MARIO INSENGA batterista cantante e mattatore dei Blue Stuff, notava qualche sera fa come sia cambiato il concetto di creatività e originalità nel panorama delle giovani band che calcano i palchi di club e piazze. Insenga sosteneva come i “complessi” (così si chiamavano allora) che nascevano negli anni settanta alla dovevano proporsi con brani loro . Sicuramente le influenze dei gruppi che andavano per la maggiore erano ben identificabili, ma il progetto musicale doveva essere comunque originale. Il dilagare delle cover band e delle tribute band , ovvero gruppi che ripropongono per intero il repertorio di altri ha cambiato il modo di considerare la qualità creativa di un ensemble . Oggi le cover band di Ligabue, dei Beatles , di Bruce Springsteen e di altri autori, dilagano e godono di grande successo, quasi che mettersi davanti ad uno strumento e creare musica propria possa essere del tutto superfluo . Sono assolutamente d’accordo con il bluesman napoletano. Aggiungo che il numero delle cover band in attività è inversamente proporzionali alle difficoltà tecniche che il gruppo del quale si vuole riproporre i brani presenta. Più un gruppo ha nel suo interno musicisti virtuosi, meno sono le cover band che ne ripercorrono la strada creativà. Ecco perché assistere al concerto dei Deeper, nell’ambito della rassegna FROSINONE ROCK CULTURE mi ha fatto superare la ritrosia che nutro verso le cover band. I Deeper come qualcuno avrà intuito sono una tribute band dei Deep Purple , il mitico gruppo di Smoke on the Water che negli anni ’70 ha costituito, insieme con i Led Zeppelin, la colonna portante dell’Hard Rock. La line up dei Deep Purple era composta da musicisti formidabili: Jon Lord alle tastiere, signore assoluto dell’ Hammond, inventore del Leslie un aggeggio che riesce a distorcere il suono dell’organo quasi fosse una chitarra elettrica . Ian Paice, un batterista dalla tecnica straripante, protagonista assoluto assieme a Carl Palmer del panorama rock passato e presente, Ritchie Blackmore l’assoluto nella chitarra rock, i suoi riff, in Higway Star, Smoke on the Water hanno fatto la storia dello strumento. Attorno a questo nocciolo si sono alternati( fino al 1974) il bassista Roger Glover e Ian Gillan, un cantante dall’escursione vocale incredibile, la sua voce poteva essere oggetto di studio scientifico, in seguito dal disco Burn poi il bassista Glenn Huges e il vocalist Dave Coverdale shouter bianco dalla voce nera . Misurarsi con cotanta abbondanza di tecnica musicale non è facile per nessuno. E comunque dobbiamo ammettere che Giovanni Russo alla chitarra , Gianluca Sabbi alle tastiere, Ivano Salvatori al basso, Roberto Sabbi alla batteria e Andrews Crudo voce, ci danno talmente dentro da rendere benissimo il clima di fuco della band di Hatford. Anzi rimaniamo stupiti dalla loro capacità di ricreare quell’atmosfera unica . I Deeper hanno il dna dei Deep Purple inscritto nel loro codice genetico, infatti sono nati nel luglio 2004 per accompagnare Ian Paice in un concerto del leggendario batterista al ToTem Village di Velletri. Dunque la loro genesi spiega molte cose. Detto che il gruppo si trova a suo agio tanto nel riproporre l’era GIllan che quella Coverdale, (Il vocalist Andrews Crudo è più vicino allo stile di quest’ultimo) , voglio abbandonare gli aspetti tecnici e parlare di cose un po’ più intime . Lo confesso, ho assistito al concerto dei Deeper perché la musica dei Deep Purple è stata la sigla della mia adolescenza. Per ore provavo e riprovavo le misure di charleston con cui Ian Paice dava inizio a Smoke on the Water oppure alcune sequenze dell’assolo che il funambolico batterista eseguiva in The Mule. L’hard rock dei Deep Purple ha segnato i primi movimenti del nostro “complesso” che impazzava rompendo i timpani a vicini del quartiere. Oggi il mio orientamento musicale è molto diverso, sono jezzemane dentro, MA NON POSSO NEGARE CHE LA MIA PERSONALE AVVENTURA NEL MONDO DELLA MUSICA E’ NATA DAL BEAT DELLA DOPPIA CASSA DI FIREBALL.
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