lunedì 3 gennaio 2011

Neo fascisti italiani bloccano l'estradizione di Cesare Battisti

di Luciano Granieri



Monta la mobilitazione dei parenti delle vittime di  Cesare Battisti  indignati per la mancata concessione  da parte del  presidente brasiliano Lula,  dell’estradizione in Italia dell’ex terrorista dei Proletari armati per il comunismo,  decisione confermata dall’attuale neo capo di stato la Sig.a Dilma Roussef.  Nei prossimi giorni  si terranno  presidi   di protesta davanti al consolato brasiliano a Milano  - dove sarà presente Alberto Torregiani, figlio di Pierluigi, gioielliere ucciso su mandato di Battisti -   e  nei pressi dell’ambasciata brasiliana a Roma  . La mobilitazione è diretta da membri del governo e della maggioranza piccati e oltraggiati (secondo loro) dalla decisione della presidenza brasiliana. In prima linea come al solito, la feccia e il peggior squadrismo che oggi occupa gli scranni istituzionali, parlamento e governo. Da Daniela Santanchè, a  Storace. Lo stesso Torregiani incontrerà Berlusconi prima di partecipare alla protesta. Anche l’opposizione (Idv) scenderà in piazza per protestare contro la mancata concessione dell’estradizione di Battisti. Si dimentica comunque che non è colpa della presidenza brasiliana se i parenti delle vittime dell’ex terrorista dei Pac vengono privati del loro diritto di avere giustizia. La responsabilità è tutta dell’odierno  quadro isitituzionale e governativo italiano, che vede ai posti di comando ex squadristi  affini all’estrema destra che all’epoca , oltre che contrastare armi in pugno i movimenti extra parlamentari di sinistra - la cui degenerazione sfociò nel terrorismo cui Battisti fu uno dei primi attori -  era connivente con parti più o meno deviate dello Stato nell’alimentare la stagione delle stragi. Sulla poltrona di ministro della difesa siede certo La Russa Ignazio, nel 1973 era a capo di un’organizzazione neofascista, che picchiava  i rossi e tirava bombe a mano contro le forze dell’ordine uccidendo anche un poliziotto , al Senato con la carica di capogruppo del suo schieramento siede Gasparri Franco un figuro che  negli anni settanta faceva parte delle squadracce nere  dell’università e attaccava manifesti fascisti abusivi al Rione Monti.  Il sindaco di Roma è tale Alemanno Gianni  un tizio che sfoggia una croce celtica al collo e  procura   posti di lavoro all’interno delle municipalizzate  romane ad  ex terroristi di destra come Francesco Bianco militante dei Nar negli anni ’70 ricordato come l’autista  di una rapina  a un’armeria che avrebbe dovuto segnare il salto di qualità del suo gruppo armato. In uno scenario simile, si chiede l’Avvocatura di Stato Brasiliana, è possibile evitare che  l’ex terrorista comunista Battisti, una volta in Italia non subisca  atti discriminatori e persecutori che ne mettano a rischio  l’incolumità? E’già perché il Brasile motiva la mancata estradizione di Cesare Battisti per la sussistenza   dei rischi, previsti al comma 6 dell’art.3 del trattato di estradizione tra Italia e Brasile in vigore dal 1991, relativi alla concreta possibilità che l’estradato subisca “ATTI DISCRIMINATORI E PERSECUTORI”. Infatti l’Avvocature dello Stato brasiliana ha fornito a Lula  una corposa documentazione  grazie alla quale l’ex presidente ha maturato la sua decisione. Fra i tanti documenti esiste una ricca rassegna stampa in cui gli esponenti della maggioranza di Silvio Berlusconi, non fanno altro che alimentare le preoccupazioni per i rischi determinati dal comma 6 dell’art. 3. Ad esempio non è comune che un parlamento interrompa i suoi lavori per dedicare un applauso unanime alla notizia –del novembre 2009 – che il tribunale supremo brasiliano aveva autorizzato l’estradizione. Ancora, nel gennaio scorso il ministro La Russa cosi si esprimeva:” I brasiliani devono sapere chi è Battisti. Gli viene detto che noi lo tortureremmo. Noi torturarlo?  Se ce lo danno...Non dico che non ci piacerebbe ma ci tratteniamo. No non lo faremmo mai” . Gli esponenti della Lega partito del ministro dell’interno Maroni nel 2009 invitavano Battisti a suicidarsi. Anche lo squadrista Gasparri ci metteva del suo quando voleva trascinare in Italia non solo Battisti ma anche il ministro della giustizia brasiliano che gli aveva concesso asilo politico. Non sfuggì ai brasiliani che sempre La Russa voleva far annullare la partita amichevole Italia-Brasile giocatasi a Londra nel febbraio scorso, né che una ministra del governo in carica Giorgia Meloni si sia incatenata anni fa davanti al municipio di Parigi per reclamare l’estradizione di Battisti. A  queste evidenti testimonianze di passioni persecutorie verso Battisti si aggiunga   che  il Brasile rifiuta la pena perpetua essendo l’ergastolo non previsto nel suo ordinamento e che l’Italia non ha aderito al sistema di controllo internazionale dei luoghi di privazione della libertà. Un dispositivo introdotto dalle Nazioni Unite nel dicembre 2002 . A quella data infatti, l’Assemblea adottò un protocollo opzionale alla convenzione contro la tortura che prevede un meccanismo ispettivo sovranazionale: il Brasile lo ha ratificato , al contrario dell’Italia che lo ha firmato ma nessuno governo né di centro destra né di centro sinistra ha mai provveduto alla  sua ratifica. Risulta quindi chiaro con chi i familiari delle vittime di Battisti debbano prendersela, non certo con la presidenza brasiliana ma con quegli stessi gaglioffi che cavalcano la loro indignazione.

Nessun commento:

Posta un commento