giovedì 29 settembre 2011

Isola del Liri e la sua memoria

Angelino Loffredi

Con qualche anno di ritardo ho letto il bel libro scritto da Bruno Ceroli “ Comm’era Lìsera ‘na uota e che me recòrde je. Viaggio nella mia memoria e in quella collettiva di Isola del Liri “
Se in un primo momento il dialetto mi appariva come ostacolo, una volta ben concentrato e deciso a comprendere il lavoro realizzato ho avuto la sensazione che è il dialetto stesso a nobilitare i pensieri riportati, a rendere ancora più chiare le descrizioni e più vivace i dialoghi.
Da questa storia, ricostruita a più voci, viene fuori una affascinante Chanson de Geste per le esperienze riportate, per le genuine descrizioni di momenti fondamentali della vita, per la comunicazione e i ragionamenti sempre diretti e immediati e, infine, per le speranze contenute e senza pretese.L’unico sentimento assente è la rassegnazione, il ripiegamento intimistico.
Nel libro si mescolano saggiamente sentimenti e storia della città, vicende personali e familiari con lo sviluppo industriale e più in generale con il sapere tecnologico ed il ruolo stesso della classe lavoratrice. Si, è proprio il lavoro che unisce, amalgama, organizza la vita della città, rende le donne di Isola del Liri emancipate ed autonome. L’impegnativa ricerca è riuscita a dare una risposta al fondamentale quesito: come Isola del Liri sia divenuta capitale ed avanguardia del lavoro nel Lazio.
L’autore, infatti, ha saputo ben unificare ed evidenziare lo sviluppo della città nel diciannovesimo e ventesimo secolo con l’utilizzo delle risorse idriche e delle nuove tecnologie e l’apparire sulla scena cittadina di uomini apparentemente modesti ma di grande talento e più in generale ha ben unificato il capitale industriale con il capitale umano.
Mi ha colpito il fatto che Bruno Ceroli eviti ogni agiografia ed ogni retorica sulle persone che hanno diretto il comune, anche se un particolare ma moderato riconoscimento lo riserva al sindaco Valente. Sindaci come Di Piro, Fiorini, Sperduti, Bartolomucci, consiglieri provinciali come Pizzuti, Natalizio e Antonelli, il sindacalista Pantano sono presenti ma ben incastonati nell’insieme generale quasi a confermare la coralità e l’epopea di una città. La coralità, l’affermazione di una comunità coesa attorno ai propri valori di solidarietà si evidenzia dalle interviste raccolte che non sono mai staccate una dall’altra ma sempre ben fuse e ben amalgamate nell’interno della ricerca. Storie vive, cruciali e sentimenti costituiscono l’essenza della ricerca per farne un bellissimo libro, che procede sempre con uno stile asciutto ed essenziale, ben raccontato in oltre duecento pagine, corredate da 500 fotografie e duecento note esplicative. Tutto ciò è stato riportato con precisione, senza sbavature, per assicurare il senso compiuto ed una eccezionale fonte storica da cui poter attingere a piene mani per studiare ed approfondire. La postfazione di Eugenio Beranger “ I fatti di Isola Liri del febbraio 1949” evidenzia un modo esemplare di fare ricerca storica che completa compiutamente il lavoro di Ceroli. Essa è composta da oltre dodici pagine che raccolgono ricerche e d approfondimenti su giornali d’epoca, sempre accompagnate da note e commenti puntuali e rigorosi che uniscono e fondono la grande eccezionale solidarietà cittadina a fianco degli operai che le Meridionali voleva licenziare con le tecniche, gli inganni della repressione scelbiana e le manipolazioni della ideologia dominante, quella cioè che indicava in ogni difesa del lavoro, ogni sussulto di dignità come atto preparatorio per il sovvertimento dello Stato ed alle sue leggi. Un modo di pensare e una realtà non molti lontani dalle filosofie ancora dominanti.

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