sabato 2 aprile 2011

Il mese del diritto all'educazione

Shabbat Shalom,
Stefanie Fox, Director of Organizing
Jewish Voice for Peace

Dear Luciano,

Watching the coverage of the Egyptian Revolution last month, I was moved and inspired by the way young leaders set up classrooms in Tahrir Square, ensuring students would not lose access to education while waging their historic struggle for freedom and democracy. It was a great reminder to me that educators and students are always at the heart of the struggle for justice, and that no such struggle is complete without access to education, for all.
"We Divest," the campaign led by Jewish Voice for Peace demanding that retirement fund TIAA-CREF divest from the Israeli Occupation, honors the legacy of educators and students in struggles for justice, and the urgency of the Palestinian fight for access to education by naming April "Right to Education Month."


We will offer many ways for you to learn about access to education in Palestine/Israel, including firsthand from a group of young Palestinian activists who will be coming to a city near you. We also hope you’ll reach out to the educators and students in your life to let them know about the vital role they could play in this campaign.

We all know the struggle for education and justice continues in Palestine/Israel. Students trying to attend classes are targeted for armed harassment at checkpoints. Teachers trying to teach in Gaza know building materials wait at the border while their decimated schools remain in rubble. The structure of Israeli Occupation systematically destroys Palestinian access to education: students and teachers face unlawful detention, armed harassment, curfews, checkpoints, closed schools, dorm raids, an apartheid Wall, separate and unequal roads, illegal arrest, and bombed schools and universities.
So why is the premiere retirement fund of educators—TIAA-CREF—playing a role in denying Palestinians their right to education? TIAA-CREF prides itself in providing “financial services for the greater good,” yet they invest in companies that make their profit from the economy of the Israeli Occupation.  In just two examples: Northrop Grumman makes the bombs that destroyed Gazan schools during Cast Lead and Elbit produces the cameras and other equipment outfitting the wall as it carves a path between students and schools.

Throughout April: Right to Education Month, Jewish Voice for Peace is proud to bring three young Palestinian activists from the West BankMira Bishara Dabit, Amer Shurrab, and Hanna Qassis—to share with educators, students, and activists nationwide the challenges facing young people who live under Israel’s military occupation. They will also share their inspiring struggle to put an end to the injustice by holding companies like TIAA-CREF accountable for the impact of their investments in Occupation.

The Palestinian students’ stories about their struggles for human rights, including the right to an education, focus on the tried and true non-violent tactics of boycott, divestment, and sanctions (BDS). We hope you’ll use this month to jump more fully into the BDS action as well. Start organizing in your community today-- the time is now to fight for education and justice for all.


 


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Questo è un appello di Jewish Voice for Peace a tutti gli attivisti e operatori di pace, insegnanti e studenti  americani affinchè non affidino i loro fondi pensione alla finanziaria TIAA-CREF.
 Per ulteriori informazioni cliccare sulle frasi in viola del testo inglese

 Guardando lo svolgimento della rivoluzione egiziana il mese scorso sono rimasta commossa e ispirata dal modo in cui giovani leader hanno organizzato le classi scolastiche  in piazza Tahrir garantendo agli studenti di non perdere l’accesso all’istruzione mentre conducevano la loro storica lotta per la libertà e la democrazia. E’ stato un  grande monito per me il fatto che gli insegnanti e gli studenti sono sempre al centro delle lotte per la giustizia e che tale lotta non è completa se non si garantisce l’accesso all’istruzione per tutti. We divest la battaglia condotta da “Jewish voice for peace” che ha come obbiettivo il ritiro dei fondi dalla finanziaria TIAA-CREF per disinvestire dalla occupazione israeliana, rende onore alle organizzazioni di insegnanti e studenti in lotta per la giustizia e all’imminente iniziativa Palestinese che fa del mese di Aprile il “Mese del diritto allo studio”. Noi offriremo diverse possibilità per voi di apprendere l’accesso al sistema educativo in Palestina/Israele, tra cui la disponibilità in prima persona di giovani attivisti palestinesi  che raggiungeranno una città vicina a voi. Speriamo che anche voi possiate riportare ciò a insegnanti  studenti della  vostra vita per far loro conoscere il ruolo vitale che loro potrebbero svolgere in questa campagna . Tutti sappiamo che la lotta per l’educazione e la giustizia continua in Palestina/Israele. Gli studenti che provano a frequentare la scuola sono oggetto di aggressione ai checkpoint. Gli insegnanti che provano a fare il loro lavoro a Gaza sanno che i materiali da costruzione sono fermi alla frontiera , mentre le loro scuole sono ridotte in macerie. La struttura dell’occupazione israeliana, distrugge sistematicamente l’accesso allo studio: studenti e insegnanti devono subire detenzioni illegali, aggressioni armate , coprifuoco, posti di blocco,  scuole chiuse, un muro di Aparthaid strade diverse  e separate, raids,  arresti illegali e bombardamenti di scuole e università . Allora perchè il principale fondo pensione degli insegnanti svolge un ruolo importante nel privare i palestinesi del loro dirotto all’educazione?  TIAA-CREF si vanta di fornire servizi  finanziari per il bene superiore. Eppure investe in compagnie che traggono il loro profitto dall’economia sviluppata dall’occupazione di Israele. Solo due esempi:  Northropp Grumman costruisce quelle bombe che hanno distrutto le scuole di Gaza durante l’operazione “Piombo Fuso” e Elbit produce telecamere ed altre apparecchiature per controllare se si riesce a costituire una via che premetta agli studenti di raggiungere le scuole. Per tutto aprile: Mese del diritto  all’educazione Jewish Voice for Peace è orgogliosa di portare tre giovani attivisti Palestinesi dalla Cisgiordania Mira Bishara, Amer Shurrab, e Hanna Qassis  per condividere con educatori e studenti e attivisti di tutta la nazione le sfide di fronte ai giovani che vivono sotto l’occupazione militare di Israele. Loro inoltre condivideranno la loro lotta ispirata per porre fine all’ingiustizie delle societa come TIAA-CREF responsabili per l’importanza dei loro investimenti nell’occupazione. La storia degli studenti Palestinesi  in relazione alle loro lotte per i diritti compreso i diritti per l’educazione, si concentra sulla tattica già in atto e non violenta di Boicottaggio, Sanzioni e Disinvestimento (BDS)  Boycott Divestment Sanctions.   Ci auguriamo che impiegherete questo mese per entrare  nel modo più incisivo possibile nell’azione (BDS). Comincia ad organizzarti nella tua comunità oggi, adesso è il momento di combattere per l’educazione e la giustizia per tutti.

Gli Israeliani sperano di colonizzare parte dell'Iraq come "Grande Isreale"

Wayne Madsen 



E' noto che gli espansionisti israeliani vorrebbero assumere il controllo totale della Cisgiordania, della Striscia di Gaza , delle alture del Golan (in territorio siriano) ed espandersi nel Sud del Libano, ma ora paiono aver preso di mira anche una porzione dell'Iraq, considerata parte della “Grande Israele” biblica.

Israele, secondo alcune fonti, progetta di trasferire migliaia di ebrei curdi -fra cui alcuni espatriati dal Kurdistan iraniano- da Israele nelle città irachene di Mossul e Ninive, mascherando il loro trasferimento con pellegrinaggi religiosi verso antichi santuari religiosi ebraici. Secondo fonti turche gli Israeliani stanno lavorando segretamente con il Governo Regionale Kurdo (GRK) per realizzare l'integrazione dei kurdi e di altri ebrei nelle aree dell'Iraq controllate dal GRK stesso.

