mercoledì 7 settembre 2011

Favoletta proletaria

 Luciano Granieri



C’era una volta, in un era e in luogo molto lontani, il paese DEI MERCANTI E DEI LABORIOSI.  Nel paese i mercanti costruivano e  vendevano le merci ,possedevano i campi da coltivare.  I laboriosi  lavoravano nelle botteghe e nei campi dei mercanti  e da questi  venivano pagati per il loro lavoro.  Fra i laboriosi c’erano anche i dottori che provvedevano alla salute dei cittadini , i maestri  ai quali  era affidata l’educazione dei giovani e i mastri manutentori che  si occupavano di tenere in ordine le vie,  i palazzi e i giardini del paese.  Nella piazza centrale c’era la chiesa, dove il curato diceva messa, e il palazzo degli otto saggi. Il palazzo degli otto saggi  era la sede del governo. Nella stanza della sapienza  quattro membri dei mercanti e quattro dei laboriosi , eletti dai cittadini, provvedevano  a governare la città . Il consiglio degli otto saggi nominava  un presidente che ogni due anni cambiava, una volta era un membro dei laboriosi, la volta dopo dei mercanti . Ogni cittadino, mercante o laborioso che fosse,  provvedeva a versare    agli  otto saggi  una parte del suo  guadagno secondo la propria disponibilità. Le somme raccolte servivano per aiutare tutti secondo i propri bisogni. In particolare con gli scudi raccolti dagli otto saggi si provvedeva a pagare i dottori che curavano la salute dei cittadini, i maestri per l’educazione dei giovani  e i mastri manutentori per la cura della città. Da questa somma si traeva anche il necessario per accudire gli  anziani   e gli indigenti. Il paese prosperava, ognuno riusciva a vivere dignitosamente  e felicemente. Un triste giorno il nuovo presidente del consiglio degli otto saggi,  un mercante goffo e grassoccio, decise di cambiare le cose perché secondo lui i mercanti non potevano pagare così tanto per tutto  il benessere del paese. Le ricchezze accumulate dai mercanti dovevano servire ai mercanti , se si aveva abbastanza denaro per pagare un dottore personale , e per  stipendiare   un maestro di famiglia a disposizione dei propri figli (presso il curato i preti maestri erano numerosi e ben istruiti), perché dare soldi a tutto il  paese?. Che i laboriosi provvedessero da loro a alla propria sopravvivenza!!!! Fu così che i mercanti non versarono più agli otto saggi,   i loro scudi e il denaro disponibile per il benessere  della comunità   iniziò a scarseggiare. I Laboriosi  decisero di pagare di più per sopperire alla mancanza dei soldi non versanti dai mercanti. Ma non fu sufficiente. Scaduti i due anni di presidenza  del mercante grasso  nel collegio dei saggi toccò ad un saggio laborioso  comandare , ma nel frattempo i saggi  mercanti avevano corrotto e comprato i saggi laboriosi per cui nulla cambiò . Si decise  che anche i laboriosi in parte dovevano pagare i dottori, e i maestri, e i mastri manutentori .  Questa ingarbugliata situazione portò all’impoverimento dei laboriosi e ad uno straordinario arricchimento dei mercanti.  Gli uni riuscivano a malapena a sopravvivere,gli  altri vivevano nello sfarzo. Con i milioni di scudi accumulati, i mercanti  iniziarono una compra vendita di pezzi delle proprie botteghe. Ogni bottega venne divisa in parti e  ad ogni parte venne attribuito un valore in scudi che a seconda della produttività della bottega  poteva aumentare o diminuire . Ogni mercante comperava e  rivendeva  un o più di queste parti,  secondo la propria convenienza . Il gioco divenne talmente remunerativo che alcuni mercanti,  dismisero la loro bottega  per cercare guadagno solo su tali compravendite   . Altri i mercanti  usarono l’enorme accumulazione di scudi per aprire una banca.  Uno degli elementi  che attribuiva valore a una bottega e di conseguenza rendeva più remunerativa la vendita delle sue parti, era la possibilità di fabbricare di più spendendo di meno. Fu così che molti laboriosi furono licenziati e ai pochi rimasti fu imposto di lavorare giorno e notte per una misera paga .  