martedì 10 maggio 2011

Ma vidi nu' poco a chissi!!!!! discussione sui referendum per l'acqua

   Otello Martini, Vito De Russis

Sentite cosa vanno in giro a dire costoro ...
Che ne pensate?

Otello._____________________________________________________________
Perché due NO degli Amici della Terra ai referendum sull’acqua

        Documento approvato dal Consiglio nazionale degli Amici della Terra
(Aprile 2011)

        http://www.amicidellaterra.it


        Il primo quesito: la “privatizzazione” recita:    «Volete Voi che sia abrogato l’art. 23-bis (Servizi pubblici locali di rilevanza economica) del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 “Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la  competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e finanza la
perequazione tributaria”, convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto  2008, n. 133, come modificato dall’art. 30, comma 26, della legge 23 luglio  2009, n. 99, recante “Disposizioni per lo sviluppo e l’internazionalizzazione  delle imprese, nonché in materia di energia”, e dall’art. 15 del decreto-legge 25 settembre 2009, n. 135, recante “Disposizioni urgenti per l’attuazione di obblighi comunitari e per l’esecuzione di sentenze della corte di giustizia della Comunità europea”, convertito, con modificazioni, in legge  20 novembre 2009, n. 166, nel testo risultante a seguito della sentenza n.
325 del 2010 della Corte costituzionale?»

        Nella sostanza si chiede di abrogare un lungo articolo sulle  modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza  economica, con cui la cosiddetta “privatizzazione” dell’acqua ha ben poco a  che fare. Infatti, lo stesso articolo ribadisce che, oltre all’acqua (che è  e resta un bene pubblico), anche tutti gli impianti di trattamento  (depuratori, fognature, tubazioni, impianti per rendere potabile l’acqua)
sono e restano pubblici.

        Dunque la legge riserva al settore pubblico la proprietà ed il  governo esclusivi delle risorse idriche. Resta la gestione che, afferma l’articolo,  può essere affidata anche a soggetti privati. Infatti i proprietari delle
reti, che sono e restano i Comuni, (aggregati negli ATO, Ambiti Territoriali  Ottimali) possono affidare, con gara ad evidenza pubblica, la gestione dei  servizi idrici (e solo dei servizi) a società private, miste
pubblico/private, o a società interamente pubbliche, se le condizioni del  territorio lo richiedano.

        Col referendum ci si propone di eliminare questa possibilità di  scelta e di tornare (o rimanere) obbligatoriamente alla gestione pubblica.  La risposta non può che essere NO


 Il secondo quesito “Determinazione della tariffa del servizio idrico  integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito.  Abrogazione parziale di norma” è falso fin dal titolo. Vediamo perché.

        Il testo del quesito referendario è :«Volete voi che sia abrogato il  comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto  Legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 “Norme in materia ambientale”,
limitatamente alla seguente parte: “dell’adeguatezza della remunerazione del  capitale investito"?

        Le sette parole che il quesito chiede di abrogare sono all’interno  di un comma molto più complesso, anche per la determinazione della tariffa,  che nella sua interezza suona così:

        “La tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico  integrato ed è determinata tenendo conto della qualità della risorsa idrica  e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari,  dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della  remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di  salvaguardia, nonché di una quota parte dei costi di funzionamento  dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale  dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero  dei costi e secondo il principio "chi inquina paga". Tutte le quote della  tariffa del servizio idrico integrato hanno natura di corrispettivo.”

        Dunque, la remunerazione del capitale investito non è che uno fra 10  criteri di cui tener conto nel definire il corrispettivo del servizio. A che  serve? Oggi, se l’ente locale vuole, può ricevere un prestito per investire  sulla risorsa acqua. Se venisse eliminato il criterio della remunerazione,  chi mai presterebbe del denaro? Quindi, anche in questo caso, la nostra  risposta è NO, non vogliamo abolire un articolo di puro buonsenso.

 I quesiti referendari sono demagogici ed inesatti fin dalla  formulazione ma sollevano comunque un problema serissimo

       Lo stato delle acque è uno dei migliori indicatori della salute  degli ecosistemi, e della capacità dell’uomo di saper vivere nel proprio  territorio senza comprometterlo. La diffusione dell’inquinamento e del  sovra sfruttamento di acque superficiali e sotterranee mettono in evidenza il  ritardo della politica ambientale del Paese, situazione che danneggia valori  ambientali, sociali ed economici fondamentali per la nostra vita. E’
inderogabile assicurare un uso corretto della risorsa idrica rendendo  sostenibili i prelievi a fini civili, agricoli e industriali, anche tramite  la diffusione delle tecnologie più efficienti nelle diverse tipologie di  consumo. E’ al contempo indispensabile che siano adottate tutte le misure, a  partire da quelle di carattere preventivo, nei processi di consumo e  produttivi, per finire con quelle per la depurazione alla fine del ciclo di  uso, in modo da garantire il recupero di un elevato stato di qualità delle  acque superficiali e sotterranee del Paese.

        Una quota rilevante delle acque utilizzate, prevalentemente per gli  usi civili ma anche per attività economiche, passa ed è regolato dal  cosiddetto ciclo integrato dei servizi idrici (captazione, adduzione,
potabilizzazione, distribuzione, fognatura e depurazione). Una buona parte  degli obiettivi di tutela ambientale delle acque dipende dagli investimenti  per colmare il deficit depurativo e per un efficace funzionamento del ciclo  integrato dei servizi idrici.