Kurdi, iracheni sunniti e turkmeni hanno notato che i kurdi israeliani hanno cominciato a comprare terre nel Kurdistan iracheno -considerato storicamente “proprietà” ebraica- dopo l'invasione statunitense del 2003.

Gli israeliani sono particolarmente interessati ai santuari del profeta ebreo Nahum, che si trova ad al-Qush, a quello del profeta Giona, che si trova a Mossul e alla tomba del profeta Daniele, a Kirkuk. Gli israeliani stanno anche cercando di rivendicare “proprietà” ebraiche al di fuori della regione curda, fra di esse il santuario di Ezechiele, nel villaggio di al-Kifl, in provincia di Babele, vicino a Najaf e la tomba di Ezra, ad al-Uzayr, nella provincia di Misan, vicino a Bassora, entrambi nel Sud dell'Iraq, in territorio sciita. Gli espansionisti israeliani considerano queste tombe e questi santuari parte della “Grande Israele”, alla stregua di Gerusalemme e della Cisgiordania, che loro chiamano Giudea e Samaria.

Fonti kurde e irachene riferiscono che il Mossad sta lavorando a stretto contatto con società private israeliane e “turisti” per rivendicare le “proprietà” ebraiche di Israele in Iraq. Il Mossad è stato anche pesantemente coinvolto nell'addestramento delle truppe kurde dei Peshmerga.

Pare che Israele sia affiancato in queste sue attività da mercenari stranieri, pagati da circoli cristiano-evangelici statunitensi che sostengono il concetto di “Sionismo Cristiano”.

I nazionalisti iracheni ritengono che l'espansione sia sostenuta da entrambe le maggiori fazioni kurde, inclusa l'Unione Patriottica per il Kurdistan, guidata dal presidente formale dell'Iraq Jalal Talabani. Il figlio di Talabani, Qubad, è rappresentante del Governo Regionale Kurdo a Washington, dove vive con la moglie Sherry Kraham, che è ebrea.

Anche il Partito Democratico Kurdo, guidato da Massud Barzani, presidente del Governo Regionale Kurdo, sostiene l'acquisizione di terre da parte degli israeliani. Uno dei suoi cinque figli, Binjirfan, pare pesantemente coinvolto con gli israeliani.

II sostenitori degli Israeliani e dei Cristiano-Sionisti non entrano in Iraq passando per Baghdad ma attraverso la Turchia. Per scacciare le popolazioni residenti nei territori rivendicati da Israele, elementi del Mossad e mercenari Cristiano-Sionisti organizzano attacchi terroristici contro i caldei cristiani, in particolare a Ninive, Irbil, al-Hamdaniyya, Bartalah, Talasqaf, Batnayah, Bashiqah, Elkosheven, Uqrah e Mossul.

Gli attacchi degli israeliani e dei loro alleati sono normalmente attribuiti ad “al-Qaeda” e ad altri gruppi della “jihad islamica”.

Lo scopo ultimo di Israele è scacciare la popolazione cristiana di Mossul e dintorni e rivendicare quelle terre come territori biblici appartenenti alla “Grande Israele”. L'operazione israelo/cristiano-sionista è una riedizione dello spopolamento della Palestina al tempo del mandato britannico, dopo la seconda guerra mondiale.

Nel giugno del 2003 una delegazione israeliana ha visitato Mossul affermando che era intenzione di Israele, con l'aiuto di Barzani, porre i santuari di Giona e di Nahum, a Mossul stessa, sotto il controllo Israeliano. Hanno aggiunto che i pellegrini israeliani e iraniani avrebbero raggiunto l'area di Mossul attraverso la Turchia e rilevato i terreni dove avevano vissuto i cristiani iracheni.

WayneMadenReport.com

Wayne Madsen è un giornalista investigativo di Washington; i suoi editoriali sono pubblicati sulla stampa nazionale. E' il redattore-editore di Wayne Madsen Report .

Titolo originale: "Israel hopes to colonize parts of Iraq as ‘Greater Israel’"



L'inesorabile avanzata delle rivoluzioni arabe

Riccardo Bocchese - Lega Internazionale dei Lavoratori (Lit)



Dopo Tunisia, Egitto, Libia, la rivoluzione corre veloce lungo tutta l’Africa settentrionale e si propaga nel Medio Oriente fino alla Siria, coinvolgendo milioni di persone, diventando inarrestabile. La preoccupazione fra i potenti del mondo è forte e i tentativi per occultare questa preoccupazione sono ogni giorno più vani. Le rivolte non si arrestano, nonostante la repressione spesso brutale. In estrema sintesi riportiamo alcuni fatti di queste ultime settimane che stanno portando ad un brusco e repentino cambiamento della storia. In queste ore, mentre scriviamo, è il momento della Siria, dove le manifestazioni di piazza costringono il governo alle dimissioni in blocco.


Arabia Saudita
Il re Abdullah bin Abdul-Aziz, il 23 febbraio, annuncia un pacchetto di sussidi economici per i “sudditi”, superiore a 35 miliardi di dollari. Quanto sta accadendo nello Yemen e in Bahrein è fonte di grandi preoccupazioni per i palazzi del potere che temono, infatti, ripercussioni gravi se il re del Bahrein, dovesse essere rovesciato. E’ temuta, inoltre, la sollevazione della minoranza sciita che abita le regioni orientali dell'Arabia Saudita, in cui si trovano la maggior parte dei pozzi petroliferi. Il giorno 4 marzo il regime ribadisce che sono proibite le manifestazioni di protesta. Nonostante questo, nelle prime settimane di marzo, si diffondono alcune proteste contro l'intervento dei militari sauditi in Bahrein. Le richieste sono di riforme politiche, aumento dei posti di lavoro e migliori condizioni economiche.


Yemen
La rivolta nello Yemen è stata duramente repressa dalle forze di polizia: 52 i manifestanti uccisi. La protesta ha scelto l'università di Sanaa, dove migliaia di manifestanti sono accampati dal 21 febbraio per chiedere le immediate dimissioni del presidente Ali Abdullah Saleh, in carica da oltre 32 anni. L'esercito yemenita in questi giorni ha sparato in aria alcuni colpi d’avvertimento per impedire ai sostenitori del regime d’Ali Abdullah Saleh di caricare i manifestanti - si parla di decine di migliaia di persone in piazza - che invocano le sue dimissioni. Sono, infatti, molti gli ufficiali che sono passati dalla parte dei manifestanti.  Anche schierando truppe a difesa della folla radunata a Sanaa che protesta contro il regime. Di fatto Saleh è sempre più solo e l’opposizione ha spiegato che aspetterà fino a venerdì 1 aprile per marciare sul palazzo presidenziale. Le dimissioni sono ormai inevitabili dopo il rifiuto dei manifestanti anche all'ultimo tentativo dei mediazione: offerta d’elezioni anticipate entro tre mesi, cambiamento dello statuto e formazione di un governo d’unità nazionale con l'opposizione.


Oman
Il 26 febbraio la protesta arriva nell’Oman, lo Stato governato dal 1970 dal sultano Qaboos bin Said al Said. I dimostranti chiedono migliori salari, più lavoro, una distribuzione equa dei proventi del petrolio, meno corruzione e le dimissioni del governo. Domenica 27 febbraio avviene lo scontro con le forze di sicurezza. Nel corso dei disordini ci sono due morti e numerosi feriti. Nel tentativo di calmare la protesta, il sultano, che detiene un potere pressoché assoluto nel Paese, annuncia la creazione di 50 mila nuovi posti di lavoro statali e un sussidio mensile per i disoccupati di 150 rial (poco meno di 400 dollari) e sostituisce alcuni ministri. Nonostante questi annunci nei giorni successivi gli scontri continuano.


