venerdì 18 marzo 2011

LA TRAGEDIA GIAPPONESE E LA QUESTIONE ATOMICA

di Adriano Lotito



Senza sembrare eccessivamente cinici si può dire che le tragedie a volte sono tristemente necessarie per risvegliare un qualche spirito critico e per farci cambiare rotta. Se la crisi economica è riuscita a mostrare a milioni di lavoratori il vero volto del sistema capitalistico, fatto di miseria, guerra e povertà, così il cataclisma sismico che si è abbattuto sul Giappone in questi giorni e che ha innescato nuovamente l’incubo nucleare è servito a rianimare la discussione sulla convenienza di un certo tipo di energia, discussione fondamentale per le nostre prospettive di sviluppo.

Fukushima: una tragedia annunciata
In merito alla situazione dell’impianto nucleare di Fukushima, colpito da uno dei più potenti terremoti che siano mai stati registrati, è ancora presto tracciare previsioni di sviluppo in quanto i quattro reattori sono ancora esposti a rischi gravissimi. Il surriscaldamento dovuto alla scossa sismica rischia, infatti, di causare la rottura delle barre di combustibile nucleare e conseguentemente la fusione del nocciolo. In queste ore nonostante i soccorsi via terra e via aerea il livello di radioattività è in costante aumento e le radiazioni sono già arrivate nel cielo della capitale, Tokio. Davanti a noi, un Paese intero sull’orlo del baratro mentre si sta organizzando l’evacuazione di decine di migliaia di persone. Aldilà delle ridicole affermazioni di certa intellighenzia e dello stesso imperatore del Giappone che esorcizzano le loro effettive colpe appaltando la causa di tutto ciò alla forza della natura o ad una punizione divina (sic!) noi sappiamo bene che le responsabilità di quanto sta avvenendo sono da ricercare nell’affarismo e negli interessi privati che sacrificano sull’inviolabile altare della produttività economica (ovvero della ricerca dei profitti) milioni di lavoratori e incolpevoli cittadini. L’Agenzia Internazionale per l’energia atomica (Aiea) aveva più volte espresso dubbi sulla sicurezza delle centrali nucleare in un territorio a rischio sismico (come emerge dalle fonti di Wikileaks) ma ovviamente interrompere la produzione di energia avrebbe provocato una perdita di profitto e quindi il tutto è passato sotto silenzio. Un copione già visto e rivisto insomma.

Il dibattito in Italia: chi sta dietro ai “nuclearisti”
La tragedia giapponese ha messo sull’attenti tutto l’Occidente alimentando la discussione in merito all’opportunità o meno dell’utilizzazione civile dell’energia nucleare. Per quanto riguarda il caso italiano, l’energia nucleare è stata già respinta dal popolo in occasione del referendum del 1987 all’indomani del disastro di Chernobyl. Ma naturalmente l’unica effettiva espressione del potere popolare viene subito messa a tacere se ci sono interessi un tantino più grossi. Così ci troviamo a riparlare di nucleare mentre il governo Berlusconi senza batter ciglio riafferma la propria volontà di reinserirlo nel piano energetico nazionale. Dietro al premier tutto il gotha del capitalismo nazionale e internazionale per la produzione di strutture e infrastrutture nel campo del nucleare: la Società Gestione Impianti Nucleari (SOGIN) S.p.A. (tristemente famosa per il caso “scorie” di Scanzano Jonico), l’Ital Elettronica (specializzata nella strumentazione nucleare), la General Electric (responsabile degli impianti giapponesi) e molte altre multinazionali che aspettano con la bava alla bocca di avventarsi sul nostro territorio per rimpinguarsi le tasche già piene a spese della salute delle comunità autoctone. Oltre al rischio che sta attraversando il Giappone (e che è presente anche in Italia a causa del suo alto livello sismico), al nucleare sono legate altre questioni: anzitutto il problema dello smaltimento delle scorie radioattive che hanno un lunghissimo periodo di decadenza e non ultimo lo stesso problema di costi (di cui non si parla mai). Infatti, oltre ai costi per l’estrazione e la lavorazione dell’uranio arricchito e le spese per la costruzione degli impianti e la ristrutturazione di quelli già esistenti, è doveroso dire che la stessa energia nucleare consuma ben 72.9 megawatt orari (ben più di qualunque fonte energetica) esigendo dunque alti costi per la sua stessa produzione.

Costruire le barricate contro gli interessi privati nella produzione dell’energia
L’unica alternativa rimastaci per impedire un nefasto ritorno del nucleare e in generale per impedire che gli interessi comuni siano resi subalterni al profitto di qualche gruppo industriale è organizzare un fronte di lotta energico e determinato che non esiti a usare anche gli strumenti più radicali per far sentire la propria voce. Come modello di riferimento abbiamo i cittadini di Scanzano Jonico che nel 2003 condussero una lotta vittoriosa e oltranzista contro la collocazione di un deposito di scorie radioattive sul loro territorio. Ma anche le comunità locali di Terzigno e altri paesi della Campania che sono arrivati nei mesi scorsi allo scontro frontale contro la dislocazione sconsiderata delle discariche. A giugno si terrà un referendum contro il nucleare ma, come già si è visto, non è con il voto che si può realmente decidere il futuro: è solamente la lotta che in ultima istanza risulta determinante. Costruiamo quindi una grande mobilitazione per opporci alla nuclearizzazione del territorio italiano. Una prima scadenza importante è la manifestazione nazionale del 26 marzo a Roma sotto lo slogan , oggi più che mai vero: l’unica energia pulita è quella senza profitto.

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