        In questo comparto degli usi delle acque sono indissolubilmente  connesse due dimensioni: quella di assicurare gli usi civili in termini di  servizio pubblico di carattere universale, che deve essere assicurato a
condizioni di equità; quella di conseguire gli obiettivi di tutela delle  acque e dei corpi idrici coinvolti dal ciclo integrato dei servizi idrici.

        La comunicazione che concerne i quesiti referendari ha banalizzato  due tifoserie e schieramenti opposti tra fan del privato e pasdaran del  pubblico. Nella realtà, la questione non si presenta in questi termini.

        L’Italia dell’acqua è un Paese a macchia di leopardo: abbiamo aree  dove vi è molta acqua e dove ve n’è poca, dove si depura e dove no, dove si  paga e dove non si paga o si elude. Tutto ciò avviene indipendentemente  dalla gestione pubblica o privata dei servizi. L’unico elemento comune è che
la continua modifica del quadro normativo nazionale e delle diverse Regioni,  negli ultimi anni, non ha fatto altro che complicare la situazione e l’organizzazione  delle società di gestione dei servizi idrici.

        Noi non pensiamo che l’ingresso dei privati nella gestione dei  servizi idrici, possa rappresentare l’unica soluzione ai problemi  strutturali dei diversi sistemi idrici italiani: il mercato non ha poteri  taumaturgici sui problemi articolati e complessi. Più che di gestione  pubblica, privata o mista, gli amministratori e i cittadini dovrebbero  riflettere sui criteri adatti a garantire la qualità, la sostenibilità  ambientale e l’equità dei servizi idrici integrati.

        E’ necessario riaffermare la validità dei cardini del processo di  riforma del settore dei servizi idrici, essenziale per raggiungere gli  obiettivi di tutela della acque, avviata nel nostro Paese con la legge Galli  nel 1994: gestione integrata del servizio ad un’adeguata scala territoriale  per consentire la copertura dei costi tramite tariffa.

        Si tratta di un criterio funzionale sia alle economie di scala che  alla dimensione ambientale del ciclo delle acque nei bacini idrografici.

        Anche la scelta della tariffa è una scelta di politica ambientale  ancor prima che economica: l’acqua è una risorsa preziosa che non deve mai  essere sprecata.

        Va espresso quindi un NO all’abrogazione proposta con i due quesiti  sulle norme in materia di servizi e pubblici e tariffa del servizio idrico.



        COSA PROPONIAMO
        Per superare lo stato di impasse che da anni ormai ha bloccato il
processo di riforma dei servizi idrici proponiamo:

          1.. di riaffermare la scelta della tariffa come strumento di
tutela ambientale (garantendo tramite interventi di sicurezza sociale l’accesso
al servizio da parte di fasce sociali in condizioni di difficoltà)
          2.. di completare il processo di affidamento del servizio in
ambiti territoriali funzionali, a gestori dotati di adeguate capacità
gestionali
          3.. di rafforzare la capacità di regolazione (indirizzo e
controllo) della pubblica amministrazione, a partire dai comuni degli ambiti
territoriali con un più forte ruolo delle Regioni e dello Stato, nei
confronti delle aziende affidatarie del servizio.
          4.. che venga istituita un’Autorità garante sull’Acqua, così come
ne abbiamo una sul gas, i servizi elettrici, la concorrenza. Un’autorità che
vigili su prezzi e qualità dei servizi contribuendo così al corretto uso e
alla tutela della risorsa acqua.

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Risponde, Vito De Russis


Fine anni sessanta del XX secolo. La vita sociale italiana era incasinata da  ricorrenti attentati e, nei luoghi di produzione e lavoro, da un aumento  della prepotenza dei padroni. L'autunno caldo del '69 (contemporanea
scadenza/ rinnovo di molti importanti contratti di lavoro) e la bomba di piazza  Fontana di Milano prepararono il terreno per la semina del nucleare.  Sbandierando questo tema "accontentarono" i sindacati istituzionali nel  riprendersi il "potere sindacale" attraverso la legge (300, 20 maggio 1970,  nota  come "Statuto dei lavoratori"). In quel casino/disorientamento viene  attivata la lotta contro il nucleare a Montalto di Castro (1971). Cosa  rispondevano quelli tipo gli odierni "Amici della Terra Italia onlus"? Che  il nucleare lo avrebbero messo nei giardini delle loro ville. Quale fu la  nostra risposta? Intensificammo e proseguimmo la lotta fino al 26 aprile 1986 (Cernobyl) per  ripartire immediatamente e più determinati fino alla chiusura dei 3  referendum contro il nucleare (8-9 novembre 1987, circa l'80% SI ed il resto  NO). L'acqua è un bene comune dell'umanità. Alcuni vogliono gestire questo  bene comune perchè è una fonte di ricchezza personale. Non si capisce perchè  se la gestione è privata questi ci guadagnano tanto;se non è privata, il  gestore pubblico ci rimette. Nel letame nascono i fiori, non nei diamanti. Gli "Amici della Terra Italia Onlus" hanno i loro amici.Noi dobbiamo intensificare la lotta.
Cordialmente.
Vito

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Ribatte Otello Martini



Caro Vito, sono perfettamente d'accordo!

E che dire poi di Bersani, che il 23 si Aprile scorso teorizzava NO ai  referendum sull'acqua?
A Bersani NON piace sapere, che la gente desidera esprimersi liberamente e democraticamente, a Bersani non piace lo strumento del Referendum ...

http://www.unita.it/italia/pd-no-al-referendum-sull-039-acqua-laquo-legge-con-un-milione-di-firma-raquo-1.36669

Cordialmente da Otello

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