Iraq
Venerdì 25 febbraio, nel corso del cosiddetto "Giorno della Rabbia", migliaia di persone in molte città del Paese scendono in strada e attaccano alcuni palazzi del potere. Le richieste sono anche qui: più lavoro, migliori servizi come ad esempio L’erogazione dell’acqua e dell'elettricità, pensioni più alte. Sono criticate, inoltre, la corruzione dei politici e delle autorità in genere. Nello scontro ci sono circa quindici morti. Il 16 e 17 marzo gruppi d’iracheni sciiti protestano contro l'intervento dei militari sauditi in Bahrein.



Bahrein
Il Bahrein ospita la Quinta Flotta della Marina militare americana. Le proteste hanno inizio a metà febbraio contro il re Hamad bin Isa al-Khalifa. La dinastia regnante è sannita mentre circa il 70 per cento della popolazione autoctona del Paese è sciita, sottorappresentata politicamente e da sempre penalizzata in ogni ambito della società a vantaggio della minoranza sunnita. Nella terza settimana di febbraio la brutale repressione delle proteste di piazza causa sette morti. Una folla impressionante scende in piazza. Il 14 marzo arrivano in Bahrein circa mille militari sauditi e 500 poliziotti degli Emirati per dare manforte al re. Il 15 il sovrano dichiara tre mesi di stato d’emergenza. Alcuni leader dell'opposizione sono arrestati. Il 18 marzo è demolito simbolicamente dall'esercito il monumento di Piazza della Perla, cuore della protesta.

Siria

In queste ore, serata del 29 marzo 2011, mentre scriviamo, il governo siriano si è dimesso in blocco Formalmente la Siria è una repubblica retta dal gruppo etnico-religioso degli alauiti, al cui vertice è dal 1970 la famiglia Asad, titolare della Presidenza della Repubblica in forma ormai ereditaria. Di fatto dal colpo di Stato del 1996 è in vigore la legge marziale, che sospende la maggior parte delle garanzie costituzionali e aumenta i poteri del presidente, legge marziale ufficialmente motivata dallo stato di guerra e dalla minaccia del terrorismo. Le proteste sono iniziate una settimana fa nella città agricola di Dara’a, vicino al confine con la Giordania, a causa dell’arresto d’alcuni studenti delle scuole superiori che avevano disegnato sui muri graffiti antigovernativi. Tali dimostrazioni sono rapidamente aumentate, con migliaia di persone che hanno aderito alle proteste, ispirate dall’ondata di rivoluzioni che hanno scosso il mondo arabo, chiedendo le libertà politiche e la fine dello stato d’emergenza e della corruzione. Il governo ha risposto uccidendo decine di dimostranti e ferendone molti altri. Raccapriccianti video della repressione, diffusi via Internet nei giorni scorsi, hanno fatto aumentare lo sdegno e la furia della popolazione siriana da un capo all’altro del Paese.
Nel pomeriggio di giovedì 24 marzo l’ufficio del presidente Bashar al-Assad ha annunciato concessioni senza precedenti alle richieste popolari: aumenti di stipendio fino al 30% per i dipendenti statali e la liberazione di tutti gli attivisti arrestati nelle scorse settimane, la promessa di nuovi posti di lavoro, la libertà di stampa, il permesso di formare partiti d’opposizione e la revoca delle leggi d’emergenza in vigore da 48 anni. Le promesse non hanno placato le rivendicazioni dei manifestanti e alle promesse, com’era prevedibile, sono seguiti i fatti con gli spari sulla folla che manifestava. A Tafas, poco lontano da Dera´a, i dimostranti hanno dato fuoco al palazzo del Baath, il partito al potere in Siria da mezzo secolo. Il bilancio degli scontri è pesante: almeno un centinaio le vittime. In questo momento l’obiettivo dei manifestanti, dopo le dimissioni del governo, è la cacciata del presidente Bashar al-Assad.
A fuoco i palazzi del potere
La lotta di classe è tornata e il mondo di un pugno di miliardari che vivono sulle spalle di intere popolazioni e della stragrande maggioranza dell’umanità comincia a sgretolarsi, esattamente come si sgretolano, bruciando, i palazzi del partito Baath in Siria.
Le guerre imperialiste, camuffate da aiuti umanitari e dichiarate sull’onda dello sdegno popolare contro i tiranni, saranno riconosciute dalle popolazioni in rivolta per quello che sono: il tentativo di soffocare, con i bombardamenti, ancora una volta, ogni speranza di una reale alternativa di sistema.
E’ necessario che le masse popolari e la classe operaia europea, sulla cui vita si sta abbattendo la scure della crisi capitalistica, solidarizzi con le rivoluzioni del mondo arabo e allo stesso tempo combatta contro i propri padroni e i propri governi, avvoltoi nei confronti dei Paesi dove ci sono le materie prime da sfruttare, avvoltoi nei confronti dei lavoratori nativi ed immigrati in Occidente. Il nemico è, in Europa come in Africa, lo stesso: il sistema capitalistico che offre solo miseria e distruzione dell’ambiente.
Affinché le rivoluzioni arabe possano risultare vincenti e non soccombere alla compatibilità con il sistema degli sfruttatori, è necessario che il proletariato di tutto il mondo si organizzi in un partito internazionale che sappia coordinare e offrire una prospettiva vincente a queste lotte. 

venerdì 1 aprile 2011

La Guerra non si può umanizzare si può solo abolire (Albert Einstein)

Manifestazione contro la guerra
Sabato 2 aprile a Roma, Piazza Navona, dalle ore 15

Leggi e firma l'appello  firma su www.dueaprile.it


Ancora una volta i governanti hanno scelto la guerra. Gheddafi ha scelto la guerra contro i propri cittadini e i migranti che attraversano la Libia. E il nostro Paese ha scelto la guerra "contro Gheddafi": ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria.
Nessuna guerra può essere umanitaria. La guerra è sempre stata distruzione di pezzi di umanità, uccisione di nostri simili. Ogni "guerra umanitaria" è in realtà un crimine contro l'umanità.
Se si vuole difendere i diritti umani, l'unica strada per farlo è che tutte le parti si impegnino a cessare il fuoco, a fermare la guerra, la violenza, la repressione.
Nessuna guerra è inevitabile. Le guerre appaiono a un certo punto inevitabili solo quando non si è fatto nulla per prevenirle. Appaiono inevitabili a chi per anni ha ignorato le violazioni dei diritti, a chi si è arricchito sul traffico di armi, a chi ha negato la dignità dei popoli e la giustizia sociale. Appaiono inevitabili a chi le guerre le ha preparate.
Nessuna guerra è necessaria. La guerra è sempre una scelta, non una necessità. E' la scelta assurda di uccidere, che esalta la violenza, la diffonde, la amplifica, che genera "cultura di guerra".
“Questa é dunque la domanda che vi poniamo, chiara, terribile, alla quale non ci si può sottrarre: dobbiamo porre fine alla razza umana o deve l'umanità rinunciare alla guerra?”
Dal Manifesto di Russell-Einstein, 1955
Perché l'utopia diventi progetto, dobbiamo innanzitutto imparare a pensare escludendo la guerra dal nostro orizzonte culturale e politico. Insieme a tutti i cittadini vittime della guerra, della violenza, della repressione, che lottano per i diritti e la democrazia.

