'obiettivo, orientando la scelta degli elettori all'investitura del Capo del Governo e della sua maggioranza, sulla base di un programma e di alleanze necessariamente precostituite.
E' stato proprio Berlusconi, con i suoi comportamenti, a disvelare il carattere populistico, autoritario ed antiparlamentare di tale mito, che prefigura un ordinamento fondato sul fhurer-prinzip (il principio della supremazia del Capo politico sulle altre istituzioni) che la Costituzione italiana ha radicalmente ripudiato.
Anche la pretesa che le alleanze politiche si debbano necessariamente costruire prima delle elezioni per presentare agli elettori un programma comune e debbano restare cristallizzate per tutta la legislatura è una palese assurdità che ingessa il sistema politico, rendendo rigido ciò che la Costituzione ha voluto che fosse flessibile proprio per consentire il regolare funzionamento degli organi rappresentativi, ai quali spetta anche la funzione di correggere o modificare quegli indirizzi politici o di governo che si dimostrassero inadeguati o pregiudizievoli per il bene del popolo italiano. Del resto è un dato irrevocabile di esperienza che i programmi politici presentati dai partiti alle elezioni sono solo degli strumenti per inseguire il consenso elaborati sulla base di ricerche di mercato e sono talmente fumosi e generici da lasciare le mani completamente libere agli attori politici. In quale programma politico è prevista l'emanazione di leggi ad-personam per rendere intoccabili una casta di uomini politici?
Nell'esercizio del voto i poteri attribuiti dalla Costituzione al cittadino-elettore non consistono nella possibilità di scegliere da chi deve essere comandato, ma nella possibilità di scegliere delle persone che possano rappresentare, nelle istituzioni, le domande sociali, gli interessi, i bisogni e le esigenze che stanno a cuore ai cittadini.
Per questo una nuova legge elettorale, che sia conforme alla Costituzione, deve perseguire questi questi tre obiettivi:
a) Ripristinare il principio democratico della rappresentanza e restituire agli elettori la possibilità di scegliersi i propri rappresentanti;
b) Superare il dualismo manicheo del conflitto, liberando il sistema dalla camicia di forza di un bipolarismo forzato;
c) Favorire la governabilità attraverso il ripristino del metodo democratico fondato sulla centralità del Parlamento.
Ovviamente non si può ripristinare puramente e semplicemente il sistema elettorale vigente prima del referendum e delle riforme elettorali del 1993, in quanto non si possono ignorare le legittime esigenze di governabilità e di maggiore coesione politica che hanno trovato delle risposte sbagliate nelle riforme elettorali ed istituzionali messe in cantiere negli ultimi 15 anni.
Occorre, pertanto, prefigurare un sistema elettorale misto, che coniughi i vantaggi del Collegio uninominale maggioritario con l'esigenza di garantire che la trasformazione dei voti in seggi rispecchi - in modo proporzionale - il pluralismo delle domande politiche e sociali presenti nel corpo elettorale e che la composizione delle assemblee rappresentative non sia più dominio esclusivo delle élites di partito ma il terreno sul quale la volontà degli elettori possa riscontrare (ed eventualmente correggere) quella dei partiti politici. Questi ultimi devono recuperare ruolo e dignità attraverso il consenso liberamente espresso dal corpo elettorale, piuttosto che attraverso artificiosi meccanismi di privilegio.
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