Per i laboriosi le cose peggioravano  sempre più. Molti non avevano i soldi neanche per  mangiare. Anche le casse del consiglio dei saggi, privi degli scudi dei mercanti, erano desolatamente vuote. Fu così che qualche laborioso per sopravvivere cominciò a chiedere prestiti  alla banca aperta dei mercanti i quali furono ben felici di guadagnare  sugli interessi dei prestiti concessi ai poveri laboriosi . Anche il consiglio dei saggi non avendo i denari necessari ad assicurare la sopravvivenza dei cittadini  chiese prestiti alla banca dei mercanti. Questi furono concessi, ma i mercanti pretesero che il consiglio dei saggi diminuisse i soldi dati a dottori maestri e mastri manutentori  utili alla vita dei  cittadini . In questo modo   sarebbe stata  più sicura la restituzione del prestito e il pagamento degli interessi.  Le cose peggiorarono ancora molti non  avevano soldi a sufficienza per   acquistare i beni necessari al sostentamento  , tanto che botteghe e opifici rimanevano con i  magazzini pieni di merci invendute. La frutta e la verdura marcivano nei campi , il bestiame invecchiava e moriva nelle stalle .  Qualche mercante, che non era stato  abile a guadagnare con la compravendita di pezzi di botteghe, o  a speculare  sui prestiti concessi al consiglio corrotto dei saggi ,ma che aveva continuato ad investire i propri scudi sulla produzione della fabbrica cominciò  anch’egli ad impoverirsi. Nel paese  le strade iniziarono  a sgretolarsi, i giardini a seccare perché  anche i mastri manutentori erano stati licenziati, non avendo il consiglio dei saggi di che pagarli.  I mercanti più ricchi  avevano edificato una cittadella fortificata poco fuori della città difesa da un esercito mercenario, con edifici di lusso dove potevano bearsi della propria ricchezza. Fuori , nel paese, vagavano ormai resti umani  in cerca di scarti di cibo, erano malati perché anche i dottori non avevano i mezzi per curarli. Alcuni fra i dottori vagavano disperati, altri prestavano la loro opera ben remunerati dentro la cittadella. Ma un giorno  alcuni laboriosi, stanchi ed esasperati, fuggirono nel bosco . Iniziarono una nuova vita costruendosi armi rudimentali con le quali cacciavano gli animali per nutrirsi, molte altre povere genti li raggiunsero dal paese ormai invaso dalle epidemie e cominciarono ad assuefarsi alla caccia e ad apprendere le arti della guerriglia. Dopo qualche anno questo esercito di disperati, rafforzatosi nel corpo e nel cuore, decise che era giunto il momento della riscossa. Ritornò in  paese ed insieme ad altri disperati che li erano rimasti prese d’assalto la cittadella dei mercanti ricchi. L’esercito mercenario, infiacchito dalle abbondanti  libagioni non riuscì a porre resistenza ed anzi si fece rubare le armi dai rivoltosi. Questi entrarono nella cittadella, arrestarono tutti i mercanti ricchi e requisirono i loro denari. Assaltarono la banca impossessandosi  dei forzieri d’oro. Il denaro requisito fu restituito  a tutti i cittadini i quali ,ognuno  secondo la propria possibilità ,ne pagò una parte ad un nuovo consiglio di otto saggi . I saggi non più corrotti con le risorse ottenute ricostruirono botteghe e opifici ,  tornarono ad arare i campi e ne assunsero il controllo diretto in nome del popolo in modo che nessuno potesse trarne vantaggio personale. La banca rimase.  Nei suoi forzieri  c’era una parte del denaro versato dai cittadini.  A gestirla erano i cittadini stessi i quali decidevano se concedere o meno prestiti  ad opifici in base all’utilità sociale della loro attività. I dottori tornarono a curare i cittadini senza che questi  dovessero pagare nulla, così gli insegnanti  tornarono ad educare i giovani  , e i mastri manutentori con i soldi del popolo rimisero in sesto il paese.  I mercanti arrestati  furono liberati, ma obbligati a lavorare , la loro paga mensile venne requisita fino a quando la somma delle mensilità non avesse raggiunto un importo di risarcimento danni  equo  da pagare  tutta la popolazione che a causa loro era vissuta di stenti ed in qualche caso aveva conosciuto la morte.  Quel paese non era più dei mercanti e dei laboriosi, divenne il paese dei LAVORATORI e tutti vissero  felici e contenti.


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