“La guerra non si può umanizzare, si può solo abolire.”
Albert Einstein




Perché l'utopia diventi progetto, dobbiamo innanzitutto imparare a pensare escludendo la guerra dal nostro orizzonte culturale e politico.
Il nostro "NO" alla pratica e alla cultura della guerra è un ripudio definitivo e irreversibile, è il primo passo per fare uscire la guerra dalla storia degli uomini.
Per ribadire questo "NO" a tutte le guerre e chiedere il rispetto dell'articolo 11 della nostra Costituzione ("L'Italia ripudia la guerra..."), cittadini e associazioni si ritroveranno a Roma, in Piazza Navona dalle ore 15, per manifestare contro la guerra.

Alla manifestazione interverranno Gino Strada, Moni Ovadia, Vauro Senesi, Frankie Hi Energy MC, Amanda Sandrelli, Dario Vergassola, Blas Roca Rey, Massimo Zucchetti, Edi Angelillo, che leggeranno riflessioni sulla pace di Bertolt Brecht, Albert Einstein, Bertrand Russell, Kurt Vonnegut, Hannah Arendt, Don Lorenzo Milani, Norberto Bobbio, Salvatore Quasimodo, Gianni Rodari...

Frosinone Contro la Guerra

AIPA Pazienti in trattamento con anticoagulanti, Associazione Politico Culturale 20 ottobre , Ass. Oltre l’Occidente, Blog Aut, Casa dei Diritti Sociali Frosinone, Comitato di Lotta per il Lavoro Frosinone, Confederazione Cobas Frosinone, Godere Operaio, Prc Circolo Carlo Giulliani   Frosinone, Retuvasa, SEL Sinistra Ecologia Libertà circolo di Frosinone, USB Unione Sindacale Italiana Frosinone

Aderiscono alla manifestazione nazionale del 2 aprile a Roma
Promuovono l’8 aprile alle ore 16 un presidio sotto la Prefettura a Frosinone
Danno appuntamento martedì 5 aprile alle ore 17 a tutti coloro interessati a creare un coordinamento stabile e attuare iniziative in merito, presso la Casa del Volontariato, via P.L. da Palestrina


Nel 10° anniversario della “guerra al terrorismo”, i governanti occidentali hanno scelto di nuovo la guerra per risolvere le controversie internazionali.

Mentre rivolte di libertà e di pane attraversano il mondo arabo e non solo, dove il popolo ne ha abbastanza di regimi soprattutto per il loro aspetto poliziesco, dove l'ampiezza delle manifestazioni e la loro continuità fa crescere un imponente movimento di giovani, il mondo occidentale risponde con la guerra umanitaria e con il respingimento dei profughi subordinando ogni suo intervento a  interessi economici e politici che, invece, spesso hanno trovato accoglienza nelle dittature.

Gheddafi ha scelto la guerra contro i propri cittadini e i migranti che attraversano la Libia, peraltro utilizzando con ogni probabilità anche armi di produzione italiana, il nostro Paese ha scelto la guerra “contro Gheddafi”: ci viene presentata, ancora una volta, come umanitaria, inevitabile, necessaria. Nessuna guerra può essere umanitaria. La guerra è sempre stata distruzione di pezzi di umanità, uccisione di nostri simili. Ogni “guerra umanitaria” è in realtà un crimine contro l’umanità. Nessuna guerra è inevitabile. Le guerre appaiono a un certo punto inevitabili solo quando non si è fatto nulla per prevenirle. Nessuna guerra è necessaria. La guerra è sempre una scelta, non una necessità. E’ la scelta criminale e assurda di uccidere, che esalta la violenza, la diffonde, la amplifica, che genera “cultura di guerra”.
Viene violata ancora la Carta delle Nazioni Unite con l'uso opportunistico del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che con la risoluzione 1973 del 17 marzo ha deciso la «No-Fly Zone» contro la Libia, Carta che al comma 7 dell'art. 2 stabilisce che «nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengano alla competenza interna di uno Stato».

Viene violato l’art. 11 della nostra Costituzione, per cui «L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»
Cento anni fa la grande proletaria si era mossa, così si espresse G. Pascoli, inneggiando all’impresa di G. Giolitti per la conquista della Libia.
Cento anni dopo non sappiamo per quale ragione siamo in guerra.
Noi, che siamo cittadini di un paese che porta grandi responsabilità per la situazione che storicamente si è creata in quel paese, ci dichiariamo disponibili a sostenere ogni azione legittima che contribuisca a fermare lo spargimento di sangue e a trovare una soluzione politica alla crisi, mentre dichiariamo la nostra ferma contrarietà a ogni azione bellica condotta dall’esterno contro un paese sovrano.
Dobbiamo tutti lavorare per favorire la diffusione di una cultura di pace e di  giustizia, in particolar modo tra le giovani generazioni, per fornire  loro gli strumenti necessari alla comprensione della situazione a livello locale, nazionale ed internazionale e necessari alla realizzazione di interventi che agiscano realmente e positivamente nell’ambito della promozione e della tutela dei diritti umani senza pensare che alcuna scorciatoia, se mai la guerra lo fosse, possa tutelarli.
E’ dovere di tutti, inoltre, di istituzioni, enti e associazioni accogliere e difendere i rifugiati economici e politici che chiedono protezione. I doveri dell’accoglienza e della solidarietà sono anche riconosciuti con accordi internazionali in favore di coloro che fuggono da condizioni di ingiustizia e di oppressione e a chi vive situazioni di povertà. Il flusso di profughi in arrivo è anche oggi inferiore rispetto a quelli che riguardano i paesi del Nordafrica che accolgono rifugiati, data la condizione di instabilità e violenza. E' anche un flusso modesto rispetto al numero di profughi del 2008, prima delle politiche dei respingimenti. L’accoglienza è un dovere ed è possibile. Bisogna renderla tale.

·         CONTRO LA GUERRA E LA CULTURA DELLA GUERRA
·         PER SOSTENERE LE LE LOTTE PER LA LIBERTÀ E LA DEMOCRAZIA DEI POPOLI MEDITERRANEI E DEI PAESI ARABI
·         PER L'ACCOGLIENZA E LA PROTEZIONE DEI PROFUGHI E DEI MIGRANTI
·         CONTRO LE DITTATURE, I REGIMI, LE OCCUPAZIONI MILITARI, LE REPRESSIONI IN CORSO,
·         PER IL DISARMO, UN'ECONOMIA ED UNA SOCIETÀ GIUSTA E SOSTENIBILE
CHIEDONO
·         LO STOP AI BOMBARDAMENTI E IL CESSATE IL FUOCO IN LIBIA
per fermare la guerra, la repressione ed aprire la strada a una soluzione politica coerentemente democratica.
  • OGNI AZIONE RIVOLTA ALL’ACCOGLIENZA DI TUTTI I PROFUCHI CHE CHIEDONO PROTEZIONE ALL’ITALIA



Resoconto mobilitazione 23 Marzo contro gli abusi delle Forze dell’Ordine e prospettive

Libertari e libertarie San Lorenzo
Sezione RM “A.Gramsci”  P-CARC
Compagne/i
PER L’ASSEMBLEA PER IL COORDINAMENTO CONTRO LA REPRESSIONE

La notte tra il 23 e il 24 Febbraio 3 sbirri arrestano e poi stuprano una giovane donna all’interno della Stazione dei CC del Quadraro. Ad un mese di distanza da quei fatti tanti compagni/e, militanti e attivisti, abitanti del Quadraro hanno dato dimostrazione di non essere disposti a dimenticare quanto accaduto quella notte.

Mercoledì 23 Marzo si è tenuto con successo il preannunciato presidio - fiaccolata contro gli abusi delle forze dell’ordine. Denunciamo l’ingente dispiegamento di forze dell’ordine disposto dalla Questura romana per l’occasione: l’intera zona del Quadraro adiacente alla caserma dello stupro è stata militarizzata con camionette della celere a presidiare ogni angolo e decine di agenti della polizia politica a squadrare e fotografare i partecipanti al presidio.

Questa prova “muscolare” delle forze dell’ordine non ha impedito la riuscita del presidio-fiaccolata che è stato partecipato quanto determinato nel voler raggiungere l’obiettivo di comunicare con il quartiere e gridare forte la rabbia per quanto accaduto un mese fa. Lo spirito combattivo dell’iniziativa ha impedito che il presidio venisse isolato e confinato ai margini del quartiere: ci siamo posizionati all’uscita della Metro A e da li abbiamo attraversato e bloccato per una decina di minuti la Tuscolana in orario di pieno traffico con lo scopo di raggiungere la caserma.

Il corteo spontaneo si è fermato a qualche centinaia di metri dalla caserma dello stupro. A quel punto abbiamo ritenuti raggiunti gli obiettivi della giornata e non abbiamo voluto compiere forzature ulteriori. Il 23 Marzo è stato l’inizio di un percorso che troverà  altre e nuove tappe e occasioni per mettere il fiato sul collo alle Autorità e alle loro istituzioni repressive.

Il 23 Marzo nasce una duplice volontà collettiva.

Lo stupro del Quadraro non cadrà nel dimenticatoio: che quest’ennesimo abuso delle forze dell’ordine contro gli inermi sia l’inizio di un percorso di mobilitazione cha a partire dal Quadraro (fino agli altri quartieri) metta il fiato sul collo a chi compie abusi e a chi protegge, tollera quando non fomenta gli aguzzini in divisa. Che inizi la caccia all’abuso: questo è anche il modo per far si che la giovane stuprata un mese fa ottenga giustizia. Non illudiamoci dei tribunali di questo Stato che arruola nelle sue file stupratori e aguzzini. Seppure gli sbirri stupratori faranno la fine che meritano per mezzo di una condanna di un Tribunale ciò avverrà solo a condizione che fuori dalle mura di quella caserma si sviluppi la lotta e la mobilitazione contro gli abusi delle forze dell’ordine, il controllo popolare sugli abusi dei “controllori”. Che il presidio del 23 Marzo sia l’inizio di tutto ciò!

Il 23 Marzo è l’inizio di un percorso trasversale di lotta contro la repressione a livello cittadino. Proseguirà un percorso di assemblee e iniziative allo scopo di promuovere il dibattito franco e aperto tra compagni/e, la solidarietà reciproca e l’iniziativa comune contro la repressione.
Oggi che si approfondisce la crisi di questo putrido sistema chiamato capitalismo e i venti di rivolta fanno tremare le gambe ai ricchi parassiti che ci governano è sempre più all’ordine del giorno l’irrobustimento della repressione dispiegata dalle Autorità contro il movimento di resistenza , contro chiunque si fa promotore della lotta per una vita dignitosa, contro la fitta schiera di inermi, diseredati, esclusi prodotti da questa società a delinquere (le immagini di Lampedusa in questi giorni parlano da sole), contro la ribellione sociale in genere negli stadi come nelle strade. Uniamo le forze nella lotta contro la repressione!

Riteniamo che tanto a livello cittadino quanto nazionale sia oggi inderogabile la necessità di mettere in cantiere un percorso comune di lotta alla repressione, coordinare le forze contro il nemico comune e i suoi apparati e strumenti repressivi.
L’intensa stagione di mobilitazione che ci lasciamo alle spalle e quella prossima a venire ci dicono che non è più tempo di aspettare: è urgente superare vecchi steccati, guerre tra bande, politiche dell’orticello e pratiche da “amici degli amici “. Certe tendenze negative diffuse nel movimento spesso permettono alla repressione di centrare il bersaglio: disgregare e isolare le forze volta per volta ritenute pericolose, impaurire singoli compagni e allontanare gli inesperti.

Ma se di fronte ad ogni attacco repressivo facciamo valere il principio “colpiscono uno colpiscono tutti!”, se per una volta superiamo le solite divisioni di movimento,se rispondiamo al crescente autoritarismo coordinando le forze, rafforzando la solidarietà  e la mobilitazione, facendo valere fino in fondo i residui spazi di libertà che ci restano in eredità dalla Resistenza, allora possiamo vincere la repressione, allora possiamo usare ogni attacco repressivo per rafforzarci.   Questo nuovo percorso condiviso non si pone in contrapposizione con le altre iniziative singole e di gruppo già presenti sul territorio, ma anzi l’obiettivo primario è quello di unire le forze contro il nemico comune.
Coordinare le forze attorno ad un simile progetto è senz’altro ambizioso quanto urgente: senza presunzione di autosufficienza (a nostro avviso oggigiorno nessuno può ritenersi tale) un gruppo di compagne e compagni di varie realtà a partire dal 23 Marzo lancia un appello ad arricchire questo percorso oggi in fase di avvio. 

Affari pubblici a trattativa privata



Nel silenzio generale, passa alla camera l'aumento del tetto della trattativa privata negli appalti pubblici: meno gare, niente trasparenza, uguale più corruzione
Il 15 marzo, con un emendamento approvato nel disegno di legge per lo statuto delle imprese, l’aula della camera dei deputati ha triplicato la soglia che consente l’uso della trattativa privata senza pubblicità negli appalti pubblici, innalzata da 500.000 euro a 1.500.000 euro. Emendamento proposto dalla Lega Nord, approvato da una maggioranza bulgara e traversale con 485 voti favorevoli, solo 2 astenuti e nessun contrario, dentro un provvedimento approvato dalla camera e ora avviato per la discussione al senato.
Gli effetti sul mercato sono dirompenti: la sottrazione dalle gare di una quota robusta di lavori pubblici, senza alcuna forma di pubblicità, aiuterà di sicuro la già dilagante corruzione. Il Cresme ha effettuato una stima dell’impatto della norma per Edilizia e Territorio (settimanale del Sole 24 ore) da cui si deduce che prendendo come riferimento l’anno 2010, verrà sottratto al mercato il 76% dei bandi di gara in termini di numero e circa il 16% se si calcola il valore in termini di importo. In pratica su 18.848 bandi emessi nel 2010, ben 14.239 sarebbero stati affidati senza bando e senza pubblicità, direttamente dal responsabile del procedimento. In termini di valore questo equivarrebbe a sottrarre al mercato circa 5,1 miliardi di lavori pubblici su di un totale di 32, 9 miliardi di investimenti pubblici.
In più con altri emendamenti il ddl sullo statuto alle amministrazioni pubbliche, vi è l’esplicito mandato di favorire negli appalti le imprese del territorio, per quelle con meno di 250 dipendenti e con meno di 50 milioni di fatturato. Non è chiaro come questo possa in pratica avvenire dato che tutte le normative europee ed italiane vietano ogni riserva in materia di gare e lavori, ma forse si pensa di rispettare questa indicazione proprio con la trattativa privata dove l’ente locale potrà scegliere in modo discrezionale, senza motivazione e senza pubblicità, a chi affidare i lavori.
Nella stessa norma, la soglia per le amministrazioni locali, da affidare direttamente e senza gara gli incarichi di progettazione, viene innalzata da 100.000 a 193.000. Una norma contro la quale si è già scagliata pesantemente l’Oice (associazione delle società di ingegneria) che ha denunciato la scomparsa del mercato della progettazione e l’incremento quindi dei costi, dato che il 91% dei bandi rientra in questa soglia.
L’argomento invocato per affidare direttamente i lavori è il solito: fare presto, togliere i lacci e lacciuoli come richiesto dalle amministrazioni, venire incontro alle difficoltà dei piccoli comuni impossibilitati a selezionare decine di imprese per ogni gara data la scarsità di risorse e personale, nonché una “sedicente” autonomia territoriale invocata dalla Lega Nord. Problemi reali ai quali però è stata data una risposta completamente sbagliata, mentre si doveva semplificare ed unificare le stazioni appaltanti (per esempio a scala provinciale) dentro un unico soggetto pubblico in modo da fornire professionalità, risorse e trasparenza dei bandi e dei risultati delle gare. È noto che anche la polverizzazione delle gare rende difficile controllo e vigilanza e quindi incrementa comportamenti e pressioni illecite.
Contro l’innalzamento della trattativa privata si è schierata l’Autorità di vigilanza sui lavori pubblici. Il suo presidente Giuseppe Brienza è stato molto netto: con questa norma ben il 96% degli appalti dei comuni è sottratto al mercato, e ha censurato soprattutto la mancanza di obbligo di pubblicità e trasparenza. Ha fatto anche capire che se la norma non verrà corretta dal Senato si renderà necessario un provvedimento dell’Autorità che renda indispensabile la motivazione con cui l’amministrazione intende applicare l’affidamento diretto, quali siano le regole comunque da applicare e quali i criteri di invito alla procedura informale. Solo a queste condizioni minime sarà possibile svolgere un’azione di vigilanza su questi lavori, che sfuggirebbero non solo alla concorrenza ma anche al controllo dell’Autorità.
Del resto la stessa Autorità a gennaio aveva reso pubblici i risultati di una ricognizione sugli affidamenti a trattativa privata dei grandi comuni degli ultimi tre anni (2007-2010), da cui era emerso un quadro desolante: con più di 80.000 contratti per un valore di 61 milioni affidati senza gara. Da quando nel 2008 la soglia era stata innalzata a 500.000 euro per la trattativa privata vi era stato un incremento vertiginoso di lavori senza gara dove un lavoro su due era ormai affidato senza procedura competitiva. Il comune di Roma è stato tra i più solerti ad affidare senza gara con ben 42 bandi e un valore nel triennio di ben 248 milioni di euro. Non solo, in diversi casi i lavori sono stati frazionati artificiosamente proprio per rientrare sotto la soglia fissata per poter applicare la trattativa privata.
Nonostante che questa soglia, questo limite per consentire l’uso della trattativa privata sia stato ritoccato dall’approvazione della legge Merloni nel 1994 ben 5 volte. La norma originaria prevedeva 150.000 ecu di soglia, diventata 300.000 nel 1998. Nel 2002 si consente la trattativa privata fino a 100.000 euro e fino a 300.000 in caso di gara deserta. Nel 2006 si attesta a 100.000 euro per poi balzare nel 2008 a 500.000 e adesso, se la norma verrà confermata anche dal Senato, triplicherà fino ad arrivare a 1.500.000 euro. Quindi si era già tenuto conto delle difficoltà delle amministrazioni locali, nonché delle direttive europee, che contemplano delle soglie molto ampie dato che devono essere il riferimento per tutti i paesi, mentre gli effetti di sottrazione dal mercato sono soprattutto in quei paesi come l’Italia dove vi sono migliaia di istituzioni locali e una miriade di piccole e medie imprese, mentre in altri paesi come la Germania o la Francia il numero di appalti sotto queste soglie è decisamente minore.
Anche l’Ance si è schierata duramente contro l’aumento della trattativa privata e il suo presidente Paolo Buzzetti ha parlato di un mercato che “andrebbe sott’acqua”, proponendo in alternativa l’innalzamento a un massimo di 1 milione di euro con precisi obblighi di trasparenza come la rotazione degli inviti, l’obbligo di pubblicità per ogni fase dell’affidamento.
Mentre l’Aniem, l’associazione delle piccole e medie imprese edili, si è schierata a favore della norma “perché da 15 anni il settore degli appalti pubblici è bloccato con leggi da stato di polizia” e con questo provvedimento si supererebbe questa situazione di controllo. Insomma la logica è sempre quella: dato che i controlli servono a ben poco contro la corruzione meglio eliminarli!
La gravità della norma, a mio giudizio, sta anche nel fatto che si somma a tante procedure specifiche e speciali sottratte al mercato, dove la trattativa privata e la deroga sono diventate la regola, nelle grandi opere, per gli eventi speciali e le ricostruzioni dopo terremoti e alluvioni.
È il caso dell’alta velocità ferroviaria, dove tre tratte per oltre cinque miliardi di lavori sono state restituite a trattativa privata ai vecchi consorzi, dei lavori nel settore autostradale dove la nuova riforma del governo di centrodestra consente alle concessionarie di svolgere in house il 60% dei lavori, per le opere e gli interventi della protezione civile, inclusi gli eventi speciali, che sono affidati direttamente in nome dell’emergenza (e abbiamo visto i risultati con le inchieste della magistratura sulla “cricca”).
Mentre inchieste sono già in corso sulle infiltrazioni per la ricostruzione dell’Aquila e in Abruzzo e sia per il business lanciato dall’Expo di Milano, dove è presente la “ndrangheta”. È la stessa recente relazione annuale antimafia inviata al parlamento a darne conto con un quadro drammatico della strategia e della capacità delle cosche mafiose di infiltrarsi negli appalti e nel ciclo di realizzazione degli interventi, con un mercato parallelo molto ben gestito e organizzato, e anche conveniente per l’imprenditore. Tranne che per lo stato e per la collettività che impegna i soldi per la realizzazione dell’opera pubblica.
Quindi buona parte del mercato ormai, sia per grandi opere e sia per piccoli interventi è ormai sottratto alla concorrenza e alla trasparenza, mentre le inchieste della magistratura registrano gravi fenomeni di corruzione e concussione nell’affidamento di appalti, lavori e servizi.
La Corte dei Conti, presieduta da Luigi Giampaolino, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2011 nella sua relazione ha censurato questi fenomeni nel settore degli appalti, prodotti da una grave elusione delle regole, con un’aggressione continua alla concorrenza, il massiccio ricorso alla trattativa privata anche in violazione delle norme al quale sovente risultano connesse tangenti per favorire gli affidamenti. Fenomeni che hanno influenzato negativamente l’efficienza della spesa, la qualità di gestione delle amministrazioni e depresso la funzione anticiclica della spesa pubblica.
Non può dunque che creare allarme e preoccupazione l’emendamento che amplia la trattativa privata senza regole e senza pubblicità, approvato all’unanimità dalla camera, perché non tiene conto della situazione opaca e deformata già presente nel mercato a ogni livello. Siamo ancora in tempo per correggere la norma al senato, con una misura che coniughi efficienza e legalità.

giovedì 31 marzo 2011

perchè abbiamo deciso di cambiare il nome del nostro circolo

Prc Frosinone Circolo "CARLO GIULIANI"

E’ di questi giorni la notizia che la corte europea ha assolto lo stato italiano dall’accusa di avere responsabilità nell’assassinio di Carlo Giuliani a Genova durante le manifestazioni contro il G8, il 20 luglio 2001. A chi quel giorno era a Genova, e ha visto le forze dell’ordine in assetto di guerra, ha vissuto la caccia al manifestante, ha visto persone inermi inseguite e picchiate, ha visto quegli sguardi dietro le visiere degli elmetti, ha visto i cosiddetti black block agire indisturbati sotto gli occhi dei militari…………. questa sentenza porta solo sconcerto e rabbia, ma anche tanta voglia di continuare a lottare contro tutte le ingiustizie. Non c’è voluto molto tempo, la decisione è nata spontanea: abbiamo deciso di cambiare il nome al nostro circolo, che d’ora in poi si chiamerà circolo 
Prc “Carlo Giuliani” e non più circolo Spartacus.



L' INSOGNATA.......FIDATI.....E ndo ....zzo iamo......nun sem' cchiu nisciun....

di Fausta Dumano

La scrittrice stasera voleva restare a casa, perchè la protagonista del discount gelmini, quando esce dai consigli  di classe le serve una flebo, ma l' insognata non riesce a stare mai ferma, ANDREA, quello che si insogna la rivoluzione voleva andare a sentire la presentazione di un libro, cosi l' insognata a sua volta ha convinto  FRANCESCO, l' uomo che cammina nel dopovita, ad uscire. FRANCESCO ha subito un trauma , la sua mente è rimasta ferma all'8 per cento, alle speranze del glorioso partito, ogni innovazione la giudica deleteria.....Nel locale tanta gente,forze dell' ordine, agenti in borghese, l' insognata ha sentito un grosso vuoto, si sentiva un marziano , l' aria tra ex compagni di lotte si taglia con l' accetta.Uscita fuori per fumare una sigaretta, l' insognata tiene i testimoni, quindi non dite''CHE FANTASIA CHE TIENE'' ANDREA e FRANCESCO  hanno cominciato a discutere per il nome del circolo, anche la scelta di un nome può costituire una scissione tra anime diverse. Il voto dell' insognataa questo punto diventa  importantissimo ''FIDATI''dice ANDREA nello stesso istante l' insognata rischia di essere travolta da un' auto.La stella favorevole la salva, SATURNO non rema contro in questo periodo,la donna scende dalla machina, l' abbraccia e la bacia. ANDREA, perplesso dice:'' ma la conosci????'' CERTO, replica l' insognata, altrimenti mica mi salutava così......l' ho smarrita non so in quale scissione.Francesco che ha la memoria  formidabile nel ricordare tutte le porte che si sbattono:'' è stata con noi fino all' elezioni che collezionava i santini, quella dove c' erano più candidati che elettori......nun sieme cchiu nisciun, sbuffava FRANCESCO, a che serve cambia il nome, ndo..zzo iamo......L' insognata stasera ha capito che è più pericoloso recarsi tra ex compagni di lotta, che salire sui tetti.......con indifferenza schiacci il piede sull' acceleratore e poi con un bacio salvi le apparenze.FIDATI è rimasto, l' insognata invece  è tornata a casa ''FARFALLE ALLA VODKA'' dopo aver scoperto che bello e impossibile stasera l' avrebbe invitata ad ascoltare la musica del vento tra i capelli......

1871-2011 140° anniversario commune du paris

di Roberto Silvestri dal settimanale Alias



Dieci anni dopo la proclamazione del regno d’Italia, conclusione e inizio di un Risorgimento  che si continua a festeggiare o deprecare, sprecando l’occasione della ricognizione fertile (e del suo completamento), ecco la Comune di Parigi, altro anniversario da  non sprecare. Non riguarda infatti  solo i comunisti libertari, che lavoravano, come la comunarda Louise Michel, per un   altro mondo auspicabile. Anche questo va modificato nel frattempo, in comune, prima che sia troppo tardi. Bisognerà però sedurre nemici, differenti e autolesionisti. 140 anni fa, in Francia , col tentativo comunalistico tra il 1870 e 1871, “ si esauriscono storicamente- scriveva infatti Gramsci nei Quaderni dal carcere - tutti i germi nati nel  1789 cioè non solo la nuova classe che lotta per il potere sconfigge i rappresentanti della vecchia società che non vuole confessarsi storicamente superata , ma sconfigge anche  i gruppi nuovissimi che sostengono già superata la nuova struttura  del rivolgimento iniziatosi nel 1789 e dimostra così di essere vitale e in confronto al vecchio e in confronto nuovissimo”. Ma quell’esperienza formidabile e contraddittoria  serva   ancora oggi, mentre in Medio Oriente , in Maghreb, e nel Golfo un altro movimento popolare autonomo, laico possente e imprevisto sta spazzando via ogni catechismo della globalizzazione, anzi proprio ogni catechismo possibile? L’esito sarà di nuovo l’isolamento ( con un Occidente così malato  e cieco)  e poi lo sterminio?  Anche questi nuovi ribelli sono da rimettere “in riga” o da imprigionare “on line”? Crediamo anche nella vitalità di quei “nuovissimi” comunardi? E possiamo ancora dirci comunardi? Agli storici, ai politici e agli artisti non apologeti dell’esistente l’ardua sentenza . Noi vogliamo tracciare qualche argomento di discussione , e dare qualche risposta rovistando per  lo più  dalle parti della sinistra eretica , quella che ha messo  a dura critica rivoluzionaria,  fin dal 1930, l’ortodossia comunista e  le deviazioni colpevoli  del marxismo  sperimentale. Una resa “economicista” alla peste psichica autoritaria  che, dal fascismo, è penetrata  anche nelle organizzazioni  della sinistra democratica occidentale, compiaciute  della propria  degradazione dell’incapacità ad   affrontare, sul ring dell’immaginario, il nemico e le sue emozioni represse  contrapponendogli  delle emozioni, contagianti e liberatorie. Torniamo alla Comune di Parigi, seguendone fabula e intreccio come li ha visualizzati il capolavoro  di Peter Watkins , che tutte le TV hanno mostrato, tranne la Rai . La storia non aveva mai assistito  alla rivoluzione sociale che scoppiò a Parigi il 18 marzo 1871. Il tradimento della classe dominante  rese necessario l’intervento del proletariato per salvare la civiltà francese e il vivere civile. Pochi mesi prima Napoleone III  era stato sconfitto nella guerra contro la Prussia. La repubblica borghese che prese le redini del governo, temeva più Parigi rivoluzionaria che l’esercito di Bismark. Con la fuga di questo governo  a Versailles, il proletariato rivoluzionario raggiunse la massima svolta della storia, la trasformazione in sé in classe governate. Non più dominante, dirigente . E dal basso. Come succederà coi soviet, gli insorti di Budapest, Solidarnosc... Estinguere lo stato non significa altro che disinnescare le componenti tumorali, irrazionali e “teppistiche”. Non è eliminare le Poste, ma impedire che le Poste censurino la corrispondenza, spiino i “facinorosi”(come nel maccartismo), reprimano il libero pensiero. Non è eliminare la polizia, ma strapparla alla sua logica di maggiordomo. Il 18 marzo Thiers, capo del governo reazionario, dà ordine ai soldati di trasportare i cannoni da Parigi a Versailles . Le lattaie che prima dell’alba si trovavano per strada, scoprirono il tradimento e lo mandarono a monte, circondando i militi in maniera robusta. Non avevano armi, come le signore di Alessandria d’Egitto oggi, ma come accade in tutte le rivoluzioni  veramente popolari, si erano svegliati alla lotta nuovi strati della popolazione che egemonizzarono blanqusti e proudhoniani . Dietro alle donne tutta Parigi scese in strada . Le spie non seppero cosa dire a Thiers: nessun capo da scovare, le donne non sono mai capi...Quell’atto di autodifesa fu atto di autogoverno. La rivoluzione si armò, eliminò gli omni presenti organi di stato , esercito, polizia, burocrazia, fedele copia della divisione gerarchica . Era nato il primo stato di lavoratori che la storia ricordi , la Comune di Parigi. E mentre il nemico premeva alle porte, la moltitudine in strada affrontò il compito dell’autogoverno  e stabilì condizioni e modi di produzione opposti alla legge del profitto.Il lavoro tornava ad essere eccitante, piacevole e sensato, non alienato. Fu abolito l’esercito di ferma e si distribuirono le armi  al popolo. “Tutti i pubblici servizi sono riorganizzati e semplificati”, fu il primo decreto. Il popolo armato fermò il parlamentarismo, chi approvava le leggi si impegnava a attuarle, senza divisione fra legislativo e esecutivo e senza la falsa indipendenza del “giudiziario” (virtuosismo che riesce solo ai comunisti). I giudici erano eletti e soggetti a revoca, proprio  come i rappresentanti del proletariato (la rivoluzione sovietica morì quando si mise  il bavaglio- mettendolo alle dirette dipendenze del Pcus  dopo il XVII congresso, nel febbraio 1934 – all’organo di ispezione degli operai  e dei contadini, creato nel 1917 proprio per controllare il comitato centrale).I funzionari e gli impiegati dello stato ricevevano un salario pari a quello dei lavoratori. Un bel taglio di bilancio, da consigliare a Tremonti . Le divisioni gerarchiche  del lavoro subirono un forte ridimensionamento , e un abbassamento della forbice retributiva, Una legge separava la chiesa dallo stato , aboliva il controllo religioso dell’educazione  e destava su tutti i fronti una nuova vita intellettuale . Gli insegnanti ebbero la disposizione “ di impiegare esclusivamente il metodo sperimentale e scientifico, che prende avvio dai fatti, fisici, morali, intellettuali” impedendo alle famiglie  e alla scuola pubblica  di “inculcare” alcunché. Le officine requisite ai padroni in fuga furono autogestite e per i due mesi di vita della Comune i lavoratori fecero miracoli , quali mai era riuscito a compiere il capitalismo in secoli di dominio. Poi i lavoratori furono massacrati in uno dei più sanguinosi episodi di terrore che la storia ricordi. Era nato il comunismo, questa poderosa macchina da guerra per sperimentare una “democrazia effettiva”, il grande progetto di Lenin e Mao. Ed  era nato anche l’odio mortale per i comunisti. Abbiamo esagerato in retorica, in questa apologia comunarda? Un po’ . Ma siccome bisogna conquistare anche gli apolitici e gli sfruttati che si compiacciono della propria degradazione  e delle proprie catene  leggiamo la critica alla Comune dell’anarchico russo “nobile” Petr Alkseevic Kropotkin ( ai cui funerali Lenin partecipò e fu una delle poche volte che permise ai cineoperatori di riprenderlo):” La Comune di Parigi fu il terribile esempio di un’insurrezione senza uno scopo preciso. Quando nel marzo 1871, gli operai diventarono padroni della grande città, non attaccarono i diritti di proprietà dei borghesi. Al contrario, difesero questi diritti. I capi della Comune difesero con i loro corpi la Banca Nazionale e, malgrado la crisi che paralizzò  l’industria e la conseguente miseria di una gran parte dei lavoratori , con i loro decreti difesero i diritti dei padroni delle fabbriche, delle industrie e dei proprietari di case di Parigi. Ma quando l’insurrezione fu schiacciata la borghesia non tenne conto della modestia delle rivendicazioni comunarde. I ricchi francesi, vissuti per due mesi nel terrore che i loro diritti di proprietà venissero violati, si vendicarono sui lavoratori come se quei diritti fossero stati violati realmente . Come si sa quasi 30 mila lavoratori furono massacrati , non in combattimento ma dopo che avevano perduto la loro battaglia. Se i lavoratori avessero cercato di socializzare la proprietà, la vendetta non avrebbe potuto essere più terribile” . Attenti alla patrimoniale... Dopo quel tentativo comunalistico, fallito ma fecondo, nonostante l’orizzonte direbbe Casini “moderato” che comunque ha indicato la via della democrazia sostanziale, praticato la forma cooperativa del lavoro controllata dai lavoratori  e dato il via, non senza errori, alla lotta contro le condizioni capitalistiche  di vita  e contro i limiti che il capitalismo oppone alla scienza e alla tecnologia, Marx preparando nel 1872 la nuova edizione di quell’istant-book preveggente che era “il Capitale (1867) , intanto, mutò in maniera significativa” il capitolo sul feticismo della merce. Scrive Raya Dunayevskaya (marxista lucida e e eretica anche della Quarta Internazionale e tra gli antenati , con C.I.R.  James della nuova sinistra anni ’60, in Marxismo e libertà : “I comunardi, riorganizzando totalmente la società, gettarono nuova luce sulla perversità dei rapporti in regime capitalistico,. Distruggendo lo Stato di vecchio tipo  e sostituendolo  con la Comune, essi avevano posto termine alle divisioni gerarchiche del lavoro, e anche alla divisione tra politica ed economia . Smascherando lo stato come forza pubblica di schiavizzazione sociale, il proletariato dimostrava come si esprimesse la forma assolutamente nuova di cooperazione, liberata dal suo involucro del principio del valore...





"Ici on dance"!. Un cartello con questa scritta una mano ignota pose sui resti della Bastiglia il 14 Luglio 1780, primo anniversario dell sua presa. Si ballò nelle strade quella notte a Parigi.Ici on Dance! Per chi fa le rivoluzioni a metà la polvere della storia spesso si mescola con la cipria della trousse, tutto si perverte in souvenir. Ma nel marzo 1871 un movimento popolare laico comunista libertario provocò una rivoluzione sociale che spazzò via i vecchi souvenir. Il tradimento della classe borghese dominante rese necessario l'intervento del proletariato per salvare il vivere civile in Francia. L'errore fu di non estirpare i diritti di proprietà dei padroni. Questo imperdonabile sbaglio  dette il via alla controrivoluzione.

Comunardi e primi soviet: IL POPOLO AL POTERE.


Luc Girello

mercoledì 30 marzo 2011

Ammazza che so' forti l'ammericani aho!

di Luciano Granieri



La As Roma passa di mano. L’accordo per la cessione è stata completata  ieri  fra i vertici di Unicredit, la famiglia  Sensi  e il nuovo prossimo proprietario  un gruppo americano capitanato da Thomas DiBenedetto. Gli ultimi dettagli dell’operazione sono stati definiti  presso lo Studio Tonucci di Roma. La Roma sarà acquisita dalla  nuova società la DiBenedetto As Roma LLC che vedrà il 60% delle azioni in mano al gruppo americano e il 40% a Unicredit. Il 35% delle quote della banca potranno essere cedute in seguito ad un gruppo italiano. La firma verrà apposta fra una ventina di giorni, i tempi tecnici necessari a costituire la nuova società. 
Ammazza che so forti l’americani aho!!!!!